Cass. pen., sez. III, sentenza 03/03/2021, n. 08498
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Testo completo
la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: STAFFETTI GIAMPIERO nato a L'AQUILA il 19/05/1954 STAFFETTI ELISEO nato a L'AQUILA il 21/07/1957 STAFFETTI MARILENA nato a L'AQUILA il 02/01/1950 CIALFI DOMENICO nato a L'AQUILA il 01/10/1951 STAFFETTI SRL LEIPECA SRL avverso la sentenza del 11/03/2019 della CORTE APPELLO di L'AQUILAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere A A;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore L C che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi di S G, S Eo, C Domenico, Setti srl e Leipeca srl e per l'annullamento con rinvio nei confronti di S M. udito il difensore della parte civile, Avv. D D N, sostituto processuale dell'AVV. ANDREA LIBERATORE, che ha concluso come da conclusioni scritte e nota spese depositate in udienza;
uditi i difensori degli imputati, AVV. CARLA FIORE e AVV. IOLE MAGGITTI, per S M, AVV. MASSIMO MANIERI, per le società Setti srl e Leipeca srl, AVV. CRISTIANA VALENTINI, per G Setti ed Eo Setti, che hanno concluso chiedendo l'accoglimento dei rispettivi ricorsi 41538/2019
RITENUTO IN FATTO
1.1 sigg.ri M Setti, Eo Setti, G Setti, D C, nonché le società «Setti Sr.I.» e «Leipeca S.r.l.», ricorrono per l'annullamento della sentenza dell'11/03/2019 della Corte di appello di L'Aquila che, in parziale riforma della sentenza del 21/05/2018 del Tribunale di L'Aquila da loro impugnata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M, G ed Eo Setti in ordine al reato di cui al capo B della rubrica perché estinto per prescrizione, ha rideterminato la pena nei loro confronti nella misura di un anno di arresto e 9.000,00 euro di ammenda, ha confermato nel resto la loro condanna e quella del C per il reato di cui al capo A (artt. 110 cod. pen., 256, comma 1, lett. a e b, d.lgs. n. 152 del 2006) nonché quella delle due società per l'illecito amministrativo di cui al capo C (artt. 5, comma 1, lett. a, 6 e 25-undecies, comma 2, lett. b), nn. 1 e 2, d.lgs. n. 231 del 2001).
2.M Setti propone quattro motivi.
2.1.Con il primo deduce l'inosservanza degli artt. 27 Cost., 40, 192 e 110 cod. pen., e la assenza degli elementi che provano il suo concorso nel reato. La propria condanna, afferma, deriva esclusivamente dalla formale qualità di comproprietaria (insieme con i fratelli) e committente dei lavori di ricostruzione post-sisma della palazzina sita in L'Aquila, Via Orsini, 2, e dal suo interesse ad iniziare i lavori stessi;
manca una qualunque prova che consenta di dimostrare, anche solo sul piano presuntivo ed indiziario, il proprio contributo causale alle condotte poste in essere dai fratelli. La sentenza, infatti, non spiega in che modo ella abbia positivamente favorito, agevolato e/o anche solo aumentato la possibilità di causare il reato, posto che: a) non aveva l'obbligo di impedire l'evento;
b) i propri fratelli avrebbero comunque agito indipendentemente da qualunque sua decisione o contributo. La Corte di appello ha negletto i documenti prodotti all'udienza del 24 luglio 2017 (allegati all'odierno ricorso) che provano come: a) ella non fosse proprietaria del magazzino, successivamente smantellato, al cui interno si trovavano le vernici, i pesticidi e i solventi, dei quali si predica lo smaltimento illecito, né ne aveva la disponibilità, attribuibile da sempre alle due società produttrici e ai loro amministratori;
b) la propria posizione di committente fosse legata esclusivamente alla pratica inerente la palazzina cui era completamente estranea la procedura di smontaggio del magazzino e di rimozione del materiale presente, operazioni materialmente effettuate da D C e M M su incarico degli altri due fratelli Setti;
c) avesse correttamente proceduto allo smaltimento dei rifiuti provenienti dalla demolizione dell'abitazione incaricando il direttore dei lavori e una ditta specializzata. L'unico interesse che aveva era quello di iniziare i lavori di ricostruzione della palazzina, in quanto proprietaria di uno degli appartamenti, e di smaltire i relativi rifiuti, interesse che non può giustificare il proprio coinvolgimento a titolo concorsuale nelle condotte altrui relative a fatti (e rifiuti) del tutto diversi.
2.2.Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell'art. 606, lett. b), cod. proc. pen., l'inosservanza delle 0.P.C.M. n. 3790, del 9 luglio 2009, e n. 3820, del 12 novembre 2009, in violazione delle quali le è stato attribuito il ruolo di committente dell'appalto. In realtà, le due ordinanze presidenziali, nel disciplinare il ruolo del rappresentante delle parti comuni dell'edificio oggetto di ricostruzione finanziata con fondi pubblici esclude dalle sue competenze e dal suo dovere di vigilanza tutte le opere non coperte dal contributo, nel caso di specie il magazzino e quanto in esso contenuto. Ella, dunque, non poteva essere considerata responsabile delle condotte altrui aventi ad oggetto parti dell'edificio escluse dalla contribuzione pubblica.
2.3.Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell'art. 606, lett. b), cod. proc. pen., l'erronea applicazione dell'art. 133 cod. pen., non essendo in ogni caso adeguata al suo minor contributo e alla sua incensuratezza la pena applicata in modo eguale agli altri concorrenti nel reato.
2.4.Con il quarto motivo, che riprende gli argomenti illustrati con i primi due, deduce, ai sensi dell'art. 606, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di mancanza e contraddittorietà della motivazione che, in poche righe, àncora la affermazione della sua responsabilità unicamente al suo ruolo di proprietaria di un appartamento e di committente dei lavori e all'interesse al loro inizio, laddove, per converso, ricostruisce in maniera puntuale e dettagliata la posizione giuridica e fattuale degli altri due fratelli e delle loro società evidenziandone l'autonomia di azione nella gestione del magazzino e dei materiali.
3.D C propone due motivi.
3.1.Con il primo deduce, ai sensi dell'art. 606, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà e/o la carenza e/o la manifesta illogicità della motivazione in relazione al contributo causale del concorrente di cui all'art. 110 cod. pen. La questione relativa al proprio contributo causale, afferma, è stata liquidata dalla Corte di appello in base alla sua presenza, unitamente al M, all'interno del magazzino di Via degli Orsini di L'Aquila;
da tale fatto è stata illogicamente tratta la prova della "stabile collaborazione" tra i due imputati finalizzata non solo allo smontaggio e allo smaltimento delle capriate in ferro, ma anche all'abbandono dei rifiuti. Si tratta di un vero e proprio salto logico: la presenza nel magazzino può dimostrare solo la collaborazione nello smontaggio delle capriate, come del resto dimostrano le prove testimoniali assunte nel corso del processo di primo grado. Nè tale gap logico può essere colmato dalla sua accertata presenza, insieme con il M, a bordo dell'autocarro di proprietà di quest'ultimo, nei pressi del luogo ove erano stati abbandonati i rifiuti, perché si tratterebbe di un fatto episodico inidoneo a dimostrare il concorso morale e materiale in tutti gli abbandoni posti in essere dal mese di novembre 2013 a quello di aprile 2014. 3.2.Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell'art. 606, lett. e), cod. proc. pen., l'omessa o carente motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, determinato dalla Corte di appello senza una analitica esposizione dei criteri adottati tenuto altresì conto che la pena non è nemmeno attestata nel minimo edittale.
4.Eo e G Setti propongono un solo motivo con il quale deducono, ai sensi dell'art. 606, lett. e), cod. proc. pen., il travisamento delle prove. In particolare, la condanna si fonda sui seguenti elementi indiziari del tutto inesistenti: a) la coincidenza temporale tra le date degli abbandoni e la data di inizio dei lavori di demolizione in Via Orsini;
b) le etichette aziendali apposte sui rifiuti abbandonati;
c) l'operatività delle due società in Via Orsini;
d) l'interesse economico allo smaltimento illecito. Nello specifico: a) alla data di inizio della demolizione i rifiuti erano ancora "in loco", secondo quanto risulta dallo stesso verbale di sequestro del 4 dicembre 2013 e dalle testimonianze di N A e L F, così come sintetizzate dalla stessa sentenza impugnata;
b) le etichette aziendali riconducevano anche ad una terza società (la «Leipeca Paint S.r.l.»), mai indagata e gestita da ex dipendenti della famiglia Setti, che proprio nel 2013 si era trasferita altrove trovandosi alle prese con il medesimo problema di smaltimento dei rifiuti delle società incolpate con le quali condivideva il medesimo interesse di natura economica;
c) le due società dei fratelli ricorrenti non hanno mai avuto sede né hanno mai operato in Via Orsini, luogo di abitazione del loro padre, dell'attività di questi e del magazzino posteriore.
5.Le società «Setti S.r.l.» e «Leipeca S.r.l.» propongono cinque motivi.
5.1.Con il primo deducono, ai sensi dell'art. 606, lett. c), cod. proc. pen., la nullità assoluta della sentenza per violazione del diritto di difesa. Premettono, in fatto, quanto segue: - all'udienza del 06/02/2017, proveniente da quella del 23/05/2016 (rinviata per l'adesione del giudice all'astensione dalle udienze dei giudici onorari proclamata dagli organismi di categoria), il Tribunale non aveva verificato la regolare citazione in giudizio delle due società e del difensore d'ufficio loro nominato;
nel relativo verbale non v'è traccia;
- a quell'udienza, assenti anche i difensori degli imputati, venivano ammesse la costituzione di parte civile della persona offesa e le prove richieste da quest'ultima e dal pubblico ministero;
- all'udienza del 10/07/2017, il Tribunale, verificata l'omessa notifica alle società e relativi difensori del verbale dell'udienza del 23/05/2016, ne disponeva il rinnovo per l'udienza del 24/07/2017 alla quale rinviava la trattazione del processo;
- a quest'ultima udienza le società si costituivano in giudizio per il tramite del difensore di fiducia, il medesimo degli
udita la relazione svolta dal Consigliere A A;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore L C che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi di S G, S Eo, C Domenico, Setti srl e Leipeca srl e per l'annullamento con rinvio nei confronti di S M. udito il difensore della parte civile, Avv. D D N, sostituto processuale dell'AVV. ANDREA LIBERATORE, che ha concluso come da conclusioni scritte e nota spese depositate in udienza;
uditi i difensori degli imputati, AVV. CARLA FIORE e AVV. IOLE MAGGITTI, per S M, AVV. MASSIMO MANIERI, per le società Setti srl e Leipeca srl, AVV. CRISTIANA VALENTINI, per G Setti ed Eo Setti, che hanno concluso chiedendo l'accoglimento dei rispettivi ricorsi 41538/2019
RITENUTO IN FATTO
1.1 sigg.ri M Setti, Eo Setti, G Setti, D C, nonché le società «Setti Sr.I.» e «Leipeca S.r.l.», ricorrono per l'annullamento della sentenza dell'11/03/2019 della Corte di appello di L'Aquila che, in parziale riforma della sentenza del 21/05/2018 del Tribunale di L'Aquila da loro impugnata, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di M, G ed Eo Setti in ordine al reato di cui al capo B della rubrica perché estinto per prescrizione, ha rideterminato la pena nei loro confronti nella misura di un anno di arresto e 9.000,00 euro di ammenda, ha confermato nel resto la loro condanna e quella del C per il reato di cui al capo A (artt. 110 cod. pen., 256, comma 1, lett. a e b, d.lgs. n. 152 del 2006) nonché quella delle due società per l'illecito amministrativo di cui al capo C (artt. 5, comma 1, lett. a, 6 e 25-undecies, comma 2, lett. b), nn. 1 e 2, d.lgs. n. 231 del 2001).
2.M Setti propone quattro motivi.
2.1.Con il primo deduce l'inosservanza degli artt. 27 Cost., 40, 192 e 110 cod. pen., e la assenza degli elementi che provano il suo concorso nel reato. La propria condanna, afferma, deriva esclusivamente dalla formale qualità di comproprietaria (insieme con i fratelli) e committente dei lavori di ricostruzione post-sisma della palazzina sita in L'Aquila, Via Orsini, 2, e dal suo interesse ad iniziare i lavori stessi;
manca una qualunque prova che consenta di dimostrare, anche solo sul piano presuntivo ed indiziario, il proprio contributo causale alle condotte poste in essere dai fratelli. La sentenza, infatti, non spiega in che modo ella abbia positivamente favorito, agevolato e/o anche solo aumentato la possibilità di causare il reato, posto che: a) non aveva l'obbligo di impedire l'evento;
b) i propri fratelli avrebbero comunque agito indipendentemente da qualunque sua decisione o contributo. La Corte di appello ha negletto i documenti prodotti all'udienza del 24 luglio 2017 (allegati all'odierno ricorso) che provano come: a) ella non fosse proprietaria del magazzino, successivamente smantellato, al cui interno si trovavano le vernici, i pesticidi e i solventi, dei quali si predica lo smaltimento illecito, né ne aveva la disponibilità, attribuibile da sempre alle due società produttrici e ai loro amministratori;
b) la propria posizione di committente fosse legata esclusivamente alla pratica inerente la palazzina cui era completamente estranea la procedura di smontaggio del magazzino e di rimozione del materiale presente, operazioni materialmente effettuate da D C e M M su incarico degli altri due fratelli Setti;
c) avesse correttamente proceduto allo smaltimento dei rifiuti provenienti dalla demolizione dell'abitazione incaricando il direttore dei lavori e una ditta specializzata. L'unico interesse che aveva era quello di iniziare i lavori di ricostruzione della palazzina, in quanto proprietaria di uno degli appartamenti, e di smaltire i relativi rifiuti, interesse che non può giustificare il proprio coinvolgimento a titolo concorsuale nelle condotte altrui relative a fatti (e rifiuti) del tutto diversi.
2.2.Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell'art. 606, lett. b), cod. proc. pen., l'inosservanza delle 0.P.C.M. n. 3790, del 9 luglio 2009, e n. 3820, del 12 novembre 2009, in violazione delle quali le è stato attribuito il ruolo di committente dell'appalto. In realtà, le due ordinanze presidenziali, nel disciplinare il ruolo del rappresentante delle parti comuni dell'edificio oggetto di ricostruzione finanziata con fondi pubblici esclude dalle sue competenze e dal suo dovere di vigilanza tutte le opere non coperte dal contributo, nel caso di specie il magazzino e quanto in esso contenuto. Ella, dunque, non poteva essere considerata responsabile delle condotte altrui aventi ad oggetto parti dell'edificio escluse dalla contribuzione pubblica.
2.3.Con il terzo motivo deduce, ai sensi dell'art. 606, lett. b), cod. proc. pen., l'erronea applicazione dell'art. 133 cod. pen., non essendo in ogni caso adeguata al suo minor contributo e alla sua incensuratezza la pena applicata in modo eguale agli altri concorrenti nel reato.
2.4.Con il quarto motivo, che riprende gli argomenti illustrati con i primi due, deduce, ai sensi dell'art. 606, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di mancanza e contraddittorietà della motivazione che, in poche righe, àncora la affermazione della sua responsabilità unicamente al suo ruolo di proprietaria di un appartamento e di committente dei lavori e all'interesse al loro inizio, laddove, per converso, ricostruisce in maniera puntuale e dettagliata la posizione giuridica e fattuale degli altri due fratelli e delle loro società evidenziandone l'autonomia di azione nella gestione del magazzino e dei materiali.
3.D C propone due motivi.
3.1.Con il primo deduce, ai sensi dell'art. 606, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà e/o la carenza e/o la manifesta illogicità della motivazione in relazione al contributo causale del concorrente di cui all'art. 110 cod. pen. La questione relativa al proprio contributo causale, afferma, è stata liquidata dalla Corte di appello in base alla sua presenza, unitamente al M, all'interno del magazzino di Via degli Orsini di L'Aquila;
da tale fatto è stata illogicamente tratta la prova della "stabile collaborazione" tra i due imputati finalizzata non solo allo smontaggio e allo smaltimento delle capriate in ferro, ma anche all'abbandono dei rifiuti. Si tratta di un vero e proprio salto logico: la presenza nel magazzino può dimostrare solo la collaborazione nello smontaggio delle capriate, come del resto dimostrano le prove testimoniali assunte nel corso del processo di primo grado. Nè tale gap logico può essere colmato dalla sua accertata presenza, insieme con il M, a bordo dell'autocarro di proprietà di quest'ultimo, nei pressi del luogo ove erano stati abbandonati i rifiuti, perché si tratterebbe di un fatto episodico inidoneo a dimostrare il concorso morale e materiale in tutti gli abbandoni posti in essere dal mese di novembre 2013 a quello di aprile 2014. 3.2.Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell'art. 606, lett. e), cod. proc. pen., l'omessa o carente motivazione in ordine al trattamento sanzionatorio, determinato dalla Corte di appello senza una analitica esposizione dei criteri adottati tenuto altresì conto che la pena non è nemmeno attestata nel minimo edittale.
4.Eo e G Setti propongono un solo motivo con il quale deducono, ai sensi dell'art. 606, lett. e), cod. proc. pen., il travisamento delle prove. In particolare, la condanna si fonda sui seguenti elementi indiziari del tutto inesistenti: a) la coincidenza temporale tra le date degli abbandoni e la data di inizio dei lavori di demolizione in Via Orsini;
b) le etichette aziendali apposte sui rifiuti abbandonati;
c) l'operatività delle due società in Via Orsini;
d) l'interesse economico allo smaltimento illecito. Nello specifico: a) alla data di inizio della demolizione i rifiuti erano ancora "in loco", secondo quanto risulta dallo stesso verbale di sequestro del 4 dicembre 2013 e dalle testimonianze di N A e L F, così come sintetizzate dalla stessa sentenza impugnata;
b) le etichette aziendali riconducevano anche ad una terza società (la «Leipeca Paint S.r.l.»), mai indagata e gestita da ex dipendenti della famiglia Setti, che proprio nel 2013 si era trasferita altrove trovandosi alle prese con il medesimo problema di smaltimento dei rifiuti delle società incolpate con le quali condivideva il medesimo interesse di natura economica;
c) le due società dei fratelli ricorrenti non hanno mai avuto sede né hanno mai operato in Via Orsini, luogo di abitazione del loro padre, dell'attività di questi e del magazzino posteriore.
5.Le società «Setti S.r.l.» e «Leipeca S.r.l.» propongono cinque motivi.
5.1.Con il primo deducono, ai sensi dell'art. 606, lett. c), cod. proc. pen., la nullità assoluta della sentenza per violazione del diritto di difesa. Premettono, in fatto, quanto segue: - all'udienza del 06/02/2017, proveniente da quella del 23/05/2016 (rinviata per l'adesione del giudice all'astensione dalle udienze dei giudici onorari proclamata dagli organismi di categoria), il Tribunale non aveva verificato la regolare citazione in giudizio delle due società e del difensore d'ufficio loro nominato;
nel relativo verbale non v'è traccia;
- a quell'udienza, assenti anche i difensori degli imputati, venivano ammesse la costituzione di parte civile della persona offesa e le prove richieste da quest'ultima e dal pubblico ministero;
- all'udienza del 10/07/2017, il Tribunale, verificata l'omessa notifica alle società e relativi difensori del verbale dell'udienza del 23/05/2016, ne disponeva il rinnovo per l'udienza del 24/07/2017 alla quale rinviava la trattazione del processo;
- a quest'ultima udienza le società si costituivano in giudizio per il tramite del difensore di fiducia, il medesimo degli
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