Cass. civ., SS.UU., sentenza 25/11/2009, n. 24758
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Qualora un magistrato del P.M. (nella specie titolare di una Procura della Repubblica) presti consenso all'istanza di patteggiamento della pena formulata da uno stretto congiunto (nella specie il fratello), l'apprezzamento dell'eventuale modesta rilevanza disciplinare della condotta che non rende configurabile l'illecito, a norma dell'art. 3-bis d.lgs. n. 109/2006, introdotto dall'art. 1, lett. e), della legge 24 ottobre 2006 n. 269, non può fondarsi né sulla modesta gravità del reato, né sulla circostanza che la pena patteggiata sia stata ritenuta congrua dal giudice, né sul disinteresse della persona offesa alla vicenda processuale, che sono da considerare eventi recessivi a fronte di un comportamento idoneo ad arrecare discredito oggettivo all'ordine giudiziario.
Costituisce illecito disciplinare l'omesso esercizio della facoltà di astensione da parte del magistrato investito di funzioni di P.M. tutte le volte che si configurino, nel procedimento, situazioni obiettivamente suscettibili di far ipotizzare che la sua condotta possa essere ispirata a fini diversi da quelli istituzionali. (Fattispecie nella quale un Procuratore della Repubblica aveva prestato consenso alla richiesta di applicazione di pena patteggiata formulata dal fratello, procurandogli l'indebito vantaggio costituito dall'esiguità della pena pecuniaria pattuita).
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PRESTIPINO Giovanni - Primo Presidente f.f. -
Dott. ELEFANTE Antonino - Presidente di sezione -
Dott. MORELLI Mario Rosario - Presidente di sezione -
Dott. D?ALONZO Michele - Consigliere -
Dott. MERONE Antonio - Consigliere -
Dott. FIORETTI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. FELICETTI Francesco - Consigliere -
Dott. GOLDONI Umberto - rel. Consigliere -
Dott. MACIOCE Luigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME1, elettivamente domiciliato in LOCALITA1,
NOME2, presso lo studio dell'avvocato NOME3, rappresentato e difeso dagli avvocati NOME4, NOME5, giusta
delega a margine del ricorso;
- ricorrente -
contro
PROCURNOME6;
- intimato -
avverso l'ordinanza n. NOME7 del CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA, depositata il 28/04/2009;
udita la relazione della causa svolta nella Udienza pubblica del 13/10/2009 dal Consigliere Dott. NOME8;
uditi gli avvocati NOME4, NOME5;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. NOME9, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In sede di indagini relative ai reati di cui agli artt. 594 e 660 c.p., commessi in Lanciano, si procedeva all'iscrizione nel
registro degli indagati di NOME10, fratello del
procuratore della Repubblica di quella citta', NOME1. In seguito a formale richiesta in tal senso dell'indagato, il detto magistrato prestava il suo assenso al patteggiamento, accolto poi, con sentenza passata in giudicato, dal GIP.
Venuto a conoscenza di tali fatti, il P.G. presso questa Corte promoveva giudizio disciplinare a carico di NOME1,
chiedendone, in via cautelare, il trasferimento d'ufficio e la destinazione ad altre funzioni.
L'illecito disciplinare ascritto al NOME10, riconducibile alla fattispecie di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. a) e c) del consisteva nell'aver egli mancato al proprio dovere di correttezza ed imparzialita' e violato consapevolmente l'obbligo di astenersi dalla trattazione del ricordato procedimento nei confronti del fratello, indagato per i reati gia' ricordati, e di avere nell'ambito dello stesso procedimento, inoltre prestato il consenso alla richiesta di applicazione della pena ai sensi dell'art 444 c.p.p., formulata dal fratello, cosi' arrecando un indebito vantaggio
all'indagato, costituito dall'esiguita' della pena pecuniaria per cui aveva prestato il consenso.
Con l'ordinanza qui oggetto di impugnativa, la sezione disciplinare del CSM, ha disposto in via cautelare, il trasferimento provvisorio dell'incolpato ad altro ufficio di distretto limitrofo diverso da quello indicato dall'art 11 c.p.p.. Per la cassazione di tale ordinanza ricorre, sulla base di sei motivi, il NOME1;
gli intimati non hanno svolto attivita' difensiva.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, si lamenta violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 109 del 2006, artt. 1 e 2, comma 1, lett. c), in relazione all'art. 606 c.p.p.;
inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, nonche' delle norme di cui al D.Lgs. n. 109 del 2006, in relazione all'art. 14 disp. gen..
Il motivo si conclude con il seguente quesito: "dica il supremo Collegio: a) se le norme di cui all'art. 52 c.p.p. e all'art. 73 c.p.c. costituiscano disposizioni c.d. eccezionali e quindi non
applicabili in via analogica, ne' interpretabili oltre il loro senso letterale ed estensivamente in materia di illeciti disciplinari;
b) se costituisce illecito disciplinare l'omessa astensione del P.M. nella trattazione di un procedimento penale in cui l'obbligo di astensione non sia previsto dalla legge;
c) se l'inosservanza della facolta' di astensione da parte del P. M. prevista dall'art. 52 c.p.c., possa essere intesa come violazione dell'obbligo di
astensione sancito dal D.Lgs. n. 109 del 2006, art. 2, comma 1, lett. c) ".
Il quesito, formulato per questo, come per tutti gli altri motivi per lodevole scrupolo, riassume in maniera sostanzialmente completa la tematica che e' alla base del motivo e puo' pertanto essere assunto come base valida per l'esame dello stesso. In buona sostanza, si pone la questione, in relazione all'avvenuta tipizzazione compiuta dell'illecito disciplinare relativa al se, a fronte di una norma che prevede solo la facolta' di astensione del P.M. sia sanzionabile disciplinarmente la condotta del magistrato del P.M. in casi in cui si controverta di situazioni suscettibili obiettivamente di far ipotizzare che la sua condotta possa essere ispirata a fini diversi da quelli di