Cass. civ., sez. II, sentenza 19/11/2019, n. 30079
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Testo completo
ciato la seguente SENTENZA sul ricorso 26480-2015 proposto da: Z G e Z A, elettivamente domiciliati in Roma, via Corfirio n. 23, presso lo studio dell'avvocato G G, rappresenti e difendi dall'avvocato M V del Foro di Como;
- ricorrenti -
contro
-'S3q 115 (tO Z B, elettivamente domiciliato in Roma, via Federico Confalonieri n. 5 presso lo studio dell'avvocato L M, rappresentato e difeso dagli avvocati M F e A S;
- controricorrente -
contro
Z L A (detta L) e Z M G (detta M), elettivamente domiciliate in Roma, via viale Mazzini n. 88 presso lo studio dell'avvocato R S, che le rappresenta e difende con l'avvocato E R del Foro di Milano;
- con troricorrenti -
contro
ZERBI PATRIZIA EUGENIA (regolarmente intimata), ZERBI GRAZIA MARIA e ALGIA IMMOBILIARE s.r.l. (x entrambe le ultime due verificare notifica ricorso);
- intimate - avverso la sentenza n. 3494/2015 della Corte di appello di Milano depositata il 7 settembre 2015 e notificata a mezzo PEC il 19 ottobre 2015;
udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 2 aprile 2019 dal Consigliere relatore Dott.ssa M F;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F T, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli Avv.ti M V, per parte ricorrente, A S, R S e E R, per parti resistenti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 27 luglio 2009 B Z evocava, dinanzi al Tribunale di Milano, Gberto ZERBI, A ZERBI, Maria Giuseppina ZERBI, L A ZERBI, Patrizia Eugenia ZERBI e Grazia Maria ZERBI svolgendo domanda di accertamento della simulazione dei contratti di cessione di quote della società Algia Immobiliare a r.l. stipulati in data 2 giugno 1981 e 2 giugno 1983 da M G in favore dei figli Gberto ed A Zerbi e per l'effetto dichiarare la nullità delle dissimulate donazioni, con conseguente dichiarazione che la quota del 99% della Algia Immobiliare era di proprietà della de cuius M G al momento del decesso, per cui la stessa andava calcolata e divisa tra gli eredi per quote;
in via subordinata, chiedeva accertarsi la natura di contratti misti con donazione delle suddette cessioni e per l'effetto, ritenuta prevalente quella liberale, dichiarare la nullità delle donazioni per difetto di forma;
in via ulteriormente subordinata, chiedeva pronunciarsi declaratoria di inefficacia delle cessioni per violazione dell'art. 2479 c.c. all'epoca vigente. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei convenuti Gberto ed A Zerbi, che eccepivano la carenza di legittimazione e di interesse ad agire dell'attore, nonché la insussistenza della dedotta simulazione ovvero la prescrizione, nonché l'acquisto per usucapione dei diritti, con conseguente infondatezza delle domande, mentre aderiva alla domanda attorea M G Z, ed in seguito anche la germana L A Zerbi, veniva disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti della Algia Immobiliare s.r.l. L'incombente veniva assolto dall'attore ed il Tribunale adito, rimasta contumace la società chiamata in giudizio e dichiarata l'inammissibilità delle domande riconvenzionali proposte da L A Zerbi per intervenuta decadenza ex artt. 166 e 167 c.p.c., accertava la carenza di legittimazione attiva di B e M G Z rispetto alle domande di simulazione, di nullità e di accertamento della riferibilità del 99% delle quote della chiamata alla de cuius, nonché di divisione, giacchè trattandosi di soggetti totalmente pretermessi dall'eredità di M G, nessuna domanda di reintegrazione della legittima ovvero di accertamento della qualità di erede pretermesso o di riduzione della donazioni era stata dagli stessi proposta.In virtù di rituale appello interposto, con separati atti di citazione, da B Z, da una parte, e dalle germane, dall'altra, poi riuniti nel corso del giudizio, con il quale lamentavano che il giudice di prime cure avesse dichiarato inammissibili le domande sull'erroneo presupposto del difetto di interesse ad agire, la Corte di appello di Milano, nella resistenza degli appellati Gberto ed A Zerbi, rimaste contumaci Patrizia Eugenia e Grazia Maria Zerbi, nonché l'Algia Immobiliare s.r.I., accoglieva parzialmente gli appelli proposti da Maria Giuseppina e B Z, mentre dichiarava inammissibile quello di L A (per tardività della riconvenzionale) e le restanti domande, e in parziale riforma della decisione impugnata dichiarava che gli atti di cessione di 19.800 quote ciascuno della Algia Immobiliare, pari al complessivo valore del 99% del capitale sociale, da parte di M G in favore di Gberto ed A Zerbi costituivano vendite simulate, dissimulando donazioni nulle per vizio di forma e per l'effetto le indicate quote sociali appartenevano al compendio immobiliare di M G vedova Zerbi, deceduta 1'8 agosto 1999, dal quale erano da considerare come mai fuoriuscite;
dichiarava interamente compensate fra le parti costituite le spese di entrambi i gradi di giudizio. A sostegno della adottata sentenza la Corte distrettuale evidenziava, in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva delle parti appellanti quanto alla divisione del compendio ereditario, spettante solo a chi già riveste la posizione di coerede;
nel merito, accoglieva i motivi di gravame relativi all'accertamento della simulazione, in quanto preferito l'orientamento giurisprudenziale che non prevedeva come necessario l'esercizio contestuale dell'azione di riduzione, per avere il legittimario preternnesso già un proprio attuale interesse a far accertare l'effettiva consistenza e composizione del patrimonio ereditario nonché del donatum. Aggiungeva che il carattere simulato delle alienazioni emergeva dal fatto che gli apparenti acquirenti non avevano minimamente allegato elementi di prova idonei a comprovare l'avvenuto pagamento, limitandosi a riferire di avere versato per contanti le rendite, non sufficienti al riguardo le dichiarazioni dell'alienante di essere stato pagato, ancorchè rese in un atto pubblico, provenendo da una delle parti dell'accordo simulatorio. Concludeva che la fattispecie integrava una ipotesi di compravendita dissimulante un'effettiva donazione, che però era nulla per difetto di forma. Infine quanto alla pretesa usucapione delle quote sociali dedotta dagli appellanti, veniva rilevato che solo dai verbali di assemblea successivi al 1989 si faceva chiaro riferimento all'esistenza di tre soci;
aggiungeva che comunque A e Gberto Zerbi avevano preso parte all'accordo simulatorio inerente alla cessione delle predette quote per cui non poteva ritenersi il loro possesso acquisito in buona fede ex art.1611 c.c. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Milano hanno proposto ricorso per cassazione Gberto ed A Zerbi, che risulta articolato su sette motivi, al quale hanno resistito B Z, da una parte, e L A e M G Z, dall'altra, con due separati controricorso. In prossimità della pubblica udienza le parti controricorrenti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va pregiudizialmente rilevato il mancato perfezionamento della notificazione del ricorso alla
ALGIA
Immobiliare s.r.I., in ordine alla quale carenza il Collegio ritiene di non dover assumere alcun provvedimento ai sensi degli artt. 291 e 331 c.p.c. Infatti pur trattandosi di una parte rimasta contumace per l'intero giudizio (sia in primo sia in secondo grado), per cui i fatti allegati da parte attrice non possono ritenersi non contestati ovvero escludere che l'attore debba fornire la prova di tutti i fatti costituitivi del diritto dedotto in giudizio, tuttavia sulla base della medesima prospettazione delle parti costituite nel giudizio non viene allegato che la società sia titolare della posizione passiva relativa al diritto di cui parte attrice ha chiesto l'affermazione (cfr Cass., Sez. Un., 16 febbraio 2016 n. 2951). In altri termini, l'azione di simulazione è esercitata nei confronti degli eredi della de cuius, A e Gberto Zerbi, per far valere la natura di donazione degli atti di cessione della Algia Immobiliare, ragione per la quale le quote della società costituiscono l'oggetto del diritto fatto valere, ma la cui titolarità passiva grava esclusivamente sui germani Zerbi convenuti. Del resto è consolidata ed univoca la giurisprudenza per cui la carenza di legittimazione, attiva o passiva che sia, può essere eccepita in ogni grado e stato del giudizio e può essere rilevata dal giudice d'ufficio (da ultimo, Cass. 4 dicembre 2018 n. 31313). Passando al merito del ricorso, con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere il giudice distrettuale disposto la compensazione delle spese di lite anche rispetto alla posizione di M G Z totalmente soccombente in entrambi i gradi di giudizio. Il motivo è privo di fondamento. Lo stesso si rivolge nei confronti della decisione della Corte di appello di compensare integralmente - per entrambi i gradi - le spese di lite pur non ricorrendo l'ipotesi della reciproca soccombenza, che insieme all'assoluta novità della questione trattata o del mutamento della giurisprudenza, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., così come modificato dal d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 (applicabile ai procedimenti introdotti a decorrere dall'H dicembre 2014), avrebbe potuto legittimare un simile provvedimento. Prima ancora di verificare se le ragioni ravvisate dalla Corte di appello di Milano siano ascrivibili ad una delle ipotesi tipiche previste dalla norma testé citata, occorre rilevare che, con sentenza del 19 aprile 2018, n. 77, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 92, secondo comma, c.p.c. nella parte in cui non consente, nelle ipotesi di soccombenza totale, di compensare parzialmente o per intero le spese di lite anche ove ricorrano gravi ed eccezionali ragioni, diverse da quelle tipizzate dal legislatore. Gli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale retroagiscono fino al momento dell'introduzione
- ricorrenti -
contro
-'S3q 115 (tO Z B, elettivamente domiciliato in Roma, via Federico Confalonieri n. 5 presso lo studio dell'avvocato L M, rappresentato e difeso dagli avvocati M F e A S;
- controricorrente -
contro
Z L A (detta L) e Z M G (detta M), elettivamente domiciliate in Roma, via viale Mazzini n. 88 presso lo studio dell'avvocato R S, che le rappresenta e difende con l'avvocato E R del Foro di Milano;
- con troricorrenti -
contro
ZERBI PATRIZIA EUGENIA (regolarmente intimata), ZERBI GRAZIA MARIA e ALGIA IMMOBILIARE s.r.l. (x entrambe le ultime due verificare notifica ricorso);
- intimate - avverso la sentenza n. 3494/2015 della Corte di appello di Milano depositata il 7 settembre 2015 e notificata a mezzo PEC il 19 ottobre 2015;
udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 2 aprile 2019 dal Consigliere relatore Dott.ssa M F;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. F T, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
uditi gli Avv.ti M V, per parte ricorrente, A S, R S e E R, per parti resistenti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione notificato il 27 luglio 2009 B Z evocava, dinanzi al Tribunale di Milano, Gberto ZERBI, A ZERBI, Maria Giuseppina ZERBI, L A ZERBI, Patrizia Eugenia ZERBI e Grazia Maria ZERBI svolgendo domanda di accertamento della simulazione dei contratti di cessione di quote della società Algia Immobiliare a r.l. stipulati in data 2 giugno 1981 e 2 giugno 1983 da M G in favore dei figli Gberto ed A Zerbi e per l'effetto dichiarare la nullità delle dissimulate donazioni, con conseguente dichiarazione che la quota del 99% della Algia Immobiliare era di proprietà della de cuius M G al momento del decesso, per cui la stessa andava calcolata e divisa tra gli eredi per quote;
in via subordinata, chiedeva accertarsi la natura di contratti misti con donazione delle suddette cessioni e per l'effetto, ritenuta prevalente quella liberale, dichiarare la nullità delle donazioni per difetto di forma;
in via ulteriormente subordinata, chiedeva pronunciarsi declaratoria di inefficacia delle cessioni per violazione dell'art. 2479 c.c. all'epoca vigente. Instaurato il contraddittorio, nella resistenza dei convenuti Gberto ed A Zerbi, che eccepivano la carenza di legittimazione e di interesse ad agire dell'attore, nonché la insussistenza della dedotta simulazione ovvero la prescrizione, nonché l'acquisto per usucapione dei diritti, con conseguente infondatezza delle domande, mentre aderiva alla domanda attorea M G Z, ed in seguito anche la germana L A Zerbi, veniva disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti della Algia Immobiliare s.r.l. L'incombente veniva assolto dall'attore ed il Tribunale adito, rimasta contumace la società chiamata in giudizio e dichiarata l'inammissibilità delle domande riconvenzionali proposte da L A Zerbi per intervenuta decadenza ex artt. 166 e 167 c.p.c., accertava la carenza di legittimazione attiva di B e M G Z rispetto alle domande di simulazione, di nullità e di accertamento della riferibilità del 99% delle quote della chiamata alla de cuius, nonché di divisione, giacchè trattandosi di soggetti totalmente pretermessi dall'eredità di M G, nessuna domanda di reintegrazione della legittima ovvero di accertamento della qualità di erede pretermesso o di riduzione della donazioni era stata dagli stessi proposta.In virtù di rituale appello interposto, con separati atti di citazione, da B Z, da una parte, e dalle germane, dall'altra, poi riuniti nel corso del giudizio, con il quale lamentavano che il giudice di prime cure avesse dichiarato inammissibili le domande sull'erroneo presupposto del difetto di interesse ad agire, la Corte di appello di Milano, nella resistenza degli appellati Gberto ed A Zerbi, rimaste contumaci Patrizia Eugenia e Grazia Maria Zerbi, nonché l'Algia Immobiliare s.r.I., accoglieva parzialmente gli appelli proposti da Maria Giuseppina e B Z, mentre dichiarava inammissibile quello di L A (per tardività della riconvenzionale) e le restanti domande, e in parziale riforma della decisione impugnata dichiarava che gli atti di cessione di 19.800 quote ciascuno della Algia Immobiliare, pari al complessivo valore del 99% del capitale sociale, da parte di M G in favore di Gberto ed A Zerbi costituivano vendite simulate, dissimulando donazioni nulle per vizio di forma e per l'effetto le indicate quote sociali appartenevano al compendio immobiliare di M G vedova Zerbi, deceduta 1'8 agosto 1999, dal quale erano da considerare come mai fuoriuscite;
dichiarava interamente compensate fra le parti costituite le spese di entrambi i gradi di giudizio. A sostegno della adottata sentenza la Corte distrettuale evidenziava, in via preliminare, il difetto di legittimazione attiva delle parti appellanti quanto alla divisione del compendio ereditario, spettante solo a chi già riveste la posizione di coerede;
nel merito, accoglieva i motivi di gravame relativi all'accertamento della simulazione, in quanto preferito l'orientamento giurisprudenziale che non prevedeva come necessario l'esercizio contestuale dell'azione di riduzione, per avere il legittimario preternnesso già un proprio attuale interesse a far accertare l'effettiva consistenza e composizione del patrimonio ereditario nonché del donatum. Aggiungeva che il carattere simulato delle alienazioni emergeva dal fatto che gli apparenti acquirenti non avevano minimamente allegato elementi di prova idonei a comprovare l'avvenuto pagamento, limitandosi a riferire di avere versato per contanti le rendite, non sufficienti al riguardo le dichiarazioni dell'alienante di essere stato pagato, ancorchè rese in un atto pubblico, provenendo da una delle parti dell'accordo simulatorio. Concludeva che la fattispecie integrava una ipotesi di compravendita dissimulante un'effettiva donazione, che però era nulla per difetto di forma. Infine quanto alla pretesa usucapione delle quote sociali dedotta dagli appellanti, veniva rilevato che solo dai verbali di assemblea successivi al 1989 si faceva chiaro riferimento all'esistenza di tre soci;
aggiungeva che comunque A e Gberto Zerbi avevano preso parte all'accordo simulatorio inerente alla cessione delle predette quote per cui non poteva ritenersi il loro possesso acquisito in buona fede ex art.1611 c.c. Avverso l'indicata sentenza della Corte di Appello di Milano hanno proposto ricorso per cassazione Gberto ed A Zerbi, che risulta articolato su sette motivi, al quale hanno resistito B Z, da una parte, e L A e M G Z, dall'altra, con due separati controricorso. In prossimità della pubblica udienza le parti controricorrenti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..
CONSIDERATO IN DIRITTO
Va pregiudizialmente rilevato il mancato perfezionamento della notificazione del ricorso alla
ALGIA
Immobiliare s.r.I., in ordine alla quale carenza il Collegio ritiene di non dover assumere alcun provvedimento ai sensi degli artt. 291 e 331 c.p.c. Infatti pur trattandosi di una parte rimasta contumace per l'intero giudizio (sia in primo sia in secondo grado), per cui i fatti allegati da parte attrice non possono ritenersi non contestati ovvero escludere che l'attore debba fornire la prova di tutti i fatti costituitivi del diritto dedotto in giudizio, tuttavia sulla base della medesima prospettazione delle parti costituite nel giudizio non viene allegato che la società sia titolare della posizione passiva relativa al diritto di cui parte attrice ha chiesto l'affermazione (cfr Cass., Sez. Un., 16 febbraio 2016 n. 2951). In altri termini, l'azione di simulazione è esercitata nei confronti degli eredi della de cuius, A e Gberto Zerbi, per far valere la natura di donazione degli atti di cessione della Algia Immobiliare, ragione per la quale le quote della società costituiscono l'oggetto del diritto fatto valere, ma la cui titolarità passiva grava esclusivamente sui germani Zerbi convenuti. Del resto è consolidata ed univoca la giurisprudenza per cui la carenza di legittimazione, attiva o passiva che sia, può essere eccepita in ogni grado e stato del giudizio e può essere rilevata dal giudice d'ufficio (da ultimo, Cass. 4 dicembre 2018 n. 31313). Passando al merito del ricorso, con il primo motivo i ricorrenti lamentano la violazione e la falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c. per avere il giudice distrettuale disposto la compensazione delle spese di lite anche rispetto alla posizione di M G Z totalmente soccombente in entrambi i gradi di giudizio. Il motivo è privo di fondamento. Lo stesso si rivolge nei confronti della decisione della Corte di appello di compensare integralmente - per entrambi i gradi - le spese di lite pur non ricorrendo l'ipotesi della reciproca soccombenza, che insieme all'assoluta novità della questione trattata o del mutamento della giurisprudenza, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., così come modificato dal d.l. 12 settembre 2014, n. 132, convertito dalla legge 10 novembre 2014, n. 162 (applicabile ai procedimenti introdotti a decorrere dall'H dicembre 2014), avrebbe potuto legittimare un simile provvedimento. Prima ancora di verificare se le ragioni ravvisate dalla Corte di appello di Milano siano ascrivibili ad una delle ipotesi tipiche previste dalla norma testé citata, occorre rilevare che, con sentenza del 19 aprile 2018, n. 77, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 92, secondo comma, c.p.c. nella parte in cui non consente, nelle ipotesi di soccombenza totale, di compensare parzialmente o per intero le spese di lite anche ove ricorrano gravi ed eccezionali ragioni, diverse da quelle tipizzate dal legislatore. Gli effetti della pronuncia di illegittimità costituzionale retroagiscono fino al momento dell'introduzione
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