Cass. pen., sez. VI, sentenza 14/03/2023, n. 10921

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. VI, sentenza 14/03/2023, n. 10921
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 10921
Data del deposito : 14 marzo 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da B A, nata il 13/08/1984 a Vigevano n F E, nata il 16/08/1962 a V B V, nata il 16/10/1981 a Vigevano B G, nato il 17/11/1956 a Castellammare del Golfo avverso il decreto del 22/04/2022 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere M R;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale A V, che che ha concluso per l'inammissibilità dei ricorsi.

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto del 22/04/2022, depositato il 25/07/2022 la Corte di appello di Milano ha confermato quello del Tribunale di Milano in data 16/03/2021, con cui è stata applicata la misura di prevenzione della confisca nei confronti di G B, in relazione ad immobili siti in Vigevano, via Ceresio 33/A, intestati nella misura del 50% ciascuna a V B e ad A B, figlie di G B, e in Gambolò, via Silvio Mario Rozza, foglio 6 particella 904, subalterni 4 e 5, intestati a E F, moglie di G B.

2. Hanno proposto ricorso G B, V B, A B e E F, con atto a firma dell'Avv. S, depositato il 22/09/2022 presso il Giudice di Pace di Vigevano.

2.1. Con il primo motivo deducono violazione degli art. 548, comma 2, cod. proc. pen. in quanto né il provvedimento del Tribunale né quello della Corte di appello erano stati notificati agli interessati, bensì al solo difensore, pur non domiciliatario. Di qui la nullità conseguente al difetto di notifica.

2.2. Con il secondo motivo denunciano violazione dell'art. 179 cod. proc. pen. Non era stato dato avviso da parte della Corte di appello della facoltà spettante alle parti di chiedere la discussione orale, ciò che aveva compromesso la possibilità per il difensore di discutere del merito in udienza.

2.3. Con il terzo motivo deducono violazione dell'ad 24 d.lgs. 159 del 2011. Solo su circostanze presuntive era stato ritenuto che G B si fosse ingerito nell'acquisto dell'immobile di Vigevano, via Ceresio, intestato alle figlie. L'acquisto aveva riguardato un bar già avviato ed era avvenuto grazie a mutuo acceso presso Credito Emiliano. Contrariamente a quanto prospettato dai giudici di merito il pagamento e il mutuo erano stati contestuali e per tale ragione parte venditrice aveva dichiarato che il corrispettivo era stato già versato. Avrebbero dovuto computarsi gli incassi del bar, pari a circa 30.000,00 euro annui e si sarebbe dovuto tener conto sia del fatto che dal 2010 l'esercizio era stato dato in affitto e il canone era servito per pagare le rate del mutuo sia della capacità reddituale dei mariti delle due figlie, fermo restando che costoro erano rimaste debitrici verso l'istituto bancario. Era dunque da escludere che fosse stata provata l'ingerenza di G B.

2.4. Con il quarto motivo deducono violazione dell'art. 24 d.lgs. 159 del 2011 in relazione all'immobile sito in Gambolò, intestato a Feratti Elvira. Anche in questo caso la ricostruzione della Corte era solo presuntiva a fronte di un acquisto avvenuto per il valore di euro 242.153,85, commisurato al prezzo di mercato e alle difficoltà di parte venditrice. E F aveva acquistato in autonomia svincolando titoli, giovandosi di un aiuto della madre, di un assegno circolare di euro 50.000,00, di un prestito di euro 30.000,00 di Finducato, di una vincita alla Lottomatica di euro 25.000,00.Inoltre alla stipula di mutuo con Credito Emiliano, la ricorrente aveva ottenuto un assegno circolare, a fronte di rate mensili di euro 741,00, pagate fino all'agosto 2016, essendo subentrato poi uno stato di difficoltà. La Corte non aveva inoltre considerato l'intera situazione patrimoniale, avendo omesso di considerare i mariti delle due figlie, tanto più che C V aveva convissuto con la famiglia del proposto. In realtà computando tutte le disponibilità, vi erano redditi netti significativi, utilizzati per sostenere le rate del mutuo, fermo restando il successivo stato di sofferenza. Ingiustificata risultava dunque l'imputazione dell'immobile al proposto, in assenza di specifici riscontri e di adeguati approfondimenti.
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