Cass. civ., sez. V trib., sentenza 19/08/2004, n. 16220

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In tema di condono fiscale, l'art. 51, comma 6, lettera b), della legge 30 dicembre 1991, n. 413, là dove, in ordine alle dichiarazioni integrative di cui agli artt. 49 e 50 della legge medesima, dispone che l'ammontare della maggiore imposta dovuta, se superiore a lire 3.000.000, può essere versato, "con l'applicazione di interessi nella misura del 9 per cento", in tre rate di uguale importo alle scadenze ivi indicate, va interpretato nel senso che tale interesse, spettante in ragione di anno, gravi soltanto sulle ultime due rate, il cui pagamento è differito rispetto al momento in cui il credito fiscale è divenuto liquido ed esigibile.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 19/08/2004, n. 16220
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16220
Data del deposito : 19 agosto 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C O F - Presidente -
Dott. C M - Consigliere -
Dott. M G V A - rel. Consigliere -
Dott. G M C - Consigliere -
Dott. D B A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p. t., e Agenzia delle Entrate, in persona del Direttore p.t., domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso l'Avvocatura Generale dello Stato, che li rappresenta e difende;



- ricorrenti -


contro
SIAM s.r.l.;

- intimata -
avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell'Umbria, n. 529/6/99, depositata il 5.1.2000.
Udita la relazione della causa svolta in pubblica udienza, il 18.3.2004, dal relatore Cons. Dr. G V A M;

Udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. SEPE E A, che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso alla commissione tributaria provinciale di Perugia la SIAM s.r.l. impugnò la cartella esattoriale notificatale il 29.10.1997, con cui l'ufficio IVA della stessa città le aveva chiesto il pagamento della somma di Lire 40.873.322, per interessi non pagati e relativa soprattassa sulla somma dovuta a seguito dell'avvenuta presentazione di dichiarazione integrativa. Sosteneva la contribuente, in contrasto con l'ufficio fiscale - e per quanto ancora interessa -, che alla somma di Lire 452.940.000, dovuta per ottenere il condono e pagata in tre rate, dovevano essere aggiunti gli interessi del 9%, stabiliti dall'articolo 51, co. 6, legge 30 dicembre 1991, n. 413, solo in relazione alle ultime due rate, non
anche in relazione a quella versata il 30.4.1992, e cioè nello stesso giorno in cui il credito fiscale era divenuto liquido ed esigibile per effetto della contestuale presentazione della dichiarazione integrativa.
La sentenza n. 487 del 1998, con cui la commissione tributaria provinciale, accogliendo la tesi dell'ufficio, respinse il ricorso, fu appellata dalla contribuente, che ripropose le precedenti argomentazioni. L'ufficio delle entrate di Perugia, subentrato all'ufficio IVA, insistette per il rigetto dell'appello e comunicò di aver già provveduto al parziale sgravio della soprattassa applicata, così ponendo termine alla controversia ad essa relativa. L'impugnazione fu accolta, con sentenza depositata il 5.1.2000 della commissione tributaria regionale dell'Umbria che, in riforma della sentenza appellata, annullò la suddetta cartella esattoriale e compensò fra le parti le spese di lite, sul presupposto della non spettanza d'interessi relativamente al versamento della prima rata, mancando, rispetto al pagamento di essa, qualsiasi dilazione temporale.
Per la cassazione di tale sentenza il ministero dell'economia e delle finanze e l'agenzia delle entrate propongono ricorso, notificato il 20.2.2001, con due motivi, cui non resiste l'intimata SIAM s.r.l.. MOTIVI DELLA DECISIONE
Coi due motivi di ricorso l'amministrazione delle finanze censura la sentenza impugnata, ai sensi dell'articolo 360, 1^ co., nn. 3 e 5, c.p.c., per violazione e falsa applicazione degli articoli 49 e 51, co. 6, legge 30 dicembre 1991, n. 413, 1282 c.c., e loro combinato disposto;
nonché per omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su punto decisivo della controversia, relativo alla debenza dell'interesse del 9%, stabilito dal citato articolo 51, co. 6, sulle somme rateizzate (di ammontare superiore a Lire 3.000.000), dovute a titolo d'imposta dichiarata integrativamente per definizione dell'IVA a richiesta del contribuente (c.d. condono). Sostiene l'amministrazione ricorrente che, interpretando correttamente tali norme (e, in particolare, l'articolo 51, co. 6, cit.), risulta erroneo il principio affermato dal giudice a quo, per cui l'obbligo di versare un interesse, secondo il significato proprio della parola, presupporrebbe una dilazione di pagamento che, nel caso della prima rata, non sussiste. Infatti, nel caso specifico (ed a differenza di quanto prescritto in diversa ipotesi dall'articolo 45, co. 2, stessa legge, ove espressamente il tasso è indicato come "annuo"), il legislatore avrebbe previsto un meccanismo, disancorato dal tempo, di maggiorazione forfettaria "secca" del 9% sull'importo rateizzabile dovuto dal contribuente in corrispondenza alla dichiarazione integrativa. Il ricorso è infondato. Si osserva preliminarmente che il comma 6 del citato articolo 51 comprende tre distinte disposizioni. La prima di esse impone al contribuente di versare, in unica soluzione ed entro il 30 aprile 1992, l'ammontare della maggiore imposta dichiarata. La seconda concede al debitore, se l'importo dovuto eccede Lire 3.000.000, di versarlo in tre rate di uguale importo, a scadenze fisse (30 aprile 1992, 31 luglio 1992 e 31 marzo 1993), "con l'applicazione di interessi nella misura del 9 per cento". La terza disposizione ammette gli eredi di contribuenti deceduti nel periodo dall'1^ dicembre 1991 al 30 aprile 1992, a versare le rate secondo scadenze ulteriormente dilazionate, fino al 30 settembre 1993. Si deve quindi considerare in primo luogo, esaminando la norma nei suoi aspetti letterali, che l'espressione "maggiorazione forfettaria", usata dall'amministrazione ricorrente, non solo non compare, ma è contraddetta logicamente dalla menzione esplicita di "interessi nella misura del 9 per cento", stabiliti solo in funzione della concessa rateazione, non essendo previsti affatto per il caso di versamento in unica soluzione entro il 30.4.1992, anche quando si tratti d'importo superiore a Lire 3.000.000.
Cosicché, attribuendo alla norma il senso palesato dal significato proprio della parola "interessi", correttamente inteso dalla commissione tributaria regionale, si deve riconoscere che l'esplicito riconoscimento di essi, in corrispondenza alla concessa dilazione nel pagamento del dovuto, ne rivela, per ragioni di ordine sistematico, la natura (considerata moratoria nel caso, per certi aspetti analogo, dei dazi doganali differiti: Cass. n. 9908/1994) di interessi corrispettivi, in mancanza dell'elemento del "colpevole ritardo nel pagamento" (articoli 1218-1224 c.c.), proprio degli interessi di mora, ed in presenza della funzione di assicurare al creditore i frutti civili sulle somme capitali dovute (articolo 820, 3^ co., c.c.). Conseguentemente, la prevista corresponsione d'interessi, non seguita da alcuna particolare qualificazione, deve essere intesa come richiesta d'interessi corrispettivi (Cass. n. 4642/1982), in base al principio della naturale fecondità del denaro accolto dall'articolo 1282, 1^ co., c.c., ed essi decorrono dalla data di acquisita liquidità ed esigibilità del credito. Ferma restando la validità, in generale, di questi principi, la norma in esame risponde alla necessità d'indicare la misura (9 per cento) del tasso d'interesse che, ai sensi dell'articolo 1284, 1^ co., c.c., è dovuto in ragione di anno, non essendo disposto diversamente (come, ad es., nel caso previsto dall'articolo 1, legge 26 gennaio 1961, n. 29). Per questa stessa ragione, non risulta significativo il richiamo all'articolo 45, co. 2, legge n. 413/1991, che espressamente si riferisce ad un
tasso "annuo", da ritenere applicabile - in virtù del richiamato principio generale e per mancanza di valide ed espresse ragioni di deroga -anche all'ipotesi prevista dalla norma in riferimento. Nel caso concreto, il credito fiscale divenne liquido ed esigibile al momento della "presentazione di apposita dichiarazione integrativa" (articolo 49, co. 1, legge n. 413/1991), effettuata nel giorno di scadenza e di pagamento della prima rata (30.4.1992), "versata contestualmente alla presentazione della domanda di condono" (dalla sentenza impugnata).
Da ciò discende che, essendo il concetto d'interesse corrispettivo indissolubilmente legato al ritardo subito dal creditore nel godimento dei frutti sul capitale spettantegli (Cass. nn. 10428/2002, 7627/1997, 6627/ 1997), nessuna somma è dovuta a tal titolo - in mancanza di esplicita e diversa statuizione normativa - sulla parte di debito (rata) pagata lo stesso giorno in cui l'intero credito divenne liquido ed esigibile, rispetto alla quale non sussiste alcun ritardato godimento. In tal senso peraltro, con riguardo allo specifico caso della rateazione concessa sulla somma dovuta per con dono dell'IVA, si è espressa questa suprema corte con giurisprudenza (Cass. nn. 10661 e 10480 del 2003) che il collegio condivide. Per le ragioni sopra esposte, la norma dell'articolo 51, co. 6, lett. b), cit., è interpretabile nel senso, accolto dalla sentenza impugnata, che l'interesse del 9 per cento ivi previsto, spettante in ragione di anno, è applicabile solo alle ulteriori due rate, il cui pagamento è differito rispetto al momento in cui il credito fiscale è divenuto liquido ed esigibile. Il ricorso deve pertanto essere rigettato.
Nulla devesi disporre riguardo alle spese di questo giudizio di legittimità, poiché la parte intimata non vi ha svolto difese.

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