Cass. civ., sez. II, sentenza 29/12/2022, n. 38088

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. II, sentenza 29/12/2022, n. 38088
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 38088
Data del deposito : 29 dicembre 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

nciato la seguente SENTENZA sul ricorso 12902/2017 R.G. proposto da: D S C, elettivamente domiciliata in ROMA,

VIALE MAZZINI

73, presso lo studio dell'avvocato R Z, che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati CARLO ALLORIO ed ELISABETTA CHIESA giusta delega in atti;
–ricorrente –

contro

CONDOMINIO VIA DEI CAVALIERI DEL SANTO SEPOLCRO

6 M, in persona dell’amministratore pro-tempore, SCOTTI ANNA RITA, ACQUARONE LORENZA, MEDINI PARIANI MARINA, MEDINI BARBARA, MEDINI PATRIZIA, CERRINI SARA, NARDI PAOLO, PELLEGRINELLI GIORGIA, FABIANI GIANLUCA, PIRELLI CECILIA elettivamente domiciliati in ROMA,

VIA COLA DI RIENZO

149, presso lo studio dell'avvocato A S, rappresentati e difesi dagli avvocati G A e G M giusta delega in atti;
–controricorrenti – nonché CHIESA GIOVANNA, DE VECCHI CRISTINA, DE VECCHI LUISA, PIRELLI ALBERTO;
-intimati- avverso la sentenza n. 4271/2016 della CORTE D'APPELLO di M, depositata il 16/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 13/09/2022 dal Consigliere GIUSEPPE GRASSO;
lette le conclusioni scritte del P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale R M, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

FATTI DI CAUSA

La Corte d’appello di Milano confermò la sentenza di primo grado, con la quale era stata rigettata la domanda proposta da Carla D Soldini (proprietaria di un appartamento facente parte d’un immobile condominiale) nei confronti del condominio e di tutti i condòmini, con la quale aveva chiesto di essere dichiarata proprietaria esclusiva per usucapione di una parte dell’area di proprietà comune, antistante il lato est del proprio immobile, assumendo di averla posseduta con animo proprietario e ininterrottamente dal 1967. Davanti al Tribunale era intervenuta, aderendo alla domanda, Giovanna Chiesa, la quale il 25/7/2013 si era resa acquirente dell’appartamento dell’attrice. La sentenza d’appello, siccome il Tribunale, ritenne che l’attrice non avesse provato il proprio possesso ad excludendum per il ventennio di legge. Carla D Soldini ricorre avverso la decisione d’appello sulla base di sette motivi. Degli intimati resistono con controricorso il Condominio di via Dei Cavalieri del Santo Sepolcro, 6, Milano, Anna Rita Scotti, Lorenza Acquarone, Marina Medini Pariani, Barbara Medini, Patrizia Medini, Sara Cerrini, Paolo Nardi, Giorgia Pellegrinelli, Gianluca Fabiani. Fissata pubblica udienza, non essendo pervenuta dalle parti e dal P.G. richiesta di discussione orale, ai sensi dell’art. 23, co. 8bis, d. l. n. 137/2020, convertito nella l. n. 176/2000, si è proceduto in camera di consiglio. Il P.G. ha fatto pervenire le sue conclusioni scritte, con le quali ha chiesto il ricorso inammissibile. La ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Con il primo motivo, denunciante falsa applicazione degli artt.1140 e 1158 cod. civ., la ricorrente lamenta l’erroneità della sentenza per non avere tenuto conto della circostanza decisiva che l’area in parola, facente parte di un giardino condominiale, era interdetta all’accesso di tutti i condòmini, poiché al giardino, per regolamento condominiale, risultava assegnato il solo scopo di “mero godimento estetico”;
di conseguenza, la circostanza che la ricorrente, avesse usato dell’area specificata in atti a suo esclusivo godimento, ponendo condotte incompatibili con il divieto, non avrebbe potuto essere interpretato come uso più intenso della cosa comune, bensì come vero e proprio “illecito” esercizio di poteri estranei alla posizione del singolo condomino e, quindi, idonei dimostrare il possesso esclusivo “uti dominus”, utile all’usucapione.

1.1. La doglianza è manifestamente infondata. In punto di fatto la decisione d’appello, ammette che l’appellante avesse utilizzato nel corso degli anni la parte del giardino che si affacciava al proprio appartamento, al quale aveva accesso mediante alcune porte finestrate, che vi avesse collocato sedie e tavoli, svolto feste, piantumato alcune piante da fiore o arbusti, conficcato nel prato delle lastre di pietra, onde agevolare il passaggio. Esclude, tuttavia, che tali condotte abbiano costituito univoca manifestazione di signoria assoluta, bensì un “saltuario utilizzo”, in ragione della prossimità del proprio fondo confinante. Inoltre, alla manutenzione di tutto il giardino aveva sempre provveduto il Condominio, nel mentre l’occasionale spesa da parte della D per opere di giardinaggio, a prescindere dalla mancanza di documentazione, non era idonea a dimostrare un “animus res sibi habendi”. Emblematica, in tal senso la circostanza che l’area rivendicata non era stata mai separata dal resto e che le chiavi del giardino erano detenute dal portiere. In conclusione si sarebbe trattato di attività meramente tollerate dal Condominio. A prescindere dal rilievo che l’esistenza dello specifico divieto imposto dal regolamento condominiale costituisce fatto nuovo, che non consta essere stato sottoposto ai Giudici di merito, un tal divieto non assume, a dispetto dell’assunto, significato decisivo nel senso auspicato dalla ricorrente. Questa Corte ha avuto modo di chiarire che il partecipante alla comunione che intenda dimostrare l'intenzione di possedere non a titolo di compossesso, ma di possesso esclusivo ("uti dominus"), non ha la necessità di compiere atti di "interversio possessionis" alla stregua dell'art. 1164 c.c., dovendo, peraltro, il mutamento del titolo consistere in atti integranti un comportamento durevole, tali da evidenziare un possesso esclusivo ed "animo domini" della cosa, incompatibile con il permanere del compossesso altrui, non essendo al riguardo sufficienti atti soltanto di gestione, consentiti al singolo compartecipante o anche atti familiarmente tollerati dagli altri, o ancora atti che, comportando solo il soddisfacimento di obblighi o l'erogazione di spese per il miglior godimento della cosa comune, non possono dare luogo ad una estensione del potere di fatto sulla cosa nella sfera di altro compossessore (Sez. 2, n. 9100, 12/04/2018, Rv. 648079). Si è ulteriormente precisato che in tema di comunione, non essendo ipotizzabile un mutamento della detenzione in possesso, né una interversione del possesso nei rapporti tra i comproprietari, ai fini della decorrenza del termine per l'usucapione è idoneosoltanto un atto (o un comportamento) il cui compimento da parte di uno dei comproprietari realizzi l'impossibilità assoluta per gli altri partecipanti di proseguire un rapporto materiale con il bene e, inoltre, denoti inequivocamente l'intenzione di possedere il bene in maniera esclusiva, sicché, in presenza di un ragionevole dubbio sul significato dell'atto materiale, il termine per l'usucapione non può cominciare a decorrere ove agli altri partecipanti non sia stata comunicata, anche con modalità non formali, la volontà di possedere in via esclusiva (Sez. 2, n. 11903, 09/06/2015, Rv. 635615). Nel caso al vaglio, ad ammettere l’uso da parte della ricorrente nei termini da essa indicati di quella porzione di giardino manca, e radicalmente, siccome accertato incensurabilmente in fatto, l’apposizione di un inequivoco divieto o impedimento al compossesso degli altri condomini: emblematicamente l’area in questione non era stata recintata dalla predetta, il Condominio aveva curato la manutenzione di tutto il giardino e le chiavi erano nella detenzione del portiere. In definitiva, gli “abusi” riferiti dalla ricorrente, di per sé, non costituivano manifestazione inequivoca di possesso esclusivo ad excludendum. La Corte milanese dimostra piena consapevolezza dei principi che reggono la materia, avendo questa Corte più volte spiegato che il comproprietario pro indiviso che pretenda di aver usucapito il bene deve dimostrare, non solo di averne goduto in via d’esclusività (il che non è incompatibile con la propria posizione di titolare quotista, il quale può fruire anche di tutte le utilità del bene, ove gli altri comproprietari non dissentano e non rivendichino, a loro volta concorrente fruizione), ma di averlo fatto escludendo gli altri comproprietari, cioè apertamente contrastando il loro comune diritto, così da evidenziare una inequivoca volontà di possedere uti dominus e non più uti condominus (ex multis, Sez. 2, n. 12260, 20/8/2002, Rv. 556970;
Sez. 2, n. 9903, 28/4/2006, Rv. 592523;
Sez. 2, n. 19478, 20/9/2007, Rv. 599374;
Sez. 2, n. 17462, 27/7/2009, Rv. 609159) Ciò posto è del tutto evidente che attraverso la denunzia di violazione di legge la ricorrente sollecita - non determinando essa, nel giudizio di legittimità lo scrutinio della questione astrattamente evidenziata sul presupposto che l’accertamento fattuale operato dal giudice di merito giustifichi il rivendicato inquadramento normativo, essendo, all’evidenza, occorrente che l’accertamento fattuale, derivante dal vaglio probatorio, sia tale da doversene inferire la sussunzione nel senso auspicato dal ricorrente - un improprio riesame di merito (da ultimo, S.U. n. 25573, 12/11/2020, Rv. 659459). Nella sostanza la ricorrente, sotto l’usbergo dell’asserita violazione di legge insta per un inammissibile riesame di merito.
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