Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/06/2003, n. 9072
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Ai fini dell'indagine sulla proponibilità davanti al giudice ordinario della domanda di retrocessione di beni espropriati, occorre distinguere l'ipotesi in cui l'opera pubblica non sia stata eseguita, e siano decorsi i termini a tale uopo concessi o prorogati (art. 63 della legge 25 giugno 1865, n. 2359), dall'ipotesi in cui, dopo la esecuzione totale o parziale dell'opera medesima, alcuni dei fondi espropriati non abbiano ricevuto la prevista destinazione (artt. 60 e 61 della citata legge). Mentre nel primo caso il diritto soggettivo alla retrocessione, azionabile davanti all'A.G.O., sorge automaticamente per effetto di detta mancata realizzazione, e quindi a prescindere da qualsiasi valutazione discrezionale dell'amministrazione, nel secondo caso il diritto stesso nasce solo se ed in quanto l'amministrazione, con valutazione discrezionale (al cospetto della quale la posizione soggettiva del privato è di interesse legittimo) abbia dichiarato che quei fondi più non servano all'opera pubblica. La ricorrenza dell'una o dell'altra ipotesi deve essere accertata con riguardo non solo al decreto di espropriazione, ma anche e soprattutto alla dichiarazione di pubblica utilità.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente f.f. -
Dott. D V - Presidente di sezione -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. M M R - rel. Consigliere -
Dott. T R M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
S D, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA F. CONFALONIERI 5, presso lo studio dell'avvocato L M, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato G G, giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO;
- intimata -
e sul 2^ ricorso n^ 21083/00 proposto da:
PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTO, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PARIOLI 180, presso lo studio dell'avvocato M S, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato L M B, giusta procura speciale, in atti;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
contro
S D;
- intimato -
avverso la sentenza n. 240/00 della Corte d'Appello di TRENTO, depositata il 20/06/00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27/02/03 dal Consigliere Dott. Mario Rosario MORELLI;
uditi gli avvocati Emanuele COGLITORE, per delega dell'avvocato Luigi MANZI, Ludovico Marco BENVENUTI;
udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott. Alberto CINQUE che ha concluso per il rigetto del ricorso incidentale, nella parte riguardante la questione di giurisdizione, giurisdizione dell'A.G.O SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 10 marzo 1995, Danilo S conveniva in giudizio la Provincia autonoma di Trento, chiedendo in via principale la retrocessione della p.f. 1201/1 e della p.ed. 372/2 site in Lizzana (Rovereto), oggetto nel 1989 di dichiarazione di pubblica utilità.
La PaT resisteva eccependo il difetto di giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria e chiedendo il rigetto della domanda.
Con sentenza n. 316/97, il Tribunale di Rovereto, disattesa la questione di giurisdizione, pronunziava condanna della convenuta alla retrocessione, disponendo con separata ordinanza la prosecuzione del giudizio per l'accertamento del prezzo. Resa la sentenza definitiva, su impugnazione del S e gravame incidentale della Provincia, la Corte d'Appello di Trento con sentenza del 20 giugno 2000, ritenuta la definitività della prima sentenza del tribunale sulla natura totale della retrocessione con la sul punto. In accoglimento dell'appello proposto dall'ente locale, rigettava la domanda di retrocessione del bene. Riteneva che per evitare la restituzione del bene fosse sufficiente l'approntamento delle aree, mediante le opere incombenti sull'amministrazione entro il termine previsto dalla normativa provinciale.
Il S ha interposto ricorso per Cassazione affidandosi a sei motivi.
La Provincia autonoma di Trento si è costituita svolgendo ricorso incidentale;deduce che la prima pronunzia del tribunale, era da considerare non definitiva;che non si versa in ipotesi di retrocessione totale, in quanto l'opera pubblica è stata eseguita, ancorché in misura ridotta e non interessando i singoli fondi espropriati ad uno dei proprietari, ma di retrocessione parziale, da far valere avanti al giudice amministrativo a difesa dell'interesse legittimo relativo all'inservibilità dei beni espropriati. MOTIVI DELLA DECISIONE
1. - I due ricorsi, in quanto proposti contro la medesima sentenza, vano riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c.. 2. - Ancorché prospettata con il ricorso incidentale condizionato (della Provincia), il motivo sulla giurisdizione, per il suo carattere pregiudiziale, va esaminato con precedenza rispetto alle censure formulate con l'impugnazione principale del S. 3. - E, per altro, ancora preliminare, rispetto alla questione di giurisdizione, la soluzione del quesito (che di quella questione condiziona l'ammissibilità) se abbia, o non, errato la Corte di appello nel presupporre che la statuizione del Tribunale, che aveva disatteso l'eccezione della P.A.T. di difetto di giurisdizione del G.O., fosse già "consolidata nel giudicato" (e ne fosse, per ciò, precluso l'ulteriore sindacato), in ragione della ritenuta" inefficacia della riserva di appello ex art. 340 c.p.c.", e della conseguente tardività del gravame, avverso di essa proposta (oltre l'anno) dalla stessa Provincia (solo) unitamente alla impugnazione della successiva sentenza definitiva.
3.1 - La soluzione di tale preliminare quesito è, a sua volta, consequenziale a quella sulla natura - non definitiva ovvero definitiva (suscettibile, o non, quindi, di riserva di appello differito ai sensi del citato art. 340) - che si attribuisca alla suddetta sentenza del Giudice di primo grado in punto di giurisdizione.
Al riguardo, è pur vero che - per giurisprudenza di queste SS.UU. (ben ferma a partire dalla sentenza n. 711 del 1990) - nel caso di decisione, che abbia pronunziato separatamente su uno soltanto de o comunque non su tutti i plurimi capi di domande tra le stesse parti, la natura definitiva, o non, della correlativa statuizione vada desunta non già da una indagine sulla autonomia sostanziale del suo contenuto, bensì da più sicuri indici formali, quali la presenza o meno di contestuali pronunzie di separazione ex art. 279 co. 2 n. 5 c.p.c. e sul regolamento delle spese processuali. Nel senso, cioè,
che sia "da considerare non definitiva la sentenza con la quale, in ipotesi di domande cumulate tra gli stessi soggetti, il giudice decida una o più delle domande proposte, con prosecuzione del procedimento per le altre, senza disporre la separazione ai sensi dell'art. 279, co. 2 n. 5, c.p.c. e senza provvedere sulle spese in ordine alla domanda, od alle domande, decise, ma rinviandone la liquidazione all'ulteriore corso del giudizio" (n. 711/90 cit., conforme, da ultimo, n. 5443/02). Ma tale orientamento - da cui non si ha ragione di discostarsi ed al quale ha, evidentemente, inteso uniformarsi la Corte territoriale, nel considerare "definitiva" la sentenza di primo grado sulla giurisdizione, in quanto con essa il Tribunale di Rovereto aveva, per quella parte del processo, liquidato anche le spese - non è in realtà pertinente alla fattispecie in esame.