Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 20/06/2008, n. 16877

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In tema di risarcimento del danno, il creditore che voglia ottenere, oltre il rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di "chance" - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità patrimoniale a sè stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità, la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta. (Nella specie, la S.C., enunciando l'anzidetto principio, ha confermato la sentenza di merito che aveva respinto, in quanto priva di adeguato sostegno probatorio, la domanda risarcitoria proposta da un disoccupato nei confronti dell'INPS per illegittima reiezione della istanza di riconoscimento dell'indennità di disoccupazione speciale, il cui dovuto accoglimento gli avrebbe consentito l'iscrizione nelle liste di mobilità di cui alla legge n. 223 del 1991, con tutti i benefici connessi e, segnatamente, quelli conseguenti al diritto di precedenza nelle assunzioni).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 20/06/2008, n. 16877
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16877
Data del deposito : 20 giugno 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. S G - Presidente -
Dott. C P - Consigliere -
Dott. M F A - rel. Consigliere -
Dott. V G - Consigliere -
Dott. S P - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MOSCATO GVANNI, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DEI GONZAGA

37, presso lo studio dell'avvocato B S, rappresentato difeso dall'avvocato D F O, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
I.N.P.S.- ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE;



- intimato -


e sul 2^ ricorso n. 08276/05 proposto da:
I.N.P.S.- ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DELLA FREZZA

17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati VINCENZO TRIOLO E GIUSEPPE FABIANI, giusta delega in atti;

- controricorrente e ricorrente incidentale -
e contro
MOSCATO GVANNI;



- intimato -


avverso la sentenza n. 180/04 della Corte d'Appello di PALERMO, depositata il 12/02/04 R.G.N. 1486/03;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 15/04/08 dal Consigliere Dott. Francesco Antonio MAIORANO;

udito l'Avvocato D F O;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PIVETTI

Marco, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso incidentale, rigetto o assorbito il principale con cassazione della sentenza senza rinvio.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso alla Corte d'Appello di Palermo M Giovanni proponeva appello avverso la sentenza del Tribunale di Agrigento con la quale era stata rigettata la sua domanda proposta nei confronti dell'INPS per il risarcimento del danno patrimoniale (perdita di retribuzioni e contributi, oltre che di chance e privilegi ex L. n.223 del 1991) e non patrimoniale (biologico, psichico, esistenziale)
per l'illegittima reiezione della sua domanda per il riconoscimento dell'indennità di disoccupazione speciale nell'edilizia che gli aveva impedito l'iscrizione nelle liste di mobilità L. n. 223 del 1991, ex art.

6. L'appellato contrastava il gravame e la Corte d'Appello lo rigettava sulla base delle seguenti considerazioni: la lamentela che senza Terrore dell'INPS nella individuazione dei soggetti aventi diritto all'indennità di disoccupazione speciale L. n. 223 del 1991, ex art.11, comma 2, ed il conseguente rigetto della domanda dell'istante in
data 21/1/95 egli avrebbe potuto richiedere tempestivamente l'iscrizione delle liste di mobilità ed avere così diritto a benefici connessi era fondata, ma non sufficiente per l'accoglimento della domanda. Il diritto del ricorrente a quella indennità di disoccupazione negata dall'INPS era stato affermato con sentenza del Tribunale di Agrigento del 9/10/96, passata in giudicato. I lavoratori che fruivano dell'indennità di disoccupazione speciale ex art. 11, comma 2, ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 6, avevano titolo, fra gli altri, all'iscrizione nella lista di mobilità. Il riconoscimento di tale indennità costituiva condizione necessaria per l'inclusione nella liste di mobilità, con la conseguenza che il mancato illegittimo riconoscimento del beneficio poteva manifestarsi come evento dannoso che avrebbe legittimato l'esercizio dell'azione di risarcimento del danno per la mancata fruizione dei benefici che dalla iscrizione nelle liste potevano derivare, sempre che vi fosse la prova di un danno effettivamente subito dell'interessato. Nella specie, la domanda di risarcimento del danno si fondava sul preteso danno materiale per la mancata possibilità di fruire, ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 8, del diritto di precedenza nelle assunzioni, che invece, secondo l'assunto, avrebbero avuto i suoi ex compagni di lavoro, e quindi di essere avviato, quale LSU, presso il Comune di Porto Empedocle, nonché del danno morale che sarebbe derivato dal persistente stato di disoccupazione. Questo pregiudizio, però, non era stato dimostrato, pur avendo il ricorrente l'onere di provare i fatti costitutivi della domanda;

nell'ipotesi di lamentata perdita di chance il ricorrente doveva dimostrare la concreta possibilità di conseguire un risultato utile, precluso invece per l'illegittimo comportamento dell'altra parte;
a tal fine poteva anche farsi ricorso a criteri presuntivi, ma il danneggiato aveva comunque l'onere di fornire la prova degli elementi di fatto, gravi, precisi e concordanti, su cui ancorare la presunzione con apprezzabile grado di verosimiglianza. Una tale prova non era stata fornita dal ricorrente: per il periodo in cui lo stesso assumeva di essere rimasto disoccupato (9/2/1992- 29/1/1996) la pretesa lesione dei diritto di precedenza non era ancorata ad alcuna specifica deduzione che altri soggetti fossero stati avviati al lavoro, in modo da poter dedurre che con la sua iscrizione nella lista di mobilità avrebbe avuto analoga possibilità di occupazione e quindi nessuna prova era stata fornita in proposito. Per l'avviamento presso il Comune di Porto Empedocle, quale LSU, il teste B aveva precisato che erano stati avviati due progetti, il primo "a metà dell'anno 1994" per 25 lavoratori ed il secondo "nei primi mesi del 1997" per 16 "lavoratori licenziati tutti da una stessa ditta, la Icovim".
Per il primo progetto il ricorrente non aveva nemmeno chiesto di provare che una sua tempestiva inclusione nelle liste di mobilità gli avrebbe assicurato la possibilità di rientrare nel numero dei lavoratori avviati al lavoro;
peraltro, il teste ha precisato che "gli avviati col primo progetto avevano date di scadenza della mobilità diverse", mentre l'anzianità di iscrizione costituiva criterio per la compilazione della graduatoria.
Per il secondo progetto (sul quale il ricorrente insisteva molto) assorbente era la considerazione che egli, ai sensi della L. n. 223 del 1991, art. 9, comma 6, non poteva concorrere per difetto della
condizione del permanente stato di disoccupazione, avendo trovato occupazione in data 29/1/96, per cui in nessun caso poteva fruire di un progetto autorizzato nei primi mesi del 1997 dalla Regione Sicilia.
Nessuna prova del preteso danno patrimoniale, o della perdita di chance, era stata fornita e quindi della riconducibilità del suo stato di disoccupazione al comportamento illegittimo dell'INPS. La sentenza quindi doveva essere confermata.
MOTIVI DELLA DECISIONE
È domandata ora la cassazione di detta pronuncia con quattro motivi:
col primo si lamenta violazione della L. 23 luglio 1991, n. 223, artt. 6, 8, 9 e 11, artt. 112, 115 e 116 c.p.c., artt. 2697 e 2729 c.c. e vizio di motivazione per non avere il giudice considerato che
una volta ammesso nelle liste di mobilità il ricorrente avrebbe goduto di molte riserve, preferenze ed opportunità di lavoro, avendo il diritto di conservare l'iscrizione delle liste di mobilità anche lavorando eventualmente a tempo parziale o determinato. Dalle prove risulta che B C, licenziato dalla Icovim il 15/9/95 ed iscritto nelle liste di mobilità il 16/9/95 era stato assunto dalla ditta Edilmeccanica Campione dal 20 al 30/4/96 e poi dalla ditta Biomeccanica dal 10/6 al 10/7/96 e quindi avviato come LSU in data 14/4/97 presso il Comune di Porto Empedocle;
Di F M, licenziato il 1/3/95 ed iscritto nelle liste il 2/3/95 era stato assunto dalla ditta Costruzioni Generali dal 2/3 al 26/10/96 e poi avviato quale LSU come il precedente lavoratore.
La Corte d'Appello rileva dapprima che il ricorrente è rimasto disoccupato dal 9/6/92 al 29/1/96 e poi contraddittoriamente afferma che l'istante con riferimento al primo progetto, LSU 1994, non ha provato che la tempestiva inclusione nelle liste avrebbe assicurato la possibilità di entrare nel numero degli avviati. La Corte invece avrebbe dovuto ritenere i fatti provati "sulla base di presunzioni e di fatti notori".
Col secondo motivo si lamenta vizio di motivazione sul nesso di causalità tra la condotta dell'INPS ed il danno, nonché sugli effetti dell'inadempimento dell'INPS valutati secondo criteri di probabilità, per avere il giudice accertato la condotte omissiva e potenzialmente lesiva dell'INPS ed escluso poi la sussistenza del danno, omettendo di verificare se la mancata iscrizione nelle liste di mobilità abbia comportato per il lavoratore perdita di chance e gravi danni materiali, biologici e morali. Il ricorrente ha perduto molte possibilità mentre i suoi compagni di lavoro iscritti nelle liste di mobilità erano stati tutti avviati al lavoro, quali LSU, presso il Comune di Porto Empedocle. Il danno è in "re ipsa" sotto i profili allegati.
Col terzo motivo si lamenta vizio di motivazione per avere il giudice erroneamente ritenuto che non siano provati i gravi danni provocati dall'illegittimo comportamento dell'INPS. La violazione di un diritto costituzionalmente tutelato (artt. 35 e 38 Cost.) di essere inserito nel circuito occupazionale determina "ex se" un danno patrimoniale e morale valutabile in via equitativa ex art. 2056 e 1126 c.c;

l'esistenza dei danni è provata in via presuntiva, "secondo l'id quod plerumque accidit" e quindi devono essere risarciti senza bisogno "di alcun sostegno probatorio relativo al singolo caso". Col quarto motivo si lamenta violazione degli artt. 1175, 1176, 1218, 1227 e 2043 c.c. e della L. 9 marzo 1989, n. 88 e vizio di motivazione per non avere il giudice considerato che "la chance, o concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene o risultato, non è mera aspettativa ma un'entità patrimoniale a sè stante" giuridicamente tutelabile, per cui la sua perdita configura un danno concreto ed attuale. Nella specie, il ricorrente lamentava "sia la perdita di avviamento in LSU, sia la possibilità di concorrere ad essere avviato, con il conseguente risarcimento del danno da mancato raggiungimento del risultato sperato". La Corte invece trascurando sia la natura della chance, che la richiesta di risarcimento del danno, ha rigettato l'appello con motivazione contraddittoria ed insufficiente.
Resiste l'INPS con controricorso e ricorso incidentale fondato su un solo motivo, col quale lamenta violazione della L. 23 luglio 1991, n.223, art. 6, comma 1 e 2, ed art. 11, comma 2 e vizio di motivazione,
per avere il giudice ritenuto che l'omesso riconoscimento in via amministrativa del trattamento speciale di disoccupazione con la consequenziale mancata inclusione del M nelle liste di mobilità sia configurabile come "comportamento inadempiente dell'Istituto previdenziale .. acclarato con autorità di giudicato nel precedente giudizio svoltosi fra le stesse parti". Non ha considerato la Corte che competente alla compilazione delle liste di mobilità è l'Ufficio regionale del lavoro, mentre non sussiste in capo all'INPS alcun obbligo specifico di provvedere alla tempestiva iscrizione nelle liste e che il disconoscimento del trattamento speciale non era di ostacolo alla suddetta iscrizione e quindi non realizzava un'ipotesi di inadempimento colpevole. Il M avrebbe potuto chiedere personalmente l'iscrizione nelle liste di mobilità ed in caso di rifiuto avrebbe potuto convenire nel presente giudizio l'ufficio competente al fine di ottenere in via cautelare una pronuncia di iscrizione nelle liste, sia pure condizionata all'accertamento giudiziale del proprio diritto.
I due ricorsi avverso la medesima sentenza devono essere riuniti e rigettati, perché entrambi sono infondati.
I quattro motivi del ricorso principale vanno trattati congiuntamente perché sono aspetti della medesima censura. In proposito si osserva che la Corte ha già affermato il principio di diritto secondo cui "in tema di risarcimento del danno, il creditore che voglia ottenere, oltre il rimborso delle spese sostenute, anche i danni derivanti dalla perdita di "chance" - che, come concreta ed effettiva occasione favorevole di conseguire un determinato bene, non è una mera aspettativa di fatto ma un'entità1 patrimoniale a sè stante, giuridicamente ed economicamente suscettibile di autonoma valutazione - ha l'onere di provare, pur se solo in modo presuntivo o secondo un calcolo di probabilità', la realizzazione in concreto di alcuni dei presupposti per il raggiungimento del risultato sperato e impedito dalla condotta illecita della quale il danno risarcibile dev'essere conseguenza immediata e diretta" (Cass. n. 1752/05). Il giudice d'appello si è attenuto a questo principio condiviso dalla Corte, e, dopo avere affermato che il comportamento dell'INPS era astrattamente idoneo a procurare il danno, ha correttamente precisato che "chi lamenta un danno deve dimostrare gli elementi costitutivi della relativa domanda e quindi, in ipotesi di lamentata perdita di chance, la concreta possibilità di conseguire il risultato utile che, viceversa, il comportamento della controparte avrebbe precluso";
aggiunge poi che, pur essendo ammissibile anche la prova presuntiva, colui che lamenta il danno ha "l'onere di fornire la prova degli elementi di fatto, gravi, precisi e concordanti, cui ancorare il ragionamento deduttivo che consente di risalire" dal fatto noto a quello che costituisce oggetto della prova. Sulla base di questi condivisibili principi la Corte territoriale ha esaminato la situazione probatoria, precisando che, per il periodo in cui assume di essere rimasto disoccupato, dal giugno 1992 al gennaio 1996, il ricorrente non ha addotto alcuna specifica allegazione e nessuna prova che altri soggetti nelle sue stesse condizioni siano stati avviati al lavoro, "sicché nulla legittima a ritenere che, ove l'appellante avesse potuto conseguire l'iscrizione della lista dei lavoratori in mobilità avrebbe avuto la possibilità di conseguire una nuova occupazione". Secondo il teste B, nel periodo oggetto di causa, ci sarebbero stati due progetti per l'avviamento, quali LSU presso il Comune di Porto Empedocle, di lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, uno per 25 unità "a metà dell'anno 1994" ed il secondo "nei primi mesi del 1997" per 16 unità provenienti "da una stessa ditta, la Ecovin": per il primo progetto il ricorrente non ha mai chiesto di provare che la sua tempestiva inclusione della lista gli avrebbe assicurato la possibilità di essere avviato al lavoro (peraltro, secondo il teste M "gli avviati col primo progetto avevano date di scadenza della mobilità diverse");
per il secondo progetto il ricorrente non aveva diritto a partecipare, essendo cessato il suo stato di disoccupazione fin dal gennaio 1996. Questa motivazione non è validamente censurata con la deduzione in questa sede di elementi di fatto (sulla assunzione di suoi compagni di lavoro) mai dedotti in sede di merito e con le seguenti affermazioni: che la Corte avrebbe dovuto ritenere provati i fatti "sulla base di presunzioni e di fatti notori"(primo motivo);
che il danno è "in re ipsa" (secondo motivo);
che l'esistenza dei danni è provata in via presuntiva, "secondo l'id quod plerumque accidit" e quindi devono essere risarciti senza bisogno "di alcun sostegno probatorio relativo al singolo caso" (terzo motivo);
che la perdita di chance configura in ogni caso un danno concreto e attuale (quarto motivo). Per quanto riguarda la specifica deduzione contenuta nel secondo motivo che egli, con l'inclusione nelle liste di mobilità, avrebbe avuto "diritto al "sussidio" istituito con D.L. 8 febbraio 1995, n. 31 e succ. mod. e integrazioni" si osserva innanzi tutto che
quel decreto legge non è stato convertito in legge nel termine di sessanta giorni dalla sua pubblicazione avvenuta nella Gazzetta Ufficiale, serie generale, n. 33 del 9 febbraio 1995;
in secondo luogo si rileva che ne' dalla sentenza, ne' dal ricorso per cassazione risulta che la parte abbia sollevato un pari motivo d'appello ed abbia fornito al giudicante gli elementi di fatto necessari per dimostrare la sussistenza del danno lamentato. Si tratta di una questione sollevata per la prima volta in sede di legittimità e quindi, come tale, inammissibile. Tutti i motivi vanno quindi disattesi ed il ricorso principale rigettato. Quanto al ricorso incidentale si osserva che l'INPS nel giudizio di merito è risultato totalmente vittorioso per difetto di prova sull'esistenza del danno (confermata peraltro in questa sede) e quindi non aveva interesse ex art. 100 c.p.c. alla impugnazione incidentale in via principale, per contrastare l'affermazione del giudice d'appello che dal "comportamento inadempiente dell'Istituto previdenziale ... acclarato, con autorità di giudicato, nel precedente giudizio svoltosi fra le stesse parti" possa derivare un danno;
questa affermazione infatti è seguita dall'altra che il danno deve essere concretamente provato, per cui mancando la prova del danno l'INPS è stato assolto da ogni domanda;
in difetto di condanna l'Istituto non ha interesse ad agire per contrastare l'affermazione "astratta" che dal suo comportamento inadempiente possa derivare un danno risarcibile.
Anche l'appello incidentale va quindi rigettato. Sussistono le condizioni per l'integrale compensazione delle spese di lite.

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