Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 02/04/2004, n. 6563

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 02/04/2004, n. 6563
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 6563
Data del deposito : 2 aprile 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C S - Presidente -
Dott. M E - Consigliere -
Dott. V L - Consigliere -
Dott. F C - Consigliere -
Dott. C G - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
CINAGLIA DOMENICANTONIA, elettivamente domiciliata in ROMA VIA CARLO POMA N. 2, presso lo studio dell'avvocato S A, che la rappresenta e difende, giusta procura speciale atto notar PAOLO DI SILVESTRI di PIZZOLI del 9 dicembre 2003 REP. N. 1437 in sostituzione Avv. F A (deceduto);



- ricorrente -


contro
INAIL - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE

CONTRO

GLI infortuni SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA IV NOVEMBRE

144, rappresentato e difeso dagli avvocati A C, GIUSEPPE DE FERRÀ, giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di ROMA del 24 settembre 2001, REP. N. 57884;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 231/00 del Tribunale di L'AQUILA, depositata il 05/09/00 - R.G.N. 391/99;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il 13/01/04 dal Consigliere Dott. G C;

lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. FRAZZINI ORAZIO, che ha concluso chiedendo che la Corte di Cassazione, in Camera di consiglio, rigetti il ricorso per manifesta infondatezza con le conseguenti pronunce di legge.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Giudice del lavoro di L'Aquila, in accoglimento della domanda proposta dalla sig.ra Domenicantonia C, condannava l'Inail alla corresponsione in suo favore della rendita per i superstiti in dipendenza d'una silicosi polmonare, quale concausa del decesso del coniuge Pagliaro Americo, inabile al 100%, di cui il 58% era rappresentato da silicosi polmonare.
Proposto dall'Inail appello, perché, a suo dire, la tecnopatia da cui era affetto il Pagliaro non aveva interferito, sul piano del nesso causale, nel processo patologico che lo aveva condotto a morte, nel ricomposto contraddittorio, il Tribunale di L'Aquila, disposta nuova consulenza, rigettava la domanda della C, in quanto il decesso era "intervenuto in modo 'travolgente' per effetto dell'elevata condizione di tossicità creatasi a seguito dell'occlusione intestinale da neoplasia intestinale...". Ricorrre, ora, per cassazione l'interessata, chiedendo l'annullamento di questa statuizione.
Resiste l'Inail con controricorso.
Essendone stata prefissata la discussione in Camera di consiglio, ex art. 375, cod. proc. civ., la difesa della C, oltre ad insistere per l'accoglimento del ricorso, ha chiesto la trattazione della causa in pubblica udienza.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con unico motivo di ricorso, la difesa ricorrente denuncia "violazione e falsa applicazione degli artt. 3 e 85 del D.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124, nonché dell'art. 55 della legge 9 marzo 1989 n. 88 e art. 55 della legge 17 maggio 1999 n. 144 e art. 9 D. Lgs. 23 febbraio 2000 n. 38. Motivazione insufficiente e contraddittoria
(art. 360, c.p.c., nn. 3 e 5)", sostenendo che mentre il CTU di primo grado aveva ritenuto che le condizioni respiratorie del defunto avevano influito sul decesso, il secondo Ausiliare aveva escluso tale nesso, "facendo riferimento alla sola insufficienza respiratoria e ritenendo lieve la patologia silicotica" sicché l'impugnata sentenza non avrebbe applicato i principi affermati da questa Corte qualora si debba accertare se la morte del dante causa sia stata in rapporto causale o almeno concausale con la silicosi, quale elemento acceleratore del processo morboso di cui era portatore. Inoltre, secondo parte ricorrente, il Consulente e, quindi, il Tribunale, sottovalutando il danno da silicosi, riconosciuto dall'INAIL nella misura del 59%, avrebbero operato, "in sostanza", una revisione per errore ai sensi dell'art. 55 della legge n. 88 del 1989, quando, invece, in base all'art. 9 del d.lgs. n. 38 del 2000,
la revisione per errore "non è consentita se non mediante una comparazione tra la situazione all'epoca del danno iniziale e quella del momento in cui tale revisione vuole essere effettuata con valutazione con i criteri e strumenti già applicati e disponibili all'epoca".
Il ricorso è manifestamente infondato.
Oltre a quanto esplicita in questo senso (non, quindi, per inammissibilità, come suppone nella memoria la difesa ricorrente) la requisitoria scritta in data 16 settembre 2003 del Procuratore generale, resa in applicazione dell'art. 375, cod. proc. civ., che ha chiesto, appunto, rigettarsi il ricorso per manifesta infondatezza, non avendo, per un verso, parte ricorrente riprodotto il testo della ctu, di cui la C contesta le conclusioni, ma soprattutto essendo giustificata l'adesione del Giudice d'appello alla sua consulenza, che da ragione logica medico-legale del giudizio conclusivamente trasfuso nella sentenza, va osservato che il Tribunale ha negato rilevanza ("per la povertà delle considerazioni critiche") alle questioni sollevate dinnanzi a lui dalla relazione (che pur definisce irrituale) del perito di parte (tal dr. L T). La sentenza, infatti, ha escluso l'incidenza "dell'insufficienza respiratoria, proposta dal dr. P in primo grado in modo assai approssimativo... (riferendo) una più generale precarietà della condizione cardio-circolatoria, non inficiata ancora dalla patologia silicotica...".
Tale accertamento, d'altra parte, non può essere posto in dubbio in questa sede di legittimità perché, in materia d'accertamenti medico legali, vale il principio secondo il quale non possono essere prospettati ulteriori temi di dibattito, rispetto a quelli affrontati nelle precedenti fasi, mentre, costituisce giurisprudenza costante di questa Corte quella secondo cui (da ultimo, 4 dicembre 2001, n. 15318;
3 marzo 2001, n. 3093
) nel "contrasto fra consulenze tecniche d'ufficio disposte in gradi diversi del giudizio di merito, l'accoglimento da parte del giudice dell'appello delle conclusioni formulate dal secondo consulente presuppone solo il controllo della correttezza metodologica della consulenza redatta dal secondo ausiliare e non richiede alcun processo motivazionale in ordine alla scelta di tali conclusioni, essendo il diverso risultato della seconda consulenza un naturale effetto del giudizio di appello, che - in quanto revisio prioris instantiae - è proprio diretto a raggiungere un risultato diverso da quello di primo grado in relazione ai medesimi fatti".
Non si ravvisano, alla luce delle accennate considerazioni, motivi che giustifichino il rinvio della causa alla pubblica udienza (art. 375, terzo comma, cod. proc. civ.), oltretutto le conclusioni scritte
preventive del P.M. avendo dato modo alla parte ricorrente d'apprestare ogni più opportuna difesa, esplicitandone le considerazioni nella memoria (che, peraltro, non possono introdurre nuovi elementi di dibattito).
Il ricorso deve essere, pertanto, rigettato.
Non si fa luogo alla condanna del soccombente al pagamento delle spese processuali di questo giudizio di cassazione ex art. 152, disp. att. c.p.c., nel testo previgente alla riforma di cui all'art. 42, comma 11, del d.l. n. 269/1993.

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