Cass. civ., sez. V trib., sentenza 17/01/2022, n. 01146

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 17/01/2022, n. 01146
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 01146
Data del deposito : 17 gennaio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

o la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 5092 del ruolo generale dell'anno 2014 proposto da: Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, è domiciliata;
ricorrente -

contro

B F e B A, quali soci e successori della società, rappresentati e difesi, per procura speciale a margine del controricorso, dall'Avv. P C, presso il cui studio in Roma, via del Pozzetto, n. 122, sono elettivamente domiciliati;

- controricorrenti -

e

contro

Aziende agricole Braida s.s., in persona del legale rappresentante;
- intimata - per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte, n. 115/1/2013, depositata in data 26 agosto 2013;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza dal Consigliere G T;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. T B, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. T B, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
uditi per l'Agenzia delle entrate l'Avvocato generale dello Stato A P e per i controricorrenti l'Avv. P C.

Fatti di causa

Dall'esposizione in fatto della sentenza impugnata si evince che: l'Agenzia delle entrate aveva notificato a Aziende Agricole Braida s.s. un avviso di accertamento con il quale aveva rettificato la dichiarazione Iva per l'anno 2004, avendo contestato la non sussistenza dei presupposti per l'applicazione del regime speciale dell'Iva per i produttori agricoli di cui all'art. 34, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, con conseguente recupero dell'Iva illegittimamente detratta ed applicazione delle sanzioni;
avverso l'atto impositivo la società (cessata in pendenza di giudizio) ed i soci Francesco Bellotti e Alberto Bellotti avevano proposto ricorso;
inoltre, Francesco Bellotti, quale rappresentante legale della società, aveva proposto ricorso avverso la cartella di pagamento;
la Commissione tributaria provinciale di Cuneo, riuniti i ricorsi, aveva annullato l'avviso di accertamento;
avverso la decisione del giudice di primo grado l'Agenzia delle entrate aveva proposto appello. La Commissione tributaria regionale del Piemonte ha rigettato l'appello, in particolare ha ritenuto che: nella fattispecie, era riscontrabile una impresa agricola, come desumibile dai beni strumentali della società, dai contratti di soccida stipulati, dalle registrazioni contabili e dalla disamina del bilancio relativo al 2004;
l'attività della contribuente, ora di soccidante ora di soccidario, era da considerarsi agricola, con conseguente legittimità della applicazione della disciplina del regime speciale per i produttori agricoli di cui all'art. 34, d.P.R. n. 633/1972. L'Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso per la cassazione della sentenza affidato a due motivi di censura, cui hanno resistito depositando controricorso Francesco Bellotti e Alberto Bellotti, quali soci e successori della società Aziende Agricole Braida s.s., illustrato con successiva memoria. Il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto procuratore generale Dott. T B, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso. Con ordinanza del 28 gennaio 2021 questa Corte ha disposto il rinvio a nuovo ruolo per la trattazione della causa alla pubblica udienza. Ragione della decisione Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione dell'art. 34, d.P.R. n. 633/1972, dell'art. 2135, cod. civ., e dell'art. 2697, cod. civ.. In particolare, parte ricorrente evidenzia la erroneità della pronuncia censurata per avere ritenuto che l'agevolazione di cui all'art. 34, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, poteva essere riconosciuta ai contribuenti nonostante gli stessi non avessero offerto la prova di svolgere attività agricola ed atteso che non poteva beneficiare del regime speciale dell'Iva per i produttori agricoli una società, quale quella di specie, che acquistava capi di bestiame per concederli, successivamente, ad altro imprenditore affinché questi provvedesse all'allevamento, posto che, invero, requisito essenziale è l'esercizio diretto dell'attività agricola, non riscontrabile nella fattispecie. Va disattesa, in primo luogo, l'eccezione di inammissibilità del motivo proposto dai controricorrenti posto che, in realtà, ciò che parte ricorrente contesta è la non riconducibilità della fattispecie concreta nell'ambito del paradigma normativo di riferimento: non si tratta, dunque, di una riesame nel merito degli accertamenti in fatto compiuti dal giudice del gravame, ma del profilo relativo alla corretta individuazione degli ambiti di applicazione dell'art. 34, d.P.R. n. 633/1972, e, in particolare, del profilo soggettivo di applicabilità della suddetta previsione normativa. Va, parimenti, escluso che si sia formato un "giudicato implicito riguardo all'interpretazione fornita dai giudice del doppio grado di giudizio in relazione all'art. 34, d.P,R. 633/1972" (vd. pag. 12 controricorso): a parte la assoluta genericità della deduzione in ordine agli esatti termini in cui si sarebbe formato un giudicato implicito nel giudizio (che postula una particolare efficacia della cosa giudicata, che copre sia il dedotto che il deducibile, non soltanto cioè le questioni espressamente fatte valere nel giudizio, in via di azione o di eccezione, ma anche quelle, in concreto non dedotte, costituenti tuttavia presupposto logico essenziale e indefettibile della decisione) va comunque rilevato che è proprio la statuizione relativa alla riconducibilità della fattispecie nell'ambito della previsione sopra indicata che ha costituito ragione di contestazione da parte della ricorrente sia nel secondo che nel presente giudizio. Il motivo è infondato. In particolare, lo stesso si basa, sostanzialmente, su due diversi profili di censura: in primo luogo, viene evidenziato che il giudice del gravame non avrebbe fatta una corretta applicazione delle regole in materia di riparto dell'onere della prova, non avendo i controricorrenti fornito la prova, il cui onere gravava sui medesimi, della sussistenza dei presupposti per potere applicare in proprio favore il regime speciale in materia di Iva di cui all'art. 34, d.P.R. n. 633/1972, cioè di svolgere in modo diretto l'attività agricola di allevamento;
in secondo luogo, si censura la sentenza per avere erroneamente ritenuto che anche l'attività del soccidante possa essere ricondotta nell'ambito del regime speciale sopra indicato, posto che sarebbe, invece, solo la partecipazione diretta all'attività di allevamento del bestiame a costituire il presupposto per lo svolgimento dell'attività agricola rilevante ai fini dell'applicazione del regime speciale in esame. Ciò precisato, con riferimento al primo profilo di censura, va evidenziato che il giudice del gravame ha specificamente motivato in ordine alla sussistenza dei presupposti per l'applicabilità al caso di specie del regime speciale, indicando, anche mediante relatio alla decisione del giudice di primo grado, su quali elementi di prova si basava l'accertamento dello svolgimento dell'attività agricola. In particolare, è chiaramente esposta in sentenza la circostanza che l'effettivo svolgimento dell'attività agricola poteva dirsi sussistente nel caso di specie tenuto conto di diversi elementi, quali: "i beni strumentali della società, i contratti di soccida stipulati dalla stessa, le registrazioni contabili nonché la disamina del bilancio relativo all'anno di esercizio 2004", nonché la circostanza che la società svolgeva l'attività quale "sia soccidaria che soccidante", pervenendo, in tal modo, alla considerazione conclusiva dell'effettivo svolgimento di attività agricola riconducibile nell'ambito di applicazione del regime speciale in esame. Sotto tale profilo, non può ragionarsi in termini di violazione dell'art. 2697, cod. civ., avendo il giudice del gravame valutato gli elementi di prova posti alla sua attenzione al fine di accertare se la società svolgesse effettivamente una attività agricola, senza che possa ritenersi sussistente una alterazione dei principi in materia di riparto dell'onere della prova.Il secondo profilo di censura si incentra, invece, sulla prospettazione difensiva secondo cui la qualifica di soccidante rivestita dalla società nell'ambito di determinati rapporti negoziali sia ostativa al riconoscimento dello svolgimento di una attività agricola per la quale possa trovare applicazione il regime speciale di cui all'art. 34, d.P.R. n. 633/1972. Secondo parte ricorrente, in particolare, ai fini dell'applicabilità della previsione normativa in esame è necessario che il contribuente partecipi direttamente all'attività di allevamento del bestiame, mentre nella fattispecie la società si era limitata ad adempiere agli obblighi derivanti dall'assunzione della qualità di soccidante, cioè la mera direzione, gestione e controllo dell'attività di allevamento esercitata dal soccidario, sicchè, di fatto, non può ritenersi che la società abbia svolto un'attività agricola riconducibile nell'ambito del regime speciale in materia di Iva per i produttori agricoli di cui alla citata previsione normativa. Il profilo di censura in esame non può trovare accoglimento. In primo luogo, va osservato che cori il motivo di ricorso in esame non è posto in discussione il fatto che la società avesse operato in qualità di soccidante nell'ambito di rapporti obbligatori finalizzati all'attività di allevamento del bestiame: invero, quel che si contesta è la circostanza che lo svolgimento dell'attività agricola, in particolare di allevamento del bestiame, ai fini dell'applicabilità della previsione di cui all'art. 34, cit., non può dirsi sussistente laddove il contribuente abbia operato in qualità di soccidante. Il profilo centrale, in particolare, della ragione di censura in esame risiede nel fatto che l'applicazione della previsione di cui all'art. 34, cit., richiede necessariamente lo svolgimento diretto dell'attività di allevamento del bestiame, il che sarebbe da escludersi, secondo la prospettazione di parte ricorrente, qualora il contribuente operi quale soccidante, posto che, in tal caso, svolge una mera attività di direzione e controllo dell'attività di allevamento che, invece, sarebbe svolta direttamente solo dal soccidario.La prospettazione difensiva di parte ricorrente non può trovare accoglimento. L'art. 34, d.P.R. n. 633/1972, prevede, al comma 1, che: «Per le cessioni di prodotti agricoli e ittici compresi nella prima parte dell'allegata tabella A) effettuate dai produttori agricoli, la detrazione prevista nell'articolo 19 è forfettizzata in misura pari all'importo risultante dall'applicazione, all'ammontare imponibile delle operazioni stesse, delle percentuali di compensazione stabilite, per gruppi di prodotti, con decreto del Ministro delle finanze di concerto con il Ministro per le politiche agricole . L'imposta si applica con le aliquote proprie dei singoli prodotti, salva l'applicazione delle aliquote corrispondenti alle percentuali di compensazione per i passaggi di prodotti ai soggetti di cui al comma 2, lettera c), che applicano il regime speciale e per le cessioni effettuate dai soggetti di cui al comma 6, primo e secondo periodo». La previsione normativa in esame disciplina un regime speciale dell'Iva in caso di cessioni di prodotti agricoli ed ittici (compresi nella prima parte della tabella A) effettuate dai produttori agricoli, posto che, a differenza del c.d. regime normale di detrazione dell'Iva, per il quale, in forza dell'art. 19, comma 1, d.P.R. n. 633/1972, dall'Iva relativa alle operazioni effettuate si detrae l'Iva effettivamente assolta o dovuta dal contribuente o ad esso addebitata a titolo di rivalsa in relazione ai beni ed ai servizi importati o acquistati nell'esercizio di una impresa, arte o professione, la detrazione è invece forfettizzata nella misura specificamente indicata dal sopra citato art. 34. In sostanza, con il regime speciale di detrazione in esame, il produttore agricolo non detrae dall'Iva sulle vendite dei prodotti agricoli quella effettivamente pagata per l'acquisto di beni e servizi ma quella derivante dall'applicazione della percentuale di compensazione astrattamente e mediamente prevista per legge in base al tipo di attività o prodotto agricolo venduto.Con riferimento al profilo soggettivo di applicabilità del regime speciale in esame, e cioè, per quel che rileva in questa sede, alla individuazione dei soggetti destinatari del suddetto regime, la previsione normativa, come detto, si applica in caso di cessione di prodotti agricoli ed ittici effettuate dai produttori agricoli e, in questo ambito, il successivo comma 2, dell'art. 34, cit., precisa che: «Si considerano produttori agricoli: a) i soggetti che esercitano le attività indicate nell'articolo 2135 del codice civile e quelli che esercitano attività di pesca in acque dolci, di piscicoltura, di mitilicoltura, di ostricoltura e di coltura di altri molluschi e crostacei, nonché di allevamento di rane». La definizione del produttore agricolo, dunque, è compiuta mediante specifico rinvio alla previsione di cui all'art. 2135, cod. civ., secondo cui: «È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall'allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegate nell'attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge». È rilevante osservare come la suddetta disciplina interna di cui all'art.34, cit., è di derivazione comunitaria, posto che trova il suo riferimento nella previsione contenuta nell'art. 25, Direttiva 77/388/Cee, di contenuto sostanzialmente analogo a quello dell'art. 296 della successiva Direttiva 112/2006/Ce, secondo cui: «Gli Stati membri hanno la facoltà di applicare ai produttori agricoli per í quali l'assoggettamento al regime normale dell'imposta sul valore aggiunto o, eventualmente, al regime semplificato di cui all'articolo 24 creasse difficoltà, un regime forfettario inteso a compensare l'onere dell'imposta sul valore aggiunto pagata sugli acquisti di beni e servizi degli agricoltori forfettari, conformemente al presente articolo.
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