Cass. civ., SS.UU., sentenza 28/06/2013, n. 16305
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In tema di intese tra lo Stato e le confessioni religiose diverse dalla cattolica, di cui all'art. 8, terzo comma, Cost., la deliberazione del Consiglio dei Ministri che, ai sensi dell'art. 2, comma 3, lett. l), della legge n. 400 del 1988, rifiuti l'apertura della trattativa a cagione della non qualificabilità confessionale e religiosa dell'associazione richiedente (nella specie, Unione degli Atei e degli Agnostici Razionalisti) non ha natura di atto politico ed è, quindi, sindacabile dal giudice amministrativo, poiché l'interesse fatto valere dall'istante riposa sui precetti costituzionali che fondano i diritti di libertà religiosa e negare la sindacabilità del diniego di trattativa equivarrebbe a privare di tutela il soggetto richiedente, aprendo la strada ad una discrezionalità foriera di discriminazioni.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PREDEN Roberto - Primo Presidente f.f. -
Dott. ADAMO Mario - Presidente Sez. -
Dott. RORDORF Renato - Presidente Sez. -
Dott. MASSERA Maurizio - Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio - Consigliere -
Dott. PICCININNI Carlo - Consigliere -
Dott. CAPPABIANCA Aurelio - Consigliere -
Dott. MAMMONE Giovanni - Consigliere -
Dott. D'ASCOLA Pasquale - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso 7490/2012 proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona dei rispettivi Presidenti del Consiglio pro tempore, domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende ope legis;
- ricorrenti -
contro
UNIONE DEGLI ATEI E DEGLI AGNOSTICI RAZIONALISTI - UAAR, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA BARBERINI 12, presso lo studio dell'avvocato GRASSI STEFANO, che lo rappresenta e difende, per delega a margine del controricorso;
- controricorrente -
e contro
TAVOLA VALDESE, UICCA - UNIONE DELLE CHIESE CRISTIANE AVVENTISTE DEL SETTIMO GIORNO, CELI - CHIESA EVANGELICA LUTERANA IN ITALIA, CONGREGAZIONE CRISTIANA DEI TESTIMONI DI GEOVA, UBI - UNIONE BUDDHISTA ITALIANA, UCEBI - UNIONE CRISTIANA EVANGELICA BATTISTA IN ITALIA, ADI - ASSEMBLEE DI DIO IN ITALIA, UCEI - UNIONE DELLE COMUNITÀ' EBRAICHE ITALIANE;
- intimati -
avverso la sentenza n. 6083/2011 del CONSIGLIO DI STATO, depositata il 18/11/2011;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/03/2013 dal Consigliere Dott. PASQUALE D'ASCOLA;
uditi gli avvocati Giovanni PALATIELLO dell'Avvocatura Generale dello Stato, Stefano GRASSI;
udito il P.M. in persona dell'Avv. Generale Dott. APICE Umberto, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1) Dal 1995 l'Unione degli Atei e degli OS ST (UAAR), associazione non riconosciuta costituita il 13 marzo 1991, che aggrega gli atei e gli agnostici italiani, ha ripetutamente chiesto al Governo italiano l'apertura delle trattative per la stipula di un'intesa, ai sensi dell'art. 8 Cost., comma 3. Dopo l'annullamento per incompetenza di un primo atto di diniego espresso con provvedimento del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, l'Associazione ha rinnovato l'istanza, respinta il 27 novembre 2003 dal Consiglio dei Ministri. Tale atto ha negato la natura confessionale dell'UAAR e dei convincimenti professati dall'ateismo organizzato, dovendo intendersi per confessione religiosa "un fatto di fede rivolto al divino e vissuto in comune tra più persone".
Il Tar del Lazio con sentenza 31 dicembre 2008 ha dichiarato inammissibile il relativo ricorso. Ha accolto l'eccezione di difetto assoluto di giurisdizione sollevata dall'Amministrazione, che ha opposto la natura di atto politico del provvedimento impugnato, ritenuto insindacabile.
Il 18 novembre 2011 il Consiglio di stato ha accolto il gravame interposto dall'UAAR e ha annullato con rinvio la pronuncia di primo grado. Il Consiglio dei Ministri e il suo Presidente, rappresentati dall'avvocatura dello Stato, hanno proposto tempestivo ricorso per cassazione, sostenendo l'inammissibilità dell'originario ricorso. UAAR ha resistito con controricorso.
In vista dell'udienza le parti hanno depositato memoria. MOTIVI DELLA DECISIONE
2) Nei precedenti gradi di giudizio sono rimaste contumaci le confessioni religiose intimate, alle quali il ricorso è stato notificato. In relazione alla sopravvenuta definizione di nuove intese ex art. 8 Cost., non v'è materia per integrare il contraddittorio, non sussistendo ipotesi di litisconsorzio necessario.
Dalla materia del contendere, che attiene alla fase preliminare di futura intesa dello Stato con UAAR, non discende alcun interesse attuale delle confessioni religiose a interloquire in questo giudizio.
3) Il ricorso dell'avvocatura erariale denuncia il difetto assoluto di giurisdizione e lamenta violazione e/o falsa applicazione del R.D. n. 1054 del 1924, art. 31, (ora D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 7, comma 1, ultimo periodo), che reca: "Non sono impugnabili gli atti o
provvedimenti emanati dal Governo nell'esercizio del potere politico".
Il Governo insiste nel definire atto politico insindacabile il rifiuto di avviare le trattative per la conclusione dell'intesa. Considerato indiscusso il requisito soggettivo dell'atto, in quanto proveniente dal Consiglio dei Ministri, il ricorso desume la sussistenza del requisito "oggettivo" dalla circostanza che l'art. 8 Cost., ("Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere
davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l'ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze") è, al c. 3, norma sulla produzione giuridica. Le intese sarebbero pertanto una "condizione di legittimità costituzionale", finalizzata all'emanazione di una legge, e non "negozi" valutabili "sotto il profilo della conformità a preesistenti regole giuridiche".
La confessione religiosa acattolica che miri ad un'intesa sarebbe portatrice di un'aspirazione di mero fatto, rifiutabile con atto estraneo alla funzione amministrativa, espressione della funzione di indirizzo politico riconosciuto al governo in materia religiosa. 3.1)Parte ricorrente afferma che, anche dopo la stipula di un'intesa, il Governo è libero di non darvi ulteriore corso in sede legislativa e ne inferisce la insussistenza di un obbligo di avviare le trattative.
Aggiunge che, a prescindere dalle intese, le confessioni religiose sono libere di organizzarsi, sicché la mancanza dell'intesa non compromette la garanzia di eguale libertà.
4) Il ricorso non merita accoglimento.
Il nucleo della controversia è costituito dalla qualificazione come atto politico del provvedimento che nega l'inizio della trattativa, a cagione della non qualificabilità