Cass. civ., sez. I, sentenza 08/07/2004, n. 12545
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiMassime • 2
L'attuazione a fine di profitto degli elementi essenziali caratterizzanti l'idea inventiva altrui coperta da brevetto, con la realizzazione di un prodotto similare per natura e funzione, integra violazione del diritto di privativa, come delineato dall'art. 1 del regio decreto 29 giugno 1939, n. 1127, senza che al riguardo si richieda il raggiungimento di quel fine, con il passaggio dalla commerciabilità potenziale del prodotto contraffatto alla sua effettiva immissione in commercio, influente sotto il diverso profilo della configurabilità in tale secondo caso, assieme a contraffazione, anche d'illecito concorrenziale, nel concorso dei relativi requisiti.
L'art. 183, quarto comma, cod. proc. civ. (nel testo risultante dalla sostituzione operata dall'art. 17 della legge 26 novembre 1990, n. 353), nel consentire all'attore di formulare nella prima udienza di trattazione la nuova domanda o la nuova eccezione che siano conseguenza, oltre che della domanda riconvenzionale, dell'eccezione proposta dal convenuto con la comparsa di risposta, è rivolto a tutelare la parte attrice, a fronte di iniziative difensive della parte convenuta che mutino i termini oggettivi della controversia, o comunque introducano nel processo ulteriori questioni. Pertanto la norma, ove contempla l'eccezione dell'avversario, deve intendersi riferita all'eccezione in senso stretto, non alla semplice controdeduzione del convenuto che sia rivolta a contestare le condizioni dell'azione; rispetto a tale eccezione, inoltre, la nuova domanda o la nuova eccezione dell'attore devono presentarsi come consequenziali, e quindi configurarsi come una contro-iniziativa necessaria per replicare all'eccezione medesima.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. O G - Presidente -
Dott. G G - rel. Consigliere -
Dott. B G M - Consigliere -
Dott. R R - Consigliere -
Dott. G G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso principale n. 19976/01, proposto da:
s.r.l. C, in persona dell'amministratore delegato R S, elettivamente domiciliata in Roma, via Pisanelli n. 2, presso l'avv. S D M, che, con gli avv.ti G B ed U V, la difende per procura in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
s.n.c. Officine P e s.r.l. Effepì Mechanics, in persona dei rispettivi legali rappresentanti, elettivamente domiciliate in Roma, via Anapo n. 20, presso l'avv. C R, che, con l'avv. A M, le difende per procure in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- resistenti -
e contro
s.r.l. N, in liquidazione, in persona del liquidatore P P, elettivamente domiciliata in Roma, piazza Mazzini n. 27, presso l'avv. A S, che, con l'avv. F E L, la difende per procura in calce al controricorso e ricorso incidentale;
- resistente -
ed inoltre sul ricorso incidentale n. 24743/01, proposto da:
s.r.l. N, come sopra rappresentata, domiciliata e difesa;
- ricorrente -
contro
s.r.l. C;
- intimata -
e contro
s.n.c. Officine P e s.r.l. Effepì Mechanics, come sopra rappresentate, domiciliate e difese;
- resistenti -
nonché sul ricorso incidentale n. 25527/01, proposto da:
s.n.c. Officine P e s.r.l. Effepì Mechanics, come sopra rappresentate, domiciliate e difese;
- ricorrenti -
contro
s.r.l. C e s.r.l. N;
- intimate -
per la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Firenze n, 663 del 27 febbraio-26 marzo 2001, notificata il 29 maggio 2001;
sentiti il Cons. Dott. Graziadei Giulio, che ha svolto la relazione della causa;
gli avv.ti Di Meo, Luchi e Mazzeo;
il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Umberto De Augustinis, il quale ha concluso per l'accoglimento del primo motivo del ricorso principale, con assorbimento del secondo, del terzo e del quarto motivo ed inammissibilità del quinto motivo, per l'accoglimento del primo motivo del ricorso incidentale della P e della Effepì, con assorbimento degli altri motivi, e per l'assorbimento del ricorso incidentale della N. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La s.r.l. C, quale titolare di brevetto per invenzione industriale n. 1.198.798, concesso su istanza del 2 marzo 1984 ed inerente a "testa per macchina lucidatrice (del marmo e di materiali simili) con i portasettori oscillanti attorno ad assi inclinati", ed inoltre quale presentatrice in data 22 gennaio 1992 di ulteriore istanza di brevetto inerente a "testa per macchina lucidatrice con portasettori oscillanti", ha dedotto che la s.n.c. Officine P e la s.r.l. Effepì Mechanics avevano assunto iniziative industriali e commerciali lesive dei propri diritti, ha chiesto ed ottenuto la descrizione ed il sequestro dei prodotti a suo avviso evidenzianti i relativi illeciti, e poi il 5 maggio 1995 ha citato davanti al Tribunale di Pistoia dette società P ed Effepì, affinché venissero riconosciute responsabili di contraffazione e di concorrenza sleale, condannate al risarcimento del danno e sottoposte alle connesse sanzioni civili.
Le convenute hanno contestato le pretese attrici, dedotto la nullità del secondo brevetto, ove fosse stato accordato, proposto domanda riconvenzionale di risarcimento del danno subito per effetto della misura cautelare, e chiamato in causa la s.r.l. N, indicandola come committente delle teste per lucidatrici da loro costruite e chiedendo anche di essere dalla stessa garantite.
Il 27 febbraio 1996 è stato concesso il secondo brevetto con il n. 1.258.724.
Il Tribunale ha affermato la responsabilità della P, della Effepì e della N per contraffazione del brevetto n. 1.198.798, inibendo alla medesime di continuare la produzione e di commercializzare i prodotti già realizzati, con assegnazione di essi alla C, e le ha condannate in solido al risarcimento del danno in lire 200.000.000, disponendo inoltre la pubblicazione della decisione su due quotidiani;ha invece escluso la contraffazione del secondo brevetto, rilevandone la nullità;ha dichiarato inammissibile la richiesta della C di conversione di tale brevetto nullo in brevetto per modello di utilità;ha respinto le ulteriori domande attrici, nonché la domanda riconvenzionale e la domanda di garanzia formulate dalle convenute.
La Corte d'appello di Firenze, pronunciando su gravami di tutte le parti, con sentenza depositata il 26 marzo 2001 e notificata il 29 maggio successivo, ha rigettato la pretesa risarcitoria della C, revocato l'ordine di pubblicazione, e confermato nel resto le statuizioni del Tribunale, fra l'altro osservando:
- che la contraffazione del primo brevetto era stata posta in essere, con pari colpa, tanto dalla N, la quale disponeva in qualità di cliente della C di un originale della testa per lucidatrice, quanto dalla Effepì e dalla P, che, in base a rapporti rispettivamente di appalto e subappalto, avevano riprodotto il congegno;
- che tale contraffazione non era riferibile ad un distinto brevetto ottenuto da un'altra società, la Simec, dato che la tesi era smentita dalle testimonianze acquisite, e che inoltre l'assunto della C, secondo cui il suo brevetto sarebbe stato comunque anteriore, non era contestato;
- che i prodotti contraffatti non risultavano commercializzati, anche per ammissione della stessa C;
- che il difetto di commercializzazione, mentre non escludeva la violazione del diritto di privativa, essendo al riguardo sufficiente la virtualità dell'immissione nel mercato, rendeva insussistente il danno allegato dalla C, con la consequenziale carenza dei presupposti per una liquidazione equitativa;
- che la nullità del secondo brevetto emergeva dagli accertamenti e dai rilievi del consulente d'ufficio, secondo cui la novità intrinseca
non era individuabile in meri effetti tecnici aggiuntivi, dipendenti da progettazione e non da attività inventiva, e comunque non era descritta nell'istanza di brevetto;
- che la domanda di conversione del brevetto mulo in brevetto per modello di utilità era inammissibile, in quanto era stata proposta in via subordinata solo alla prima udienza di comparizione, e non poteva ritenersi connessa a pretesa riconvenzionale delle convenute, le quali si erano limitate ad opporre la nullità del secondo brevetto, all'epoca non ancora concesso, esclusivamente alla scopo di contrastare l'azione della C;
- che era da negarsi la responsabilità risarcitoria della C, per danno in tesi arrecato con il sequestro connesso al brevetto riconosciuto mulo, in quanto difettava la colpa, tenendosi conto che il brevetto stesso era stato concesso in sede amministrativa e che il sequestro era stato preceduto da descrizione, e difettava anche il verificarsi del danno, avendo avuto la misura cautelare durata di sole tre settimane.
La C, con ricorso notificato il 25 luglio 2001, ha chiesto la cassazione della sentenza della Corte d'appello di Firenze, formulando cinque motivi d'impugnazione.
Hanno replicato con controricorsi, ed hanno contestualmente proposto ricorsi incidentali, rispettivamente con nove motivi e con un motivo, la N, mediante atto notificato l'11-15 ottobre 2001, nonché la P e la Effepì, mediante atto notificato il 12-17 ottobre 2001. La P e la Effepì hanno presentato anche controricorso a confutazione del ricorso incidentale della N, pregiudizialmente contestandone l'ammissibilità, per decorso del termine ordinario d'impugnazione, nella parte in cui censura le statuizioni inerenti ai rapporti fra la medesima N ed esse resistenti. La C ha depositato memoria.
La P e la Effepì hanno prodotto nota in risposta alle conclusioni del Pubblico ministero.
MOTIVI DELLA DECISIONE
I ricorsi devono essere riuniti, ai sensi dell'art. 335 cod. proc. civ.. Il primo motivo del ricorso principale è rivolto a criticare l'affermazione della Corte di Firenze sulla mancata commercializzazione delle teste per lucidatrici prodotte in contraffazione del brevetto n. 1.198.798.
Sotto il profilo della violazione degli artt. 115 e 116 cod. proc. civ., in relazione agli artt. 2697 e 2727 cod. civ., nonché del
vizio della motivazione, si deduce che detta affermazione è genericamente basata su non precisate risultanze di cause, oltre che su una pretesa ammissione della C, in effetti mai resa, e comunque è inequivocamente smentita dall'acclarata circostanza che i prodotti contraffatti dalla P e dalla Effepì erano stati quantomeno acquisiti dalla committente N, presso la quale erano stati in buona parte rinvenuti, di modo che era certo il verificarsi della commercializzazione, potendo residuare dubbio soltanto sulla sua entità.
Il motivo non è scrutinatole, essendo attinente a questione non più appartenente al tema del dibattito in fase d'appello, come rilevato dalle resistenti.
Il Tribunale, al fine dell'accoglimento nei limiti dinanzi ricordati delle domande della C, ha reputato non rilevante l'assenza di effettiva commercializzazione dei prodotti contraffatti, e, in coerenza con tale premessa, ha inibito alle convenute "di continuare la produzione e di commercializzare le teste", così vietando un comportamento in corso ed un eventuale comportamento futuro. La P, la Effepì e la N, con i rispettivi gravami, hanno contestato la ritenuta ininfluenza della mancanza di effettiva commercializzazione.
La C ha replicato sul punto sostenendo che era sufficiente, per l'accoglimento delle sue domande, la potenzialità della commercializzazione, cioè la possibilità di successiva immissione in commercio dei prodotti abusivamente realizzati, non avanzando con il proprio appello specifiche deduzioni sul verificarsi di tale immissione.
I confini del giudizio di secondo grado, segnati da dette posizioni delle parti (e non suscettibili di successiva estensione nel corso del giudizio stesso), rendono ultronea l'affermazione della sentenza impugnata, circa l'assenza di commercializzazione, ed inconferenti le censure che la riguardano, trattandosi di fatto ormai definitivamente acclarato dalla sentenza di primo grado.
Il secondo morivo del ricorso principale, con la denuncia di violazione degli artt. 1226 e 2043 cod. civ. ed 86 del r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, investe la pronuncia impugnata nella parte in cui ha
negato la sussistenza di un danno risarcibile in dipendenza della contraffazione.
Tale illecito, si deduce, anche se non sia seguito da
commercializzazione e non comporti lucro per il suo autore, è foriero per il titolare del brevetto di pregiudizio economico, quantificabile globalmente in base ad elementi presuntivi ed equità, dato che il prodotto contraffatto può essere immesso nel mercato, e che comunque si determina una perdita di futuri profitti, come del resto nella specie era accaduto quantomeno per il venir meno della N dal novero delle clienti della C.
Il motivo è infondato.
L'art. 1226 cod. civ., il quale consente la liquidazione equitativa del danno solo se provato nella sua esistenza e non dimostrabile nel suo preciso ammontare, non trova ampliamenti o deroghe nell'art. 86 primo comma del r.d. n. 1127 del 1939, che, occupandosi della
determinazione del quantum, autorizza una stima globale sulla scorta degli atti di causa e delle presunzioni che ne derivino, e, dunque, non va oltre l'esplicitazione di quella regola generale, restando applicabile sempre nel presupposto della prova del prodursi di un nocumento economicamente apprezzabile.
La C non contesta tale principio e non muove pertinenti critiche avverso l'affermazione della Corte di Firenze in ordine alla carenza di quella prova.
Tenendosi infatti conto che i prodotti contraffatti e sequestrati, come accertatosi in sede di merito, sono stati attribuiti in proprietà alla C, si deve rilevare che le corrette osservazioni di questa, circa la configurabilità di lucro cessante pure in dipendenza di probabilità d'immissione in commercio dei prodotti stessi e di connessa perdita di clientela, rimangono su un piano astratto, esaurendosi in ipotesi teorica, senza la doverosa indicazione degli elementi di causa che ne avrebbero potuto evidenziare il verificarsi nel caso concreto nonostante la predetta attribuzione.
Con il terzo motivo del ricorso, la C denuncia la violazione dell'art. 77 del r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, come sostituito dall'art. 23 del d.lgs. 19 marzo 1996 n. 198, per l'omesso esame ed accoglimento dell'istanza rivolta ad ottenere l'esibizione di documenti e l'acquisizione di informazioni idonee a provare l'intervenuta commercializzazione dei prodotti contraffatti. Il motivo non è esaminabile, in relazione alle osservazioni già svolte sull'esorbitanza dall'oggetto del giudizio d'appello della problematica inerente al verificarsi di detta commercializzazione. Il quarto motivo del ricorso principale, sotto il profilo della violazione degli artt. 12, 16 e 59 del r.d. 29 giugno 1939 n. 1127, nonché dell'insufficienza e della contraddittorietà della motivazione, riguarda il brevetto n. 1.258.724.
La C sostiene che il carattere inventivo del proprio trovato era desumibile dall'originalità e proficuità della soluzione dei problemi fino allora presenti nel sistema di movimento delle teste per macchine lucidatrici, e che l'istanza di brevetto, da apprezzarsi con riferimento anche alle figure allegate, conteneva una sufficiente descrizione della soluzione medesima. La Corte d'appello, ritenendo nullo il brevetto, avrebbe trascurato detti elementi, adagiandosi sulle sommane valutazoni del consulente d'ufficio ed omettendo un doveroso approfondimento sul punto.
Il motivo è infondato.
I condivisibili principi generali richiamati dalla C, secondo cui deve qualificarsi come attività inventiva suscettibile di tutela brevettuale anche l'innovativa associazione od il coordinamento di dati conosciuti, ove implichino un risultato creativo ed utile, e deve considerarsi congrua la descrizione del brevetto che consenta a persona esperta di coglierne la concreta attuabilità pure alla stregua dei documenti allegati alla relativa istanza (v. Cass. 5 luglio 1984 n. 3932, 14 aprile 1988 n. 2965, 24 gennaio 1995 n. 839, 6 marzo 1995 n. 2575, 4 settembre 1998 n. 8777, 24 aprile 2001 n. 6018), non sono stati obliterati dalla sentenza impugnata, la quale si è basata sul rilievo che la forma impressa al rotismo della testa per lucidatrice, secondo la descrizione offerta dall'interessata, restava nell'ambito di uno sviluppo di progettazione privo di carattere inventivo.
Il relativo accertamento non viene efficacemente contrastato (nei limiti ammessi nel giudizio di legittimità), in quanto la C non va oltre la riproposizione della sua diversa tesi della consistenza inventiva di quello sviluppo progettuale sulla scorta degli stessi elementi considerati dalla Corte di Firenze, e, quindi, reclama una rivalutazione di essi, preclusa in questa fase processuale. Con il quinto motivo del ricorso principale, si censura la declaratoria d'inammissibilità della domanda subordinata di conversione del brevetto per la seconda invenzione, ove reputato nullo, in brevetto per modello di utilità;si assume che tale domanda era proponibile, ai sensi dell'art 183 quarto comma cod. proc. civ., pure se all'epoca quel brevetto non era stato ancora
concesso, dato che configurava replica all'eccezione di nullità avanzata dalle convenute, con adeguamento delle iniziali pretese, in linea con le previsioni dell'art. 59 terzo comma del r.d. 29 giugno 1939 n. 1127 (aggiunto dall'art. 7 della legge 14 febbraio 1987 n. 60).
Il motivo è infondato.
L'art. 183 quarto comma cod. proc. civ., nel testo cui occorre fare riferimento ratione temporis (quello fissato dall'art. 17 della legge 26 novembre 1990 n. 353), consente all'attore di formulare nella
prima udienza di trattazione la nuova domanda o la nuova eccezione che siano "conseguenza" della domanda riconvenzionale o dell'eccezione proposta dal convenuto con la comparsa di risposta. La norma è rivolta a tutelare la parte attrice, a fronte di iniziative difensive della parte convenuta che mutino i termini oggettivi della controversia, o comunque introducano nel processo ulteriori questioni, e, dunque, ove contempla l'eccezione dell'avversario, va intesa riferita all'eccezione in senso stretto, non alla semplice controdeduzione rivolta a contestare le condizioni dell'azione, ed inoltre postula che, rispetto a tale eccezione, la nuova domanda o la nuova eccezione dell'attore si presentino consequenziali, vale a dire configurino una