Cass. civ., sez. V trib., sentenza 10/05/2022, n. 14802
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a seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 5436/2022ìR.G. proposto da Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, con domicilio eletto in Roma, via dei Portoghesi n.12. - ricorrente- contro Ente Autonomo Volturno s.r.I., rappresentato e difeso dall'Avv. M G M, con domicilio eletto in Roma, presso la Cancelleria della Corte, e con studio in Napoli, viale degli Oleandri n.19, giusta procura speciale alle liti in calce al controricorso. - controricorrente - avverso la sentenza n. 6665/17 della Commissione tributaria regionale kia de , depositata il 14/7/2017. Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 12 aprile 2022 svolta dal Consigliere dott. O D M. Lette le conclusioni motivate scritte del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. F T, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. FATTI DELLA CAUSA L'Agenzia delle Entrate di Roma notificò all'Ente Autonomo Volturno s.r.l. (per brevità Società EAV), un avviso d'accertamento per il recupero della tassa di concessione governativa, in materia di servizi telefonici cellulari e radiomobili, anno 2013, di cui all'art. 21 della Tariffa allegata al d.P.R. n. 641 del 1972, relativamente a due fatture emesse dal gestore telefonico Telecom-Tim. La società contribuente impugnò l'atto impositivo con ricorso che fu accolto in primo grado in quanto la CTP di Napoli ritenne essere stata fornita la prova del pagamento, in via transattiva, delle fatture scadute e, con esse, della tassa in questione. La CTR del Lazio, respingendo l'appello erariale, confermò la decisione che aveva annullato l'avviso di accertamento, osservando che il pagamento ricevuto dal gestore telefonico tramite bonifico della società contribuente, fosse pienamente satisfattivo non avendo l'Agenzia delle Entrate "fornito prova adeguata del fatto che tale "piano di rientro" (relativo proprio alle fatture in contestazione) escludesse quanto dovuto a titolo di tassa di concessione governativa". Avverso la decisione l'Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione, affidato ad un motivo, cui resiste la contribuente che ha depositato controricorso. RAGIONI DELLA DECISIONE Con il motivo di impugnazione l'Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione degli artt. 2967 e 2792 c.c., nonché dell'art. 21 della Tariffa allegata al d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 641, in relazione all'art. 360, comma primo, n. 3, c.p.c., per non avere la CTR ritenuto che l'onere della prova dell'assolvimento della tassa di concessione governativa prevista per l'utilizzo degli apparecchi di telefonia mobile gravasse sull'utente e non sul gestore telefonico, sul quale invece grava l'obbligo di riversare all'erario le tasse riscosse. Aggiunge che erra il giudice di appello allorché afferma che, una volta dimostrato il pagamento delle fatture scadute e rimaste inevase, la contribuente dovesse ritenersi liberata da ogni ulteriore adempimento, a nulla rilevando le contrarie dichiarazioni rese all'Ufficio dal gestore telefonico, dovendo semmai essere compito della contribuente quello di dimostrare che i pagamenti effettuati a seguito dell'accordo transattivo ricomprendessero gli importi dovuti all'erario. La censura è fondata. Giova premettere la Corte ha ripetutamente affermato il principio per cui, anche nel nuovo quadro normativo delineato dal Codice delle comunicazioni elettroniche, caratterizzato da una maggiore libertà rispetto alla normativa precedente, l'attività di fornitura di servizi di comunicazione elettronica resta assoggettata ad un regime autorizzatorio da parte della P.A., da quale consegue che "il contratto _3 di abbonamento con il gestore del servizio radiomobile si sostituisce alla licenza di stazione radio, e che tale permanente regime autorizzatorio, pur contrassegnato da maggiori spazi di libertà rispetto al passato, giustifica il mantenimento della tassa di concessione governativa prevista per l'utilizzo degli apparecchi di telefonia mobile, costituendo oggetto di tassazione, ai sensi dell'art. 21 della tariffa allegata al D.P.R. n. 641 del 1972, la "licenza o documento sostitutivo" per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione" (Cass. Sez. U. n. 9560/2014, Cass. n. 5671/2016, n. 12153/2019). La Corte, inoltre, ha chiarito che la tassa di concessione governativa sui telefonini (TCG), che non è stata abrogata (il che è confermato dalla norma di interpretazione autentica dettata dal d.l. n. 4 del 2014, art. 2, comma 4, conv. in I. n. 50 del 2014), "è dovuta anche dagli enti locali, non potendo ad essi estendersi l'esenzione spettante all'Amministrazione dello Stato" e quindi ha demandato alla CTR del Lazio, quale giudice di rinvio, quanto dedotto dalla contribuente nel ricorso incidentale (dichiarato inammissibile) e già nell'atto di appello, circa la mancata indicazione, nell'avviso impugnato, del presupposto dell'accertamento, del termine di scadenza e di tutti gli elementi necessari per la legittimità dell'accertamento medesimo. La CTR del Lazio, con l'impugnata sentenza, ha ritenuto che la prova del pagamento dell'importo previsto dal "piano di rientro" di cui all'accordo transattivo intercorso il 13/1/2014 tra la Società EAV ed il gestore telefonico, pacificamente concernente le fatture da quest'ultimo emesse nell'anno 2013 e rimaste insolute, fosse sufficiente a liberare la contribuente dalla obbligazione tributaria per cui è causa spettando, secondo le regole "in materia di riparto dell'onus probandi", all'Amministrazione finanziaria provare che l'importo corrisposto al gestore telefonico non ricomprendesse "quanto dovuto a titolo di tassa di concessione governativa", non potendosi verificare, in assenza di "trasmissione di copia dell'accordo del 13.01.14", la veridicità delle dichiarazioni rese dalla società TIM circa il fatto che "i piani di rientro non riguardano le tasse, che vanno versate alla scadenza delle fatture". La decisione sembra prescindere dalla disciplina delle tasse sulle concessioni governative contenuta nel d.P.R. n. 641 del 1972, all'art. 21 della tariffa allegata d.P.R. citato, che, per quanto d'interesse, prevede che la TCG si applica sulla "Licenza o documento sostitutivo per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione (art. 318 del D.P.R. 29 marzo 1973, n. 156, e art. 3 del D.L. 13 maggio1991, n. 151, convertito con modificazioni, dalla legge 12 luglio 1991, n. 202): per ogni mese di utenza". Il presupposto d'imposta, secondo quanto la Corte (Cass. n. 8825/2012) ha ripetutamente affermato, si ricollega "non già alla emissione di un atto amministrativo, ma al mero presupposto di fatto (di natura cronologica) della durata della prestazione di servizi, così come conteggiata in ciascuna bolletta trasmessa dal gestore all'abbonato. Tale previsione normativa viene, dunque, a svincolare la specifica tassa di concessione governativa dall'atto amministrativo, derogando alla generale previsione del presupposto del tributo stabilita del DPR n. 641 del 1972, art. 1, atteso che nel caso di specie l'obbligazione tributaria non insorge con la "emanazione dell'atto" ex art. 2, comma 1, del DPR n. 641 del 1972, ma in relazione alle prestazioni periodiche del servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione conteggiate con riferimento al numero di mesi di utenza considerati in ciascuna bolletta". Sul punto, la Corte ha chiarito che il richiamato art. 21 individua, quale fatto generatore e presupposto applicativo dell'imposizione, proprio "la scadenza periodica del pagamento dei corrispettivi per le prestazioni del servizio di telefonia mobile" con l'ulteriore conseguenza "che il dies a quo dal quale decorre il termine triennale di decadenza per l'accertamento dell'omesso pagamento della tassa, fissato dall'art. 13 del d.P.R. n. 641 del 1972, si individua con riferimento alle singole scadenze di adempimento dell'obbligazione avente ad oggetto il pagamento del corrispettivo-canone di servizio, e, quindi, con riferimento alla scadenza del termine previsto per il pagamento delle singole bollette" (Cass. n. 8825/2012, n. 20522/2016). La TCG, pertanto, è stata addebitata in ciascuna bolletta per periodi anticipati di 60 giorni, unitamente ai canoni anticipati del bimestre di riferimento, secondo il modello di riscossione di cui contemplato dall'art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. n. 641 del 1972, il quale prevede l'addebito all'utente della tassa con riferimento al numero di mesi di utenza considerati in ciascuna bolletta (cfr. note 1 e 2 dell'art. 21 del citato d.P.R.). Il versamento all'erario delle tasse riscosse dal concessionario del servizio trova la sua disciplina di dettaglio nel decreto del 24 settembre 1991 del Ministero delle Finanze ("Termini e modalità di versamento all'erario, da parte della SIP, delle tasse di concessione governativa sulle licenze per l'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di telecomunicazione". In GU Serie Generale n. 227 del 27-09-1991). Recita, in particolare, il decreto che "Si considerano tempestivi i pagamenti della tassa di concessione governativa eseguiti nel corso del bimestre fatturato, per il quale il canone di abbonamento viene corrisposto in via anticipata. Entro il 31 gennaio di ogni anno la SIP, ai fini del recupero delle tasse evase e dell'applicazione delle sanzioni di legge, deve comunicare al centro informativo della Direzione generale delle tasse e delle imposte indirette, mediante supporto magnetico, l'elenco dei contribuenti, con l'indicazione delle generalità, della residenza e del numero di codice fiscale, che nei bimestri di abbonamento compresi nel primo semestre solare dell'anno precedente hanno omesso il pagamento delle tasse dovute o hanno effettuato il versamento delle stesse oltre il termine utile innanzi stabilito, specificando il bimestre di abbonamento al quale l'irregolarità si riferisce e, in caso di ritardato pagamento, la data in cui il pagamento stesso è stato eseguito. Uguale comunicazione deve essere effettuata entro il 31 luglio di ogni anno, relativamente ai bimestri di abbonamento del secondo semestre solare dell'anno precedente. La prima delle anzidette comunicazioni deve essere effettuata entro il 31 luglio 1992 e deve riguardare il periodo giugno-dicembre 1991. Entro il 31 luglio di ogni anno, la SIP deve pure trasmettere all'ispettorato compartimentale delle tasse e delle imposte indirette sugli affari di Torino ed alla Direzione generale delle tasse e delle imposte indirette sugli affari un prospetto dal quale risultino l'importo delle tasse da riscuotere in ciascun bimestre di abbonamento dell'anno solare precedente, sulla base delle bollette emesse nonché, per gli stessi bimestri, l'ammontare delle tasse riscosse, di quelle versate all'erario e di quelle evase per le quali è stata data comunicazione all'Amministrazione finanziaria agli effetti dei recuperi da parte della stessa Amministrazione. Osserva la Corte che non v'è contestazione sul fatto che il pagamento della tassa, da eseguirsi "congiuntamente al canone di abbonamento", non venne eseguito nel termine di scadenza delle singole fatture e che il credito maturato dal gestore telefonico per i servizi resi all'utente è stato soddisfatto soltanto per effetto di un successivo accordo - transattivo - diretto a definire i rapporti contrattuali tra le parti, il quale giammai avrebbe potuto estendere i propri effetti alle obbligazioni tributarie, attesa l'indisponibilità (alla transazione) di tali obbligazioni, salvo il ricorso agli strumenti deflattivi previsti dalla legge, ipotesi che qui non ricorre. Ne discende l'inopponibilità alla Amministrazione finanziaria del contenuto degli accordi transattivi intercorsi con il gestore del servizio di telefonia mobile essendo unico debitore dell'erario l'utente. Vero è che il meccanismo di pagamento della TCG per il tramite del concessionario gestore del servizio di telefonia non si è potuto realizzare per effetto della condotta omissiva, certamente non incolpevole, della società contribuente, sicché il recupero della tassa evasa si realizzato, per altra via, secondo le modalità previste dal decreto del 24 settembre 1991 del Ministero delle Finanze. Del resto, la Corte si è già espressa nel senso che "soggetto passivo è unicamente l'utente del servizio, senza che il gestore del servizio possa essere considerato sostituto di imposta, essendo a costui attribuito il ruolo di mero incaricato della riscossione e del versamento della tassa e non essendovi nella normativa pertinente alcun riferimento al gestore quale sostituto d'imposta." (Cass. n. 14245/2021) e che "in caso di ritardo nel pagamento della tassa relativa all'impiego di apparecchiature terminali per il servizio radiomobile pubblico terrestre di comunicazione (cd. tassa sui telefonini), sussiste in capo all'utente - e non al concessionario del servizio - l'obbligo di pagare la sanzione, essendo egli l'unico soggetto passivo del tributo ai sensi dell'art. 21 della tariffa allegata al d.P.R. n. 641 del 1972". (Cass. n. 21168/2017). In conclusione, la sentenza impugnata non risulta in linea con i principi superiormente ricordati e la stessa, in accoglimento del ricorso, merita d'essere cassata. La causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, va decisa nel merito, con i rigetto dell'originario ricorso della contribuente.Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo, quelle dei gradi di merito, atteso l'evolversi della vicenda processuale ed il progressivo consolidamento dei principi innanzi esposti, sono compensate tra le parti.
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