Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/07/2005, n. 14213

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Massime1

L'iscrizione nell'elenco speciale (annesso all'albo) di cui all'art. 3, ultimo comma, lettera b), del r.d.l. 27 novembre 1933, n. 1578, essendo prevista per gli avvocati degli uffici legali degli enti indicati nel precedente secondo comma, presuppone che la destinazione del dipendente-avvocato a svolgere l'attività professionale presso l'ufficio legale si realizzi mediante il suo inquadramento in detto ufficio, che non avvenga a titolo precario e non sia del tutto privo di stabilità. Non è configurabile siffatto inquadramento quando la destinazione all'ufficio legale dell'ente sia liberamente revocabile dall'autorità amministrativa che la ha disposta, essendo invece necessario, ai fini della iscrizione, che la cessazione di tale destinazione sia consentita solo sulla base di circostanze e/o di criteri prestabiliti.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 06/07/2005, n. 14213
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14213
Data del deposito : 6 luglio 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. N G - Primo Presidente f.f. -
Dott. C O F - Presidente di sezione -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. L E - rel. Consigliere -
Dott. S F - Consigliere -
Dott. V U - Consigliere -
Dott. M M R - Consigliere -
Dott. R F - Consigliere -
Dott. V G - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso per proposto da:
CONSIGLIO DELL'ORDINE DEGLI AVVOCATI DI MESSINA, in persona del Presidente pro-tempore, elettivamente domiciliato in ROMA,

VIALE MAZZINI

131, presso lo studio dell'avvocato I A, rappresentato e difeso dagli avvocati G G, G A, giusta delega a margine del ricorso per il primo, per l'ultimo giusta procura speciale, del Notaio Dott. G V, depositata in data 14 giugno 2005, in atti;



- ricorrente -


contro
RIZZO ARTURO, RAPPAZZO MARIO, FIERTLER IDA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

EUSTACHIO MANFREDI

17, presso lo studio dell'avvocato C MARCO, che li rappresenta e difende, giusta delega in calce al controricorso;



- controricorrenti -


e contro
CONSIGLIO NAZIONALE FORENSE, PROCURATORE GENERALE PRESSO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;



- intimati -


avverso la decisione n. 239/04 del Consiglio nazionale forense, depositata il 20/10/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 16/06/05 dal Consigliere Dott. Ernesto LUPO;

uditi gli avvocati Antonino IANNELLI, per delega dell'avvocato Antonino GAZZARA, Marco C;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

MARTONE

Antonio che ha concluso per l'accoglimento del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Messina, con delibera del 23 gennaio 2002, respingeva le domande di iscrizione all'elenco speciale annesso all'albo (previsto dall'art. 3, ultimo comma, lettera b, del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578) presentate dagli
avvocati Marco Rappazzo, A R e I M Fertler, i quali, dipendenti del Comune di Messina, erano stati assegnati dal sindaco alla Direzione dipartimentale Affari legali del Comune, per il patrocinio del detto ente davanti agli organi giurisdizionali di ogni ordine e grado, ai sensi dell'art. 58 del regolamento degli uffici e dei servizi del Comune dì Messina.
I tre menzionati avvocati presentavano, l'11 ottobre 2002, ricorso al Consiglio nazionale forense, che lo ha accolto con la decisione depositata il 20 ottobre 2004. Il Consiglio nazionale ha ritenuto sussistenti tutti i requisiti previsti per l'iscrizione all'elenco speciale dal citato art. 3, lettera b), e quindi sia l'istituzione, presso il Comune di Messina, di "un vero e proprio ufficio legale" costituente "un'unità organica autonoma", sia lo svolgimento, da parte dei tre avvocati istanti (addetti all'ufficio quali "agenti legali"), di funzioni di patrocinio del Comune (spettanti non solo al dirigente dell'ufficio legale), in condizioni di esclusività ed autonomia.
Avverso la decisione del Consiglio nazionale forense il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Messina ha proposto ricorso per Cassazione, a cui gli avvocati Mario Rappazzo, A R ed I M Fertler hanno resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con l'unico motivo di ricorso il Consiglio dell'Ordine degli avvocati di Messina deduce "violazione o falsa o errata applicazione art. 3 R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578 come modificato dall'art. 1 legge 23 novembre 1939 n. 1949", sostenendo che il Consiglio
nazionale forense "ha errato nel ritenere che la Direzione Dipartimentale Affari Legali istituita presso il Comune di Messina sia un'unità organica autonoma, senza considerare che si tratta di uno dei tanti Dipartimenti dell'Amministrazione comunale, soggetto, come tale, alla disciplina di tutti gli altri", onde non è stata istituita "una autonoma e indipendente struttura operativa tale da poter assicurare il libero esercizio dell'attività professionale". Ed invero - osserva il ricorrente - i c.d. "agenti legali" sono "impiegati comunali chiamati al dipartimento legale con provvedimento del Sindaco e amovibili con lo stesso mezzo e, perciò solo, ne' autonomi ne' indipendenti, ne' liberi", onde la loro funzione è "precaria e priva di qualsiasi carattere di stabilità", tanto che "recentemente perfino il dirigente del dipartimento, avv. G, è stato trasferito ad altro Dipartimento". Il ricorrente rileva, ancora, che, secondo l'art. 58 del regolamento comunale, il dirigente dell'ufficio legale "può patrocinare l'Amministrazione", mentre tale espressione "non viene significativamente ripetuta per i cosiddetti agenti, nei confronti delle finizioni dei quali vengono adottate soltanto espressioni equivoche";
"nè va trascurato che il Comune di Messina è munito di un Collegio di difesa composto da ben otto avvocati esterni". Nel ricorso si osserva, infine, che la funzione svolta dai tre menzionati avvocati è "precaria e priva di qualsiasi carattere di stabilità: quella stabilità che invece è sempre garantita a tutti i vari Uffici Legali degli enti pubblici". 2.- È infondata l'eccezione - opposta nel controricorso - di inammissibilità del motivo di ricorso per Cassazione sotto il profilo che esso comporterebbe "valutazioni delle risultanze fattuali... rimesse al giudice del merito e non più censurabili in sede di legittimità".
Il ricorso, come si è detto, deduce in epigrafe una violazione o falsa applicazione di legge e, nel suo sviluppo, pone una questione di individuazione dei presupposti previsti dalla legge per l'iscrizione nell'elenco speciale degli avvocati dipendenti di enti pubblici.
3.- Il motivo di ricorso è fondato nei limiti di seguito precisati. L'art. 3, ultimo comma, del R.D.L. 27 novembre 1933 il 1578 (ordinamento della professione dì avvocato) eccettua dalla incompatibilità di tale professione con qualunque impiego od ufficio pubblico (prevista nel secondo comma) "gli avvocati degli uffici legali istituiti sotto qualsiasi denominazione ed in qualsiasi modo presso gli enti di cui allo stesso comma, per quanto concerne le cause e gli affari propri dell'ente presso il quale prestano la propria opera. Essi sono iscritti nell'elenco speciale annesso all'albo" (lettera b del citato ultimo comma).
Dalla trascritta disposizione, come interpretata dalla giurisprudenza di questa Corte, si desume che, per l'iscrizione al detto elenco speciale, è necessario il concorso di due presupposti: a) deve esistere, nell'ambito dell'ente pubblico, un ufficio legale che costituisca un'unità organica autonoma;
b) colui che chiede l'iscrizione - dipendente dell'ente ed in possesso del titolo di avvocato - feccia parte dell'ufficio legale e sia incaricato di svolgervi tale attività professionale, limitatamente alle cause ed agli affari propri dell'ente (cfr., di recente, per diversi profili applicativi, Cass. 18 aprile 2002 n. 5559;
14 marzo 2002 n. 3733;
15 dicembre 2000
al 10777;
19 ottobre 1998 n. 10367
). La decisione impugnata, in relazione alla domanda di iscrizione nell'elenco speciale presentata al Consiglio dell'Ordine di Messina dagli odierni tre controricorrenti, ha affermato la sussistenza di ambedue i detti presupposti, che era stata invece negata dal detto Consiglio dell'Ordine locale. Nella valutazione della correttezza giuridica della decisione impugnata assume rilievo essenziale e prioritario il punto in cui il Consiglio nazionale forense ha ritenuto ininfluente per negare riscrizione all'elenco speciale l'assenza di stabilità nella destinazione dei tre avvocati all'ufficio legale del Comune di Messina, sotto il profilo che "l'accesso al ruolo di agente legale non era regolamentato, ma affidato all'arbitrio del Sindaco, con conseguente riflesso negativo sull'autonomia e stabilità" (cosi la delibera negativa del Consiglio dell'Ordine di Messina, come riportata nel "fatto" della decisione impugnata). Questo ostacolo alla iscrizione, ravvisato dal Consiglio dell'Ordine locale, è stato superato dalla decisione impugnata con la considerazione finale che "è compito del Consiglio dell'Ordine territoriale il controllo della permanenza dei requisiti che legittimano l'iscrizione dei ricorrenti all'Elenco Speciale, disponendone la cancellazione ove vengano meno i predetti requisiti". La trascritta considerazione conclusiva della motivazione della decisione impugnata è coerente con la parte precedente della stessa motivazione, nella quale il Consiglio nazionale forense ha accertato la sussistenza dei due indicati presupposti per riscrizione nell'elenco speciale, ma non ha dato alcun rilievo e quindi ha completamente prescisso dalla assenza di stabile destinazione dei tre dipendenti del Comune, ritenuta invece ostativa dall'Ordine territoriale. Alla base della decisione impugnata vi è, in sostanza, l'affermazione della irrilevanza, ai fini della iscrizione nell'elenco speciale, di una destinazione all'ufficio legate affidata "all'arbitrio del Sindaco" (secondo la valutazione espressa dal Consiglio locate e non smentita dal Consiglio nazionale forense, ma ritenuta, come si è detto, irrilevante, stante il dovere di cancellazione dall'elenco speciale nel caso di cessazione di detta destinazione).
L'esposta tesi seguita dal Consiglio nazionale forense, in ordine all'interpretazione dei presupposti previsti dal citato art. 3 per riscrizione nell'elenco speciale annesso all'albo, non è condivisa da queste Sezioni unite.
Come questa Corte ha già affermato, la destinazione del dipendente- avvocato all'ufficio legate dell'ente pubblico non richiede il superamento di uno specifico concorso (Cass. 4 maggio 1989 n. 2094, richiamata anche dalla decisione impugnata), potendo realizzarsi con qualsiasi tipo di atto. È necessario, però, che tate destinazione abbia un carattere di relativa stabilità e non possa cessare per effetto di una libera determinazione dell'autorità amministrativa dell'ente, di guisa che la destinazione del dipendente all'ufficio legate sia da considerare revocabile ad nutum da parte dell'organo amministrativo che l'ha disposta.
In siffatta eventualità, il dipendente dell'ente non può qualificarsi un "avvocato dell'ufficio legate", come è richiesto dal trascritto ultimo comma dell'art. 3, perché la sua destinazione a tate ufficio è sostanzialmente precaria, e non concretizza un vero e proprio "inquadramento" del dipendente-avvocato nell'ufficio legale (come richiesto dalla citata Cass. n. 3735/2002, ma in relazione a fattispecie diversa).
La destinazione priva in modo assoluto di stabilità incide, inoltre, sullo stesso carattere dell'attività professionale svolta dal dipendente nell'ufficio legale, nel senso che - come si è rilevato nel ricorso per cassazione - l'attività di avvocato non può dirsi "nè autonoma, ne' indipendente, ne' libera, e - va aggiunto - non assume quel carattere di specificità che è data solo dalla continuità delle finizioni esercitate.
Ancora, sotto altro aspetto, la continuità della attività professionale costituisce il requisito implicito nel concetto di iscrizione in un albo (o in un elenco annesso allo stesso). Essa richiede che la destinazione dell'avvocato all'ufficio legale possa essere fetta cessare dall'autorità amministrativa solo sulla base di circostanze e di criteri prestabiliti, i quali, conferendo alla disposta destinazione un certo grado di stabilità, costituiscono appunto la garanzia della continuità della attività professionale risultante dalla iscrizione nell'elenco speciale. L'assenza di una stabile destinazione all'ufficio legale comporta, in sintesi, l'esclusione del presupposto che si è sopra indicato sub lettera b), e cioè lo svolgimento, da parte del dipendente dell'ente, dell'attività professionale di avvocato, con le caratteristiche previste per detta attività.
Ma vi è da chiedersi se possa ritenersi sussistente anche l'altro presupposto qui indicato sub lettera a), e cioè l'esistenza nell'ente di un ufficio legale costituente una struttura autonoma, quando la destinazione a tale ufficio sia rimessa ad una determinazione, liberamente revocabile, dell'autorità amministrativa. L'assenza totale di stabilità - se riferita a tutti gli avvocati destinati all'ufficio legale - e, almeno in linea di principio, idonea a rendere il detto ufficio privo di quella autonomia che, come si è visto, è richiesta per l'applicazione dell'ultimo comma, lettera b), del citato art. 3.
Deve allora concludersi che la decisione impugnata è errata perché ha affermato la sussistenza nei tre attuali controricorrenti dei presupposti per la loro iscrizione nell'elenco speciale prescindendo dall'accertare se la loro destinazione all'ufficio legale del Comune di Messina per svolgervi l'attività di avvocato fosse non precaria e dotata di un certo grado di stabilità.
4.- La decisione impugnata va, pertanto, cassata e la causa va rinviata al Consiglio nazionale forense che, in diversa composizione, deciderà nuovamente i ricorsi ad esso proposti dagli avvocati M R, A R e I M Fertler conformandosi al seguente principio di diritto: "L'iscrizione nell'elenco speciale (annesso all'albo) di cui all'art. 3, ultimo comma, lettera b), del R.D.L. 27 novembre 1933 n. 1578, essendo prevista per 'gli avvocati degli
uffici legali degli enti indicati nel precedente secondo comma, presuppone che la destinazione del dipendente-avvocato a svolgere l'attivita' professionale presso l'ufficio legale si realizzi mediante il suo inquadramento in detto ufficio, che non avvenga a titolo precario e non sia privo del tutto di stabilita. Non si ha siffatto inquadramento quando la destinazione all'ufficio legale dell'ente sia liberamente revocabile dall'autorità amministrativa che l'ha disposta, essendo invece necessario - ai fini dell'iscrizione - che la cessazione di tale destinazione sia consentita solo sulla base di circostanze e/o di criteri prestabiliti".
5.- La novità della questione qui posta costituisce giusto motivo di compensazione tra le parti delle spese del giudizio di Cassazione.

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