Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 20/08/2004, n. 16375

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. IV lav., sentenza 20/08/2004, n. 16375
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 16375
Data del deposito : 20 agosto 2004
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. M E - Presidente -
Dott. L A - Consigliere -
Dott. M F - Consigliere -
Dott. E S M - Consigliere -
Dott. C D C G - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
R L, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

POMA

2, presso lo studio dell'avvocato G S A, difeso dall'avvocato E A, giusta delega in atti;



- ricorrente -


contro
INPS - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PEVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA VIA DELA FREZZA

17, presso l'Avvocatura Centrale dell'Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati T V, F G, N M, giusta delega in atti;



- controricorrente -


avverso la sentenza n. 311/01 del Tribunale di BARI, depositata il 05/07/01 - R.G.N. 168/98;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 11/05/04 dal Consigliere Dott. G C;

udito l'Avvocato T;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. P M che ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL POCESSO
L'INPS proponeva appello contro la sentenza del Pretore del lavoro di Bari che aveva rigettato l'opposizione proposta dall'ente previdenziale avverso il decreto ingiuntivo ottenuto dal lavoratore, odierno ricorrente, per il pagamento del t.f.r. maturato dal 20 maggio 1986 al 19 maggio 1989, periodo nel quale aveva fruito del trattamento di Cassa integrazione guadagni straordinaria (Cigs), dopo essere stato licenziato a seguito della dichiarazione di fallimento della società datrice di lavoro.
Sosteneva l'INPS di essere carente di legittimazione passiva per le quote di t.f.r. maturate nei periodi di Cigs precedenti il 23 marzo 1988, data di entrata in vigore del d.l. n. 86/88 (convertito in legge n. 160/88), essendo legittimato, per tali periodi, il Fondo per la mobilità della manodopera, costituito presso il Ministero del lavoro e della previdenza sociale.
Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Bari accoglieva l'appello e, per l'effetto, da un lato, condannava l'INPS al pagamento della minor somma ritenuta dovuta per le (sole) quote di t.f.r. maturate nei periodi di godimento della Cigs successivi al 233.1988 (cosi come risultanti dai conteggi, non contestati, depositati dall'ente previdenziale);
per altro verso, condannava il lavoratore appellato a restituire le differenze rispetto alla somma indicata nel decreto opposto.
Avverso questa pronuncia ha proposto ricorso per Cassazione la parte privata.
All'udienza del 2 dicembre 2003, fissata per la discussione, la Corte, rilevato che il ricorso era stato notificato all'INPS, non costituito, presso un procuratore diverso da quello (avv. Luigi Polito) indicato nella sentenza di appello, ha disposto la rinnovazione della notificazione, a seguito della quale l'INPS ha depositato controricorso.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso è articolato in tre motivi.
Con i primi due il ricorrente - denunciando omessa motivazione su un punto decisivo della controversia e violazione di norme di diritto (disposizioni della legge in generale, legge n. 297 del 1982, principio di infrazionabilità del trattamento di fine rapporto, artt. 21,24 e 25 della legge n. 675 del 1977, art. 2 legge n. 301 del 1979, art. 4, comma 19, d.l. n. 463 del 1983, art. 3 d.l. n. 747 del 1983, conv. in l. n. 18 del 1984;
l. 160 del 1980, l. n. 464 del 1972;
d.l. n. 726 del 1984 conv. in l. n. 863 del 1984;
art. 3 l. n. 108 del 1991) - assume che l'unico soggetto passivo dell'azione
intrapresa è l'INPS, dal momento che il diritto al t.f.r. non è frammentabile ma sorge e diventa esigibile solamente alla data di cessazione del rapporto di lavoro, intervenuta, nella specie, il 195.1989, vale a dire nel regime del d.l. n. 86/1988 (così come convertito), che ha posto a carico dell'INPS l'onere di corresponsione della prestazione. Per tale ragione contesta l'affermazione della sentenza impugnata secondo cui l'abrogazione, da parte dell'art. 8, comma 2, del ripetuto decreto-legge, delle norme che ponevano a carico del Fondo per la mobilità della manodopera gli oneri per le quote di t.f.r. per fattispecie come quella in esame (art. 21, commi 5 e 6 della l. n. 675/1977) e la contestuale conferma delle disposizioni in materia di cui all'art. 2, secondo comma, della legge 8 agosto 1972 n. 464, non avrebbero effetto, giusta l'art. 8,
comma 8, con riferimento ai periodi di fruizione della integrazione salariale precedenti la data (23 marzo 1988) di entrata in vigore del decreto-legge medesimo.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione di legge processuale e vizio di ultrapetizione (artt. 437 e 345 c.p.c.) per avere i giudici di appello accolto la domanda
dell'INPS di restituzione delle somme percepite in eccedenza in esecuzione del decreto ingiuntivo opposto in primo grado, ancorché una tale domanda fosse stata proposta tardivamente e comunque non nell'atto d'appello.


2. Il ricorso - nei suoi primi due motivi che possono essere trattati congiuntamente in quanto connessi - non è fondato, attesi i principi di diritto affermati da questa Corte che ha già esaminato fattispecie analoghe (cfr. da ultimo Cass. 10 maggio 2002 n. 6746, Cass. 11 aprile 2002 n. 5207, Cass. 23 marzo 2002 n. 4171). Poiché nella specie il periodo di c.i.g.s. va dal 20 maggio 1986 al 19 maggio 1989, occorre riferire della disciplina applicabile ratione temporis;
disciplina che è mutata nel tempo e che vede, per quanto rileva nel presente giudizio, una alterna evoluzione sviluppatasi essenzialmente in tre fasi nelle quali è possibile cogliere, come momento unificante, la tendenza ad un progressivo affiancamento delle quote di trattamento di fine rapporto maturate nel periodo di c.i.g. allo stesso trattamento di integrazione salariale. Di quest'ultimo le prime finiscono per mutuare la natura previdenziale-assistenziale così come in generale il trattamento di fine rapporto mutua la natura retribuiva dall'ordinario trattamento economico spettante al lavoratore. Il fatto poi che, in quelle varie fasi, il pagamento delle quote di t.f.r., diventate, sostanzialmente, una prestazione accessoria della integrazione salariale, sia stato posto a carico di enti previdenziali diversi è situazione che consegue a non sindacabili modalità di regolamentazione dell'intervento straordinario della Cassa integrazione e che, comunque, non contraddice ai principi enunciati a proposito dell'insorgenza del diritto al t.f.r., perché altro è il momento di maturazione di tale diritto (nel caso, la data di cessazione dell'intervento della c.i.g.s.) - questo avendo riguardo alla giuridica possibilità, per il lavoratore, di esigere il proprio credito - altro è la individuazione del soggetto pubblico nei confronti del quale la pretesa va esercitata, nulla vietando che la legge possa porre l'obbligo di adempimento della prestazione previdenziale a carico di enti di volta in volta diversi, da ritenere, quindi, responsabili in relazione ai diversi periodi di ammissione alla c.ig.s.

2.1. Passando, quindi, a brevemente illustrare il contenuto della menzionata disciplina, va ricordato che inizialmente - ed è questa la prima fase - era previsto un obbligo di rimborso a carico della c.i.g. della quota di indennità di anzianità corrisposta dal datore di lavoro e riferibile al periodo di sospensione del rapporto per collocamento del lavoratore in cassa integrazione guadagni. Infatti la legge 8 agosto 1972, n. 464 (recante modifiche ed integrazioni alla legge 5 novembre 1968, n. 1115, in materia di integrazione salariale e di trattamento speciale di disoccupazione) ha previsto, all'art. 2, da una parte che i periodi, per i quali è corrisposto il trattamento di integrazione salariale, sono considerati utili d'ufficio al fine del conseguimento del diritto alla pensione e della determinazione della misura di questa;
d'altra parte ha prescritto che per i lavoratori licenziati al termine del periodo di integrazione salariale, le aziende possono richiedere il rimborso alla cassa integrazione guadagni dell'indennità di anzianità, corrisposta agli interessati, limitatamente alla quota maturata durante il periodo predetto.

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