Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/11/2008, n. 28042

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L'azione di arricchimento senza causa ha carattere sussidiario ed è quindi inammissibile, ai sensi dell'art. 2042 cod. civ., allorché chi la eserciti, secondo una valutazione da compiersi in astratto e perciò prescindendo dalla previsione del suo esito, possa esercitare un'altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito. (Principio affermato dalle S.U. in materia di revisione del prezzo nell'appalto di opere pubbliche, potendo l'appaltatore far valere la propria pretesa con apposita azione avanti all'A.G.O. o al G.A., a seconda che la situazione giuridica azionata sia configurabile quale diritto soggettivo o interesse legittimo).

In tema di revisione prezzi di appalto di opere pubbliche, atteso che la situazione soggettiva dell'appaltatore acquista consistenza di diritto soggettivo solo dopo che l'Amministrazione abbia esercitato il potere di accordare la revisione, qualora - alla luce della normativa concernente lo stato di dissesto dei comuni e dell'interpretazione della delibera della Commissione straordinaria di liquidazione, preposta (art. 78 del d.lgs. n. 77 del 1995) al risanamento dei debiti pregressi con i mezzi consentiti dalla legge - debba escludersi l'esercizio di tale potere, la domanda con cui l'appaltatore chiede il maggior importo spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo. (Nella specie la S.C. ha escluso che l'inclusione di un debito fuori bilancio nel piano di risanamento finanziario a titolo di revisione prezzi, da parte della suddetta Commissione, implicasse il riconoscimento di tale obbligazione come acconto di un più consistente importo emergente solo dalla relazione di calcolo del dirigente dell'ufficio tecnico comunale allegata alla delibera).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/11/2008, n. 28042
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 28042
Data del deposito : 25 novembre 2008
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. V P - Presidente di Sezione -
Dott. P E - Presidente di Sezione -
Dott. L M G - Consigliere -
Dott. V G - Consigliere -
Dott. D'

ALONZO

Michele - Consigliere -
Dott. S G - Consigliere -
Dott. F F M - rel. Consigliere -
Dott. S A - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 19868/2006 proposto da:
SOAVE SILVESTRO, NELLA QUALITÀ DI TITOLARE DELLA OMONIMA DITTA, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

VALSESIA

40, presso lo studio dell'avvocato D'AMBROSIO GAETANO, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del ricorso;

- ricorrente-
contro
COMUNE DI SARNO, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

PALESTRO

41, presso lo studio dell'avvocato M U, che lo rappresenta e difende, giusta delega a margine del controricorso;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 350/2005 della CORTE D'APPELLO di SALERNO, depositata il 13/06/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 21/10/2008 dal Consigliere Dott. F M F;

uditi gli avvocati G D'AMBROSIO, Umberto MANCUSO;

udito il P.M. in persona dell'Avvocato Generale Dott.

NARDI

Vincenzo, che ha concluso per disattesi, in via preliminare, i prospettati profili di inammissibilità del ricorso, dichiararsi giurisdizione dell'ago.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
S S, titolare della omonima ditta, conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Nocera Inferiore il Comune di Sarno, premettendo:
che con contratto di appalto del 25.9.1980 aveva assunto il servizio di manutenzione dell'impianto di pubblica illuminazione di detto Comune;

che tale contratto era stato prorogato sino al 1993;

che il Comune appaltante, con Delib. G.M. 12 gennaio 1995, n. 2, aveva riconosciuto spettargli a titolo revisione prezzi l'importo di L. 479.108.102, liquidandogli nel contempo l'acconto di L. 30.943.890 oltre IVA;

che con nota 31.12.1995 il Comune aveva respinto le richiesta di liquidazione delle ulteriori somme per essersi il credito prescritto e per essere lo stesso fuori bilancio (a seguito della dichiarazione dello stato di dissesto);

che la Commissione Straordinaria di liquidazione, istituita dopo la declaratoria dello stato di dissesto del Comune, aveva deliberato di escludere la somma dalla massa passiva del piano di risanamento. Tanto premesso, l'attore chiedeva al Tribunale adito di condannare il Comune di Sarno al pagamento in suo favore delle somme di L. 444.635.347, nonché di L. 42.412.800 e L. 40.316.646, il tutto a titolo di revisione prezzi o, comunque, a titolo di indennizzo per l'indebito arricchimento del Comune.
Il Comune di Sarno, costituitosi in giudizio, eccepiva il difetto di giurisdizione del giudice ordinario e contestava la domanda nel merito.
Il Tribunale adito dichiarava il difetto di giurisdizione del giudice ordinario in ordine alla domanda di pagamento delle somme richieste a titolo di revisione prezzi e rigettava nel merito la domanda di indebito arricchimento, perché non provata.
Detta sentenza veniva impugnata dal Soave dinanzi alla Corte d'Appello di Salerno, assumendo che la domanda di revisione prezzi d'appalto, una volta intervenuto il riconoscimento da parte del Comune, è diretta a far valere un diritto soggettivo, per cui la relativa controversia appartiene alla giurisdizione del giudice ordinario.
La Corte summenzionata respingeva l'appello con sentenza del 17.3 - 13.6.2005. Avverso detta sentenza S S ha proposto ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo. Il Comune di Sarno ha resistito con controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con l'unico motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 37 c.p.c., in uno ai principi che regolano il riparto di giurisdizione.
Il ricorrente deduce che, nel ritenere che non vi era stato alcun riconoscimento, implicito o esplicito, proveniente dall'organo deliberativo competente, della revisione prezzi, il giudice a quo avrebbe fatto malgoverno delle risultanze processuali. L'implicito riconoscimento della revisione prezzi risulterebbe, infatti, dall'"incipit" della facciata n. 2 della Delib. n. 2 del 1995, del Comune di Sarno, in cui si legge: Che il dirigente dell'U.T.C., ing. G S, con propria nota n. 6882 dell'8.4.94 comprensiva di relazione di calcolo, che si allega alla presente formandone parte integrante e sostanziale così risponde:
(......) Sulla scorta delle risultanze di tale calcolo e tenuto conto che alla ditta non è stato liquidato alcun acconto revisionale (....) si ritiene più che giustificata la richiesta accorpata alla ditta Soave tendente ad ottenere la liquidazione dell'acconto revisionale (...)".
La relazione di calcolo dell'ing. S, allegata alla delibera e richiamata in essa, avrebbe riconosciuto alla ditta Soave il complessivo importo di L. 444.635.347, nonché di L. 42.412.800 e L. 40.316.646 a titolo di "revisione prezzi", liquidando nel frattempo "un acconto".
Tale delibera, poi, in quanto emessa dalla Commissione Straordinaria, sarebbe stata adottata dall'organo deliberativo competente, essendo questa, dopo il "commissariamento" del Comune, l'organo che aveva il potere di riconoscere la revisione prezzi dell'appalto in questione. Pertanto vi sarebbe stato da parte dell'amministrazione resistente un valido riconoscimento della somma richiesta dal Soave a titolo di revisione prezzi.
Tale riconoscimento avrebbe comportato il sorgere in capo all'attuale ricorrente di un vero e proprio diritto soggettivo nei confronti del Comune di Sarno, per cui correttamente la presente controversia sarebbe stata introdotta dinanzi al giudice ordinario. Da quanto precede discenderebbe la ulteriore conseguenza della ammissibilità della domanda residuale di indebito arricchimento. Tale domanda, subordinata al mancato accoglimento della domanda principale di revisione prezzi, sarebbe accoglibile e provata anch'essa dall'avvenuto riconoscimento da parte dell'ente resistente della revisione prezzi per l'intero rapporto contrattuale, che importerebbe una implicita affermazione dell'utilità dell'opera prestata dal Soave.
Conclusivamente il ricorrente formula il seguente quesito: "In tema di ripartizione della giurisdizione tra G.O. e G.A. relativamente a contratti d'appalto tra privati e Pubblica Amministrazione, posto che la giurisdizione del giudice ordinario si radica soltanto se è intervenuto un valido riconoscimento da parte della P.A. dell'importo richiesto a titolo di revisione prezzi, tale da far sorgere in capo al richiedente un diritto soggettivo, posto che tale riconoscimento può essere anche implicito, la delibera proveniente dall'organo deliberativo della P.A. che, pur liquidando solo un acconto, richiama come parte integrante ed essenziale l'allegato conteggio dell'U.T.C. dell'intera somma dovuta a titolo di revisione prezzi, costituisce implicito riconoscimento di debito, tale da fondare la giurisdizione del G.O.?".
Il ricorso è infondato.
Secondo il ricorrente la summenzionata Delib. 12 gennaio 1995, n. 2, conterrebbe il riconoscimento implicito a titolo revisione prezzi delle somme richieste con la domanda introduttiva del presente giudizio (L. 444.635.347 + 42.41 2.800 + 40. 316. 646). Il ricorrente perviene a tale conclusione estrapolando dal contenuto della delibera le frasi su riportate.
Tale operazione non è ermeneuticamente corretta, atteso che, per cogliere la effettiva portata di un provvedimento amministrativo, non ci si può limitare alla considerazione atomistica di alcune parti dello stesso, ma, in applicazione delle regole vigenti in tema di interpretazione dei contratti, applicabili anche agli atti amministrativi, ne va fatta una lettura complessiva (art. 1363 c.c.), nella ricerca di quella che è la effettiva e concreta volontà dell'autorità emanante, desumibile da una lettura integrata di dispositivo e motivazione.
Dalla parte motiva della delibera in questione risulta che la ditta S S, tramite il proprio legale, intimò, con nota del 17.2.1994, al Comune di Sarno il pagamento della somma di L. 30.943.890, "quale aggiornamento canone impianto di illuminazione e differenza" sulle somme già in precedenza versate;

che a seguito di tale richiesta la Commissione Straordinaria di liquidazione, istituita dopo la declaratoria dello stato di dissesto del Comune di Sarno, chiese al dirigente dell'ufficio tecnico comunale una relazione esplicativa "onde permettere all'ufficio legale di provvedere consequenzialmente";

il dirigente dell'ufficio tecnico comunale, con nota comprensiva di relazione di calcolo, allegata alla delibera summenzionata quale "parte integrante e sostanziale", comunicò alla Commissione straordinaria di aver proceduto a rideterminare il compenso revisionale spettante alla ditta Soave "a norma del relativo contratto d'appalto" come da relazione di calcolo allegato e che sulla scorta di tale calcolo e tenuto conto che alla ditta non era stato mai liquidato alcun acconto revisionale, giusta comunicazione dell'ufficio manutenzione, affermò di ritenere più che giustificata la richiesta "accorpata alla ditta Soave tendente ad ottenere la liquidazione dell'acconto revisionale nella misura di L. 30.943.890 + IVA";

che, in considerazione del fatto che il Comune di Sarno aveva dichiarato il proprio dissesto finanziario a norma del D.L. n. 66 del 1989, art. 25, convertito in L. n. 144 del 1989, la Commissione
Straordinaria, ebbe a ritenere che la somma richiesta dalla ditta Soave rientrasse nel disposto della L. n. 80 del 1991, art. 12 bis, comma 4, lett. d), in tema di riconoscimento di debiti fuori
bilancio.
Premessa tale motivazione, la Commissione deliberò di riconoscere e liquidare in favore della ditta Soave Silvestro, ai sensi del citato art. 12 bis, la somma di L. 30.943.890 +IVA "quale revisione prezzi relativa al contratto di appalto per l'impianto di pubblica illuminazione di cui la stessa risultò aggiudicataria", imputando la spesa al capitolo di bilancio destinato a "spese per il riconoscimento dei debiti fuori bilancio (L. n. 80 del 1991, art. 12 bis). Per stabilire quale sia la effettiva portata di detta delibera appare in primo luogo necessario evidenziare che la stessa non aveva soltanto il limitato scopo di definire un rapporto di debito nei confronti della ditta appaltatrice della manutenzione dell'impianto di illuminazione, ma, come emerge dalla normativa citata sia in motivazione che nel dispositivo, si inseriva in un più ampio contesto e cioè nell'ambito del programma di risanamento di un ente locale dissestato.
Il D.L. n. 66 del 1989, art. 25, convertito in L. n. 144 del 1989, citato nella delibera, stabiliva che le amministrazioni provinciali ed i comuni che si trovavano in condizioni tali da non poter garantire l'assolvimento delle funzioni e dei servizi primari erano tenute ad approvare, con deliberazione dei rispettivi consigli, il piano di risanamento finanziario per provvedere alla copertura delle passività già esistenti e per assicurare in via permanente condizioni di equilibrio della gestione (comma 1);

che tale piano di risanamento doveva essere strutturato in due parti distinte, una per la copertura del disavanzo pregresso e dei debiti fuori bilancio, l'altra relativa al consolidamento ed al pareggio finanziario della gestione dell'ente (comma 2);

che nella parte del piano di risanamento relativa al disavanzo di amministrazione dovevano essere elencati, sulla base di attestazioni degli amministratori, del segretario e dei funzionari, i debiti fuori bilancio relativi a spese per le quali il consiglio, indicati per ognuna la causa che l'aveva determinata ed il fine pubblico con la stessa conseguito, aveva provveduto al riconoscimento di quelle per le quali era stata espressamente accertata la necessità per l'esercizio delle funzioni e dei servizi pubblici di competenza dell'ente per legge. Il piano avrebbe dovuto indicare il fabbisogno finanziario per la copertura sia del disavanzo che dei debiti fuori bilancio riconosciuti (comma 3, lett. b).
Con il D.L. n. 6 del 1991, art. 12 bis, convertito in L. n. 80 del 1991, il legislatore stabilì che le delibere di riconoscimento di
debiti fuori bilancio dovessero essere adottate entro il 15 luglio 1991 ad eccezione di alcune tipologie di debiti, tra le quali quelli elencati al comma 4, lett. d), di detta norma, specificamente richiamata nella delibera in questione per giustificare in data 12-1- 1995 il riconoscimento, quale debito fuori bilancio, della somma richiesta dalla ditta Soave. Con il D.Lgs. n. 77 del 1995, art. 78, (relativo all'ordinamento finanziario e contabile egli enti locali) si dispose che i soggetti della procedura di risanamento sono l'organo straordinario di liquidazione e gli organi istituzionali dell'ente;
che l'organo straordinario è l'organo tenuto al risanamento dell'indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge.
Alla luce del surriferito contesto normativo devesi escludere che il riconoscimento del debito, di cui alla delibera in questione, nei confronti della ditta Soave possa essere ritenuto quale riconoscimento e liquidazione di un acconto revisionale;
infatti la inclusione del debito in un piano di risanamento finanziario, predisposto al fine di conoscere l'effettivo indebitamento del Comune e reperire i mezzi necessari per la sua eliminazione, non consente di ritenere che la Commissione Straordinaria di liquidazione - data la funzione che era chiamata ad assolvere di provvedere al risanamento dell' indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge - avesse il potere di procedere al riconoscimento ed alla liquidazione di un debito pregresso quale acconto di un più consistente importo, lasciando così aperta la definizione di una posizione debitoria, che la procedura di risanamento richiedeva di eliminare senza che il debito (pregresso) continuasse a gravare sulla gestione finanziaria futura dell'ente da risanare.
Alle su esposte considerazioni devesi aggiungere che non risulta che alla intimazione di pagamento della somma di L. 30.943.890 "quale aggiornamento canone impianto di pubblica illuminazione e differenza già versate" sia stato allegato il calcolo dello importo totale della revisione prezzi, che la ditta Soave riteneva dovuto, e che la somma summenzionata sia stata richiesta quale pagamento di un acconto di tale maggiore importo, ne' dal dispositivo della delibera risulta che tale somma sia stata liquidata a titolo di revisione prezzi;
tale somma costituì l'unico ed esclusivo importo considerato dalla Commissione Straordinaria di liquidazione in esame e tale esclusiva somma fu riconosciuta e liquidata "quale revisione prezzi relativa al contratto di appalto", senza specificare che si trattava di un mero acconto.
Il calcolo totale dell'importo revisionale, considerando tutto il periodo di durata del rapporto, risulta effettuato soltanto dal dirigente dell'ufficio tecnico comunale, ma non risulta che tale calcolo sia stato condiviso, per quanto riguarda il risultato complessivo, dalla Commissione Straordinaria;
ne' si può pervenire a tale conclusione soltanto perché la relazione di calcolo è stata allegata alla delibera dichiarando che ne fa "parte integrante e sostanziale", dovendo tale espressione, per tutto quanto su esposto, logicamente intendersi che fa parte integrante e sostanziale della delibera nei limiti in cui giustifica il riconoscimento e la liquidazione della sola somma richiestasi consideri ancora che nel corpo della motivazione del provvedimento si giustifica il riconoscimento e la liquidazione della citata somma quale debito fuori bilancio, affermando che tale riconoscimento era consigliato anche dal fine di scongiurare un'azione legale ed evitare conseguenti aggravi di spese per l'ente, giustificazione che logicamente implica di ritenere che la Commissione aveva inteso la domanda della ditta Soave come richiesta di liquidazione dell'intero compenso revisionale dovutole, e che con il riconoscimento e la liquidazione della somma richiesta riteneva di definire ogni pendenza debitoria, a titolo di revisione del prezzo d'appalto, con la ditta istante. Si consideri, altresì, che il riconoscimento della revisione prezzi rientra nell'ambito del potere discrezionale della pubblica amministrazione e, quindi, una determinata somma può considerarsi acconto sul compenso revisionale solo se l'organo deliberativo del Comune abbia provveduto a riconoscerlo espressamente come tale. Per quanto precede non può ritenersi, con la ditta ricorrente, che la pretesa di pagamento delle somme esposte nell'atto introduttivo del giudizio integri una posizione giuridica configurabile come diritto soggettivo in conseguenza dell'intervenuto riconoscimento di un acconto revisionale (che implicherebbe riconoscimento implicito del diritto alla revisione del prezzo di appalto), ma va intesa come richiesta all'organo istituzionale competente del Comune di Sarno di un maggiore importo rispetto a quello deliberato a titolo di integrale compenso per revisione prezzi da un organo straordinario del Comune, quale era la Commissione Straordinaria di liquidazione, i cui poteri erano circoscritti dalla funzione, che per legge avrebbe dovuto assolvere, di provvedere al risanamento dell'indebitamento pregresso con i mezzi consentiti dalla legge e si sono esauriti con l'assolvimento di tale compito.
In tale situazione (in mancanza di un qualsiasi comportamento che possa essere inteso come implicito riconoscimento del diritto alla corresponsione di un maggiore importo, a titolo di revisione prezzi, rispetto a quello concesso) resta impregiudicato il potere discrezionale riconosciuto dalla legge al competente organo istituzionale del Comune di procedere o meno alla concessione di un maggiore importo, rispetto a quello richiesto inizialmente dalla ditta Soave a titolo di revisione del prezzo dell'appalto (e riconosciuto dalla Commissione Straordinaria di liquidazione), per cui la pretesa fatta valere dalla ditta predetta ha natura giuridica di interesse legittimo;
il che comporta la devoluzione della presente controversia, come correttamente ritenuto dal giudice a quo, alla giurisdizione del giudice amministrativo (cfr. Cass. sez. un. 9220 del 2001;
Cass. sez. un. n. 6034 del 2002;
Cass. sez. un. n. 14531 del 2002). Nè la pretesa dei maggiori importi richiesti dalla ditta Soave può essere fatta valere esperendo la azione generale di arricchimento senza causa.
L'art. 2042 c.c., dispone che l'azione di arricchimento non è proponibile quando il danneggiato può esercitare un'altra azione per farsi indennizzare del pregiudizio subito.
Con decisione resa a sezioni unite (cfr. Cass. sez. un. n. 9531 del 1996) questa Suprema Corte ha chiarito la portata di tale disposizione, affermando che l'azione di arricchimento ex art. 2041 c.c., stante il suo carattere sussidiario, deve ritenersi esclusa in
ogni caso in cui il danneggiato, secondo una valutazione da compiersi in astratto, prescindendo, quindi, dalla previsione del suo esito, possa esercitare un'altra azione per farsi indennizzare il pregiudizio subito.
Pertanto l'azione in questione devesi ritenere inammissibile anche nella ipotesi in cui chi la eserciti disponeva di un'azione che si è prescritta o in relazione alla quale si è verificata una decadenza (oltre la sentenza citata cfr. in tal senso Cass. n. 5072 del 2001). L'appaltatore che ritenga di avere diritto alla revisione del prezzo di appalto può far valere la propria pretesa con apposita azione, esperibile dinanzi al giudice ordinario o al giudice amministrativo a seconda che la pretesa sia configurabile quale diritto soggettivo od interesse legittimo, il che porta ad escludere che l'importo del compenso revisionale ritenuto dovutogli possa essere richiesto esperendo, come nel caso di specie, anche l'azione ex art. 2041 c.c.. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere respinto, deve essere dichiarata la giurisdizione del giudice amministrativo, rimettendo le parti dinanzi al T.A.R. competente per territorio, ed il ricorrente Soave Silvestro, in virtù del principio della soccombenza, deve essere condannato a rimborsare al resistente le spese del giudizio di legittimità che, tenuto conto del valore della lite, appare giusto liquidare in complessivi Euro 7.700.00 (settemilasettecento), di cui Euro 200,00 per spese vive, oltre spese generali ed accessori di legge.

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