Cass. civ., SS.UU., sentenza 27/12/2017, n. 30985

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In tema di licenziamento disciplinare, ove la legge o le norme di contratto collettivo prevedano dei termini per la contestazione dell'addebito posto a base del provvedimento di recesso - ricadente "ratione temporis" nella disciplina dell'art. 18 st.lav., così come modificato dal comma 42 dell'art. 1 della l. n. 92 del 2012 -, il mancato rispetto dei detti termini integra violazione di natura procedimentale e comporta l'applicazione della sanzione indennitaria di cui al comma 6 dello stesso art. 18 st.lav.

La dichiarazione giudiziale di risoluzione del licenziamento disciplinare, conseguente all'accertamento di un ritardo notevole e non giustificato della contestazione dell'addebito posto a base del provvedimento di recesso, ricadente "ratione temporis" nella disciplina dell'art. 18 st.lav., così come modificato dal comma 42 dell'art. 1 della l.n. 92 del 2012, comporta l'applicazione della sanzione dell'indennità prevista dal comma 5 dello stesso art. 18 st.lav.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 27/12/2017, n. 30985
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 30985
Data del deposito : 27 dicembre 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

30985 17 E T N E REPUBBLICA ITALIANA S E IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: LICENZIAMENTI GIOVANNI CANZIO - Primo Presidente - LEGGE 92/2012 Presidente Sezione - VINCENZO DI CERBO Ud. 24/10/2017 - GIOVANNI AMOROSO Presidente Sezione - PU R.G.N. 20978/2015 ENRICA D'ANTONIO - Consigliere - hon30985 Rep. MAGDA CRISTIANO - Consigliere - со ETTORE CIRILLO - Consigliere - LUCIA TRIA - Consigliere - - Rel. Consigliere - UMBERTO BERRINO RAFFAELE FRASCA - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 20978-2015 proposto da: BNCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell'avvocato C S, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato R S;
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- ricorrente -

CIMINO BRUNO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 59, presso lo studio dell'avvocato S G, che lo rappresenta e difende unitamente agli avvocati L C e F P;
- controricorrente e ricorrente incidentale -

contro

BNCA MONTE DEI PASCHI DI SIENA S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 326, presso lo studio dell'avvocato C S, che la rappresenta e difende unitamente all'avvocato R S;
- controricorrente all'incidentale - avverso la sentenza n. 441/2015 della CORTE D'APPELLO di FIRENZE, depositata il 2/07/2015. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 24/10/2017 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell'Avvocato Generale Dott. RICCARDO FUZIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli avvocati Claudio Scognamiglio, Fabrizio Pluderi e Laura Casini.

Fatti di causa

Bruno Cimino ricorse al giudice del lavoro del Tribunale di Arezzo per ottenere la declaratoria di illegittimità del licenziamento per giusta causa intimatogli dalla Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a., oltre che la reintegra nel posto di lavoro, il tutto sulla base del rilievo che la contestazione dell'addebito gli era stata tardivamente formulata a distanza di circa due anni dall'avvenuta cognizione, da parte della datrice di lavoro, dei fatti di rilevanza disciplinare. -2- Ric. 2015 n. 20978 sez. SU - ud. 24-10-2017 из La domanda, introdotta in base al rito di cui alla legge n. 92 del 2012 (legge "Fornero"), fu accolta in fase sommaria, mentre venne rigettata dal giudice dell'opposizione, il quale mantenne, tuttavia, ferma la declaratoria di illegittimità del licenziamento, limitandosi ad applicare la tutela indennitaria cosiddetta "debole" di cui all'art. 18, comma 6, dello Statuto dei lavoratori. Tale statuizione venne poi riformata in sede di gravame dalla Corte d'appello di Firenze (sentenza del 6.7.2015), che dispose la reintegra del ricorrente nel posto di lavoro ritenendo che il licenziamento era da considerare nullo per la mancanza della contestazione immediata, posto che l'inerzia di durata ragguardevole era significativa della rinunzia della parte datoriale e comportava l'estinzione del diritto potestativo di recesso. Avverso la sentenza della Corte d'appello di Firenze ha proposto ricorso per cassazione la Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. con quattro motivi deducendo, tra l'altro e per quel che qui interessa, la violazione degli artt. 7 e 18, comma 6, dello Statuto dei lavoratori, e lamentando l'erroneità dell'applicazione della tutela reintegratoria in luogo di quella indennitaria debole (art. 18, comma 6, I. n. 300/70) o al più in luogo di quella indennitaria forte (art. 18, comma 5, della citata legge). Ha resistito con controricorso il lavoratore, il quale ha proposto a sua volta ricorso incidentale condizionato, affidato a tre motivi, al cui accoglimento si è opposta la Banca. Con ordinanza n. 10159 del 21.4.2017 la Sezione Lavoro di questa Corte ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite, avendo rilevato come questione di massima importanza quella concernente l'individuazione della tutela applicabile in caso di tardività della contestazione disciplinare per fatti ricadenti nella previsione dell'art. 18 della legge n. 300/70 nel testo vigente a seguito dell'introduzione dell'art. 1, comma 42, della legge -3- Ric. 2015 n. 20978 sez. SU - ud. 24-10-2017 MY n. 91/2012, stante la non univocità del quadro giurisprudenziale al riguardo. In tale ordinanza si è, infatti, posto in evidenza che si registrano al riguardo due diversi orientamenti: uno che nega il carattere sostanziale al vizio della intempestiva contestazione disciplinare, con conseguente applicazione della tutela indennitaria, e un altro che reputa, invece, l'immediatezza della contestazione alla stregua di un elemento costitutivo del licenziamento, la cui mancanza consente l'applicazione della tutela reintegratoria, anche nella vigenza del novellato art. 18 dello Statuto dei lavoratori. Le parti hanno depositato memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c. Il Procuratore Generale ha concluso per il rigetto del ricorso. Ragioni della decisione Va premesso che il ricorso della Banca Monte dei Paschi di Siena s.p.a. è articolato su quattro motivi, dei quali solo il terzo inerisce in modo specifico alla questione devoluta all'esame delle Sezioni Unite di questa Corte.

1. Con tale motivo si sostiene la violazione o falsa applicazione dell'art. 18, comma 6, della legge n. 300 del 1970, in relazione all'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale ed ai principi in materia di rapporti tra la disciplina di legge generale e quella della legge speciale, oltre che dell'art. 7 L. n. 300/1970, in relazione agli artt. 1175 e 1375 cod. civ. nonché agli artt. 1324, 1325 e 1418 cod .civ. Osserva la ricorrente che nell'impugnata sentenza risultano violati i principi in materia di rapporti tra legge generale e legge speciale e di interpretazione della legge, laddove si sostiene che l'ipotesi oggetto di causa si porrebbe prima e al di fuori della casistica dell'art. 18 L. n. 300/70, poiché, pur sussistendo il fatto e gli estremi della giusta causa, sarebbe tuttavia venuto meno il diritto di recesso datoriale in conseguenza di un fatto negoziale di natura abdicativa, rappresentato dal trascorrere del tempo utile per esercitare il relativo potere, unitamente a comportamenti concludenti della stessa datrice di lavoro Ric. 2015 n. 20978 sez. SU - ud. 24-10-2017 из -4- che aveva adibito il dipendente Cimino Bruno a mansioni di rilevante fiducia pur dopo la scoperta dei fatti oggetto di addebito disciplinare. Si obietta sul punto che la disciplina di cui all'art. 18 L. n. 300/70, come novellato all'indomani della legge n. 92/2012, si incarica di individuare in maniera analitica ed esaustiva tutti i possibili vizi del recesso datoriale ed i conseguenti rimedi spettanti al lavoratore, per cui rimane preclusa all'interprete la possibilità di sostenere che un'ipotesi di nullità o illegittimità del recesso datoriale debba invece trovare disciplina fuori dall'art. 18 della legge n. 300/70. 2. Non condivisibile, prosegue la ricorrente, è poi l'affermazione della Corte d'appello di Firenze secondo cui la tardiva contestazione, come quella in oggetto, non sia sempre suscettibile di integrare un vizio procedimentale del recesso. Invero, la semplice lettura dell'art. 7 della legge n. 300/70 rende evidente, per la difesa della Banca, che è proprio questa disposizione a regolamentare il procedimento che, dalla contestazione disciplinare, conduce all'irrogazione del licenziamento, con la conseguenza che il ritardo nell'espletamento di questa procedura costituisce un vizio della stessa e trova la propria regolamentazione all'interno del sesto comma del nuovo art. 18 che, in caso di accertata violazione a carattere procedurale, prevede la risoluzione del rapporto di lavoro con riconoscimento al dipendente di una mera indennità risarcitoria determinata, in relazione alla gravità della violazione procedurale, tra un minimo di sei ed un massimo di dodici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto. Quindi, considerato che non può esservi alcun dubbio sul fatto che l'intempestività della contestazione si configuri come vizio procedimentale, secondo la ricorrente si perviene ad una conclusione analoga anche alla luce delle norme di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., quali referenti normativi della regola di tempestività della contestazione. Anche tale disposizione sancisce regole di condotta e, dunque, di procedura, con la conseguenza che la loro ipotetica Ric. 2015 n. 20978 sez. SU - ud. 24-10-2017 лиз -5- violazione resta ascritta al genus delle violazioni procedimentali suscettibili della sola tutela indennitaria di cui al citato comma 6 dell'art. 18 L. n. 300/70. Regole di condotta la cui trasgressione non può mai condurre, secondo il presente assunto difensivo, all'invalidazione di un atto, ma solo al risarcimento del danno.

3. Inoltre, secondo la ricorrente, la tesi della nullità del licenziamento, così come sostenuta nella sentenza impugnata, si espone a critica sotto un ulteriore profilo, in quanto non ricorre nella specie alcuna delle ipotesi integranti un vizio di nullità alla luce degli artt. 1418 e 1325 cod. civ. (difetto strutturale della fattispecie, contrarietà a norma imperativa, esistenza di un interesse illecito), applicabili ex art. 1324 cod. civ. anche agli atti unilaterali tra vivi con contenuto patrimoniale. Erronea è ancora, secondo la ricorrente, la sentenza d'appello nel punto in cui si ritiene che l'inerzia della datrice di lavoro, accompagnata dal comportamento concludente - consistente nell'aver adibito Cimino a mansioni di rilevante fiducia possa integrare un - fatto negoziale di rinuncia al diritto di recesso e dare luogo alla nullità di quest'ultimo. Inoltre, si ritiene non essere conferente il richiamo al precedente n. 9929/2004 della Suprema Corte che fa riferimento all'esigenza

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