Cass. pen., sez. IV, sentenza 23/11/2022, n. 44576

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. IV, sentenza 23/11/2022, n. 44576
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 44576
Data del deposito : 23 novembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

a seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: TESFALDET MELES nato il 21/03/1986 avverso l'ordinanza del 23/11/2021 della CORTE APPELLO di ROMAudita la relazione svolta dal Consigliere F A;
lette le conclusioni del PG, SABRINA PASSAFIUME, nel senso dell'annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
Ì.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe la Corte d'appello di Roma, quale giudice della riparazione ex art. 314 cod. proc. pen., ha rigettato l'istanza proposta nell'interesse di M T avente ad oggetto il riconoscimento di un equo indennizzo per l'ingiusta detenzione patita in forza di ordinanza cautelare emessa per il delitto di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di reati in materia di immigrazione clandestina (art. 416, comma sesto, cod. pen.) e per il reato (fine) di cui agli artt. 81 e 110 cod. pen. e 12 d.lgs. n. 286 del 1998, essendo stato assolto con sentenza di primo grado irrevocabile, rispettivamente, per non aver commesso il fatto e per l'insussistenza del fatto.

2. Avverso l'ordinanza M T, tramite il proprio difensore, ha proposto ricorso per cassazione fondato su cinque motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (ex art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.), con i quali si deducono violazioni di legge (art. 314 cod. proc. pen.), oltre che vizi motivazionali, in termini di contraddittorietà e manifesta illogicità. La Corte territoriale, in particolare, avrebbe violato l'art. 314, comma 1, ultimo periodo, cod. proc. pen., argomentando il rigetto dell'istanza solo dalla mancata risposta di M T in sede di interrogatorio reso nella fase delle indagini preliminari, essendosi egli avvalso della facoltà di non rispondere. La mancata riposta dell'indagato, peraltro, prosegue il ricorso, sarebbe stata nella specie giustificata dalla mancata comprensione della lingua italiana, mentre il giudice della riparazione avrebbe erroneamente ritenuto M T in grado di comprenderla per poi concludere nel senso della falsità di quanto dichiarato al G.i.p. in merito a tale circostanza. Sull'assunto per il quale la Corte territoriale non avrebbe ravvisato ipotesi di condotta extraprocedimentale gravemente colposa in capo al richiedente, con il ricorso si deduce il vizio di motivazione per aver l'ordinanza rigettato l'istanza, oltre che in ragione della mera scelta difensiva di avvalersi della facoltà di non rispondere, in forza della sola condotta processuale sostanziatasi nell'aver reso chiarimenti in merito alle condotte ascrittegli con l'incolpazione cautelare solo in dibattimento. A quanto innanzi si aggiunge altresì che la valutazione della descritta condotta del richiedente muoverebbe da una lettura della stessa alla luce del comportamento emerso dalle conversazioni captate, riscontrate da servizi di polizia giudiziaria, ma come evidenziato in sede di ordinanza genetica e non come emergente dalla sentenza assolutoria resa all'esito della trascrizione delle conversazioni in lingua non italiana.

3. Ha concluso per iscritto la Procura generale della Repubblica presso la Suprema Corte, in persona del Sostituto Procuratore Sabrina Passafiume, nel senso dell'annullamento con rinvio dell'ordinanza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato, nei termini di seguito specificati.

2. In tema di riparazione per ingiusta detenzione il giudice di merito, per stabilire se chi l'ha patita abbia dato o concorso a darvi causa con dolo o colpa grave, deve valutare tutti gli elementi probatori disponibili, al fine di stabilire, con valutazione ex ante - e secondo un iter logico-motivazionale del tutto autonomo rispetto a quello seguito nel processo di merito - non se tale condotta integri gli estremi di reato, ma solo se sia stata il presupposto che abbia ingenerato, ancorché in presenza di errore dell'autorità procedente, la falsa apparenza della sua configurabilità come illecito penale (ex plurimis: Sez. U, n. 34559 del 26/06/2002, D B, Rv. 222263;
Sez. 4, n. 21308, del 26/04/2022, Fascia, in motivazione;
Sez. 4, n. 3359 del 22/09/2016, dep. 2017, La Fornara, Rv. 268952). La colpa grave di cui all'art. 314 cod. proc. pen., quale elemento negativo della fattispecie integrante il diritto all'equa riparazione in oggetto non necessita difatti di estrinsecarsi in condotte integranti, di per sé, reato, se tali, in forza di una valutazione ex ante, da causare o da concorrere a dare causa all'ordinanza cautelare (sul punto si vedano anche Sez. 4, n. 15500 del 22/03/2022, S, in motivazione;
Sez. 4, n. 49613 del 19/10/2018, B., Rv. 273996-01, in motivazione, oltre che i precedenti ivi richiamate, tra cui Sez. 4, n. 9212 del 13/11/2013, M, dep. 2014, Rv. Rv. 259082-01).
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