Cass. civ., sez. III, sentenza 10/10/2019, n. 25414

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. III, sentenza 10/10/2019, n. 25414
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 25414
Data del deposito : 10 ottobre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso 12769-2017 proposto da: ESPOSITO GIOVANNA, DANZA FRANCO, elettivamente domiciliati in ROMA,

CORSO RINASCIMENTO

11, presso lo studio dell'avvocato A L, rappresentati e difesi dall'avvocato V P;

- ricorrenti -

2019 contro 975 SCHIRINZI GASTONE ARMANDO, SCHIRINZI VITTORIO;

- intimati -

Nonché da: SCHIRINZI GASTONE ARMANDO, SCHIRINZI VITTORIO, in qualità di eredi, il primo di DOMENICO SCHIRINI e SCHIRINZI AGATA ASSUNTA, il secondo della sola SCHIRINZI AGATA ASSUNTA, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA

ENNIO QUIRINO VISCONTI

103, presso lo studio dell'avvocato L G, rappresentati e difesi dall'avvocato L L C;
- ricorrenti incidentali - avverso la sentenza n. 1118/2016 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 18/11/2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 18/04/2019 dal Consigliere Dott. M C;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. A P che ha concluso per l'accoglimento motivo 2 e 3 p.q.r. e 6, rigetto nel resto, rigetto ricorso incidentale;
udito l'Avvocato FABRIZIO D'ERRICO per delega;
udito l'Avvocato V P;
udito l'Avvocato L G per delega;

FATTI DI CAUSA

S D, affetto da sordomutismo, effettuò a partire dal 1997, in favore dei coniugi D F ed E G (anch'essi affetti da sordomutismo), numerosi atti di disposizione del suo patrimonio;
in particolare a loro favore emise numerosi assegni per notevoli importi, provvide a bonifici bancari, versò ratei della pensione e, in data 10-4-2001, vendette agli stessi due appartamenti, dichiarando al notaio che il prezzo era stato già corrisposto. In esito a denunzia penale del fratello S G, iniziarono a carico dei detti coniugi le relative indagini, inizialmente per il reato di circonvenzione di incapace (art. 643 c.p.) e poi per estorsione aggravata dall'avere posto la vittima in condizione di incapacità di agire (art. 629 cpy). In esito all'udienza preliminare del 6-11-07 (nella quale S D si costituì parte civile), D F ed E G vennero rinviati a giudizio per estorsione aggravata. Nel corso del giudizio penale, in data 5-6-08, morì S D e, al fine di ottenere il risarcimento dei danni dallo stesso subiti, si costituirono il fratello S G e la sorella S A. Con sentenza n. 623 del 19-10-09 il Tribunale penale di Lecce assolse i coniugi dal reato di estorsione per insussistenza del fatto (mancata prova della violenza). Detta sentenza divenne irrevocabile ai fini penalistici in quanto impugnata ex art. 576 cpp (cioè ai soli effetti civili) esclusivamente dalle parti civili S G e S A. Con sentenza n. 310 del 15-2-2012 la Corte d'Appello di Lecce, prima sezione penale, decidendo sul detto gravame delle parti civili, ritenne i coniugi civilmente responsabile del reato loro ascritto (estorsione aggravata) solo per il periodo successivo al febbraio 2003 (ritenendo accertata solo da tale data un condotta violenta dei coniugi nei confronti di S D), e condannò quindi gli stessi al risarcimento dei danni, da liquidarsi in separata sede. Con sentenza 1979 del 18-7/17-9-2014 la S.C., decidendo sul ricorso proposto in data 30-10-2012 ex art. 576 cpp sia dai coniugi Danza-Esposito sia da S G, annullò ai soli effetti civili, fermo restando gli effetti penali della statuizione impugnata, la detta sentenza 310/2012 della Corte d'Appello, rinviando ex art. 622 cpp al giudice civile competente per valore in grado di appello;
in particolare la S.C. ritenne i fatti (e cioè le cospicue e continue elargizioni di denaro nonché di beni mobili e immobili effettuate da parte della persona offesa in favore degli imputati) non più oggetto di contestazione;
ritenne dette elargizioni senza alcuna ragione d'essere;
ritenne inoltre non oggetto di specifica contestazione il comportamento degli imputati e la situazione psicologica di piena vulnerabilità della stessa persona offesa;
ritenne quindi evidente che gli imputati avevano abusato dello stato di vulnerabilità di S D e, ben consci di detta vulnerabilità, ne avessero sfruttato la debolezza al fine di procurarsi un profitto, non disdegnando in alcuni casi di ricorrere anche ad aggressioni fisiche e verbali;
di conseguenza, la S.C., esercitando i suoi poteri officiosi in ordine alla corretta qualificazione giuridica del fatto, qualificò lo stesso come delitto di circonvenzione di incapace;
al riguardo precisò che non vi era alcun pregiudizio della difesa e nessuna decisione a sorpresa, in quanto la circonvenzione di incapace era proprio il reato oggetto della denuncia ed esaminato da parte di entrambi i giudici di merito;
né siffatta diversa qualificazione giuridica poteva ritenersi una "reformatio in peius", atteso che il divieto di reformatio in peius riguardava il solo trattamento sanzionatorio in concreto stabilito dal giudice (nel caso di specie non mutato) e che comunque il reato come riqualificato era meno grave di quello ritenuto in sentenza. Con atto 11/15-12-2014 S G (quale erede sia di S D sia di S A, deceduta il 4-5-2013) e S V (quale erede di S A) hanno riassunto il giudizio dinanzi alla Corte d'Appello di Lecce in sede civile. Con sentenza n.1118 del 15-11-2016, depositata il 18-11-2016, la Co d'Appello di Lecce ha dichiarato, ai soli effetti civili, i coniugi Danza-Esposit responsabili esclusivi del danno procurato a S D e li ha condannati al risarcimento del detto danno in favore delle costituite parti civili S G e S V (quali eredi di S D), da liquidarsi in separata sede. In particolare la Corte: 1)ha rigettato la preliminare eccezione, sollevata dai coniugi, di carenza di legittimazione attiva di S V e S G. Al riguardo ha evidenziato: che S D si era regolarmente costituito parte civile nel corso del primo grado e che, alla sua morte, legittimamente i suoi fratelli S G e S A, quali eredi, avevano chiesto il risarcimento del danno subito dal fratello, e poi proposto appello avverso la sentenza di assoluzione, ribadendo la richiesta risarcitoria;
che la proposizione del ricorso per Cassazione da parte solo di S G (e non di S A) non poteva incidere sulla detta legittimazione attiva degli attori, che avevano sempre ed unicamente agito per il risarcimento del danno prodotto a S D;
tanto sia per il principio dell'immanenza della costituzione di parte civile nel processo penale (art. 76, comma 2, cpp) sia perché S G aveva sempre agito per l'intero credito ereditario;
che infondata ed inammissibile, in quanto tardiva, era anche l'eccezione di carenza di legittimazione attiva di S V per non avere la sua dante causa (S A) conferito mandato specifico al difensore per impugnare la sentenza di primo grado;
siffatto motivo di nullità non era invero più rilevabile dopo la deliberazione della sentenza di secondo grado e comunque non era stata oggetto di ricorso per Cassazione, sicché sul punto doveva ritenersi formato il giudicato: 2) ha rigettato la sollevata preliminare eccezione di intervenuta prescrizione del diritto al risarcimento del danno;
tanto con riferimento sia al reato di estorsione aggravata, di cui all'originaria imputazione, sia al reato di circonvenzione di incapace, come riqualificato dalla S.C.;
ed invero: quanto al reato di estorsione aggravata, per il quale era prevista la pena edittale massimale di venti anni, non era decorso il termine prescrizionale di venti anni ex artt. 157, comma 1, c.p. e 2947, comma 3 cc, atteso che il primo atto di elargizione era avvenuto il 13-6-97 e la costituzione di parte civile era avvenuta il 6-11-2007;
al riguardo ha evidenziato che, ai fini dell'azione civile, il termine prescrizionale da considerarsi era quello previsto per il reato come configurato nel capo di imputazione, a nulla rilevando la sua successiva e diversa qualificazione;
quanto al reato di circonvenzione di incapace, la sua riqualificazione (operata dalla S.C. con la sentenza 1979 del 17-9-2014) non incideva sul diritto risarcitorio, in quanto il nuovo termine prescrizionale di cui all'art. 2947, comma 1, cc. doveva farsi decorrere da tale pronuncia 3) ha rigettato le sollevate eccezioni preliminari di violazione del diritto di difesa conseguente alla riqualificazione del reato come circonvenzione di incapace, ribadendo al riguardo quanto precisato in argomento dalla S.C. nella menzionata sentenza. 4) nel merito ha quindi affermato la responsabilità esclusiva, ai fini civili, dei coniugi Danza-Esposito in ordine all'evento dannoso sin dal 1997, e, in riforma delle statuizioni di condanna al risarcimento contenute nella cassata sentenza della Corte d'Appello penale, ha condannato gli stessi al risarcimento del danno in favore delle costituite parti civili (S G e S V, quali eredi di S D), da liquidarsi in separata sede. 5) ha, invece, ritenuto inammissibili, in quanto richieste nuove formulate solo con l'atto di riassunzione, le domande di nullità dell'atto di vendita per notar Buonerba del 10-4-2011 e di restituzione degli immobili oggetto della vendita stessa;
al riguardo ha evidenziato che, in precedenza, erano state formulate solo richieste, ontologicamente diverse, di risarcimento del danno. Avverso detta sentenza Franco Danza e Giovanna Esposito propongono ricors % per Cassazione, affidato a sei motivi ed illustrato anche da successiva memoria ex art. 378 cpc. S G e S V resistono con controricorso e propongono a loro volta ricorso incidentale, affidato a tre motivi, cui resistono i coniugi Danza-Esposito.
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