Cass. civ., sez. V trib., sentenza 31/08/2022, n. 25625

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 31/08/2022, n. 25625
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25625
Data del deposito : 31 agosto 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 29654/2016 R.G. proposto da: PALAZZONE SAS DI PALAZZONE REMO & C, in persona del legale rappresentante domiciliato ex lege in Roma, Piazza Cavour presso la Cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall'avv. A R -ricorrente-

contro

C S, in persona del Sindaco elettivamente domiciliato in Roma Viale Angelico 92, presso lo studio dell'avvocato L G rappresentato e difeso dagli avv. M F e G B -controricorrente- nonchè

contro

EQUITALIA SERVIZI DI RISCOSSIONE SPA, in persona del legale rappresentante -intimato- avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. dell'Abruzzo n. 453/2016 depositata il 03/05/2016;
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/06/2022 dal Consigliere R R;
udito il Procuratore generale che conclude per l'accoglimento del quarto motivo di ricorso.

FATTI DI CAUSA

La società contribuente ha proposto ricorso per revocazione avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale dell'Abruzzo n. 110 del 2013 con la quale era stato respinto il ricorso di P P s.a.s. avverso la cartella esattoriale, emessa dal Comune di Sulmona, per ICI degli anni dal 2002 al 2007;
in particolare la Commissione regionale aveva ritenuto correttamente notificato l'avviso di accertamento e liquidazione costituente il presupposto dell'iscrizione esattoriale della imposta. La revocazione è stata proposta ex art 395 n. 4) con riserva di proporre ricorso per cassazione, deducendo l'errore del giudice d'appello in quanto la notificazione dell'avviso di accertamento e liquidazione, contrariamente a quanto ritenuto dal giudice d'appello, era avvenuto in un luogo (viale dell'Agricoltura 12) che non costituiva la sede della società (Zona industriale traversa SS 17). Il ricorso per revocazione è stato respinto dalla Commissione tributaria regionale, sul rilievo che non si tratta di un errore di fatto revocatorio, ma eventualmente di un errore di giudizio, in quanto il giudicante ritenuto correttamente notificato l'avviso di liquidazione nella persona del figlio (Palazzone Alessandro) del legale rappresentante (Palazzone Remo) della società e nel luogo indicato quale sede negli atti in possesso del Comune. La Commissione tributaria regionale ha quindi dichiarato inammissibile l'istanza di revocazione e condannato la società alle spese, nonché dichiarato la sussistenza dei presupposti per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato ai sensi dell'articolo 13 comma uno quater del DPR 115 /2002 Avverso la predetta sentenza propone ricorso per cassazione la società, affidandosi a quattro motivi. Si è costituito resistendo il Comune di Sulmona. Il Procuratore generale conclude per l'accoglimento del quarto motivo, relativo al raddoppio del contributo unificato. La società ha depositato memoria. La causa è stata trattata all'udienza 14 giugno 2022.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.- 1.Con il primo motivo del ricorso, si lamenta ai sensi dell'ad 360 n. 3 c.p.c. la violazione e falsa applicazione degli artt. 395 n. 4, 145, 214 e 216 c.p.c. per aver erroneamente la CTR dichiarato inammissibile il mezzo revocatorio, per non aver considerato che destinataria della notifica degli avvisi di accertamento era la società (la cui sede, nella notifica degli avvisi di accertamento, era indicata in viale dell'Agricoltura 12) ed ha erroneamente presupposto che destinatario della notifica fosse il legale rappresentante;
deduce che il Comune ha tentato la notifica alla società e non al legale rappresentante presso la sua abitazione. Il motivo è infondato. Tanto la sentenza oggetto di revocazione -per come trascritta nel ricorso- che la sentenza oggi impugnata, si fondano sul presupposto che la notifica ad una società in accomandita semplice possa farsi anche presso il legale rappresentante, come nella specie è avvenuto;
si tratta quindi di una valutazione in punto di diritto e non di un errore di fatto revocatorio. Inoltre, come correttamente rileva il Comune di Sulmona, si tratta del fatto controverso su cui si è pronunciata la Commissione, sicché anche sotto questo profilo difettano i presupposti per la revocazione. L'errore previsto come motivo di revocazione dall'art. 395 c.p.c. n.4), consiste infatti in una falsa percezione della realtà, in una svista obiettivamente ed immediatamente rilevabile, che abbia portato ad affermare o supporre l'esistenza di un fatto decisivo, incontestabilmente escluso dagli atti e documenti di causa, ovvero l'inesistenza di un fatto decisivo, che dagli atti e documenti medesimi risulti positivamente accertato (Cass. 41683/2021;
Cass.16439/2021;
Cass. 14678/2021;
Cass. 10249/2021;
Cass.1562/2021) e ciò purché il fatto oggetto dell'asserito errore non abbia costituito materia del dibattito processuale su cui la sentenza contestata abbia deciso (Cass. 27622/2018). Si deve quindi trattare di una erronea percezione, frutto di una supposizione errata e non di una valutazione, ancorché erronea, che risulti in modo oggettivo dal confronto fra la sentenza e gli atti di causa (Cass. 10249/2021). Non sussiste invece errore revocatorio nel caso in cui si deduca la violazione o falsa applic:azione di norme giuridiche (Cass. 19416/2021;
Cass. 11559/2021). 2.- Con il secondo motivo, si denuncia ai sensi dell'ad 360 n. 4 c.p.c. la nullità della sentenza e del procedimento ex art. 23 commi 2 e 3, 32 commi 1 e 2,47 primo comma decreto legislativo 546/92, 91 primo comma c.p.c., per omessa declaratoria di inammissibilità di controdeduzioni e documentazione tardivamente depositate dal Comune e per il malgoverno del principio di soccombenza. La ricorrente osserva che in difetto di regolare costituzione di parte appellata non potevano liquidarsi le spese e comunque che non si è tenuta alcuna fase processuale relativa alla sospensione, non richiesta dalla parte. Il motivo è infondato. L'eventuale tardiva costituzione dell'appellato non ha come conseguenza la inammissibilità della costituzione né gli preclude di svolgere attività difensiva, se non con riferimento alle preclusioni previste espressamente dalla legge processuale (eccezioni non rilevabili d'ufficio, chiamata di terzi) in ogni caso all'appellato, anche se tardivamente costituito deve riconoscersi il diritto, garantito dall'art. 24 della Costituzione, sia di difendersi, negando i fatti costitutivi della pretesa attrice o contestando l'applicabilità delle norme di diritto invocate dal ricorrente, sia di produrre documenti ai sensi degli artt. 24 e 32 del d.lgs. n. 546 del 1992, facoltà esercitabile anche in appello ai sensi dell'art. 58 del d.lgs. medesimo (Cass- n. 18962 del 28/09/2005;
Cass. n. 947 del 16/01/2019) La controparte deve quindi considerarsi costituita e pertanto può applicarsi il principio della soccombenza, come ha correttamente fatto la Commissione tributaria regionale. Quanto alla liquidazione delle spese inerenti la fase di sospensione, il motivo è inammissibile, poiché non è stato indicato l'importo liquidato per tale voce (Cfr. Cass. 30716/17;
Cass.18584/21). 3. -Con il terzo motivo, si lamenta ex art 360 n. 3 la violazione e falsa applicazione dell'art. 1 comma 3,13 comma 6 legge 247/12, art. 2 D.M. 55/14, deducendo l'erroneità della liquidazione dell'onorario e comunque la liquidazione di un onorario per il Comune che non aveva svolto alcuna utile nè legittima attività difensiva, se non la presenza fisica del difensore all'udienza del 18/4/2016. Il motivo è infondato. Come risulta dalla sentenza impugnata (pag. 2) il Comune di Sulmona aveva depositato una memoria, che costituisce comunque costituzione utile ad esplicare le difese, come sopra precisato, oltre a comparire all'udienza del 18/4/2016, con conseguente liquidabilità degli onorari relativi alla fase di studio, introduttiva e conclusiva. Deve qui richiamarsi la giurisprudenza di questa Corte secondo la quale «All'avvocato sono dovute, oltre al rimborso delle spese documentate e di quelle forfettarie generali (non strettamente inerenti alla singola pratica ma necessarie per la conduzione dello studio), altre spese che sfuggono ad una precisa elencazione ma che di fatto sono sostenute dal professionista nello svolgimento del singolo incarico (tra le quali, gli esborsi per gli spostamenti necessari per raggiungere l'Ufficio giudiziario in occasione delle udienze o degli adempimenti di cancelleria, diversi da quelli per viaggio e trasferta di cui all'art. 27 del d.m. n. 55 del 2014, i costi per fotocopie, per l'invio di email o per comunicazioni telefoniche inerenti l'incarico e sostenuti fuori dallo studio);
tali spese sono liquidabili in via equitativa per l'impossibilità o la rilevante difficoltà di provare il loro preciso ammontare nonchè in considerazione della loro effettiva ricorrenza secondo l'id quod plerumque accidit» (Cass. Sez. U., 27 novembre 2019, n. 31030;
Cass., 9 novembre 2021, n. 32624;
Cass., 30 giugno 2020, n. 12983).
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi