Cass. pen., sez. V, sentenza 10/01/2022, n. 00337
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la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: FRONTINI MASSIMILIANO nato a BUSTO ARSIZIO il 07/09/1968 E L nato a BRINDISI il 22/02/1975 P LSA nato a SAN GERMANO DEI BERICI il 04/06/1944 avverso la sentenza del 20/01/2021 della CORTE APPELLO di MILANOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;udita la relazione svolta dal Consigliere A C Rilevato che le parti hanno formulato richiesta di discussione orale ex art. 23, comma 8, del decreto-legge 28 ottobre 2020, n. 137, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 dicembre 2020, n s. 176, prorogato, quanto alla disciplina processuale, in forza dell'art. 7 del decreto7_legge 23 luglio 2021, n. 105, convertito dalla legge 16 settembre 2021, n. 126. Rilevato che con ordinanza dettata a verbale la Corte ha rigettato l'istanza di rinvio per legittimo impedimento avanzata dall'Avv. G. Uditi in pubblica udienza il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte di cassazione P L, che ha concluso per E L per l'annullamento senza rinvio per prescrizione e conferma delle statuizioni civili e per l'inammissibilità dei ricorsi di F e P;per l'Avvocatura dello Stato, l'Avv. W F ha depositato conclusioni e nota spese alle quali si riporta;per E, l'avv. V L, ha insistito per l'accoglimento del ricorso. RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza deliberata in data 08/05/2017, il Tribunale di Busto Arsizio, per quanto è qui di interesse, così si pronunciava: - dichiarava Luigi E, assistente capo della Polizia di Stato in servizio presso la Questura di Varese, responsabile del reato di cui al capo 4) (falso materiale in atto pubblico fidefacente, perché, quale assistente capo della Polizia di Stato e in concorso con Emanuele S, Adriano Pinna e con Simone N De Costa, attestava falsamente di aver effettuato il 21/07/2013 presso il Terminal 2 dell'aeroporto di Malpensa un controllo della cittadina brasiliana N De Costa), lo assolveva, per non aver commesso il fatto, dal reato di cui al capo 5) (falso per distruzione del passaporto di cui al capo 4, al fine di ottenere un nuovo passaporto, nel periodo compreso tra il 27/06/2013 e il 10/07/2013) e, con le circostanze attenuanti generiche equivalenti alla contestata aggravante, lo condannava alla pena di anni 2 di reclusione, con i doppi benefici, nonché al risarcimento dei danni a favore della parte civile Ministero dell'interno nella misura di euro 2 mila;- dichiarava Massimiliano F e Luisa P responsabili dei seguenti reati, il primo quale consulente fiscale e sindaco, nonché ideatore ed esecutore delle operazioni, di Gisowatt s.p.a., la seconda quale componente del consiglio dì amministrazione e, dal 29/06/2013, amministratore unico della società, dichiarata fallita il 07/07/2014: capo 8 (art. 11 d. Igs. 10 marzo 2000, n. 74, per aver - in concorso, tra gli altri, con G S - alienato simulatamente e/o compiuto sui beni della società atti fraudolenti idonei a rendere in tutto inefficace la procedura di riscossione coattiva);capo 11 (in concorso, tra gli altri, con G S ed Emanuele S, bancarotta fraudolenta documentale, bancarotta fraudolenta per distrazione, causazione dolosa del fallimento) e condannava, riconosciute agli imputati le circostanze attenuanti generiche (prevalenti per P sulla contestata aggravante ed equivalenti per F) e la continuazione, F alla pena di anni 3 e mesi 6 di reclusione, P alla pena di anni 2 e mesi 4 di reclusione e alle pene accessorie fallimentari;- dichiarava altresì Luisa P responsabile dei reati di cui al capo 12 (detenzione illegale di due pistole: il 14/05/2014) e al capo 13 (art. 697 cod. pen.) e la condannava alla pena di mesi 7 di reclusione ed euro 1800 di multa. 1.1. Investita dagli appelli del pubblico ministero e degli imputati, la Corte di appello di Milano, sempre per quanto è qui di interesse, con sentenza deliberata il 20/01/2021, in parziale riforma della sentenza di primo grado, nel resto confermata, si è così pronunciata: - ha assolto Luigi E dal reato di cui al capo 4), per non aver commesso il fatto, e lo ha condannato per il reato sub 5) - previa declaratoria di estinzione per prescrizione in relazione all'episodio del 27/06/2013 - alla pena di mesi 6 di reclusione, con i doppi benefici, nonché al risarcimento dei danni a favore della parte civile Ministero dell'interno, nella medesima misura statuita dal giudice di primo grado;- ha dichiarato estinto per prescrizione il reato sub 13) e ha rideterminato la pena irrogata a Luisa P in mesi 5 e giorni 10 di reclusione ed euro 1500 di multa per il reato sub 12) e in anni 2 e mesi 4 per i reati sub 8) e 11);- ha rideterminato la pena principale irrogata a F, con l'applicazione - già disposta, sia pure solo nel dispositivo, in primo grado - delle attenuanti generiche equivalenti alle contestate aggravanti, in anni 3 e mesi 4 di reclusione;- ha rideterminato la durata delle pene accessorie fallimentari applicate e F e a P e ha irrogato a detti imputati le pene accessorie di cui all'art. 12 d. Igs. n. 74 del 2000, disponendo altresì, in relazione al capo 8), la confisca ex art. 12-bis d. Igs. n. 74 del 2000 dei beni mobili e immobili già sottoposti a sequestro, fino alla concorrenza di euro 4.360.000,46. 2. Avverso l'indicata sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione Luigi E, attraverso il difensore Avv. V L, articolando due motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. 2.1. Il primo motivo denuncia vizio di motivazione in relazione agli artt. 490, 157, 158 e 160 cod. pen., con riferimento alla "parziale" declaratoria di estinzione del reato per prescrizione, che sembra denotare la contestazione di due episodi di falso per soppressione, laddove l'indicazione del tempus commissi deliciti riguardava un arco temporale di un'unica condotta terminata il 10/07/2013, sicché a tale data la prescrizione sarebbe comunque maturata. 2.2. Il secondo motivo denuncia vizi di motivazione per omessa valutazione di alcune intercettazioni e travisamento di altre. Dalle intercettazioni richiamate dalla Corte di appello a sostegno del giudizio di colpevolezza dell'imputato emerge che l'idea di distruggere il passaporto non fu partorita da E, ma da Emanuele S (come ritenuto dalla sentenza assolutoria di primo grado), laddove la sentenza impugnata omette di considerare conversazioni intercettate dalle quali emerge che il ricorrente non era a conoscenza della distruzione del passaporto ad opera di S.3. Avverso la medesima sentenza della Corte di appello di Milano ha proposto ricorso per cassazione Massimiliano F, attraverso il difensore Avv. Fabio Maria G, articolando tre motivi di seguito enunciati nei limiti di cui all'art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen. 3.1. Il primo motivo denuncia, con riferimento al capo 8), vizi di motivazione. Secondo la sentenza impugnata, le operazioni straordinarie (scissione e trasformazione) indicate nell'imputazione sarebbero state ideate significativamente prima delle telefonate intercettate valorizzate ai fini del giudizio di condanna, così come sostenuto dalla difesa, che ha dedotto la mancanza di alcun collegamento tra dette operazioni e il secondo accertamento fiscale, iniziato nel marzo del 2013, laddove l'operazione di scorporo immobiliare fu pensata fin dal 2005, mentre l'operazione di scissione è stata deliberata il 21/12/2012 e conclusa il 17/05/2013. In ordine al primo accertamento fiscale, la Corte di appello trascura la circostanza che la società aveva ottenuto la rateizzazione degli importi da pagare e i pagamenti sono stati eseguiti fino al fallimento. Erroneamente la sentenza impugnata indica alcune conversazioni come avvenute il 13/01/2013, mentre in realtà risalgono al 13 e al 15/01/2014, laddove le altre intercettazioni menzionate sono erroneamente valutate, in quanto la prima è un semplice sms ricevuto dal ricorrente senza che lo stesso abbia risposto, la seconda è una conversazione tra B e S che utilizzava il cellulare di F, la terza è una conversazione tra l'imputato e un suo cliente. Quanto alla trasformazione della fallita, la stessa ha avuto una genesi addirittura precedente rispetto all'operazione di scissione e, diversamente da quanto sostenuto dalla sentenza impugnata non ha comportato alcuna distribuzione di utili. In ordine all'idoneità dell'operazione straordinaria a rendere inefficace la procedura di riscossione coattiva, per la scissione, gli artt. 2506-bis e 2506- quater cod. civ. prevedono la solidarietà rispetto ai creditori, sicché può venire in rilievo un'ipotesi di alienazione simulata, che è esclusa nel caso di specie, o di atto fraudolento, anch'esso escluso in quanto la realtà dei fatti è sempre stata rappresentata alla luce del sole, laddove l'effettiva sussistenza degli elementi costitutivi del reato non è stata accertata. 3.2. Il secondo motivo denuncia, con riferimento ai reati di bancarotta fraudolenta di cui al capo 11), vizi di motivazione. A proposito dell'imputazione di bancarotta documentale, la sentenza impugnata richiama il conflitto di interessi in cui avrebbe operato F, che, invece, risulta dagli atti essersi dimesso dalla carica di sindaco nel giugno del 2012, laddove, a proposito della redazione dei bilanci, la sentenza impugnata fa riferimento alle dichiarazioni di un teste Poniz menzionato dall'appello, che, invece, non contiene alcun riferimento del genere. Del tutto erroneo è il riferimento all'asserita confessione di F in ordine alle frodi fiscali degli anni 2006/2009, circostanza non ancorata ad alcun elemento di prova. A proposto dell'imputazione di bancarotta impropria, la sentenza di primo grado ha escluso la responsabilità di F, sicché tutti i riferimenti alle operazioni dolose per le quali la responsabilità dell'imputato è stata esclusa si fondano sull'erroneo superamento della preclusione determinata dalla decisione del Tribunale di Busto Arsizio. Depurata da tali errori, la motivazione si ferma alla bancarotta patrimoniale relativa alle due operazioni straordinarie, per le quali la Corte di appello sostiene che l'imputato avallò la bontà del piano, ma l'affermazione si basa sugli errori denunciati con il primo motivo e si pone in contrasto con i consolidati orientamenti della giurisprudenza di legittimità in ordine alla consapevolezza dell'extraneus nel reato proprio, tanto più che la stessa sentenza impugnata esclude che F abbia tratto lucro dai fatti in questione.
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