Cass. pen., sez. VI, sentenza 14/05/2024, n. 23639
Sentenza
14 maggio 2024
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14 maggio 2024
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Massime • 1
Il provvedimento emesso a norma dell'art. 554-ter, comma 3, cod. proc. pen., con cui il giudice monocratico, non sussistendo le condizioni per pronunziare sentenza di non luogo a procedere e non dovendosi definire il processo con rito alternativo, dispone la prosecuzione del giudizio dibattimentale, ha natura di decreto e non di ordinanza, sicché non dev'essere necessariamente corredato da motivazione, non essendo questa espressamente richiesta dalla normativa processuale.
Sul provvedimento
Testo completo
23 6 39-24 REPUBBLICA ITALIANA In nome del Popolo Italiano LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SESTA SEZIONE PENALE composta da - Presidente N. sent. sez.693 Ercole Aprile CC 14/05/2024 Orlando Villoni N. R.G. 7216/2024 Enrico Gallucci Martino Rosati relatore LA Di Nicola Travaglini ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da IO LA, nata ad [...] il [...] avverso la ordinanza del 16/01/2024 del Tribunale di Vercelli;
letti gli atti del procedimento, il ricorso e la sentenza impugnata;
udita la relazione del consigliere Martino Rosati;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariella De Masellis, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con atto del proprio difensore, LA IO impugna il provvedimento con il quale il Tribunale di Vercelli, a norma dell'art. 554-ter, comma 3, cod. proc. pen., ha disposto la prosecuzione del giudizio dibattimentale nei suoi confronti per il delitto di esercizio abusivo di professione sanitaria. L'atto si deduce sarebbe affetto da abnormità funzionale per carenza di potere in concreto, per avere il giudice disposto il prosieguo del giudizio con un provvedimento motivato, non essendo ciò previsto, invece, dall'anzidetta disposizione normativa, allo scopo di garantire l'imparzialità del giudice investito della prosecuzione del dibattimento e della decisione. Peraltro, nel motivare il proprio provvedimento, il giudice dell'udienza predibattimentale si è spinto oltre l'àmbito di giudizio consentitogli, avendo ritenuto ragionevole formulare, allo stato degli atti, una chiara ed evidente previsione di condanna». Inoltre, ha di fatto ampliato la contestazione, sostenendo che l'attività dell'imputata giungesse anche alla prescrizione di "diete", di cui, invece, non si fa menzione nel capo d'imputazione; e, infine, richiamando i contenuti di alcune sommarie informazioni testimoniali, ha introdotto nel fascicolo del dibattimento, in violazione degli artt. 511, 512 e 513, cod. proc. pen., elementi di conoscenza destinati a rimanervi estranei, non potendo quel provvedimento essere espunto da tale fascicolo.
2. Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, concludendo per l'inammissibilità del ricorso. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è inammissibile, trattandosi di provvedimento non impugnabile e che non presenta alcun profilo di abnormità.
2. L'art. 554-ter, cod. proc. pen., al comma 3, stabilisce che, per i processi con citazione diretta a giudizio, «se non sussistono le condizioni per pronunciare sentenza di non luogo a procedere» e se il processo non deve essere celebrato secondo uno dei riti alternativi legali, «il giudice fissa per la prosecuzione del giudizio la data dell'udienza dibattimentale». La legge non indica espressamente quale sia la forma dell'atto con cui tale decisione è adottata, se cioè si tratti di un'ordinanza oppure di un decreto: anzi, nel riferirsi ad esso, il successivo comma 4 dello stesso art. 554-ter, lo indica con il termine generico di "provvedimento". La distinzione, tuttavia, non è semplicemente accademica e la questione, lungi dal rimanere confinata al piano puramente terminologico, può avere delle ricadute significative proprio sotto il profilo dedotto in ricorso, ove si pensi che in applicazione della regola generale dell'art. 125, comma 3, cod. proc. pen. - la