Cass. civ., sez. II, sentenza 24/11/2021, n. 36480

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La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24843/2016, ha esaminato il ricorso di un condomino contro una decisione della Corte di Appello di Venezia. Il ricorrente, proprietario di un appartamento, chiedeva la rimozione di opere eseguite dal convenuto su parti comuni, sostenendo che queste violassero la disciplina sull'uso della cosa comune. Il convenuto, a sua volta, sosteneva di aver agito con il consenso del ricorrente e richiedeva la costituzione di una servitù per il passaggio delle tubature, oltre a domande riconvenzionali per la rimozione di opere del ricorrente.

La Corte di Appello aveva rigettato il gravame principale e accolto quello incidentale, ordinando la rimozione di opere del ricorrente, ritenute illegittime poiché escludevano gli altri condomini dall'uso della soffitta comune. La Corte di Cassazione ha confermato tale decisione, sottolineando che le opere del convenuto non alteravano la destinazione delle parti comuni e non comportavano pregiudizi per la stabilità dell'edificio. Ha inoltre evidenziato che l'uso esclusivo della soffitta da parte del ricorrente costituiva un abuso, in violazione dell'art. 1102 c.c., poiché impediva agli altri condomini di fruire della cosa comune. Il ricorso è stato quindi rigettato, con condanna alle spese.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 24/11/2021, n. 36480
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 36480
Data del deposito : 24 novembre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente

SENTENZA

Condominio sul ricorso (iscritto al N.R.G. 24843/2016) proposto da: C A (C.F.: CHN RTM 50B26 L736V), rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso, dagli Avv.ti G T e V M ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in Roma, v. Ugo De Carolis, n. 98;

- ricorrente -

contro

MGGIAN GIUSEPPE (C.F.: MGG GPP 55C11 B4933), rappresentato e difeso, in virtù di procura speciale in calce al controricorso, dagli Avv.ti M D C e P M ed elettivamente domiciliato presso lo studio della seconda, in Roma, v. M. Prestinari, n. 15;

- controricorrente -

Avverso la sentenza della Corte di appello di Venezia n. 1730/2016 (pubblicata il 26 luglio 2016);
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10 luglio 2021 dal Consigliere relatore Dott. A C;
viste le conclusioni scritte del P.G., in persona del Sostituto procuratore generale Dott. A P, con le quali ha chiesto il rigetto del ricorso;
lette le memorie depositate ai sensi dell'art. 378 c.p.c. dalle difese di entrambe le parti.

RITENUTO IN FATTO

1. Con atto di citazione del 5 novembre 2007 il sig. C A, nella qualità di proprietario di un appartamento ubicato al secondo piano del fabbricato sito in Concenighe Agordino (v. Soppelsa Isidoro, n. 8), conveniva in giudizio, dinanzi al -L4R-q7( Tribunale di Belluno, il sig. M G, quale proprietario del piano terra e del primo piano dello stesso fabbricato, per ottenere la rimozione di alcune opere (relative all'installazione di tubi di rame all'esterno dei muri perimetrali per la conduzione del gas con gli inerenti contatori e di alcuni sfiati di una colonna di scarico nelle mura esterne del fabbricato), dal medesimo eseguite sulla proprietà comune senza l'autorizzazione di esso attore ed in asserita violazione della disciplina sull'uso della cosa comune. Si costituiva in giudizio il predetto convenuto, il quale, in primo luogo, deduceva che le anzidette opere erano state realizzate con il consenso dell'attore ed erano dirette a migliorare l'utilizzo della cosa comune senza alterarne la destinazione o comportare l'impedimento del pari uso della cosa comune. In via subordinata e per il caso di rilevata fondatezza della domanda attorea, instava per la costituzione coattiva della servitù per il passaggio delle tubature per il gas e per lo scarico fognario delle sue unità abitative e gravante sulle mura perimetrali come già in essere, proponendo anche domanda riconvenzionale per l'ottenimento della rimozione delle opere eseguite dal C con le quali aveva chiuso, tramite un tamponamento, una parte della soffitta comune per uso esclusivo, del distacco dello scaldabagno dalla canna fumaria, del ripristino dell'intonaco sulla facciata est del fabbricato, della rimozione del pozzo nero con tubature situato nella superficie scoperta, oltre al risarcimento dei danni per gli interventi compiuti su detta facciata, tra cui la costruzione di un'autorimessa interrata. Con sentenza n. 389/2014, l'aclao Tribunale accoglieva parzialmente la domanda dell'attore, condannando il convenuto alla rimozione dello sfiato collocato in prossimità della finestra collocata al secondo piano, nel mentre dichiarava inammissibile la domanda riconvenzionale del Maggian proposta con riferimento alla costruzione dell'autorimessa e rigettava tutte le ulteriori domande dallo stesso formulate.

2. Decidendo sull'appello avanzato dal C e nella costituzione dell'appellato (il quale formulava, a sua volta, appello incidentale), la Corte di appello di Venezia, con sentenza n. 1730/2016 (pubblicata il 26 luglio 2016), rigettava il gravame principale ed, in parziale riforma dell'impugnata decisione, accoglieva quello incidentale, condannando il C alla rimozione dell'opera eseguita al piano soffitta del fabbricato in questione con rimozione del tamponamento e sgombero dell'area occupata destinata all'uso di tutti i compartecipanti, compensando le spese del grado.A fondamento dell'adottata pronuncia la Corte veneta rilevava l'infondatezza di tutti i motivi del gravame principale mentre ravvisava la sussistenza delle condizioni di merito per l'accoglimento di quello incidentale in relazione all'oggetto appena indicato. In particolare, il giudice di secondo grado evidenziava che il riferimento al pregiudizio estetico dell'installazione dei tubi del gas e dei contatori lungo le pareti esterne del fabbricato non era stato dedotto specificamente e tempestivamente con l'originario atto di citazione, considerando, altresì, che le opere, ancorché realizzate su parte comune, non alteravano la sua destinazione né comportavano pericoli per la stabilità del fabbricato. Inoltre, lo stesso giudice di appello osservava, quanto all'ulteriore motivo riguardante l'invocata rimozione della colonna di scarico e di ripristino del cunicolo che collegava la canna fumaria esistente con l'esterno dell'edificio, che il relativo intervento del Maggian non aveva arrecato alcun pregiudizio rispetto alla situazione preesistente. Di contro il giudice di seconde cure riteneva che l'opera eseguita dal C al piano soffitta del fabbricato attraverso il denunciato tamponamento doveva considerarsi illegittima siccome essa aveva comportato l'esclusione di tale porzione all'uso e al godimento degli altri condomini, in violazione dell'art. 1102 c.c. .

3. Avverso la citata sentenza di appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, il C A, resistito con controricorso dal Baggian Giuseppe. I difensori di entrambe le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c.
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