Cass. pen., sez. IV, sentenza 13/06/2023, n. 25339
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Testo completo
la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da: PLATANIA MAURIZIO nato a CATANIA il 24/07/1959 avverso l'ordinanza del 05/07/2022 della CORTE APPELLO di ANCONAudita la relazione svolta dal Consigliere ALESSANDRO D'ANDREA;
lette/sentite le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 5 luglio 2022 la Corte di appello di Ancona ha rigettato la domanda di riparazione dell'errore giudiziario presentata da P M. " Per come diffusamente esplicato dalla Corte territoriale, il P era stato originariamente condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione, con sentenza di primo grado confermata in appello, divenuta irrevocabile il 22 settembre 1994, in quanto riconosciuto partecipe di un'associazione per delinquere finalizzata a commettere rapine aggravate nei territori di Emilia- Romagna, Marche, Toscana, Lombardia e Veneto. Con successiva sentenza del 5 giugno 2008 la Corte di appello di Ancona aveva accolto un'istanza di revisione proposta dal P, per l'effetto revocando la precedente sentenza di condanna, altresì disponendo la sua assoluzione dal reato associativo ascrittogli.
1.1. La conseguente istanza di riparazione per errore giudiziario, avanzata ai sensi dell'art. 643 cod. proc. pen. da P M, era stata, in primo luogo, rigettata dalla Corte di appello di Ancona con ordinanza del 13 dicembre 2018, sul presupposto che l'errore dell'autorità giudiziaria fosse stato determinato da un comportamento gravemente colposo tenuto da parte dell'istante. Tale decisione era stata annullata da questa Corte di Cassazione con sentenza n. 5986 del 17 gennaio 2020, ritenendo la stessa non adeguatamente motivata, per avere operato solo richiami generici a comportamenti dell'imputato sostanzialmente esclusi da parte dei giudici della cognizione. Con successiva ordinanza del 7 ottobre 2021 la Corte di appello di Ancona, decidendo in sede di rinvio, aveva dichiarato l'inammissibilità della richiesta di riparazione dell'errore giudiziario per essere decorso il termine di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione, di cui all'art. 645, comma 1, cod. proc. pen. Tale ordinanza era stata nuovamente annullata con rinvio da parte di questa Suprema Corte, con sentenza n. 16603 del 22 marzo 2022, sul presupposto che la Corte di appello non potesse in quella sede operare una valutazione delle nullità o inammissibilità precedentemente verificatesi, potendo solo assumere una decisione nel merito della proposta istanza.
1.2. In ossequio a tale ultima indicazione, la Corte di appello di Ancona ha, infine, pronunciato il 5 luglio 2022 l'ordinanza in questa sede impugnata, di rigetto della richiesta del P di riparazione dell'errore giudiziario. Per la Corte di merito risulta giudizialmente comprovato come l'istante, non appena uscito dal carcere, si fosse messo in contatto con il fratello Emilio e con altre persone dedite alla commissione di rapine aggravate nel centro-nord Italia, effettivamente condannate per tali reati. Il P aveva, quindi, effettuato dal gennaio 1990 numerosi viaggi aerei da Catania a Milano, provvedendo personalmente all'espletazione di sopralluoghi finalizzati a programmare una rapina in Milano per il giorno 28 febbraio 1990, poi non realizzata solo in ragione di un vistoso e ostentato servizio di pedinannento disposto dalla Questura di Bologna, su indicazione del competente Procuratore della Repubblica, che aveva indotto l'istante e il suo accompagnatore a ripartire per Catania. Nella circostanza il P aveva inequivocabilmente chiarito, in una telefonata effettuata al padre, di dover essere rientrati perché «là c'erano cose brutte». D'altro canto, per come precisato dalla Corte territoriale, il P non ha mai fornito alcuna persuasiva e alternativa giustificazione in ordine alle ragioni delle citate trasferte, né dei frequenti contatti telefonici avuti con gli altri indagati, nel corso dei quali l'stante aveva dimostrato di svolgere un importante ruolo, esprimendo valutazioni circa l'individuazione dei soggetti da coinvolgere e in ordine all'esito dei sopralluoghi effettuati. Tutte le indicate risultanze, valorizzate quale comportamento colposo causativo dell'errore giudiziario, non sono state smentite nei diversi giudizi di merito svolti, essendo solo risultate insufficienti a far ritenere integrata la fattispecie di cui all'art. 416 cod. pen., stante l'indinnostrata sussistenza di un vincolo associativo connotato da un sufficiente grado di stabilità e di continuità tra i prevenuti. Pur tuttavia, per come ritenuto dalla Corte di appello, risulta del tutto ostativa al riconoscimento dell'invocato indennizzo la partecipazione del P alla preparazione della rapina progettata per il 28 febbraio 1990 in Milano, trattandosi di condotta che - pur penalmente irrilevante, essendo stata interrotta ancor prima che fosse integrato un tentativo - ha certamente indotto l'autorità giudiziaria a ritenerlo partecipe di un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine.
2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione P M, a mezzo del suo difensore,
lette/sentite le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 5 luglio 2022 la Corte di appello di Ancona ha rigettato la domanda di riparazione dell'errore giudiziario presentata da P M. " Per come diffusamente esplicato dalla Corte territoriale, il P era stato originariamente condannato alla pena di anni tre e mesi sei di reclusione, con sentenza di primo grado confermata in appello, divenuta irrevocabile il 22 settembre 1994, in quanto riconosciuto partecipe di un'associazione per delinquere finalizzata a commettere rapine aggravate nei territori di Emilia- Romagna, Marche, Toscana, Lombardia e Veneto. Con successiva sentenza del 5 giugno 2008 la Corte di appello di Ancona aveva accolto un'istanza di revisione proposta dal P, per l'effetto revocando la precedente sentenza di condanna, altresì disponendo la sua assoluzione dal reato associativo ascrittogli.
1.1. La conseguente istanza di riparazione per errore giudiziario, avanzata ai sensi dell'art. 643 cod. proc. pen. da P M, era stata, in primo luogo, rigettata dalla Corte di appello di Ancona con ordinanza del 13 dicembre 2018, sul presupposto che l'errore dell'autorità giudiziaria fosse stato determinato da un comportamento gravemente colposo tenuto da parte dell'istante. Tale decisione era stata annullata da questa Corte di Cassazione con sentenza n. 5986 del 17 gennaio 2020, ritenendo la stessa non adeguatamente motivata, per avere operato solo richiami generici a comportamenti dell'imputato sostanzialmente esclusi da parte dei giudici della cognizione. Con successiva ordinanza del 7 ottobre 2021 la Corte di appello di Ancona, decidendo in sede di rinvio, aveva dichiarato l'inammissibilità della richiesta di riparazione dell'errore giudiziario per essere decorso il termine di due anni dal passaggio in giudicato della sentenza di revisione, di cui all'art. 645, comma 1, cod. proc. pen. Tale ordinanza era stata nuovamente annullata con rinvio da parte di questa Suprema Corte, con sentenza n. 16603 del 22 marzo 2022, sul presupposto che la Corte di appello non potesse in quella sede operare una valutazione delle nullità o inammissibilità precedentemente verificatesi, potendo solo assumere una decisione nel merito della proposta istanza.
1.2. In ossequio a tale ultima indicazione, la Corte di appello di Ancona ha, infine, pronunciato il 5 luglio 2022 l'ordinanza in questa sede impugnata, di rigetto della richiesta del P di riparazione dell'errore giudiziario. Per la Corte di merito risulta giudizialmente comprovato come l'istante, non appena uscito dal carcere, si fosse messo in contatto con il fratello Emilio e con altre persone dedite alla commissione di rapine aggravate nel centro-nord Italia, effettivamente condannate per tali reati. Il P aveva, quindi, effettuato dal gennaio 1990 numerosi viaggi aerei da Catania a Milano, provvedendo personalmente all'espletazione di sopralluoghi finalizzati a programmare una rapina in Milano per il giorno 28 febbraio 1990, poi non realizzata solo in ragione di un vistoso e ostentato servizio di pedinannento disposto dalla Questura di Bologna, su indicazione del competente Procuratore della Repubblica, che aveva indotto l'istante e il suo accompagnatore a ripartire per Catania. Nella circostanza il P aveva inequivocabilmente chiarito, in una telefonata effettuata al padre, di dover essere rientrati perché «là c'erano cose brutte». D'altro canto, per come precisato dalla Corte territoriale, il P non ha mai fornito alcuna persuasiva e alternativa giustificazione in ordine alle ragioni delle citate trasferte, né dei frequenti contatti telefonici avuti con gli altri indagati, nel corso dei quali l'stante aveva dimostrato di svolgere un importante ruolo, esprimendo valutazioni circa l'individuazione dei soggetti da coinvolgere e in ordine all'esito dei sopralluoghi effettuati. Tutte le indicate risultanze, valorizzate quale comportamento colposo causativo dell'errore giudiziario, non sono state smentite nei diversi giudizi di merito svolti, essendo solo risultate insufficienti a far ritenere integrata la fattispecie di cui all'art. 416 cod. pen., stante l'indinnostrata sussistenza di un vincolo associativo connotato da un sufficiente grado di stabilità e di continuità tra i prevenuti. Pur tuttavia, per come ritenuto dalla Corte di appello, risulta del tutto ostativa al riconoscimento dell'invocato indennizzo la partecipazione del P alla preparazione della rapina progettata per il 28 febbraio 1990 in Milano, trattandosi di condotta che - pur penalmente irrilevante, essendo stata interrotta ancor prima che fosse integrato un tentativo - ha certamente indotto l'autorità giudiziaria a ritenerlo partecipe di un'associazione per delinquere finalizzata alla commissione di rapine.
2. Avverso la suddetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione P M, a mezzo del suo difensore,
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