Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 09/02/2015, n. 2371
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L'art. 86, comma 2, del d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276, non ha introdotto nel nostro ordinamento una forma di conversione legale del contratto di associazione in partecipazione in contratto a lavoro subordinato, ma ha soltanto previsto - in funzione integrativa della disciplina dell'associazione in partecipazione - che, ove detto contratto sia stato stipulato con finalità elusive delle norme di legge e di contrattazione collettiva a tutela del lavoratore, all'associato si applichino le più favorevoli disposizioni previste per il lavoratore dipendente. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito, affermando che la deduzione dell'essere intercorso tra le parti un rapporto di lavoro subordinato, dissimulato da un'associazione in partecipazione, rendeva inammissibile la deduzione, effettuata solo in sede di legittimità, diretta ad accertare la sussistenza delle condizioni di cui all'art. 86, comma 2, del d.lgs. n. 276 del 2003, "ratione temporis" applicabile).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. R F - Presidente -
Dott. A G - Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. A F - Consigliere -
Dott. B F - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 30779/2011 proposto da:
BRUGI CLAUDIO C.F. BRGCLD66C04C289L, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TUSCOLANA 9, presso lo studio dell'avvocato R R, rappresentato e difeso dall'avvocato F E, giusta delega in atti;
- ricorrente -
contro
METAN PETROLI DI R BUNO & C. S.N.C. P.I. 00419310552, in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata in ROMA, VIACS DELLA PIRAMIDE CESTIA 1/B, presso lo studio dell'avvocato G M G, rappresentata e difesa dall'avvocato B L, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 189/2011 della CORTE D'APPELLO di PERUGIA, depositata il 17/08/2011 R.G.N. 317/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/10/2014 dal Consigliere Dott. F B;
udito l'Avvocato B L;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FINOCCHI GHERSI Renato, che ha concluso per il rigetto del ricorso. FATTO E DIRITTO
1. Con sentenza 17/8/2011, la corte d'appello di Perugia, in riforma della sentenza del 13/3/2010 del tribunale di Orvieto, ha rigettato la domanda proposta contro la Metan petroli snc, volta a far qualificare il rapporto in essere, formalmente di associazione in partecipazione, come lavoro subordinato, e conseguentemente a far qualificare il recesso come licenziamento disciplinare, con ogni conseguenza di legge.
In particolare, la corte territoriale ha ritenuto la sussistenza dei caratteri dell'associazione di partecipazione ed in ogni caso non dimostrati gli estremi del rapporto di lavoro subordinato (ed in particolare la soggezione del lavoratore al potere direttivo e disciplinare del datore di lavoro).
2. Avverso tale sentenza ricorre l'assodato per un motivo, cui resiste l'associante con controricorso, illustrato da memoria.
3. Con unico motivo di ricorso - ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, - si deduce violazione degli artt. 2094, 2549 e 2697 c.c., D.Lgs. n. 276 del 2003, art. 86, art. 35 Cost., per aver trascurato che la
legge su richiamata presume la subordinazione ove manchi l'effettiva partecipazione del lavoratore o adeguate erogazioni in suo favore (da intendersi quale partecipazione agli utili e diritto al rendiconto).
4. Il motivo è infondato. La corte territoriale ha - con motivazione ampia, adeguata e corretta - esaminato i caratteri della fattispecie tenendo conto degli elementi di fatto invocati dall'assodato, ed ha concluso - all'esito di istruttoria apposita - ritenendo effettiva l'associazione in partecipazione. In particolare, la corte ha valorizzato che l'associato aveva ampia autonomia per quanto riguardava l'approvvigionamento dei carburanti e la gestione del rapporto con i fornitori, la fissazione dei prezzi e delle condizioni di vendita, la riscossione dei corrispettivi, la concessione di dilazioni di pagamento ai clienti, senza che l'assodante operasse alcun controllo sulle presenze degli associati o si ingerisse nelle modalità di conduzione e gestione dell'impianto;
mentre per altro verso la corte ha dato rilievo all'assenza di vincoli di orario o di presenza, alla possibilità di concordare con l'altro assodato i turni di presenza, alla possibilità di farsi sostituire o aiutare da terzi da loro direttamente reclutati e retribuiti, nonché all'assenza di soggezione del lavorante al potere direttivo e disciplinare della controparte;
secondo la decisione impugnata, anzi, nella