Cass. civ., sez. II, sentenza 16/02/2022, n. 05040
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Testo completo
to la seguente U.P. 25/11/2021 SENTENZA sul ricorso 5337-2017 proposto da: B L, rappresentata e difesa dall'Avv.to M G, ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell'Avv. G S in ROMA, Via G.B.
TIEPOLO
4 - ricorrente principale e con troricorrente all'incidentale -
contro
P G, rappresentato e difeso dagli Avv.ti LUIGI FIOCCO e A F A ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in ROMA, Via
GIULIA
66 - ricorrente incidentale e controricorrente al principale - avverso la sentenza n. 2015/2016 della CORTE di APPELLO di VENEZIA, pubblicata il 6.09.2016;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 25/11/2021, dal Consigliere Dott. U B;
esaminata la requisitoria scritta del Procuratore generale. (7/ogl'u(
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione, notificato in data 15.9.2006, L B, proprietaria di un immobile in Negrar (VR), catastalmente identificato al NCEU del Comune di Negrar al Fg. 28, mapp. 234/7, conveniva davanti al Tribunale di Verona G P, proprietario del mapp. 234/9 (ex 234/1), chiedendo che fosse accertata la comproprietà sul sottopasso censito a mapp. 234/6 e sulla corte a mapp. 289, e che G P fosse condannato a rimuovere ogni cosa posta nel sottopasso, a non parcheggiare autovetture nel sottopasso e nella corte comune, a rimuovere il pluviale posto sul lato perimetrale e a risarcire i danni derivanti dall'abuso della cosa comune. Si costituiva il P chiedendo l'autorizzazione a chiamare in causa i soggetti che risultavano in catasto proprietari del mapp. 289 (MARCO DAMIANI, BEATRICE BERSAN, LUCIA DEGANI, ELENA BERTAGNOLI, ADRIANA TURRI, CARLA TURRI, FERNANDA TURRI), volendo chiedere l'accertamento della proprietà per usucapione sulla corte;
nel merito, chiedeva il rigetto delle domande della Bl;
in via riconvenzionale, l'accertamento della proprietà esclusiva sulla corte, anche per usucapione;
che la Bl non aveva diritto di passare sulla corte;
che era comproprietario della corte a mapp. 348, con la condanna dell'attrice a rimuovere quanto dalla stessa lì collocato. Espletata CTU e prova testimoniale, con sentenza n. 1596/2013, il Tribunale di Verona dichiarava l'attrice comproprietaria del sottopasso;
dichiarava inammissibili le domande di accertamento dell'esistenza di servitù di passaggio in favore dei terreni di cui al Fg, 28, mapp. 243, 244 e 245, formulate da parte attrice;
rigettava tutte le altre domande formulate dalle parti;
compensava tra le parti le spese di lite;
poneva a carico solidale delle parti le spese di CTU. Avverso detta sentenza proponeva appello Laura Bl, al quale resisteva G P. Con sentenza n. 2015/2016, depositata in data 6.9.2016, la Corte d'Appello di Venezia dichiarava che la corte fosse comune al mapp.234/7 (proprietà Bl) e al mapp. 234/9 (proprietà P);
condannava il P a deviare lo scarico del pluviale dentro l'edificio di sua proprietà secondo le prescrizioni del CTU in modo da evitare il ristagno al suolo dell'acqua piovana;
condannava la Bl ad arretrare i due comignoli sino alla distanza di m. 1,50 dal muro del P;
confermava nel resto;
compensava le spese del grado. In particolare, la Corte d'Appello evidenziava che il Giudice di primo grado aveva disatteso le risultanze della CTU secondo la quale il mapp. 289 apparteneva ai proprietari di tutte le porzioni di fabbricato derivanti dal frazionamento dell'originario mapp. 234 e, in particolare, alla B!. La Corte territoriale richiamava la CTU anche con riferimento allo scarico del pluviale. Riteneva infondato il terzo motivo di appello in quanto i fatti esposti nella domanda introduttiva si riducevano al parcheggio dell'autovettura da parte del P e non comprendevano la richiesta di rimozione degli oggetti nel sottopasso;
ma la Bl aveva chiesto il ripristino dello stato originario del luogo rispettando le norme in materia di uso comune;
era così evidente che il semplice parcheggio dell'auto, non contraddistinto da una significativa continuità temporale, non poteva risolversi in un uso abnorme della cosa che apparteneva anche al P. La Corte di merito rigettava il primo motivo di appello incidentale poiché quando il P diventava proprietario in data 1.12.1989 acquistava dalla moglie la comproprietà sul mapp. 289 e il Tribunale aveva negato al P l'intenzione di possedere uti dominus. Inoltre, la Corte riteneva infondata la pretesa del P di essere comproprietario del mapp. 348 e la negatoria servitutis contro la Bl. Invece, era accolto l'ultimo motivo di appello incidentale relativo alla mancata condanna della Bl ad arretrare i due comignoli posti a distanza non regolamentare, come accertato dal CTU. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione Laura Bl sulla base di sette motivi. Resiste G P con controricorso e con ricorso incidentale sulla scorta di otto motivi, con cui controverte la ricorrente. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo di ricorso principale, la ricorrente deduce «Ex Art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell'art. 890 c.c. sulla distanza dalla proprietà P dei due comignoli posti sul tetto della proprietà Bl, non essendo previsto alcunché nel regolamento edilizio comunale e dovendosi, perciò, valutare le distanze "necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza". 1.1. - Il motivo non è fondato. 1.2. - Il giudice di merito ha rettamente interpretato il regolamento edilizio comunale. Nel regolamento locale non vi è un'indicazione precisa in ordine alla distanza dei camini dai confini, ma vi sono solo richiami alle distanze prescritte per gli impianti tecnologici a vista [come pompe di calore, condizionatori e simili], che devono essere collocati alla distanza di almeno ml 1,50 dai confini di proprietà. Orbene i comignoli rientrano negli impianti tecnologici a vista, essendo anch'essi destinati al riscaldamento degli edifici. Costituisce principio di diritto quello secondo cui il rispetto della distanza prevista per fabbriche e depositi nocivi e pericolosi dall'art.890 cod. civ., nella cui regolamentazione rientrano anche i comignoli con canna fumaria, sia collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima;
mentre, in difetto di una disposizione regolamentare, si ha pur sempre una presunzione di pericolosità, seppure relativa, che può essere superata ove la parte interessata al mantenimento del manufatto dimostri che mediante opportuni accorgimenti può ovviarsi al pericolo od al danno del fondo vicino (Cass. n. 3199 del 2002;
nello stesso senso Cass. n. 9267 del 2018;
Cass. n. 22389 del 2009). Non avendo la Bl superato la presunzione relativa di pericolosità di cui all'art. 890 c.c., in mancanza di una distanza regolamentare, esattamente ai comignoli è stata ritenuta applicabile la distanza di due metri prevista dall'art. 889 c.c. (Cass. n. 351/2011). 2. - Con il secondo motivo, la ricorrente principale deduce «Ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. nell'interpretazione del titolo costitutivo della servitù di passaggio sotto il porticato con mezzi agricoli e del conseguente ed esplicito divieto di sosta di veicoli, anche solo temporanea, sotto il portico e nelle sue vicinanze». Secondo la Corte d'Appello il parcheggio dell'autovettura, non contraddistinto da una significativa continuità temporale, non poteva risolversi in un uso abnorme della cosa, che apparteneva anche al P. Secondo la ricorrente in questo modo il Giudice del gravame finiva per autorizzare i comproprietari a parcheggiare l'autovettura nelle aree comuni, in violazione della servitù di passaggio contenuta negli atti di acquisto dell'immobile. Nell'atto di compravendita del 18.10.1983, con cui la S, precedente proprietaria dell'intero fabbricato rurale, vendeva alla Monastero (moglie e dante causa del P) la porzione di fabbricato
TIEPOLO
4 - ricorrente principale e con troricorrente all'incidentale -
contro
P G, rappresentato e difeso dagli Avv.ti LUIGI FIOCCO e A F A ed elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo in ROMA, Via
GIULIA
66 - ricorrente incidentale e controricorrente al principale - avverso la sentenza n. 2015/2016 della CORTE di APPELLO di VENEZIA, pubblicata il 6.09.2016;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 25/11/2021, dal Consigliere Dott. U B;
esaminata la requisitoria scritta del Procuratore generale. (7/ogl'u(
FATTI DI CAUSA
Con atto di citazione, notificato in data 15.9.2006, L B, proprietaria di un immobile in Negrar (VR), catastalmente identificato al NCEU del Comune di Negrar al Fg. 28, mapp. 234/7, conveniva davanti al Tribunale di Verona G P, proprietario del mapp. 234/9 (ex 234/1), chiedendo che fosse accertata la comproprietà sul sottopasso censito a mapp. 234/6 e sulla corte a mapp. 289, e che G P fosse condannato a rimuovere ogni cosa posta nel sottopasso, a non parcheggiare autovetture nel sottopasso e nella corte comune, a rimuovere il pluviale posto sul lato perimetrale e a risarcire i danni derivanti dall'abuso della cosa comune. Si costituiva il P chiedendo l'autorizzazione a chiamare in causa i soggetti che risultavano in catasto proprietari del mapp. 289 (MARCO DAMIANI, BEATRICE BERSAN, LUCIA DEGANI, ELENA BERTAGNOLI, ADRIANA TURRI, CARLA TURRI, FERNANDA TURRI), volendo chiedere l'accertamento della proprietà per usucapione sulla corte;
nel merito, chiedeva il rigetto delle domande della Bl;
in via riconvenzionale, l'accertamento della proprietà esclusiva sulla corte, anche per usucapione;
che la Bl non aveva diritto di passare sulla corte;
che era comproprietario della corte a mapp. 348, con la condanna dell'attrice a rimuovere quanto dalla stessa lì collocato. Espletata CTU e prova testimoniale, con sentenza n. 1596/2013, il Tribunale di Verona dichiarava l'attrice comproprietaria del sottopasso;
dichiarava inammissibili le domande di accertamento dell'esistenza di servitù di passaggio in favore dei terreni di cui al Fg, 28, mapp. 243, 244 e 245, formulate da parte attrice;
rigettava tutte le altre domande formulate dalle parti;
compensava tra le parti le spese di lite;
poneva a carico solidale delle parti le spese di CTU. Avverso detta sentenza proponeva appello Laura Bl, al quale resisteva G P. Con sentenza n. 2015/2016, depositata in data 6.9.2016, la Corte d'Appello di Venezia dichiarava che la corte fosse comune al mapp.234/7 (proprietà Bl) e al mapp. 234/9 (proprietà P);
condannava il P a deviare lo scarico del pluviale dentro l'edificio di sua proprietà secondo le prescrizioni del CTU in modo da evitare il ristagno al suolo dell'acqua piovana;
condannava la Bl ad arretrare i due comignoli sino alla distanza di m. 1,50 dal muro del P;
confermava nel resto;
compensava le spese del grado. In particolare, la Corte d'Appello evidenziava che il Giudice di primo grado aveva disatteso le risultanze della CTU secondo la quale il mapp. 289 apparteneva ai proprietari di tutte le porzioni di fabbricato derivanti dal frazionamento dell'originario mapp. 234 e, in particolare, alla B!. La Corte territoriale richiamava la CTU anche con riferimento allo scarico del pluviale. Riteneva infondato il terzo motivo di appello in quanto i fatti esposti nella domanda introduttiva si riducevano al parcheggio dell'autovettura da parte del P e non comprendevano la richiesta di rimozione degli oggetti nel sottopasso;
ma la Bl aveva chiesto il ripristino dello stato originario del luogo rispettando le norme in materia di uso comune;
era così evidente che il semplice parcheggio dell'auto, non contraddistinto da una significativa continuità temporale, non poteva risolversi in un uso abnorme della cosa che apparteneva anche al P. La Corte di merito rigettava il primo motivo di appello incidentale poiché quando il P diventava proprietario in data 1.12.1989 acquistava dalla moglie la comproprietà sul mapp. 289 e il Tribunale aveva negato al P l'intenzione di possedere uti dominus. Inoltre, la Corte riteneva infondata la pretesa del P di essere comproprietario del mapp. 348 e la negatoria servitutis contro la Bl. Invece, era accolto l'ultimo motivo di appello incidentale relativo alla mancata condanna della Bl ad arretrare i due comignoli posti a distanza non regolamentare, come accertato dal CTU. Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione Laura Bl sulla base di sette motivi. Resiste G P con controricorso e con ricorso incidentale sulla scorta di otto motivi, con cui controverte la ricorrente. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con il primo motivo di ricorso principale, la ricorrente deduce «Ex Art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell'art. 890 c.c. sulla distanza dalla proprietà P dei due comignoli posti sul tetto della proprietà Bl, non essendo previsto alcunché nel regolamento edilizio comunale e dovendosi, perciò, valutare le distanze "necessarie a preservare i fondi vicini da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza". 1.1. - Il motivo non è fondato. 1.2. - Il giudice di merito ha rettamente interpretato il regolamento edilizio comunale. Nel regolamento locale non vi è un'indicazione precisa in ordine alla distanza dei camini dai confini, ma vi sono solo richiami alle distanze prescritte per gli impianti tecnologici a vista [come pompe di calore, condizionatori e simili], che devono essere collocati alla distanza di almeno ml 1,50 dai confini di proprietà. Orbene i comignoli rientrano negli impianti tecnologici a vista, essendo anch'essi destinati al riscaldamento degli edifici. Costituisce principio di diritto quello secondo cui il rispetto della distanza prevista per fabbriche e depositi nocivi e pericolosi dall'art.890 cod. civ., nella cui regolamentazione rientrano anche i comignoli con canna fumaria, sia collegato ad una presunzione assoluta di nocività e pericolosità che prescinde da ogni accertamento concreto nel caso in cui vi sia un regolamento edilizio comunale che stabilisca la distanza medesima;
mentre, in difetto di una disposizione regolamentare, si ha pur sempre una presunzione di pericolosità, seppure relativa, che può essere superata ove la parte interessata al mantenimento del manufatto dimostri che mediante opportuni accorgimenti può ovviarsi al pericolo od al danno del fondo vicino (Cass. n. 3199 del 2002;
nello stesso senso Cass. n. 9267 del 2018;
Cass. n. 22389 del 2009). Non avendo la Bl superato la presunzione relativa di pericolosità di cui all'art. 890 c.c., in mancanza di una distanza regolamentare, esattamente ai comignoli è stata ritenuta applicabile la distanza di due metri prevista dall'art. 889 c.c. (Cass. n. 351/2011). 2. - Con il secondo motivo, la ricorrente principale deduce «Ex art. 360 n. 3 c.p.c. per violazione e falsa applicazione dell'art. 1362 c.c. nell'interpretazione del titolo costitutivo della servitù di passaggio sotto il porticato con mezzi agricoli e del conseguente ed esplicito divieto di sosta di veicoli, anche solo temporanea, sotto il portico e nelle sue vicinanze». Secondo la Corte d'Appello il parcheggio dell'autovettura, non contraddistinto da una significativa continuità temporale, non poteva risolversi in un uso abnorme della cosa, che apparteneva anche al P. Secondo la ricorrente in questo modo il Giudice del gravame finiva per autorizzare i comproprietari a parcheggiare l'autovettura nelle aree comuni, in violazione della servitù di passaggio contenuta negli atti di acquisto dell'immobile. Nell'atto di compravendita del 18.10.1983, con cui la S, precedente proprietaria dell'intero fabbricato rurale, vendeva alla Monastero (moglie e dante causa del P) la porzione di fabbricato
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