Cass. civ., SS.UU., sentenza 14/02/2011, n. 3567
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L'art. 183 cod. proc. civ., nel testo di cui alla legge 26 novembre 1990, n. 353, vigente fino al 1° marzo 2006, applicabile "ratione temporis", dispone, al quarto comma, che nella prima udienza di trattazione l'attore può proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza della domanda riconvenzionale del convenuto ed entrambe le parti possono precisare e modificare le domande e le conclusioni già formulate. Pertanto ove l'attore voglia eccepire la prescrizione del diritto azionato dal convenuto in riconvenzionale, è tenuto, a pena di decadenza, trattandosi di eccezione non rilevabile d'ufficio, a proporla al più tardi in sede di prima udienza di trattazione, non potendo avvalersi delle memorie da depositare nei termini fissati all'art. 183, quinto comma, cod. proc. civ., in quanto finalizzate esclusivamente a consentire alle parti di precisare e modificare le domande e le eccezioni già proposte e di replicare alle domande ed eccezioni formulate tempestivamente, ma non a proporne di ulteriori, non essendo ammissibile estendere il "thema decidendum".
Sul provvedimento
Testo completo
-3 5 67/1 1 Oggetto REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Risarcimento danni per LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE occupazione illegittima SEZIONI UNITE CIVILI R.G. N. 3931/2010 Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Cron. 3567 Primo Pres.te f.f. Dott. PAOLO VITTORIA Rep. C.I. Dott. VINCENZO PROTO Presidente Sezione Ud. 18/01/2011 Dott. FRANCESCO FELICETTI Rel. Consigliere PU Dott. ANTONIO SEGRETO Consigliere Dott. FABRIZIO FORTE Consigliere Dott. ETTORE BUCCIANTE Consigliere Dott. SAVERIO TOFFOLI Consigliere Dott. FRANCESCO TIRELLI Consigliere Dott. MARIA ROSARIA SAN GIORGIO Consigliere ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 3931-2010 proposto da: COMUNE DI ATESSA, in persona del Sindaco pro-tempore, 2011 elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GERMANICO 170, 177 presso 10 studio dell'avvocato SAGNA ALBERTO, rappresentato е difeso dall'avvocato CERICOLA GIUSEPPE, per delega in calce al ricorso;
- ricorrenti
contro
DI DOMENICA DOMENICO, DI DOMENICA MARIA, in proprio e nella qualità di procuratore speciale di DI DOMENICA ΚΑΤΙΑ, DI DOMENICA VERIUSCA, tutti nella qualità di DOMENICA CORRADINO, elettivamenteeredi di DI domiciliati in ROMA, presso la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall'avvocato PICCIRILLI GIOVANNI OSVALDO, per delega in calce al controricorso;
controricorrenti avverso la sentenza n. 181/2009 della CORTE D'APPELLO di L'AQUILA, depositata il 31/03/2009;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/01/2011 dal Consigliere Dott. FRANCESCO FELICETTI;
uditi gli avvocati Giuseppe CERICOLA, RI Pina BENEDETTI per delega dell'avvocato Giovanni Osvaldo Piccirilli;B udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. RAFFAELE CENICCOLA, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Svolgimento del processo 1. Il Comune di Atessa con citazione del 12 marzo 1998 convenne dinanzi al tribunale di Lanciano il sig. CO Di DO deducendo di essere divenuto proprietario, per effetto di usucapione, di alcuni terreni già di proprietà del convenuto e trasformaţi in una strada ad uso pubblico. Chiese che venisse accertato il proprio diritto dominicale su di essi. Il convenuto si costituì deducendo che il Comune si era immesso nel possesso di quei terreni in forza di due ordinanze di occupazione d'urgenza e che non era trascorso il termine ventennale prescritto per l'usucapione. Dedusse inoltre l'illegittimità dell'occupazione, avvenuta sulla base di una dichiarazione di pubblica utilità implicita nella delibera di approvazione di un PEEP che non conteneva l'indicazione del termine iniziale e finale per la realizzazione delle opere e lo svolgimento della procedura di espropriazione. Dedusse ancora che, come tale, essa doveva ritenersi giuridicamente inesistente. Chiese, pertanto, in via riconvenzionale, la condanna al risarcimento dei danni per l'illegittima irreversibile trasformazione dei terreni, rinunziando a chiederne la restituzione. Il 3 tribunale rigettò sia la domanda principale, per non essere trascorso il termine per l'usucapione, sia riconvenzionale stante la prescrizione quella del Proposero appello gli eredi del convenuto, credito. sigg.ri RI, OM, TI e SC Di DO e la Corte d'appello di L'Aquila, con sentenza depositata il 22 novembre 2007, notificata il 19 ottobre 2009, dichiarò tardiva l'eccezione di prescrizione e rimise la causa in istruttoria per espletare una CTU, all'esito della quale venne emanata sentenza depositata il 31 marzo 2009, notificata il 19 ottobre 2009, con la quale il Comune fu condannato al pagamento di euro 16.041,15, oltre rivalutazione e interessi. Il Comune di Atessa ha proposto ricorso avverso tale ultima sentenza e "per quanto di ragione" anche avversO la sentenza 22 novembre 2007 con atto notificato il giorno 1 febbraio 2010 ai sigg.ri RI, OM, TI e SC Di DO, formulando quattro motivi ai quali gl'intimati resistono con controricorso notificato il 4 marzo 2010. Le parti hanno anche depositato memorie e le parti controricorrenti con la memoria hanno chiesto la liquidazione anche delle spese della fase cautelare svoltasi dinanzi alla Corte d'appello, essendo stata 4 chiesta dalla controparte la sospensione dell'esecutività della sentenza impugnata. Motivi della decisione _. Va pregiudizialmente rigettata l'eccezione d'inammissibilità del ricorso per genericità, formulata dai controricorrenti, risultando dal suo contesto la specificità dei motivi e la riferibilità indicate in del ricorso ad entrambe le sentenze Va parimenti rigettata l'eccezione narrativa. d'inammissibilità dell'impugnazione della prima delle due sentenze emanate dalla Corte d'appello, prospettata sotto il profilo del difetto di autorizzazione all'impugnazione, dovendosi ritenere l'autorizzazione all'impugnazione della sentenza che ha definito il giudizio comprensiva dell'autorizzazione ad impugnare anche la precedente sentenza che come si appresso si dirà si era limitata а decidere una questione processuale senza definire nemmeno in parte il giudizio.
2.1.Con il primo motivo si denunciano la violazione degli artt. 37 c.p.c., 25 Cost. e degli artt. 33, 34 e 35 del d. lgslv. n. 80 del 1998, in relazione alla carenza di giurisdizione del giudice ordinario e alla giurisdizione del giudice amministrativo da 5 dichiararsi d'ufficio, restando irrilevante la sua deduzione solo nel giudizio d'appello in comparsa di replica in relazione alla domanda riconvenzionale relativa al risarcimento per occupazione illegittima da qualificarsi come occupazione acquisitiva. Il motivo va dichiarato inammissibile. La Corte d'appello ha ritenuto tardivamente dedotta la questione di giurisdizione perché prospettata solo con la memoria di replica, ma l'ha esaminata d'ufficio dichiarandola non fondata. Pronunciando sul motivo, sulla base di quanto statuito nella sentenza 9 ottobre 2008, n. 24883, Va riaffermato il principio già enunciato da queste sezioni unite alla luce dell'interpretazione dell'art. 37 c.p.c. ivi formulata secondo la quale la possibilità di rilevare ed eccepire il difetto di giurisdizione deve tenere conto dei principi processuale e dicostituzionali di economia ragionevole durata del processo per cui, allorché la relativa eccezione sia proposta nelle note di replica. alla comparsa conclusionale avversaria nel giudizio di secondo grado, essa va ritenuta tardivamente proposta, essendosi già formato il giudicato implicito sulla giurisdizione, con la conseguenza che il giudice 6 d'appello, nel caso di specie, non poteva tenerne conto e non poteva esaminarla d'ufficio e la questione riproposta nel giudizio di legittimità deve ritenersi inammissibile (Cass. sez. un. 18 dicembre 2008, n. 29523).
3.1.Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell'art. 183 c.p.c., nel testo di cui alla legge n. 353 del 1990, e degli artt. 2934 e segg. cod. civ., per avere la Corte d'appello ritenuto inammissibile l'eccezione di prescrizione proposta con la memoria di cui all'art. 183, comma 5. Si deduce in proposito che la statuizione della Corte d'appello si porrebbe in contrasto con l'interpretazione dell'art. 183, comma 5, data da