Cass. civ., sez. V trib., sentenza 18/05/2016, n. 10200
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Testo completo
Esposizione delle ragioni in fatto ed in diritto della decisione
B.F., B.M.P., B.L. (in qualità di eredi di A.F.), A.A., A.T. e R.A. impugnavano l'avviso di liquidazione con il quale l'Ufficio aveva sottoposto a tassazione con imposta di registro proporzionale la scrittura privata autenticata di data 14 marzo 2006 intitolata "atto di conferma e ratifica di atto di vendita". Con una precedente scrittura privata autenticata del 15 marzo 2003 A.A. e A.F. avevano venduto un compendio immobiliare a A.T.. In tale scrittura A.F. era rappresentata dai tre procuratori con firma congiunta B.F., B.L. e B.M. P.. I procuratori B.F. e B.M.P. avevano apposto la firma in data 19 marzo 2003 mentre il terzo procuratore B.G. aveva apposto la firma il 18 aprile 2003, successivamente al decesso della rappresentata A. F., occorso in data 7 aprile 2003. Con l'atto del 14 marzo 2006 i tre procuratori, nella qualità di eredi di A.F., avevano sottoscritto, unitamente all'altra dante causa A. A. ed all'acquirente A.T. l'atto di conferma e ratifica della vendita precedentemente poste in essere. Le parti avevano chiesto, quindi, la registrazione di tale atto ad imposta fissa, ai sensi del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 13, mentre l'ufficio, qualificandolo come vero e proprio atto di trasferimento di diritti di proprietà immobiliare, aveva applicato l'aliquota proporzionale.
La Commissione Tributaria Provinciale di Ascoli Piceno accoglieva il ricorso e la sentenza era confermata dalla Commissione Tributaria Regionale delle Marche.
2. Avverso la sentenza d'appello propone ricorso per cassazione l'Agenzia delle entrate affidato a tre motivi. I contribuenti non si sono costituiti in giudizio.
3. Con il primo motivo di ricorso la ricorrente deduce insufficiente motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5. Sostiene che la CTR ha omesso di prendere in considerazione Il fatto, prospettato dall'Ufficio, che al secondo atto, qualificato dalle parti come conferma e ratifica, non avevano partecipato soltanto gli eredi della mandante ma anche l'altra venditrice e l'acquirente. Ciò implicava che l'atto non poteva essere qualificato come ratifica eseguita ai sensi dell'art. 1399 c.c. in quanto tale disposizione di legge consente solo agli eredi del mandante di ratificare l'operato della rappresentante senza poteri e non anche a soggetti estranei.
4. Con il secondo motivo la ricorrente deduce insufficiente motivazione circa fatto controverso e decisivo per il giudizio, ai sensi dell'art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 5. Sostiene che la CTR non ha considerato che B.G. ha apposto la firma dopo la morte della mandante A.F. pur conoscendo che il mandato si era già estinto per la morte della mandante. Ciò avrebbe consentito di ritenere che l'apposizione della firma in calce al primo contratto non era valida, con la conseguenza che l'atto successivamente stipulato non poteva essere considerato come una ratifica ma come un atto di autonomia negoziale cui andava applicata la tassazione in misura proporzionale.
5. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell'art. 360 c.p.c. , comma 1, n. 3, in relazione al D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 e dell'art. 1399 c.c.. Sostiene la ricorrente che il D.P.R. n. 131 del 1986, art. 20 impone di individuare gli effetti giuridici dell'atto presentato alla registrazione a prescindere dal nomen iuris assegnato dalle parti. Andava considerato che l'art. 1399 c.c. circoscrive al solo rappresentato e ai suoi eredi e non anche agli altri contraenti, estranei al rapporto di mandato, il potere di ratificare l'atto stipulato dal rappresentante senza poteri prima di conoscere l'estinzione del mandato per morte del mandante. Ne deriva che la CTR avrebbe dovuto qualificare correttamente il secondo negozio in termini di vero e proprio atto di trasferimento della proprietà immobiliare, poichè alla sua stipulazione erano intervenuti anche soggetti terzi, ossia l'altra venditrice e l'acquirente mentre uno dei figli, erede della mandante, aveva agito in base a procura conferitagli dalla madre dopo la morte di questa con la verosimile consapevolezza dell'avvenuta estinzione del rapporto di mandato e la conseguente impossibilità di configurare l'atto posto in essere come ratifica ai sensi dell'art. 1399 c.c..
6, In ordine al primo motivo di ricorso, si osserva che la corte di legittimità ha più volte affermato il principio secondo cui l'omessa motivazione su un punto decisivo della controversia di cui all'art. 360 c.p.c. , n. 5, secondo la formulazione della norma prima della riforma operata con la L. n. 134 del 2012 , sussiste quando l'attività di esame del giudice che si assume omessa concerne una circostanza di fatto od una risultanza istruttoria che, ove valutata, avrebbe comportato una diversa decisione su uno dei fatti costitutivi della domanda o su un'eccezione e, quindi, su uno dei fatti principali della controversia. Tuttavia il mancato esame da parte del giudice del merito di elementi contrastanti con quelli posti a fondamento della decisione adottata non integra, di per sè, il vizio di omessa o insufficiente motivazione su un punto decisivo della controversia, occorrendo che la risultanza processuale ovvero l'istanza istruttoria non esaminate attengano a circostanze che, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, avrebbero potuto condurre ad una decisione diversa da quella adottata (cfr. Cass. n. 25714/2014;Cass. n. 5444/2006;Cass. 1875/05). Proprio in punto di decisività si è chiarito (Cass. n. 4614/2014;Cass. 12623/12) che la stessa concerne non il fatto sulla cui ricostruzione il vizio stesso ha inciso, bensì la stessa idoneità del vizio denunciato, ove riconosciuto, a determinarne una diversa ricostruzione e, dunque, afferisce al nesso di casualità fra il vizio della motivazione e la decisione, essendo, peraltro, necessario che il vizio, una volta riconosciuto esistente, sia tale che, se non fosse stato compiuto, si sarebbe avuta una ricostruzione del fatto diversa da quella accolta dal giudice del merito e non già la sola possibilità o probabilità di essa. In definitiva, il mancato esame di elementi probatori, contrastanti con quelli posti a fondamento della pronunzia, costituisce vizio di omesso esame di un punto decisivo solo se le risultanze processuali non esaminate siano tali da invalidare, con un giudizio di certezza e non di mera probabilità, l'efficacia probatoria delle altre risultanze sulle quali il convincimento è fondato, onde la ratio decidendi venga a trovarsi priva di base (cfr. Cass. n. 12623/2012;Cass. n. 10156/2004;Cass. n. 9368/2006;Cass. 14752/2007).
Esaminato in quest'ottica, il motivo di ricorso appare infondato in quanto le circostanze indicate in ricorso e non esaminate dalla Commissione Tributaria Regionale, quand'anche accertate, non avrebbero consentito di pervenire ad una diversa decisione della causa.
Invero la ricorrente sostiene che la circostanza, non esaminata dalla CTR, che all'atto del 14.3.2006 erano intervenuti non solo i procuratori della venditrice deceduta ma anche le altre parti dell'originario contratto consentiva di escludere che si trattasse di mera ratifica. Ora, costituisce principio più volte affermato dalla Corte di legittimità quello secondo cui, nel caso della rappresentanza senza potere, la ratifica dell'attività svolta dal falsus procurator non si realizza con la semplice conoscenza che di essa abbia avuto il dominus, ma esige che tale soggetto ponga in essere una manifestazione di volontà, da portare a conoscenza dell'altro contraente, diretta ad approvare il contratto concluso senza potere rappresentativo ed a farne propri, con efficacia retroattiva, gli effetti (Cass. n. 2153 del 31/01/2014;Cass. n. 249 del 13/01/1997;Cass. n. 4237 del 07/05/1987). Da ciò deriva che la partecipazione all'atto delle altre parti, lungi dall'escludere la natura di vera e propria ratifica dell'atto stesso, era pienamente giustificata dalla necessità di conferire efficacia alla ratifica.