Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 30/05/2018, n. 13677
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso 4466-2013 proposto da: I.N.P.S. ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato 'n ROMA, VIA
CESARE BECCARIA
29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto stesso, rappresentato e difeso dagli avvocati A S, ARLA D'ALOISIO, E D e L M, giusta procura in atti;
- ricorrente -
contro
DI SILVIO ANTONIO;
- intimato -
avverso la sentenza n. 7460/2011 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 02/02/2012, r.g. n. 5073/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/02/2018 dal Consigliere Dott. D C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P M, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato A S. n.r.g. 4466/2013 INPS/ Di S A.
FTTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 7460 del 2011, la Corte d'appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Foggia di accoglimento della domanda proposta da A D S nei confronti dell' I.N.P.S. tesa all' accertamento dell'effettiva sussistenza del rapporto di lavoro agricolo intercorso nell'anno 2001 per 106 giornate con la soc. coop. agricola San Leonardo ed alla condanna dell'INPS alla nuova iscrizione del medesimo ricorrente negli elenchi anagrafici nominativi degli operai a tempo determinato del comune di residenza, posto che l'INPS aveva disconosciuto la sussistenza del rapporto ed aveva cancellato la relativa iscrizione.
2. La Corte territoriale, pur riconoscendo che la giurisprudenza di legittimità ha qualificato come diritto la posizione dell'interessato tesa ad ottenere l'iscrizione negli elenchi anagrafici ed il giudizio ad esso relativo come fondato sul rapporto e non sull'atto di cancellazione con ciò escludendosi che possa procedersi alla disapplicazione dell'atto di cancellazione, ha affermato l'inapplicabilità dell'art. 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004 - ritenuto dal primo giudice idoneo a fissare in tre anni il termine finale per l'esercizio dell'attività di autotutela di cancellazione d'ufficio- prospettando al tempo stesso l'eventualità di valutare la legittimità della cancellazione per violazione dell'art. 21 novies della legge n. 240 del 1991. La Corte di merito ha poi affermato che la cancellazione travolge l'accertamento relativo ai requisiti di legge per l'iscrizione ed assume carattere negativo e vincolato con la conseguenza che, in caso di contestazione giudiziale, il giudice ordinario giudica sul rapporto e sull'esistenza degli elementi costitutivi del diritto;
il lavoratore ha l'onere di provare i fatti che costituiscono il fondamento della propria domanda di accertamento ma detto onere si atteggia in modo peculiare nei giudizi di cancellazione o mancata iscrizione conseguenti ad accertamenti ispettivi presso il datore di lavoro in ragione del titolo rappresentato dalla pregressa iscrizione che può essere annullato solo con l'uso legittimo dell'azione amministrativa di disconoscimento.
3.Quindi, in tali fattispecie, è l'INPS onerato di provare il carattere simulato o fittizio del rapporto già riconosciuto nelle forme di legge, mentre il lavoratore ha solo l'onere di confutare tali conclusioni, trattandosi di esercizio del potere di autotutela da parte dell'INPS, derivato dall'azione di controllo sulle denunce dei privati. Nella concreta fattispecie, l'INPS non ha assolto al proprio onere della prova giacché sì è limitato ad una generica contestazione in ordine alla sussistenza del rapporto di lavoro, non essendo all'uopo sufficiente l'accertamento compiuto sulla regolarità dell'attività svolta dal datare di lavoro e non sul lavoratore.n.r.g. 4466/2013 IN PS/ Di S A. Per la cassazione della sentenza l'INPS ha proposto ricorso, affidato a due motivi. G D S non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione e o falsa applicazione dell'art. 12 del Regio decreto 24 settembre 1940 n. 1949 e dell'art. 4 del d.lgs. n. 59 del 1948, dell'art. 9 quinquies del d.l. 1 ottobre 1996 n. 510 conv. con modif. in I. n. 608 del 1996, dell'art. 2697 cod. civ. e vizio di motivazione. Il ricorrente deduce l'erroneità della sentenza laddove ha attribuito all'INPS l'onere di provare la fondatezza del proprio operato e cioè della cancellazione dalle liste anagrafiche del lavoratore agricolo, seppure a seguito di accertamento ispettivo relativo alla posizione del datore di lavoro.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del Regio decreto 24 settembre 1940 n. 1949, dell'art. 4 del d.lgs. 23 gennaio 1948 n. 59, dell'art. 9 quinquies del di. n. 510 del 1996 convertito con modif. in I. n. 608 del 1996, dell'art. 2697 cod. civ. e vizio di motivazione. Il ricorrente deduce che, una volta posta correttamente la regola del
CESARE BECCARIA
29, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto stesso, rappresentato e difeso dagli avvocati A S, ARLA D'ALOISIO, E D e L M, giusta procura in atti;
- ricorrente -
contro
DI SILVIO ANTONIO;
- intimato -
avverso la sentenza n. 7460/2011 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 02/02/2012, r.g. n. 5073/2008;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 28/02/2018 dal Consigliere Dott. D C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P M, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso;
udito l'Avvocato A S. n.r.g. 4466/2013 INPS/ Di S A.
FTTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 7460 del 2011, la Corte d'appello di Bari ha confermato la sentenza del Tribunale di Foggia di accoglimento della domanda proposta da A D S nei confronti dell' I.N.P.S. tesa all' accertamento dell'effettiva sussistenza del rapporto di lavoro agricolo intercorso nell'anno 2001 per 106 giornate con la soc. coop. agricola San Leonardo ed alla condanna dell'INPS alla nuova iscrizione del medesimo ricorrente negli elenchi anagrafici nominativi degli operai a tempo determinato del comune di residenza, posto che l'INPS aveva disconosciuto la sussistenza del rapporto ed aveva cancellato la relativa iscrizione.
2. La Corte territoriale, pur riconoscendo che la giurisprudenza di legittimità ha qualificato come diritto la posizione dell'interessato tesa ad ottenere l'iscrizione negli elenchi anagrafici ed il giudizio ad esso relativo come fondato sul rapporto e non sull'atto di cancellazione con ciò escludendosi che possa procedersi alla disapplicazione dell'atto di cancellazione, ha affermato l'inapplicabilità dell'art. 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004 - ritenuto dal primo giudice idoneo a fissare in tre anni il termine finale per l'esercizio dell'attività di autotutela di cancellazione d'ufficio- prospettando al tempo stesso l'eventualità di valutare la legittimità della cancellazione per violazione dell'art. 21 novies della legge n. 240 del 1991. La Corte di merito ha poi affermato che la cancellazione travolge l'accertamento relativo ai requisiti di legge per l'iscrizione ed assume carattere negativo e vincolato con la conseguenza che, in caso di contestazione giudiziale, il giudice ordinario giudica sul rapporto e sull'esistenza degli elementi costitutivi del diritto;
il lavoratore ha l'onere di provare i fatti che costituiscono il fondamento della propria domanda di accertamento ma detto onere si atteggia in modo peculiare nei giudizi di cancellazione o mancata iscrizione conseguenti ad accertamenti ispettivi presso il datore di lavoro in ragione del titolo rappresentato dalla pregressa iscrizione che può essere annullato solo con l'uso legittimo dell'azione amministrativa di disconoscimento.
3.Quindi, in tali fattispecie, è l'INPS onerato di provare il carattere simulato o fittizio del rapporto già riconosciuto nelle forme di legge, mentre il lavoratore ha solo l'onere di confutare tali conclusioni, trattandosi di esercizio del potere di autotutela da parte dell'INPS, derivato dall'azione di controllo sulle denunce dei privati. Nella concreta fattispecie, l'INPS non ha assolto al proprio onere della prova giacché sì è limitato ad una generica contestazione in ordine alla sussistenza del rapporto di lavoro, non essendo all'uopo sufficiente l'accertamento compiuto sulla regolarità dell'attività svolta dal datare di lavoro e non sul lavoratore.n.r.g. 4466/2013 IN PS/ Di S A. Per la cassazione della sentenza l'INPS ha proposto ricorso, affidato a due motivi. G D S non ha svolto difese.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo di ricorso deduce violazione e o falsa applicazione dell'art. 12 del Regio decreto 24 settembre 1940 n. 1949 e dell'art. 4 del d.lgs. n. 59 del 1948, dell'art. 9 quinquies del d.l. 1 ottobre 1996 n. 510 conv. con modif. in I. n. 608 del 1996, dell'art. 2697 cod. civ. e vizio di motivazione. Il ricorrente deduce l'erroneità della sentenza laddove ha attribuito all'INPS l'onere di provare la fondatezza del proprio operato e cioè della cancellazione dalle liste anagrafiche del lavoratore agricolo, seppure a seguito di accertamento ispettivo relativo alla posizione del datore di lavoro.
2. Con il secondo motivo si deduce violazione e falsa applicazione dell'art. 12 del Regio decreto 24 settembre 1940 n. 1949, dell'art. 4 del d.lgs. 23 gennaio 1948 n. 59, dell'art. 9 quinquies del di. n. 510 del 1996 convertito con modif. in I. n. 608 del 1996, dell'art. 2697 cod. civ. e vizio di motivazione. Il ricorrente deduce che, una volta posta correttamente la regola del
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