Cass. pen., sez. IV, sentenza 01/02/2023, n. 04183

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 01/02/2023, n. 04183
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 04183
Data del deposito : 1 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: T E G nato a BOLLATE il 04/11/1975 avverso la sentenza del 24/01/2022 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
svolta la relazione dal Consigliere G C;
lette le conclusioni scritte del Procuratore generale, in persona del sostituto G C, la quale ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ogni conseguente statuizione. Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Milano ha confermato la sentenza del GUP del Tribunale cittadino, con la quale T E G era stata condannata per due furti aggravati in privata dimora [capi 1), ai danni di R E e R D) e 5), ai danni di F G];
un tentativo di furto aggravato in privata dimora ai danni di A D [capo 6)];
un furto aggravato ai sensi dell'art. 61 n. 5 e dell'art. 625 n. 4, cod. pen., ai danni di B M [capo 4)];
infine, per il reato di cui all'art. 493 ter, cod. pen., relativamente alla tessera bancomat intestata a R D [capo 2)], il tutto tra agosto e dicembre 2018 in Arese e Garbagnate Milanese.

2. La difesa ha proposto ricorso, formulando due motivi. Con il primo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione quanto alla decisione inerente alla richiesta di rinnovazione istruttoria mediante ricognizione dell'imputata, la scelta del rito non potendo essere intesa quale rinuncia implicita alla istanza istruttoria. Nella specie, peraltro, il rigetto della richiesta di abbreviato condizionato alla ricognizione si poneva come presupposto per la sollecitazione all'esercizio dei poteri officiosi giudiziali. Con il secondo, ha dedotto violazione di legge quanto alla determinazione della pena, che si assume errata in difetto quanto alla pena pecuniaria, in eccesso quanto a quella detentiva.

3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Giuseppina CASELLA, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, con ogni conseguente statuizione. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile.

2. In via preliminare, va osservato quanto segue in ordine alla procedibilità del reato di cui al capo 4) della imputazione. A seguito dell'entrata in vigore del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 150, che ha modificato l'art. 624, c. 3, cod. pen., il reato è oggi procedibile a querela di parte. L'art. 85 del citato decreto (come modificato dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199 di conversione del decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162), nel dettare disposizioni transitorie in materia di modifica del regime di procedibilità ha stabilito che «Per i reati perseguibili a querela della persona offesa in base alle disposizioni del presente decreto, commessi prima della data di entrata in vigore dello stesso, il termine per la presentazione della querela decorre dalla predetta data, se la persona offesa ha avuto in precedenza notizia del fatto costituente reato». Nel caso di specie, tuttavia, non v'è necessità di attendere che decorrano tre mesi dalla data di entrata in vigore del decreto (30 dicembre 2022). Trova, infatti, applicazione il principio affermato dalle Sezioni Unite di questa Corte con riferimento ai reati divenuti perseguibili a querela per effetto del d.lgs. 10 aprile 2018, n. 36. La disciplina transitoria prevedeva, in quel caso (art. 12 c. 2, d.lgs. n. 36/18), che dovesse essere dato avviso alla persona offesa della possibilità di proporre querela e il Supremo collegio ritenne che questo avviso non dovesse esser dato, nei giudizi pendenti in sede di legittimità, nei casi di inammissibilità del ricorso (Sez. U, n. 40150 del 21/6/2018, Stino, Rv. 273551.). Fu rilevato in quel caso, facendo ampio riferimento ai principi affermati in altre decisioni del supremo collegio (in particolare, Sez. U, n. 12602 del 17/12/2015, dep. 2016, R) che l'art.129 cod. proc. pen. non attribuisce al giudice un potere di giudizio ulteriore ed autonomo rispetto a quello già riconosciutogli dalle specifiche norme che regolano l'epilogo del processo, ma enuncia una regola di condotta rivolta al giudice che presuppone il pieno esercizio della giurisdizione. Non riveste, cioè, per quanto qui d'interesse, valenza prioritaria rispetto alla disciplina della inammissibilità, attribuendo al giudice dell'impugnazione un autonomo spazio decisorio svincolato dalle forme e dalle regole che presidiano i diversi segmenti processuali, ma enuncia una regola di giudizio che deve essere adattata alla struttura del processo e che presuppone la proposizione di una valida impugnazione. Tale argomentare è pertinente con il caso in esame. Esso consente, infatti, di escludere che il procedimento sia "pendente" in presenza di un ricorso inammissibile. Come sottolineato anche dalla sentenza R, tale affermazione non è in contrasto con i diritti fondamentali sul giusto processo garantiti dalla CEDU. È onere della parte interessata, infatti, attivare correttamente il rapporto processuale di impugnazione, con la conseguenza che il mancato rispetto delle regole processuali paralizza i poteri cognitivi del giudice e non vengono perciò in considerazione l'equità o la razionalità del processo. La sopravvenienza della procedibilità a querela, peraltro, ha valore ben diverso dalla abolitio criminis e la giurisprudenza ha costantemente escluso che il giudice dell'esecuzione possa revocare la condanna rilevando la mancata integrazione del presupposto di procedibilità. Come opportunamente rilevato dalla sentenza Stino, inoltre, la mancanza della condizione di procedibilità viene comunemente trattata nel giudizio di legittimità come una questione di fatto, soggetta alle regole della autosufficienza del ricorso (sez. 6, n. 44774 del 8/10/2015, Raggi, Rv. 265343) e ai limiti dei poteri di accertamento della Cassazione (sez. 3, n. 39188 del 14/10/2010, S., Rv. 248568), sicché non può dirsi che la declaratoria di inammissibilità del ricorso sia destinata ad essere messa in crisi da una ipotetica, incondizionata necessità di verifica dello stato della condizione di procedibilità come richiesta dalla normativa subentrata (Sez. U. Stino, cit., Rv. 273551, a pag. 16 della motivazione). Nel caso di specie, dunque, il mutato regime di procedibilità del reato non ha rilevanza e non preclude l'immediata dichiarazione di inammissibilità del ricorso, con riferimento a tale reato.
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