Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/06/2003, n. 9070
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La contestazione sulla deferibilità di una controversia al giudizio degli arbitri, basata sull'assunto della sua devoluzione alla cognizione del giudice amministrativo, non può essere sollevata, in sede di legittimità, in un momento successivo alla presentazione del ricorso per cassazione, in quanto detta contestazione non dà luogo ad una questione di giurisdizione, ma determina l'insorgere di una questione di merito, inerente alla validità del compromesso o della clausola compromissoria e del patto di rinuncia alla giurisdizione in essi consacrato.
In sede arbitrale non possono essere fatte valere ragioni di credito vantate verso una parte sottoposta a fallimento o ad amministrazione straordinaria, giacché l'effetto attributivo della cognizione agli arbitri, proprio del compromesso o della clausola compromissoria, è in ogni caso (si tratti cioè di arbitrato rituale o di arbitrato irrituale) paralizzato dal prevalente effetto, prodotto dal fallimento o dalla apertura della procedura di amministrazione straordinaria, dell'avocazione dei giudizi, aventi ad oggetto l'accertamento di un credito verso l'impresa sottoposta alla procedura concorsuale, allo speciale, ed inderogabile, procedimento di verificazione dello stato passivo.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. D P M - Primo Presidente f.f. -
Dott. D V - Presidente di sezione -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. P G - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. P V - rel. Consigliere -
Dott. V M - Consigliere -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. T R M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
OSPEDALE ONCOLOGICO - ISTITUTO DI RICOVERO E CURA A CARATTERE SCIENTIFICO, in persona del legale rappresentante pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIALE ANGELICO 38, presso lo studio dell'avvocato R L, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato, M C, per il primo giusta procura speciale, in atti, per il secondo giusta delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
CASE DI CURA RIUNITE S.R.L., ONCOHOSPITAL S.R.L., ENTRAMBE IN AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIA, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro-tempore, elettivamente domiciliate in ROMA, VIA DEGLI SCIPIONI 268/A, presso lo studio dell'avvocato D B, rappresentate e difese dall'avvocato L R, giusta delega a margine del controricorso;
- controricorrenti -
avverso la sentenza n. 293/00 della Corte d'Appello di BARI, depositata il 28/03/00;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/04/03 dal Consigliere Dott. Vincenzo PROTO;
uditi gli avvocati Roberto LIBERATORE, Nicola Vittorio RICCARDI, per delega dell'avvocato Lucio RICCARDI;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. Domenico IANNELLI che ha concluso per l'accoglimento del primo motivo di ricorso. Rigetto del secondo motivo di ricorso, assorbiti gli altri oppure l'accoglimento per quanto di ragione. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1. Il 30 aprile 1990 la s.r.l. "Case di Cura Riunite" (C.C.R.) e l'"Ospedale Oncologico Istituto di Ricovero e Cura a Carattere scientifico" (I.R.C.C.S.) stipularono una convenzione con la quale la C.C.R. concesse al secondo, per la durata di sei anni, l'utilizzazione piena ed esclusiva del proprio complesso immobiliare, sito in Bari, denominato "Casa di cura Mater Dei", completo di apparecchiature, accessioni e pertinenze. Con la convenzione la C.C.R. si impegnò, inoltre, a fornire una serie di servizi - riguardanti, in particolare, la manutenzione della struttura e delle apparecchiature, la fornitura di medicinali e di materiale sanitario, la messa a disposizione di unità di personale medico e paramedico, la degenza dei ricoverati, con servizi completi di cucina, secondo le tabelle dietetiche predisposte dalla direzione sanitaria dell'I.R.C.C.S. - per un corrispettivo mensile fissato, per il primo anno, in lire 4.400.000.000, da aumentarsi o da diminuirsi per gli anni successivi in base ad una percentuale di incremento o decremento deliberata per la retta di degenza delle case di cura convenzionate classificate nella fascia nazionale "A" polispecialistica.
2.1. Con atto di accesso notificato il 13 gennaio 1994, l'I.R.C.C.S., avvalendosi della clausola n.6 del contratto, introdusse giudizio arbitrale, chiedendo, fra l'altro, che fosse accertato l'inadempimento della società C.C.R., relativamente a talune delle obbligazioni accessorie da essa assunte nella convenzione;
che la C.C.R. fosse condannata alla variazione del canone mensile, stante la sussistenza dei presupposti contrattualmente previsti per il relativo decremento;
che, infine, la C.C.R. fosse condannata alla restituzione del corrispettivo percepito in eccesso.
2.3. Seguì la fase della nomina e dell'accettazione degli arbitri, nel corso della quale, il 9 gennaio 1995, il Tribunale di Bari dichiarò lo stato di insolvenza della società Case di Cura Riunite, che, con decreto del 14 febbraio 1995, fu poi ammessa alla procedura di amministrazione straordinaria.
2.4. In data 10 aprile 1995 avvenne la formalizzazione del collegio arbitrale, che, successivamente, assegnò alle parti un termine (poi prorogato al 30 giugno 1995) per la precisazione dei quesiti e le eventuali repliche.
2.5. Con nota in data 9 settembre 1995 il difensore della C.C.R. eccepì che l'introduzione della procedura di amministrazione straordinaria, cui era stata sottoposta la società, aveva determinato l'improseguibilita del giudizio arbitrale, e ne chiese, perciò l'interruzione.
Gli arbitri, decidendo con lodo non definitivo (18 settembre 1995), rigettarono l'eccezione.
2.6. Il giudizio fu poi esteso alla s.r.l. Oncohospital, anche essa in amministrazione straordinaria, alla quale nel gennaio 1995 la C.C.R. aveva ceduto il complesso Mater Dei, con diritto alla prosecuzione della convenzione nei confronti dell'I.R.C.C.S. Nel corso del procedimento arbitrale le società C.C.R. e Oncohospital proposero domanda riconvenzionale diretta alla declaratoria dell'illegittimità dell'autoriduzione del canone operata dall'I.R.C.C.S., per il verificarsi dei presupposti per il decremento del canone stabiliti nella convenzione;
alla condanna della C.C.R. al versamento dell'importo trattenuto indebitamente e al pagamento del corrispettivo dovuto per la messa a disposizione di personale, in esubero rispetto ai limiti della convenzione. L'I.R.C.C.S. dedusse che i presupposti per il decremento del canone si erano verificati sin dal primo anno successivo a quello di inizio del rapporto, e che, pertanto, nel periodo 1^ luglio 1991-26 giugno 1994, aveva erroneamente (e, quindi, con indebito oggettivo) corrisposto la somma di lire 9.426.553.183. Chiese, quindi, la condanna delle società al pagamento di questa somma, con gli accessori.
2.7. Con lodo definitivo sottoscritto il 10 febbraio 1998 il Collegio arbitrale:
- ribadì la statuizione di rigetto dell'eccezione di improcedibilità del giudizio arbitrale;
- dichiarò la ritualità dell'estensione del procedimento arbitrale alla s.r.l. Oncohospital;
- dichiarò inammissibile la domanda di ripetizione di indebito della somma di lire 9.426.553.183: sia per la novità della domanda, sia per essere la pretesa afferente a crediti vantati dopo l'apertura della procedura concorsuale e, quindi, da farsi valere mediante domanda di ammissione allo stato passivo;
- accolse solo talune (e parzialmente) delle domande originariamente proposte dall'I.R.C.C.S., e la domanda riconvenzionale.
3. L'I.R.C.C.S. propose impugnazione ai sensi degli artt. 828 e ss. c.p.c, convenendo la C.C.R. e l'Oncohospital davanti alla Corte
d'appello di Bari con atto notificato il 5 giugno 1998. E denunciò la nullità, per violazione delle regole di diritto:
- della statuizione di rigetto dell'eccezione di improcedibilità del giudizio arbitrale, per effetto dell'apertura della procedura concorsuale, formulata in sede arbitrale dalle società convenute, e, fatta propria l'eccezione, chiese la declaratoria di improcedibilità dell'intero giudizio arbitrale;
- del lodo, nel punto relativo alla qualificazione della convenzione del 1990 come affitto d'azienda, anziché come locazione di servizi;
- del capo del lodo che aveva rigettato la domanda diretta alla declaratoria della validità e dell'efficacia della clausola sul diritto di prelazione in caso di vendita del complesso Mater Dei;
- della statuizione d'inammissibilità della domanda di ripetizione della somma di lire 9.426.553.183;
- dei capi del lodo che avevano rigettato (o accolto parzialmente) le domande relative agli altri crediti vantati nei confronti delle convenute;
- dei capi del lodo che avevano accolto la domanda riconvenzionale. Le società in amministrazione straordinaria resistettero all'impugnazione.
4. La Corte d'appello, rigettò l'impugnazione (sent. 20 marzo 2000), così argomentando. Quanto alla censura relativa al rigetto dell'eccezione di improcedibilità, osservò che essa era inammissibile, in quanto il collegio arbitrale aveva statuito sul punto con il lodo non definitivo del 18 settembre 1995 e questo non era stato impugnato;
la Corte rilevò, infatti, che l'Istituto aveva l'onere di proporre specifica impugnazione di nullità di quella statuizione a norma dell'art. 827, comma 3, c.p.c, mentre l'impugnazione proposta dall'I.R.C.C.S. con la citazione del 5 giugno 1998 era diretta esclusivamente contro il lodo definitivo.
Sulla censura relativa alla declaratoria di