Cass. pen., sez. III, sentenza 04/10/2021, n. 35979

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. III, sentenza 04/10/2021, n. 35979
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 35979
Data del deposito : 4 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

e SENTENZA sul ricorso proposto da V S, nato a Copertino il 28/05/1990, avverso l'ordinanza in data 03/07/2020 del Giudice per le indagini preliminari di Lecce, visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere U M;
letta la memoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, F R P, che ha concluso chiedendo l'inammissibilità del ricorso

RITENUTO IN FATTO

1. Con ordinanza depositata in cancelleria in data 4 luglio 2020 il Giudice per le indagini preliminari di Lecce ha convalidato il provvedimento del Questore di Lecce notificato a S V il 30 giugno 2020, limitatamente all'obbligo di presentazione all'autorità di pubblica sicurezza.

2. Il ricorrente presenta due doglianze. Con la prima deduce la violazione di legge perché il provvedimento del Questore era stato notificato il 10 luglio 2020 alle ore 10,30, la richiesta del Pubblico ministero era stata depositata presso la cancelleria del Giudice per le indagini preliminari il 3 luglio 2020 alle ore 11,45, dopo le quarantotto ore, mentre la convalida era intervenuta il 3 luglio (senza indicazione di orario). Espone che avrebbe voluto presentare la memoria difensiva nei termini di legge ma il Giudice non era stato individuato in difetto di richiesta di convalida del Pubblico ministero. Con la seconda denuncia il vizio di motivazione in ordine al fumus della condotta, alla durata del provvedimento e alla necessità e urgenza della misura. Precisa che il Giudice nulla aveva spiegato sulla condotta ascritta, limitandosi a richiamare per relationem l'episodio come ricostruito storicamente;
non aveva verificato l'attribuibilità a lui delle condotte;
non aveva motivato in ordine alla durata della misura fissata in anni tre anziché nel minimo di anni uno;
non aveva evidenziato le ragioni di necessità e urgenza che avevano indotto il Questore a limitare la sua libertà personale.

CONSIDERATO IN DIRITTO

3. Il ricorso è fondato con riferimento al primo motivo. L'art. 6, comma 3, I. n. 401 del 1989 stabilisce che "Il pubblico ministero, se ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1, entro quarantotto ore dalla notifica del provvedimento ne chiede la convalida al giudice per le indagini preliminari. Le prescrizioni imposte cessano di avere efficacia se il pubblico ministero con decreto motivato non avanza la richiesta di convalida entro il termine predetto e se il giudice non dispone la convalida nelle quarantotto ore successive. Nel giudizio di convalida, il giudice per le indagini preliminari puo' modificare le prescrizioni di cui al comma 2". Ciò significa che, se sussistono i presupposti, il pubblico ministero "chiede", cioè "deve chiedere", la convalida nelle quarantotto ore dalla notifica del provvedimento all'interessato, e il gip "convalida", cioè "deve convalidare", nelle successive quarantotto ore. In assenza di tali atti, la misura è inefficace. Nel caso in esame, il Pubblico ministero ha chiesto la convalida della misura oltre il termine di quarantotto ore dalla notifica del provvedimento del Questore. Rispetto alla censura sollevata, il nodo interpretativo della norma riguarda l'uso della congiunzione "e": se le ipotesi d'inefficacia della misura, previste dalla norma, siano cumulative, con efficacia "sanante" del termine complessivo di novantasei ore, o alternative, richiedendo il rispetto di ciascun termine a pena d'inefficacia.

4. Secondo il Collegio l'ad, 6, comma 3, I. n. 401 del 1989 impone il rispetto di ciascun termine, sia quello di quarantotto ore del pubblico ministero sia quello di quarantotto ore del giudice.Tale interpretazione è convalidata da Cass., Sez. U, n. 4442 del 27/11/2005, dep. 2006, L'Ozio, non massimata, secondo cui se la motivazione della richiesta di convalida del pubblico ministero è di scarso rilievo, poiché si tratta di un mero atto di impulso, inteso a innescare, con le scansioni perentorie prescritte, il pronto e completo controllo del giudice sulla sussistenza dei presupposti per la limitazione della libertà personale del destinatario del provvedimento del questore, il rispetto del termine è invece determinante. Si legge nella sentenza: "Ad avviso del Collegio, in questa materia non viene in rilievo l'applicabilità in senso proprio del principio del "favor rei", né la tematica in tema di puntualità e tempestività delle eccezioni procedurali. È la legge a stabilire l'automatica decadenza della prescrizione a comparire all'ufficio di polizia della quale non venga richiesta o disposta la convalida nei termini stabiliti. Il tempestivo intervento di entrambi tali atti si pone dunque come presupposto per la persistenza in vita, nella nuova veste giurisdizionale prevista, della misura restrittiva, nata per sé precaria. L'incertezza, non risolvibile alla stregua degli atti, sulla tempestività anche di uno solo di tali interventi non può che tradursi nel mancato riscontro del detto presupposto essenziale, con conseguente caducazione della misura medesima;
dovendosi certamente escludere, in tema di libertà personale e in presenza di una disciplina così rigorosa, la possibilità di ricorrere a presunzioni di sorta riguardo alla legittimità e regolarità formale degli atti giudiziari". In senso conforme, si evidenzia Cass., Sez. 3, n. 15503 del 16/02/2011, Sessarego, Rv. 249857-01, che richiama il precedente della Sezione n. 6224 del 06/11/2008, dep. 2009, Tonni, Rv. 242730-01, che afferma espressamente che il provvedimento restrittivo della libertà perde efficacia se il pubblico ministero non avanza richiesta di convalida nel termine previsto o se il giudice non dispone la convalida entro le quarantotto ore successive. Questo perché, mentre il divieto di accesso è una misura di prevenzione tipicamente amministrativa, che può essere impugnata davanti al giudice amministrativo, l'obbligo di presentazione, invece, rientra nel novero delle misure di prevenzione, cosiddette giurisdizionalizzate, perché adottate direttamente dal giudice o soggette al controllo giurisdizionale successivo. Nella sentenza n. 512 del 2002 la Corte costituzionale ha precisato che l'obbligo di presentazione configura una restrizione, seppur minima, della libertà personale e pertanto è soggetta alle garanzie previste dall'art. 13 Cost. Tali garanzie, com'è noto, impongono che le restrizioni alla libertà personale siano ammesse solo per atto motivato dell'autorità giudiziaria nei casi e modi previsti dalla legge, ovvero, in casi eccezionali di necessità e urgenza, possano essere adottate in via provvisoria dall'autorità di pubblica sicurezza, che però deve provvedere alla notifica all'interessato e alla comunicazione al Procuratore della Repubblica che ha quarantotto ore di tempo per chiedere la convalida all'autorità giudiziaria, la quale, a sua volta, deve procedere alla convalida entro le quarantotto ore successive sotto pena di decadenza delle stesse misure restrittive. Con sentenza n. 144 del 1997, la Corte costituzionale aveva affermato che, proprio per la limitata portata della restrizione della libertà personale, causata dall'obbligo di presentazione all'autorità di polizia, non era necessario che il procedimento giurisdizionale di convalida fosse governato dalle medesime garanzie caratterizzanti il procedimento di convalida delle misure pre-cautelari del fermo e dell'arresto in flagranza (di cui tuttavia ripeteva a grosse linee lo schema della scansione temporale), con la conseguenza che erano costituzionalmente consentite forme semplificate di contraddittorio cartolare, che potevano coniugare la necessità di garantire all'interessato un'adeguata difesa con l'esigenza di celerità nell'applicazione della misura di prevenzione. Per rispettare il principio di cui all'art.24 Cost., comma 2, era comunque necessario che il destinatario della misura di prevenzione fosse messo a conoscenza della facoltà a lui concessa di esercitare la sua difesa. In ossequio a questa pronuncia, l'art. 1, comma 1, lett. b) del d.l. 20 agosto 2001, n. 336, convertito con modificazioni nella I. 19 ottobre 2001, n. 377, ha introdotto nell'art. 6, il comma 2 bis, secondo cui la notifica del provvedimento questorile deve contenere l'avviso all'interessato che egli ha la facoltà di presentare, personalmente o per mezzo di difensore, memorie o deduzioni al giudice competente per la convalida. Il legislatore non ha però quantificato il termine concesso all'interessato per esercitare il suo diritto di difesa, costringendo così il giudice a colmare la lacuna sulla base dei criteri offerti dalla interpretazione sistematica e costituzionalmente orientata. Per questo motivo, la giurisprudenza, a partire dall'art. 111, secondo comma, Cost., secondo cui ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizione di parità davanti a un giudice terzo e imparziale, considerato che il pubblico ministero ha un termine di quarantotto ore dalla notifica all'interessato della misura di prevenzione per decidere se richiedere o meno la convalida della misura, ha attribuito lo stesso termine per la produzione di memorie al destinatario della misura provvisoria (così con ampia motivazione Cass., Sez. 3, n. 2471 del 11/12/2007, dep. 2008, Castellano, Rv. 238537, in applicazione delle Sez. U Labbia, n. 44273 del 27/10/2004, Rv. 229110-12). Il giudice, quindi, ha a disposizione altre quarantotto ore, e perciò complessivamente novantasei ore dalla notifica del provvedimento all'interessato, per provvedere sulla richiesta di convalida. Ne deriva che, se non provvede nel termine complessivo della novantasei ore, la misura di prevenzione perde efficacia, ma se provvede prima della scadenza del termine di quarantotto ore, pregiudica l'esercizio effettivo del diritto di difesa dell'interessato, così incorrendo nella nullità generale prevista dall'art. 178, lett. c), cod. proc. civ. D'altra parte, per garantire al giudice di esercitare con piena cognizione il suo controllo di legalità, ma anche per permettere all'interessato di esaminare la documentazione al fine di esercitare il suo diritto effettivo alle controdeduzioni, resta il dovere che incombe al pubblico ministero di trasmettere al giudice, assieme alla richiesta di convalida, la documentazione sulla quale si fonda il provvedimento questorile, nel termine ritenuto ragionevole di ventiquattro ore a decorrere dal deposito presso il giudice della richiesta di convalida e della annessa documentazione questorile (su tale ulteriore termine, si vedano tuttavia le precisazioni di Cass., Sez. 3, n. 12806 del 06/11/2015, dep. 2016, D'Amato, Rv. 266480-01). La sentenza Tonni ha affermato, pertanto, il seguente principio, che quando il giudice competente convalidi il provvedimento questorile prima che sia trascorso il termine dilatorio di quarantotto ore dalla notifica all'interessato del provvedimento stesso, e quello di ventiquattro ore dal deposito in cancelleria della richiesta di convalida e della annessa documentazione amministrativa, si verifica una lesione del diritto all'intervento e all'assistenza difensiva e l'ordinanza di convalida deve essere annullata per violazione di norma processuale stabilita a pena di nullità ai sensi dell'art. 178, lett. c), cod. proc. pen. Anche la successiva sentenza n. 377 del 16/12/2008, dep. 2009, D'Onorio De Meo, Rv. 242166-01 ribadisce l'obbligo del pubblico ministero di chiedere la convalida della misura nelle quarantotto ore, pena la decadenza.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi