Cass. pen., sez. V, sentenza 26/01/2023, n. 03449

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V, sentenza 26/01/2023, n. 03449
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 03449
Data del deposito : 26 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: POMILIA SALVATORE nato a CORLEONE il 17/02/1975 POMILLA ANGELO nato a ALCAMO il 16/10/1980 avverso la sentenza del 01/06/2021 della CORTE APPELLO di PALERMOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere RENATA SESSA;
udi' il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PERLA LORI ch,, ha concluso chiedendo Wtt. udito il dif sore

RITENUTO IN FATTO

1.Col ricorso proposto nell'interesse di P S e P A avverso la sentenza in epigrafe - con la quale in parziale riforma della sentenza di primo grado, riqualificati i fatti contestati al capo A) ai sensi degli artt.56, 393 cod.pen., si rideterminava la pena inflitta ai predetti nella misura di mesi 5 di reclusione, concedendo la sospensione condizionale della stessa, subordinata per P S allo svolgimento di attività non retribuita a favore della collettività - si rileva quanto segue.

1.1.Col primo motivo si deduce che la Corte territoriale ha confermato il giudizio di responsabilità richiamando esclusivamente le dichiarazioni rese dalla parte offesa senza valutare la mendacia e la reticenza di quest'ultima nel renderle.

1.2.Col secondo motivo si deduce l'omessa rinnovazione del dibattimento, con l'acquisizione di una prova già richiesta in primo grado (visione delle videoriprese di un primo incontro), 2. Il ricorso è stato trattato, ai sensi dell'art. 23, comma 8, d.l. n. 137 del 2020, convertito dalla legge 18 dicembre 2020, n.176, senza l'intervento delle parti che hanno così concluso per iscritto: il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibili i ricorsi. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi sono inammissibili.

1.1 ricorsi, nel lamentare col primo motivo che la Corte territoriale ha confermato il giudizio di responsabilità richiamando esclusivamente le dichiarazioni rese dalla parte offesa senza valutare la mendacia e la reticenza di quest'ultima nel renderle, non si confronta con l'articolata ricostruzione della vicenda svolta nelle conformi pronunce di merito, ed in particolare con quella ripercorsa nella sentenza impugnata, la quale, a differenza di quanto assume la difesa, non si è affatto sottratta al giudizio di credibilità ed attendibilità della persona offesa, neppure costituita parte civile. La Corte di Appello, nel confrontarsi con le speculari deduzioni articolate in appello, che avevano già in quella sede evidenziato le criticità riscontrabili nella deposizione della persona offesa, Milazzo Ignazia, ha osservato innanzitutto come la teste dovesse essere ritenuta pienamente attendibile in quanto è apparsa ancorata al crudo accadimento dei fatti, senza dispensare giudizi e senza lasciarsi andare ad enfatizzazioni di sorta e non è apparsa mossa da motivi di astio, di rancore o di risentimento personale tali da indurla al mendacio, né la predetta è apparsa interessata alle sorti del giudizio in quanto non si è neppure costituita parte civile, non evidenziando quindi alcun intento calunniatore. Inoltre, quanto dalla stessa dichiarato - prosegue la Corte di appello - appare riscontrato da quanto affermato dai testi Pirrone e Martorella, oltre che dal referto in atti, di tal che la discrasia emersa circa la presenza o meno dell'avv. Magaddino, peraltro collocato sul posto ma non nel sito specifico ove si era svolto l'incontro cogli imputati, non è stata pertanto ritenuta decisiva ai fini di un'incrinatura della tenuta del complessivo racconto di Milazzo Ignazia;
laddove le contestazioni mosse durante il suo esame, lungi dal gettare discredito sulla stessa, appaiono giustificate - precisa la Corte di appello - per il decorso del tempo;
e comunque non può essere sottaciuto, si afferma nella pronuncia impugnata, che la persona offesa, con le dovute sollecitazioni a rievocare i fatti attraverso il meccanismo delle contestazioni in aiuto alla memoria, ha sostanzialmente confermato la versione dei fatti già resa in fase di indagini preliminari, sia pur con qualche titubanza pienamente giustificata per il tempo decorso (ammettendo l'esistenza del debito di circa 20,000 C contratto dall'azienda agricola Pietra dei fiori, di cui era legale rappresentante, nei confronti degli imputati per una fornitura di uva rimasta inadempiuta);
e sulla base di tali argomenti la Corte di appello ha concluso che la sua deposizione deve reputarsi assolutamente genuina, mancando qualsiasi motivo di astio, avendo peraltro la stessa giustificato l'azione criminosa dagli stessi posta in essere con il chiaro intento da loro perseguitò di farsi ragione da sè per il torto subito, senza ricorrere all'autorità giudiziaria a ciò deputata.
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