Cass. pen., sez. V, sentenza 12/01/2021, n. 00837

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 12/01/2021, n. 00837
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 00837
Data del deposito : 12 gennaio 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: MARCELLINO CIRO nato a CORLEONE il 20/08/1956 avverso la sentenza del 30/10/2019 della CORTE APPELLO di PALERMOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere RENATA SESSA;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore TOMASO EPIDENDIO che ha concluso chiedendo Il Proc. Gen. conclude per l'inammissibilita' udito il difensore L'

AVVOCATO DELLA ROCCA SI RIPORTA AL RICORSO RITENUTO IN FATTO

1.Con sentenza del 30.10.2019 la Corte di Appello di Palermo, in parziale riforma della pronuncia emessa in data 11.09.2018 dal G.U.P. presso il Tribunale della medesima città, che aveva dichiarato M C colpevole in ordine al reato di cui agli artt. 110 cod. pen. e 216 comma 1 n. 2 Legge fall., condannandolo alla pena condizionalmente sospesa di anni due di reclusione, ha rideterminato le pene accessorie fallimentari applicate in anni due di reclusione, confermando nel resto la decisione.

2. Avverso la predetta sentenza ricorre per cassazione l'imputato, per i seguenti motivi.

2.1. Con il primo motivo si deduce il vizio di motivazione dato dal travisamento della prova, in relazione agli artt. 192 cod. proc. pen., 110 cod. pen. e 216 comma 1 n. 2 Legge fall.. La Corte di Appello di Palermo ha ritenuto che l'imputato si sia ingerito nella gestione amministrativa e contabile della società e che lo abbia fatto con piena consapevolezza delle vicende societarie, comprese quelle negative che hanno contrassegnato lo stato di insolvenza e condotto alla dichiarazione di fallimento, avendo avuto da tempo una certa familiarità con l'impresa ed i soci della stessa. Secondo la corte territoriale sarebbe, inoltre, del tutto impensabile che, al momento di ricevere le cessioni delle quote degli altri soci e soprattutto l'investitura di responsabile dell'impresa, l'imputato non abbia perlomeno chiesto un quadro preciso della situazione amministrative e contabile. In definitiva, sarebbe inverosimile che egli non avesse avuto alcun sentore della situazione in cui versava la società. È evidente che vi sia una discrasia fra la suindicata ricostruzione e le prove documentali che attestano piuttosto che l'odierno ricorrente fosse del tutto all'oscuro della situazione finanziaria ed economica della società, di talchè deve ritenersi che la sentenza impugnata è incorsa in un travisamento della prova (e non in un travisamento del fatto, precluso in sede di legittimità). Inoltre, la Corte di Appello omette del tutto la valutazione in ordine al contenuto della raccomandata a/r del 17.10.2011 inviata dall'imputato a G G, il precedente e storico amministratore della SO.VE.RI. S.r.l., poi fallita, elemento che, in senso diametralmente opposto a quanto ritenuto dalla corte medesima, dimostra l'assoluta estraneità di M Oro in ordine alla condotta specifica contestata, ossia quella di aver tenuto le scritture contabili dell'impresa fallita in modo tale da non consentire la ricostruzione del patrimonio e l'andamento degli affari della società. Dagli atti processuali emerge un dato inconfutabile, per stessa ammissione della Corte di Appello, vale a dire che l'ingerenza nella gestione amministrativa e contabile da parte dell'imputato in seno alla SO.VE.RI. S.r.l. iniziò nel 18.10.2010, posto che da tale data lo stesso assunse la qualità di amministratore unico, avendo in precedenza egli svolto esclusivamente quello di addetto alla vendita e ai rapporti di fornitura dei clienti. Orbene, dal complessivo panorama delle indagini svolte emerge sine dubio che la tenuta illecita delle scritture contabili sia da attribuire unicamente al precedente amministratore, il coimputato G G, che si avvalse dell'ausilio del rag. A D S. D'altronde dagli atti risulta anche che dalla nascita della ditta sino alla data del 18.10.2010 il sig. M C non si era mai occupato della contabilità né della rappresentanza legale della SO.VE.RI. S.r.l., di pertinenza esclusiva, rispettivamente, del Rag. D S A e di G G. Risulta altresì incontrovertibile che l'odierno ricorrente si era reso conto di non poter adempiere al proprio incarico di amministratore unico a causa della mancata consegna da parte del precedente amministratore dei libri sociali, delle scritture contabili con la relativa documentazione, della cassa e dell'inventario della merce in magazzino e, di conseguenza, fin da subito sollecitò a tal riguardo il sig. G. Tuttavia, non avendo ricevuto alcun riscontro, l'imputato, dopo due mesi dall'inizio della carica, inviò all'ex amministratore formale raccomandata a mezzo della quale lamentava la mancata consegna delle scritture e dei documenti (oltre che la mancata annotazione del trasferimento della sede legale nel Registro delle Imprese e la omessa predisposizione del bilancio di esercizio dell'anno 2009), invitando il G ad agire in tal senso;
ma nemmeno tale raccomandata ebbe qualche riscontro, né venne consegnato quanto richiesto. Solo in data 08.02.2011 l'attuale ricorrente apprese che la ricorrente Acqua San Benedetto S.p.a. aveva notificato alla SO.VE.RI. S.r.l. un decreto ingiuntivo in data 13.06.2009 ed un successivo atto di precetto del 18.06.2010, nonché due verbali di pignoramento negativi del 12.05.2010 e del 05.10.2010 (emessi dunque in un periodo temporale anteriore rispetto alla nomina del M quale amministratore unico della società fallita). Stando così le cose, appare evidente come la tenuta delle scritture contabili dell'impresa fallita non sia in alcun modo addebitabile alla condotta tenuta dall'imputato, quanto piuttosto a quella del precedente amministratore unico ovvero a chi, materialmente, gestiva i documenti. D'altra parte, anche di recente questa corte di legittimità ha evidenziato come "in tema di bancarotta fraudolenta documentale, è onere dell'amministratore cessato, nei confronti del quale sia provata la condotta di omessa tenuta delle scritture contabili relative al periodo in cui rivestiva l'incarico, dimostrare l'avvenuta consegna delle scritture contabili al nuovo amministratore subentrante" ( Sez. V, n. 55740 del 25.09.2017, RV. n. 271839). Peraltro, è appena il caso di accennare che, dopo aver appreso della esistenza della procedura fallimentare, il comportamento dell'imputato si improntò sempre alla massima correttezza, trasparenza e collaborazione nei confronti della curatela, tutte circostanze del tutto incompatibili con una volontà di bancarotta scientemente deliberata. Appare inoltre largamente comprovato che, nelle comunicazioni e/o missive dello Studio Legale e Commerciale Lombardo e Associati, nonché nella comunicazione alla curatela del 13.04.2011, lo Studio abbia evidenziato come la contabilità della SO.VE.RI. S.r.l. e le scritture contabili erano tenute solo dal Rag. De Santis. Non si può, pertanto, in alcun modo condividere l'affermazione della imputazione all'odierno ricorrente della inidoneità delle scritture contabili a consentire una puntuale ricostruzione dell'andamento degli affari, avendo, peraltro, di contro, lo stesso curatore ricostruito storicamente la tenuta delle scritture contabili e la loro inidoneità senza attribuire all'odierno appellante alcuna condotta manipolatrice, limitandosi semplicemente ad evidenziare le discrasie rispetto alla normativa fiscale, senza tuttavia esplicitare l'autore di tali condotte, ma tutt'al più individuando la cattiva gestione nella precedente amministrazione cessata. Inoltre, è evidente che lo Studio di consulenza Lombardo e Associati non abbia mai ricondotto alla persona del sig. M la scelta di un impianto contabile semplificato, posto che l'odierno ricorrente non ebbe mai a compiere una scelta in tal senso, ma - per così dire - "ereditò" la precedente gestione.Sotto un ultimo profilo oggettivo, si osserva come non risulti in ogni modo integrato il reato contestato all'odierno appellante, in quanto mai la curatela e/o il Tribunale fallimentare acclararono l'impossibilità di ricostruire un quadro della situazione economica della società fallita, quanto piuttosto una mera difficoltà nella esatta ricostruzione del patrimonio e dell'andamento degli affari. Infatti, come è pacifico in giurisprudenza, non è integrato il reato di bancarotta fraudolenta documentale di cui all'art. 216 Legge fall. quando per gli organi della procedura fallimentare non è stato impossibile ricostruire un quadro attendibile della situazione economica della società fallita.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi