Cass. civ., SS.UU., sentenza 20/04/2021, n. 10355
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unciato la seguente SENTENZA sul ricorso 37724-2019 proposto da: FINANZIARIA D'INVESTIMENTO FININVEST S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA G.B. MARTINI 13, presso lo studio dell'avvocato A D P, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati R V, A S e M C, nonché B S, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA G.B. MARTINI 13, presso lo studio dell'avvocato A D P, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati R V, NICCOLO' GHEDINI ed A S;- ricorrenti -contro BANCA D'ITALIA, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA NAZIONALE 91, presso il Servizio di Consulenza legale della Banca stessa, rappresentata e difesa dagli avvocati M O P, O C, M C e G C;- con troricorrente - nonchè contro ISTITUTO PER LA VIGILANZA SULLE ASSICURAZIONI - IVASS, MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, BANCA MEDIOLANUM S.P.A., HOLDING ITALIANA QUARTA S.P.A., FINPROG ITALIA S.P.A., SIREFID S.P.A., DORIS ENNIO;- intimati - avverso la sentenza n. 2890/2019 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 03/05/2019. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/03/2021 dal Consigliere FRANCESCO TIERRUSI;udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale RENATO FINOCCHI GHERSI, che ha concluso per l'inammissibilità, in subordine il rigetto del ricorso;uditi gli avvocati Andrea Di Porto, Andrea Saccucci, Romano Vaccarella, Olina Capolino e Michele Cassa. Fatti di causa Ric. 2019 n. 37724 sez. SU - ud. 09-03-2021 -2- I. - Silvio B e la Finanziaria d'Investimento Fininvest s.p.a. (breviter Fininvest) proponevano un'azione di ottemperanza al giudicato costituito dalla sentenza n. 882 del 2016 del Consiglio di stato, che aveva annullato il provvedimento della Banca d'Italia in data 7 ottobre 2014 col quale, sul presupposto della avvenuta condanna di B per il delitto di frode fiscale, (i) erano stati sospesi i diritti di voto di Fininvest connessi alla quota eccedente il 9,999 % del capitale sociale di Mediolanum s.p.a. e (ii) era stato ordinato a Fininvest di procedere al trasferimento in trust della partecipazione eccedente, onde consentire al trust di vendere a sua volta la detta partecipazione sul mercato nell'arco temporale di trenta mesi dall'istituzione. II. - Il provvedimento della Banca d'Italia aveva avuto per base i seguenti fatti: (a) Silvio B deteneva dagli anni '90, per mezzo di Fininvest, circa il 30 % di Mediolanum s.p.a., holding finanziaria (segnatamente una società di partecipazione finanziaria mista — SPFM) controllante Banca Mediolanum;(b) a seguito della sua condanna per frode fiscale, passata in giudicato nel 2013, la Banca d'Italia e l'Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni (Ivass) avevano constatato che non era più soddisfatto in capo al medesimo il requisito dell'onorabilità previsto dall'art. 19 del T.u.b., come modificato dal d. Igs. 12 maggio 2015, n. 72, di trasposizione nell'ordinamento italiano della direttiva 2013/36-UE (cd. direttiva CRD IV) sull'accesso all'attività degli enti creditizi e sulla vigilanza prudenziale. L'art. 19 del T.u.b., giova rammentare, attribuisce alla Banca d'Italia, in ossequio all'art. 23 della direttiva CRD IV, la competenza ad autorizzare l'acquisizione di partecipazioni qualificate in enti creditizi quando ricorrono condizioni atte a Ric. 2019 n. 37724 sez. SU - ud. 09-03-2021 -3- garantire una sana e prudente gestione della banca, con valutazione, tra l'altro, della "reputazione del potenziale acquirente ai sensi dell'articolo 25". III. - Con la ripetuta sentenza n. 882 del 2016 il Consiglio di stato, accogliendo la doglianza dei ricorrenti, aveva affermato che dovesse di contro applicarsi, per le partecipazioni già al momento detenute, la normativa anteriore all'adozione dei requisiti di onorabilità, e che invece la direttiva comunitaria si sarebbe potuta invocare esclusivamente per le partecipazioni non ancora acquisite. IV. - In pendenza del giudizio conclusosi con la sentenza n. 882 del 2016 la SPFM Mediolanum veniva peraltro assorbita dalla sua controllata Banca Mediolanum, mediante fusione per incorporazione "inversa". Sicché Fininvest veniva a esser con ciò titolare di una partecipazione qualificata non più in una SPFM, bensì direttamente in una banca. La Banca d'Italia e la Banca centrale europea (BCE) ne deducevano che occorresse allora una nuova istanza di autorizzazione, relativa a tale partecipazione qualificata, ancora sul fondamento degli artt. 22 e seg. della direttiva CRD IV e degli artt. 19 e seg. del T.u.b.;e per tale ragione la prima, in base alle indicazioni fornite dalla seconda, invitava Fininvest (nel luglio 2016) a presentare un'istanza di autorizzazione entro il termine di quindici giorni. Poiché l'invito non aveva riscontro, la Banca d'Italia avviava d'ufficio il procedimento amministrativo volto all'adozione di una proposta di decisione da trasmettere alla BCE in base al Regolamento (UE) n. 1024-2013 del 15 ottobre 2013 sul Meccanismo di vigilanza unico (cd. "regolamento MVU"). In conformità di tale proposta la BCE, con decisione del 25 ottobre 2016, riteneva che B, azionista di maggioranza Ric. 2019 n. 37724 sez. SU - ud. 09-03-2021 -4- e titolare effettivo di Fininvest, dovesse infine considerarsi l'acquirente indiretto della partecipazione nella banca e che egli non soddisfacesse il requisito di onorabilità prescritto dalla normativa nazionale per i detentori di partecipazioni qualificate. Donde si opponeva all'acquisizione della partecipazione qualificata di Silvio B e della Fininvest nella Banca Mediolanum. V. - Ne derivavano distinti contenziosi. Sia B che Fininvest impugnavano la decisione della BCE del 25 ottobre 2016 mediante un ricorso di annullamento dinanzi al Tribunale dell'Unione Europea (causa T-913/16). La sola Fininvest adiva il Tar del Lazio perché annullasse gli atti della Banca d'Italia preparatori alla medesima decisione della BCE. Infine - come detto - B e Fininvest esperivano dinanzi al Consiglio di stato l'azione di ottemperanza al giudicato di cui alla sentenza all'inizio richiamata (la n. 882 del 2016), ivi deducendo la nullità degli atti coi quali la Banca d'Italia aveva avviato il nuovo procedimento autorizzativo della fusione, siccome costituenti violazione o elusione del giudicato. VI. - Nel giudizio di ottemperanza, che qui interessa, si costituivano la Banca d'Italia e l'Ivass. Il Consiglio di stato sollevava due questioni pregiudiziali da sottoporre alla Corte di giustizia in base agli artt. 263 e 256 del Trattato UE: (a) se rientrasse nella competenza del giudice della UE, oppure in quella del giudice nazionale, un ricorso contro gli atti di avvio, istruttori e di proposta adottati dall'autorità nazionale competente (la Banca d'Italia) nell'ambito del procedimento disciplinato dagli artt. 22 e 23 della direttiva CRD IV e dalla norme interne correlate;(b) se rientrasse o meno nella competenza del giudice della UE l'eventuale azione non di Ric. 2019 n. 37724 sez. SU - ud. 09-03-2021 -5- annullamento ma di nullità degli atti per asserita violazione o elusione del giudicato nazionale, esercitata nell'ambito del peculiare giudizio di ottemperanza previsto dall'ordinamento processuale amministrativo di diritto interno. VII. - A seguito della sentenza 19 dicembre 2018 della Corte di giustizia, Grande sezione, (causa C-219/17) - in attesa della quale (giova dire) risulta che sia stato altresì sospeso il giudizio di annullamento della decisione della BCE sopra citata, dinanzi al Tribunale della UE (causa T-913/16, Fininvest e B/BCE) - il Consiglio di stato ha dichiarato inammissibili i ricorsi in ottemperanza. Tanto ha fatto sul rilievo che, secondo la vincolante decisione della Corte di giustizia, gli atti adottati dall'autorità nazionale competente (breviter ANC), e dunque dalla Banca d'Italia, sono da considerare tappe di un procedimento nel quale la BCE esercita, essa sola, il potere decisionale finale, senza essere vincolata agli atti preparatori o alle proposte avanzate dall'autorità nazionale;e che pertanto, sempre in base alla citata sentenza, spetta al giudice dell'Unione, a titolo di competenza esclusiva al controllo di legittimità sugli atti dell'Unione ai sensi dell'art. 263 del TFUE, statuire sulla legittimità della decisione finale adottata dalla BCE ed esaminare, affinché sia garantita una tutela giurisdizionale effettiva agli interessati, anche gli eventuali vizi degli atti preparatori o delle proposte provenienti dall'autorità nazionale, di natura tale da inficiare la validità della suddetta decisione finale. VIII. - Avverso la sentenza del Consiglio di stato, depositata il 3 maggio 2019, Silvio B e la Fininvest propongono ricorso per cassazione in unico motivo, illustrato da memoria. Ric. 2019 n. 37724 sez. SU - ud. 09-03-2021 -6- Chiedono che sia sollevata in subordine una questione di legittimità costituzionale. La Banca d'Italia resiste con controricorso. Non hanno svolto difese gli altri intimati. Il Procuratore generale ha depositato una requisitoria scritta. Ragioni della decisione I. - Con l'unico motivo i ricorrenti censurano la sentenza per illegittimo rifiuto dell'esercizio della giurisdizione, ai sensi degli artt. 111, ottavo comma, 11 e 24 cost.La loro tesi è che, avendo la sentenza n. 882/2016 già esplicitamente statuito in ordine alla questione relativa alla legittimità della detenzione delle azioni di Mediolanum s.p.a., con pronuncia tesa a investire, peraltro, in identica misura (considerati l'ambito e l'effetto della fusione inversa), l'illegittimità dell'ordine di alienazione anche delle azioni di Banca Mediolanum, il potere della Banca d'Italia, di cui agli atti di avvio della nuova procedura autorizzativa, si sarebbe dovuto considerare esercitato in violazione del giudicato. I ricorrenti assumono che il Consiglio di stato sia stato adito per l'ottemperanza al giudicato con azione di nullità degli atti di avvio ulteriormente posti in essere, di identico oggetto. Per cui non poteva esimersi dal giudicare se tali atti costituissero violazione del giudicato medesimo, ponendo la questione di pregiudizialità comunitaria, perché in tal modo si sarebbe posta in discussione l'esistenza stessa del potere giurisdizionale quale giudice dell'ottemperanza, a fronte di una vicenda esauritasi nel giudizio anteriore governato dal diritto interno. Sottopongono a critica anche la decisione della Corte di giustizia, in quanto di scarsa chiarezza a proposito del senso ultimo della statuizione che il Consiglio di stato ha ritenuto Ric. 2019 n. 37724 sez. SU - ud. 09-03-2021 -7- vincolante e preclusiva della giurisdizione. E al riguardo prospettano l'eventualità di un ulteriore quesito da sottoporre alla medesima Corte: se cioè essa, statuendo che è irrilevante la circostanza che un giudice nazionale sia stato investito di un'azione specifica di nullità per asserita violazione del giudicato formatosi su una decisione giudiziaria nazionale, abbia inteso negare al giudice nazionale la potestà di giudicare sull'azione di nullità anzidetta, ovvero più semplicemente affermare che l'esito del giudizio nazionale di nullità, e l'eventuale dichiarazione conclusiva di nullità da parte del giudice nazionale, non sia vincolante per il giudice europeo e non gli impedisca di ritenere l'atto, ancorché dichiarato nullo dal giudice nazionale, idoneo a dare validamente inizio al procedimento europeo di competenza della BCE. II. - In via subordinata i ricorrenti eccepiscono l'illegittimità costituzionale dell'art. 2 della I. n. 130 del 2008 relativa all'esecuzione del TFUE, nella parte in cui impone di applicare l'art. 263 come altrimenti inteso dalla ripetuta sentenza 19 dicembre 2018 della Corte di giustizia, giacché ciò sarebbe in contrasto con gli artt. 2, 24 e 113 cost. secondo la nota teoria dei controlimiti. A loro dire l'effetto sarebbe quello di "cancellare" il peculiare rimedio giurisdizionale costituito, nel diritto interno, dal giudizio di ottemperanza, atteso che dovrebbe considerarsi inibita al giudice amministrativo la decisione involgente l'interpretazione e l'individuazione dei limiti oggettivi del giudicato nazionale formatosi sull'anteriore sentenza. A tanto conseguirebbe la lesione del diritto a un processo equo ex art. 6 CEDU negli imprescindibili momenti dell'effettività della giurisdizione e dell'accesso a un giudice, non avendo rilevanza il richiamo (nella decisione della Corte di giustizia) della Ric. 2019 n. 37724 sez. SU - ud. 09-03-2021 -8- sentenza 18 luglio 2007 sul noto caso della Lucchini s.p.a. (causa C-119/05);la quale sentenza, in quanto totalmente estranea alla vicenda de qua, rivelerebbe la scarsa considerazione della Corte di giustizia circa il rispetto del principio del giudicato, presidio invece, a un tempo, dell'effettività della tutela giurisdizionale e del ne bis in idem contro arbitrarie reiterazioni del potere amministrativo. III. - Il ricorso, diversamente da quanto sostenuto dal Procuratore generale, è ammissibile. Quel che i ricorrenti lamentano è che il giudice amministrativo abbia escluso la possibilità stessa, nella determinata situazione, di fare ricorso al giudizio di ottemperanza rispetto ad atti asseritamente contrastanti col giudicato. In tal senso la censura è tesa a dedurre un inammissibile arretramento di potere giurisdizionale rispetto a una materia che invece, secondo i ricorrenti, ne ammetterebbe l'esercizio. Il sindacato esercitato dalla Corte di cassazione sulle decisioni rese dal Consiglio di stato è consentito ove si richieda l'accertamento di una condizione simile, poiché, come chiarito dalla sentenza n. 6 del 2018 della Corte costituzionale, è denunziabile col ricorso per motivi inerenti alla giurisdizione tanto la fattispecie in cui il giudice speciale affermi la propria giurisdizione nella sfera riservata al legislatore o all'amministrazione (cosiddetta invasione o sconfinamento), quanto quella, contraria, in cui egli giustappunto la neghi sull'erroneo presupposto che la materia non possa formare oggetto, in via assoluta, della propria cognizione giurisdizionale (cosiddetto arretramento): cfr. Cass. Sez., U n. 7926-19, Cass. Sez. U n. 29082-19, Cass. Sez. U n. 31754-19, Cass. Sez. U n. 7839-20. Ric. 2019 n. 37724 sez. SU - ud. 09-03-2021 -9- Da questo punto di vista semplicemente spetta alle Sezioni unite (e solo a esse) stabilire se, in concreto, una situazione del genere si sia verificata in relazione all'ambito della giurisdizione di ottemperanza: e quindi se la giurisdizione di ottemperanza potesse, nella concreta fattispecie, essere utilizzata col fine di dichiarare la nullità, per contrasto col giudicato nazionale, degli atti della procedura di cui si tratta. IV. - All'interrogativo va data risposta negativa, cosicché per quanto ammissibile il ricorso va rigettato. V. - L'ambito della controversia - oggettivamente complesso - è condizionato, innanzi tutto, dalla ricostruzione della natura e delle sequenze del procedimento previsto dal Meccanismo di vigilanza unico dell'unione bancaria, nel quale si inseriscono gli atti adottati dalla Banca d'Italia che i ricorrenti, nel giudizio di ottemperanza, hanno affermato esser contrari al giudicato di diritto interno. E' bene precisare che il Meccanismo di vigilanza unico fonda l'unione bancaria istituita tra i paesi dell'eurozona e ha lo scopo di garantire una vigilanza rafforzata in un'architettura che riunisce l'autorità sopranazionale - la BCE - e le autorità nazionali di vigilanza - come la Banca d'Italia - in un insieme unico di norme e requisiti. VI. - Ora, come sottolineato dalla Corte di giustizia, la procedura è intesa a mettere in atto l'art. 22 della direttiva CRD IV, che prescrive, per il buon funzionamento dell'unione bancaria, la previa autorizzazione a ogni acquisizione o aumento di partecipazioni qualificate negli enti creditizi sulla base di criteri di valutazione armonizzati. L'ampio riferimento a ogni acquisizione rende evidente che non assume rilevanza la particolare genesi della medesima, perché la direttiva si applica qualunque ne sia il fatto generatore. Ric. 2019 n. 37724 sez. SU - ud. 09-03-2021 -10- Nella specie l'acquisizione è derivata dall'incorporazione - per fusione inversa - della
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