Cass. pen., sez. V, sentenza 13/07/2018, n. 32387
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la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: F C, nato il 19/11/1956 a Messina avverso la sentenza del 13/06/2016 della Corte di Appello di L'Aquila visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE RICCARDI;udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale M D N, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza del 13/06/2016 la Corte di Appello di L'Aquila, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di L'Aquila, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di F C in ordine al reato di cui all'art. 615 bis cod. pen., per tardività della querela, confermando l'affermazione di responsabilità per il reato di cui agli artt. 81 cpv., 612, commi 1 e 2, e 339 c.p., per avere minacciato ripetutamente A C, puntandogli una pistola alla tempia e, in altra occasione, scagliandogli delle pietre contro i vetri delle finestre, e rideterminando la pena. 2. Avverso tale provvedimento ricorre per cassazione il difensore di F C, Avv. F C, deducendo il vizio di motivazione. Assume il ricorrente che la motivazione sarebbe contraddittoria e illogica, avendo ritenuto attendibile la versione della persona offesa in considerazione del fatto che la querela è stata sporta il giorno stesso del secondo meno grave episodio, a distanza di oltre tre mesi dal primo e ben più grave episodio di minaccia;è inverosimile che una persona si decida a sporgere querela in occasione del lancio di alcuni sassolini sulla finestra, e non allorquando un soggetto entri armato in casa sua, puntandogli una pistola alla tempia;altrettanto illogica sarebbe la valutazione del secondo episodio come minaccioso, anziché come una mera molestia. Lamenta, poi, l'omessa motivazione sul mancato rinvenimento della pistola nella disponibilità dell'imputato, all'esito della perquisizione domiciliare e veicolare, e sulle discrasie tra la denuncia della persona offesa - che ha riferito che il lancio di sassolini sarebbe avvenuto alle ore 5.00, e che egli si determinò subito a richiedere l'intervento dei CC -, e l'informativa dei CC, secondo cui la notizia di reato fu acquista alle 9.40 in caserma, ove l'Alaimo si recò, senza che i militari intervenissero sul luogo dei fatti. La Corte avrebbe altresì omesso di motivare sulla versione resa dall'imputato in sede di interrogatorio in fase di indagini, secondo cui Alaimo era responsabile di uno strano e continuo "andirvieni" di persone nella sua abitazione, al piano superiore;allorquando il Ferrara avrebbe manifestato al vicino l'intenzione di richiedere l'intervento delle forze dell'ordine, l'Alaimo, insieme ad un'altra persona, si sarebbe recato a casa del Ferrara, lasciando un "apparecchi etto";questo sarebbe stato il vero movente che avrebbe indotto la persona offesa ad imbastire il castello accusatorio nei confronti dell'imputato;al contrario, la sentenza richiama un movente di gelosia nei confronti dell'Alaimo, senza spiegarne causa e motivazioni.
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