Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/09/2018, n. 22663

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 25/09/2018, n. 22663
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 22663
Data del deposito : 25 settembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 5183-2013 proposto da: ACEGAS - APS SPA 00930530324, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

COLA DI RIENZO

271, presso lo studio dell'avvocato C T, che la rappresenta e difende, giusta procura in atti;
2018

- ricorrente -

686

contro

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (I.N.P.S.), in persona del legale rappresentante pro tempore, in proprio e quale procuratore speciale della Società di Cartolarizzazione dei Crediti INPS (S.C.C.I.) S.p.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CESARE BECCARIA

29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto medesimo, rappresentato e difeso dagli avvocati E D R, A S, CARLA D'ALOISIO e L M, giusta mandato in atti;

- controricorrente -

nonchè

contro

EQUITALIA NORD spa - AGENTE PER LA RISCOSSIONE PER IL NORD;
- intimata - avverso la sentenza n. 271/2012 della CORTE D'APPELLO di TRIESTE, depositata il 14/11/2012 r.g. n. 242/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14/02/2018 dal Consigliere Dott. ROBERTO BELLE';
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. R S, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli Avvocati C T e L M. R. G. n. 5183/2013

FATTI DI CAUSA

1. La Corte d'Appello di Trieste, con sentenza n. 271/2012, ha rigettato il gravame interposto da Acegas-Aps s.p.a. avverso la pronuncia del Tribunale della stessa sede che aveva disatteso l'opposizione a cartella esattoriale proposta da Acegas-APS s.p.a., società a prevalente capitale pubblico, al fine di far accertare che la contribuzione a titolo di contributi CIG e CIGS così pretesa dall'I.N.P.S. non fosse dovuta. La Corte territoriale, pronunciando nel contradditorio anche della società di cartolarizzazione dei crediti I.N.P.S. (S.C.C.I. s.p.a.) e di Equitalia Friuli Venezia Giulia (poi Equitalia Nord s.p.a.), riteneva, richiamando precedenti di legittimità, che la diversità di governo delle società a prevalente capitale pubblico, quale era Acegas, rispetto alle società ad integrale capitale pubblico, impedisse di riportare l'ipotesi a quella, di esclusione dell'applicazione della normativa sulla cassa integrazione alle imprese industriali degli enti pubblici, di cui all'art. 3 d. Igs. C.p.s. 869/1947. Quanto all'eccepita decadenza ai sensi dell'art. 25 d. Igs. 46/1999, per essere stata, l'iscrizione a ruolo, attuata oltre il 31 dicembre dell'anno successivo a quello stabilito per il versamento, la Corte rilevava come l'applicazione di tale termine fosse stata sospesa, per il periodo qui coinvolto, dall'art. 38, comma 12, d.l. 78/2010, senza che si potesse dubitare della portata anche retroattiva di tale disciplina di sospensione del termine, comune a precedenti proroghe analogamente stabilite, né della legittimità costituzionale di essa. La sentenza è stata fatta oggetto di ricorso per cassazione da Acegas-Aps sulla base di due motivi, poi illustrati da memoria, cui ha resistito l'I.N.P.S. con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo la ricorrente sostiene, con censura formulata ai sensi del'art. 360 n. 3 c.p.c., la violazione dell'art. 3 del d.lgs. C.p.s. 869/1947 come sostituito dall'art. 4 della L. n. 270/1988. Con il secondo motivo, formulato sempre ai sensi dell'art. 360 n. 3 c.p.c., è invece denunciata la violazione dell'art. 25 d. Igs. 46/1999 e dell'art. 38, comma 12, dl. n. 78/2010, conv. con mod. in L. 122/2010, per essere stata indebitamente negata l'irretroattività dello stesso art. 38, comma 12, che ha dichiarato inapplicabili i termini di decadenza di cui all'art. 25 d. Igs. 46/1999 dal R B estensore R. G. n. 5183/2013 1.1.2010 al 31.12.2012, prospettandosi, in via subordinata, questione di legittimità costituzionale per violazione dell'art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo, essendo intervenuta la norma, con efficacia retroattiva, su situazioni coinvolte in giudizi pendenti.

2. Il primo motivo è infondato. Va qui richiamato, in quanto condiviso, il consolidato ed univoco orientamento di questa Corte secondo cui "in tema di contribuzione previdenziale, le società a capitale misto, ed in particolare le società per azioni a prevalente capitale pubblico, aventi ad oggetto l'esercizio di attività industriali sono tenute al pagamento dei contributi previdenziali previsti per la cassa integrazione guadagni e la mobilità, non potendo trovare applicazione l'esenzione stabilita per le imprese industriali degli enti pubblici, trattandosi di società di natura essenzialmente privata, finalizzate all'erogazione di servizi al pubblico in regime di concorrenza, nelle quali l'amministrazione pubblica esercita il controllo esclusivamente attraverso gli strumenti di diritto privato, e restando irrilevante, in mancanza di una disciplina derogatoria rispetto a quella propria dello schema societario, la mera partecipazione - pur maggioritaria, ma non totalitaria - da parte dell'ente pubblico" (Cass. 3 aprile 2017, n. 8591;
Cass. 11 settembre 2013, n. 208181;
Cass. 10 marzo 2010, n. 5816). Infondati sono anche gli ulteriori argomenti sviluppati in memoria sulla base della normativa sopravvenuta. E' vero che il d.lgs. 14 settembre 2015, n. 148, recante disposizioni per il riordino della normativa in materia di ammortizzatori sociali, nel regolamentare il campo di applicazione della disciplina delle integrazioni salariali ordinarie e dei relativi contributi, ha disposto che essa si applichi anche alle "imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica" (art. 10, comma 1°, lett. I). Ed è altresì vero che l'art. 46 del d.lgs. 148 cit. contempla, tra le abrogazioni espresse, il d.lgs. C.p.S. 12 agosto 1947, n. 869 (comma primo, lett.b) e dispone altresì l'abrogazione di ogni altra disposizione contraria o incompatibile con il decreto. Su tali basi si sostiene in sostanza che la summenzionata norma dell'art. 10 avrebbe disposto solo per l'avvenire, nel senso che solo a far tempo dalla sua entrata in vigore (24 settembre 2015) potrebbe dirsi sorto l'obbligo contributivo per la cassa integrazione ordinaria per le imprese industriali degli enti pubblici il cui capitale non sia interamente di proprietà pubblica. E ad ulteriore conferma si R Bel estensore R. G. n. 5183/2013 sottolinea come con la L. 29 dicembre 2015, n.208, intervenendosi proprio sull'art. 46, è stato previsto che l'abrogazione (già disposta alla lett. b) non opera con riguardo all'art. 3 del d.lgs. del C.p.S. n. 869/1947. Sul punto si è già precisato e qui si conferma che "abbia o meno natura innovativa il disposto dell'art. 10 del d.lgs. n. 148/2015, asserzione quest'ultima già confutata da precedenti decisioni di questa Corte (v. Cass. ord. 12 maggio 2016, n. 9816;
Cass. 31 dicembre 2015, n. 26202;
Cass., 29 dicembre 2015, n. 26016, e numerose altre, secondo cui non è dato inferire dall'art. 10, su citato e dall'art. 20, d.lgs. cit. - che definisce il campo di applicazione delle norme in materia di intervento straordinario di integrazione salariale senza far riferimento alle imprese a capitale in parte o totalmente pubblico - che in precedenza le società a capitale misto non erano soggette alla contribuzione per cassa integrazione ordinaria e straordinari) -, l'intervento successivo operato dal legislatore con la legge di stabilità del 2015 ha comunque ripristinato l'art. 3 del DLGS del CpS n. 869/1947, espressamente escluso dalla disposizione abrogatrice contenuta nell'art. 46. Ne discende che dagli interventi legislativi del 2015 non possono trarsi elementi che inducano ad un ripensamento della consolidata giurisprudenza di questa Corte in tema di obbligo contributivo per cassa integrazione guadagli ordinaria e straordinaria delle società il cui capitale sia parzialmente detenuto da un soggetto pubblico". (Cass. 4 aprile 2016, n. 8704). Infine si rileva come la questione, di cui si discute nella memoria illustrativa, sull'applicazione agevolata delle somme aggiuntive, ai sensi dell'art. 116 comma 10 e 15 della L. 388/2000 ed in ragione delle perduranti incertezze interpretative, non fosse oggetto dell'originario ricorso per cassazione, sicché essa non può essere introdotta con la memoria ex art. 378 c.p.c.
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