Cass. civ., sez. III, sentenza 12/03/2010, n. 6048

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Nel contratto di deposito, soggetto attivo dell'obbligazione di restituzione è il depositante, non potendo il depositario esigere la prova della proprietà della cosa depositata; egli, pertanto, è anche soggetto attivo dell'obbligazione sostitutiva di restituzione dell'equivalente pecuniario della cosa depositata, che grava sul depositario in caso di perdita a lui imputabile, non potendo il depositario esimersi dall'adempiere eccependo la mancanza del titolo di proprietà in capo al depositante.

Nell'ipotesi in cui un cliente consegni le chiavi di un autoveicolo al vetturiere dell'albergo dove alloggia, con tale atto, che integra l'affidamento del veicolo e non la presa in consegna delle chiavi e dell'autoveicolo a titolo di cortesia, si perfeziona un ordinario contratto di deposito, dal quale scaturiscono le relative obbligazioni a carico delle parti del rapporto, ed al quale non si applica la disciplina del deposito alberghiero, per effetto dell'esclusione dei veicoli di cui all'art. 1785-quinquies cod. civ.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 12/03/2010, n. 6048
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6048
Data del deposito : 12 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. P R - Presidente -
Dott. P G B - Consigliere -
Dott. V R - rel. Consigliere -
Dott. F R - Consigliere -
Dott. D'

AMICO

Paolo - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 22547-2005 proposto da:
M GIUSEPPE MRNGPP34N01D612C, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. TOMMASO D'

AQUINO

116, presso lo studio dell'avvocato C A, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato G A giusta delega a margine del ricorso;



- ricorrente -


contro
MARABINI &
CO GESTIONE GRAND HOTEL DUOMO SRL;

- intimata -
sul ricorso 25676-2005 proposto da:
DUOMO S.R.L. già MARABINI &
CO S.P.A. 11883300258 in persona del legale rappresentante pro tempore A N M, elettivamente domiciliata in ROMA,

CORSO VITTORIO EMANUELE II

308, presso lo studio dell'avvocato R U, che la rappresenta e difende giusta delega a margine del controricorso e ricorso incidentale;



- ricorrente -


contro
M GIUSEPPE, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA S. TOMMASO D'

AQUINO

116, presso lo studio dell'avvocato C A, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato G A giusta delega a margine del ricorso principale;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 129/2005 della CORTE D'APPELLO di MILANO, 3^ SEZIONE CIVILE, emessa il 23/11/2004, depositata il 25/01/2005, R.G.N. 657/2003;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 02/02/2010 dal Consigliere Dott. ROBERTA VIVALDI;

udito l'Avvocato STEFANO FIORELLI per delega dell'Avvocato C A;

udito l'Avvocato NICOTERA UGO per delega dell'Avvocato UGO RUFFOLO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI

Carmelo che ha concluso previa riunione, per il rigetto dei ricorsi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Nella notte fra il 19 ed il 20.3.2001 era rubata l'autovettura BMW X5 tg. RSM-C5863, che era stata parcheggiata, verso le ore 21 del 19, in via San Raffaele a Milano, fuori del Grand Hotel Duomo. Il furto era scoperto l'indomani mattina, quando M Giuseppe, ospite dell'albergo quella notte, aveva chiesto alla reception le chiavi dell'autovettura con la quale era giunto;
chiavi che, all'arrivo in albergo, il M aveva consegnato al vetturiere di servizio, che erano state riposte dal portiere nella casella della camera assegnata al cliente, e che erano scomparse.
Da successive verifiche si accertava che, alle ore 23 del 19 marzo, l'autovettura era ancora posteggiata fuori dell'albergo, e, tramite il sistema di ripresa a circuito chiuso del quale l'albergo era dotato, che, alle ore 3,00 del 20 marzo, qualcuno aveva attraversato velocemente la hall dell'albergo dirigendosi verso l'uscita, ed alle ore 3,27 l'auto era stata messa in moto allontanandosi, quindi, sulla via San Raffaele.
Il M conveniva, davanti al tribunale di Milano, la società Marabini &
Co. Spa Gestione Hotel Duomo, al fine di ottenere il risarcimento del danno, individuato nel controvalore della vettura, nel valore degli oggetti riposti nella stessa e nella spesa occorsa per noleggiare un'autovettura sostitutiva.
La società convenuta si costituiva eccependo il difetto di legittimazione attiva del M, per essere questi il semplice utilizzatore della vettura e non il proprietario e, nel merito, contestava la propria responsabilità.
Il tribunale rigettava la domanda.
Diversamente la Corte d'Appello che, con sentenza del 25.1.2005, accoglieva in parte l'appello proposto dal M. Quest'ultimo ha proposto ricorso principale per cassazione affidato ad un motivo.
Resiste con controricorso la società Duomo srl, già Marabini &
Co. spa, che ha anche proposto ricorso incidentale illustrato da memoria, affidato ad un motivo;
al quale resiste il M. MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente i ricorsi - principale ed incidentale - vanno riuniti ai sensi dell'art. 335 c.p.c.. Ricorso principale.
Con unico, complesso motivo il ricorrente principale denuncia la violazione dell'art. 2777 c.c., (art. 360 c.p.c., n. 3) ed omesso esame di tesi giuridiche prospettate dal ricorrente M (art.360 c.p.c., n. 5). Ricorso incidentale.
Con unico, complesso motivo la ricorrente incidentale denuncia la contraddittoria, omessa ed insufficiente motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) in ordine ad un punto decisivo della controversia
(individuazione della fattispecie in fatto ed in diritto), con conseguente violazione e falsa applicazione di norme di diritto (art.360 c.p.c., n. 3) concernente a) la mancata corretta qualificazione
giuridica del preteso contratto inter partes (art. 1362 e ss. c.c. in relazione all'art. 1766 c.c.);
b) la mancata applicazione al caso di specie, in ogni caso, dell'art. 1785 quinquies c.c.. Il ricorso incidentale va esaminato per primo per la priorità logico - giuridica delle questioni con lo stesso trattate.
Il ricorso non è fondato.
La norma dell'art. 1785 quinquies c.c., invocata dal ricorrente incidentale, non è applicabile nella specie.
Oggetto del contratto di deposito è, infatti, un veicolo, che esce dalla sfera di applicazione della normativa di cui agli artt. 1783 e 1785 quater c.c., in materia di deposito alberghiero. Diversamente, - come ha correttamente ritenuto la Corte di merito - nel caso in esame, fra le parti è stato concluso un ordinario contratto di deposito, disciplinato dall'art. 1766 e ss. c.c. che si perfeziona con la consegna della cosa, e che non necessita di un previo scambio espresso dei consensi, potendo lo stesso ritenersi integrato dalla traditio od, anche, da una ficta traditio (v. Cass.27.3.2007 n. 7493);
contratto dal quale scaturiscono le relative
obbligazioni a carico delle parti del rapporto.
Con la consegna delle chiavi al vetturiere dell'albergo il contratto di deposito in esame deve ritenersi perfezionato nei suoi elementi costitutivi, posto che, proprio attraverso tale consegna, è intervenuta la traditio, alla quale consegue l'obbligo di custodia e, quindi, la restituzione.
Non può riconoscersi, nella specie, alcuna presa in consegna delle chiavi e dell'autovettura esclusivamente a mero titolo di cortesia, come sostiene la ricorrente incidentale, che allega precedenti giurisprudenziali ininfluenti nel caso in esame.
In particolare, il riferimento a Cass. 15.6.1991 n. 6804 non è pertinente, posto che, in quel caso, non vi era stato alcun affidamento del veicolo, ma soltanto la messa a disposizione di uno spazio per il parcheggio;
fattispecie questa diversa da quella in esame.
Le risultanze di causa, quali emergono dalla sentenza impugnata, delineano la situazione di fatto, chiarendo che il M consegnò le chiavi ed il veicolo al vetturiere dell'albergo, il quale provvide alla sua sistemazione, consegnando, quindi, le chiavi al portiere, che le depositò nella casella relativa alla camera occupata dal cliente.
Deve, pertanto, desumersi l'evidente finalità di custodia conseguente alla consegna di chiavi ed autovettura, specie tenendo conto che le chiavi rimasero nella sfera di diretto controllo e disponibilità dell'albergatore fino al momento del loro furto. La vicenda, pertanto, non può definirsi neutra, ma va ad integrare, proprio per le sue concrete modalità, la fattispecie del deposito ordinario.
Nè alcun pregio può essere riconosciuto alla tesi sostenuta dalla ricorrente incidentale secondo cui, con la consegna delle chiavi - anche a volere ritenere ricorrere un'ipotesi di deposito regolare - oggetto del contratto di deposito sarebbero state le chiavi, e non l'autovettura successivamente rubata.
È di tutta evidenza che le chiavi costituiscono soltanto il mezzo attraverso il quale si è concretizzata la consegna dell'autovettura, e non l'oggetto principale del contratto di deposito. Ed è da tale consegna che è scaturito, appunto, l'obbligo di custodia del veicolo (e delle stesse chiavi), con la diligenza del buon padre di famiglia, e della sua restituzione.
Se, poi, si tengono presenti le modalità con cui il furto dell'autovettura è stato commesso - attraverso l'uso delle sue chiavi -, non può che concordarsi con la statuizione adottata sul punto dalla Corte di merito.
A tal fine, la stessa Corte di merito ha sottolineato che pacifiche erano le circostanze "che l'ignoto ladro usò le chiavi del veicolo per impossessarsi di questo;
che l'autovettura era munita di un severo antifurto, tale che il motore poteva essere avviato esclusivamente con le chiavi in dotazione";
"che le chiavi della BMW furono consegnate ed accettate dal portiere e che le medesime furono collocate nella casella corrispondente alla camera assegnata al M, e, cioè, in un luogo rientrante nella sfera di pertinenza e di disponibilità esclusiva dell'albergatore". Ed ha, quindi, riconosciuto "l'evidente nesso di causalità di fatto sussistente tra il furto delle chiavi e quello della vettura e l'altrettanto evidente prevedibilità del danno conseguente al furto delle chiavi".
La ricostruzione dei fatti, la loro valutazione e la qualificazione giuridica del contratto concluso fra le parti sono corrette, adeguata la motivazione, priva degli errori logici o giuridici censurati dalla ricorrente incidentale, come tale condivisibile.
Passiamo, quindi, all'esame del ricorso principale. Con unico motivo il ricorrente principale censura la sentenza impugnata per non avergli riconosciuto il diritto ad ottenere l'equivalente pecuniario dell'autovettura rubata;
e ciò per non esserne il proprietario.
Il motivo è fondato.
La Corte di merito sul punto si è così espressa: "Ciò detto, resta tuttavia impossibile attribuire a M il controvalore dell'autovettura, posto che non sussiste in suo favore la corrispondente diminuzione patrimoniale: è pacifico in causa che la BMW è di proprietà di terzi, ed inoltre, va detto che dal documento n. 2 (autorizzazione ad usare il veicolo rilasciato a M dalla società concedente in leasing e conduttrice del veicolo) non risulta che l'appellante abbia affrontato un qualche esborso per assicurarsi il godimento dell'auto fino al 19 settembre 2003 (data citata nel detto documento quale termine dell'autorizzazione)". Le conclusioni cui è pervenuta la Corte di merito non possono essere seguite.
La circostanza che il M non fosse il proprietario dell'autovettura è, con riferimento alle obbligazioni derivanti dalla conclusione del contratto di deposito, compresa, quindi, quella di restituzione, irrilevante.
È principio consolidato nella giurisprudenza della Corte di legittimità quello per cui soggetto attivo dell'obbligazione di restituzione insita nel contratto di deposito è il depositante, senza che il depositario possa esigere la prova della proprietà della cosa depositata.
Ad eguale conclusione deve pervenirsi anche con riferimento all'obbligazione sostitutiva, avente ad oggetto l'equivalente pecuniario della cosa depositata, che incombe al depositario nel caso di perdita a lui imputabile e che, derivando egualmente dal contratto, egli non può esimersi dall'adempiere, eccependo che la cosa non era di proprietà dell'altro contraente (Cass. 18.3.1971;
Cass. 18.4.2006 n. 8934;
v. anche Cass. 23.12.2003 n. 19769). Quindi, nel contratto di deposito, la dimostrazione della proprietà del bene, da parte del depositante, non ha alcun rilievo sotto il profilo della legittimazione a richiederne la restituzione;
od, in caso di sua impossibilità, ad esigere la prestazione sostitutiva. Da tali premesse discende l'erroneità della statuizione della Corte di merito, che ha escluso il diritto del M ad ottenere il controvalore del bene sottratto, perché non proprietario dello stesso.
Invero, il suo diritto alla restituzione, ai sensi dell'art. 1777 c.c. e, nel caso di sua impossibilità per fatto imputabile al
depositario - come nella specie -, nasce dal fatto di essere questi il depositante;
e ciò indipendentemente dalla qualità di proprietario.
Il depositante è f quindi, il titolare dell'obbligazione sostitutiva, mentre il proprietario rimane estraneo al rapporto contrattuale di deposito.
D'altra parte, a volere ragionare a contrario, l'obbligazione sostitutiva nascente dalla mancata restituzione del bene per fatto imputabile al depositario, - nei casi in cui il depositante non sia anche il proprietario - sarebbe priva di titolare, con la conseguenza che il depositario, in base al contratto di deposito, non risponderebbe ad alcuno.
Il proprietario della cosa da altri depositata, infatti, non è legittimato ad agire contro il depositario con l'azione di rivendica, se quest'ultimo non ha più la detenzione della cosa e, quindi, non ha più la facultas restituendi, ne' è legittimato ad agire con l'azione di responsabilità, tipicamente personale e propria del depositante, perché i rapporti obbligatori sono caratterizzati dalla relatività e, quindi, gli effetti di essi non si estendono ai terzi estranei al vincolo obbligatorio, fuori dei casi prescritti dalla legge.
D'altra parte, il depositante, non essendo proprietario, non avrebbe azione nei confronti del depositario, sulla base del contratto di deposito concluso.
Invece, è sufficiente che il depositante abbia la detenzione della cosa al momento del deposito come res facti, potendo, quindi, costituire un valido deposito, non soltanto il proprietario o il titolare di un qualsiasi diritto reale, ma anche un semplice detentore interessato.
L'obbligo di custodia esplica, quindi, i suoi effetti unicamente nei confronti del depositante, cui deve essere fatta la restituzione della res depositata;
ed allo stesso spetta, in difetto di restituzione, il risarcimento dei danni.
Corollario dell'errore in cui è incorsa la Corte di merito è poi quello di avere condizionato l'accoglimento della domanda alla sussistenza di "una corrispondente diminuzione patrimoniale", non patita dal M, per non essere proprietario del bene. Posto che titolare dell'obbligazione risarcitoria - sostitutiva, come detto, è il depositante, la circostanza se anche fosse vera - sarebbe priva di rilievo nell'ambito delle obbligazioni nascenti dal contratto di deposito, trovando, la prestazione sostitutiva, il suo fondamento proprio nel suo mancato, diligente adempimento dell'obbligazione contrattuale.
La diminuzione patrimoniale o meno è irrilevante, posto che l'azione sostitutiva tende a rimettere il depositante nella situazione pregressa all'inadempimento, vale a dire nella posizione di colui che può utilizzare il bene;
nel caso in esame quell'autovettura. Quali siano, poi, i rapporti fra quest'ultimo ed il proprietario, e le conseguenze che derivano nei loro rispettivi rapporti, queste esulano dalla disciplina del contratto di deposito, non esplicando, perché res inter alios acta, alcun rilievo causale, ai fini di un'eventuale responsabilità nascente appunto da tale contratto. Conclusivamente, il ricorso principale va accolto, mentre quello incidentale va rigettato;
la sentenza va cassata, e la causa rinviata alla Corte d'Appello di Milano in diversa composizione. Le spese vanno rimesse al giudice del rinvio.

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