Cass. civ., sez. I, sentenza 12/12/2005, n. 27384
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta
Segnala un errore nella sintesiMassime • 1
Il ricorso per cassazione avverso sentenze della corte d'appello in tema di adottabilità di minorenni, pronunziate ai sensi dell'art. 17 della legge 4 maggio 1983, n. 184 (il cui ultimo comma è tuttora in vigore, benché novellato dall'art. 16, comma 2, legge n. 149 del 2001 - in virtù del quale il ricorso è ammesso anche per altri motivi -, essendo l'efficacia della legge modificatrice sospesa, limitatamente alle regole di carattere processuale, dalla disposizione transitoria contenuta nell'art. 1, d.l. 24 aprile 2001, n.150, conv.,con modif., nella legge n. 240 del 2001, fino all'emanazione di una specifica disciplina sulla difesa d'ufficio, e comunque non oltre il 30 giugno 2002, termine poi prorogato al 30 giugno 2003, in forza del d.l. n. 126 del 2002, conv., con modif., nella legge 2 agosto 2002, n. 175; quindi al 30 giugno 2004, per effetto del d.l. n. 147 del 2003, conv., con modif., nella legge n. 200 del 2003, al 30 giugno 2005, in forza del d.l. n. 158 del 2004, conv., con modif., nella legge n. 188 del 2004, e da ultimo, al 30 giugno 2006, per effetto del d.l. n. 115 del 2005, conv., con modif., nella legge n. 168 del 2005), è ammissibile soltanto per violazione di legge, dovendosi ritenere compreso in tale vizio anche il caso di totale inesistenza o di mera apparenza della motivazione, per insanabile contraddittorietà, ed essendo invece da escludere l'ammissibilità' di qualsiasi controllo sull'adeguatezza e sufficienza della medesima, anche con riferimento alla valutazione delle risultanze probatorie acquisite. La persistente applicabilità della disciplina limitativa dei motivi deducibili con il ricorso per cassazione non si pone, d'altra parte, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., poiché, da un lato, rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire, rispetto a tutti i destinatari che versino in una certa situazione, la decorrenza della data di applicazione di una nuova disposizione di legge ed anche differirne la entrata in vigore per esigenze di ordine generale e, dall'altro, la garanzia costituzionale del diritto di difesa si attua nelle forme e nei limiti stabiliti dall'ordinamento processuale, salva l'esigenza di garantire effettività a tale tutela.
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. L M G - Presidente -
Dott. M G V A - Consigliere -
Dott. F F - Consigliere -
Dott. G P - rel. Consigliere -
Dott. S G M R - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
T O, elettivamente domiciliata in Roma, Via Girolamo Boccardo n. 26/A, presso lo studio dell'Avv. G F, rappresentata e difesa dagli Avv.ti PASTORE L e O Mo del foro di Lecce in forza di procura speciale in calce al ricorso;
- ricorrente -
contro
A L avv., nella qualità di curatore speciale dei minori M M, A M e T M;
- intimato -
e
DIRIGENTE pro tempore dell'UFFICIO DISTRETTUALE del SERVIZIO SOCIALE per i MINORENNI di LECCE;
- intimato -
e
PROCURATORE GENERALE della REPUBBLICA presso la CORTE di APPELLO di LECCE;
- intimato -
avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce, Sezione per i Minorenni, n. 7/2005 pronunciata il 19 gennaio 2005 e pubblicata il 1 marzo 2005.
Udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 03/10/2005 dal Consigliere Dott. P G.
Udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CO Giacomo il quale ha concluso per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
In esito agli sviluppi della procedura di cui agli artt. 333 - 336 c.c. avviata con provvedimento di ricovero in istituto del
04/07/1996, il Tribunale per i Minorenni di Lecce, mediante distinti decreti in data 14/09/2000, dichiarava lo stato di adottabilità dei minori Martino (nato il 09/09/1988), Alessandro (nato il 12/07/1990) e Tatiana (nata il 6.5.1994) M, figli di Fernando M e di O T.
Proposta opposizione da parte dei genitori e dei parenti entro il quarto grado appartenenti alle famiglie di entrambi (Concetta, Vituccia, Gisella e Virginia Paola M, nonché Fernando e Maria Pina Tornese), il medesimo Tribunale, con sentenza dell'11/12/2002- 09/04/2004 dichiarava inammissibile il mezzo esperito da Fernando M, rigettando gli altri.
Avverso la decisione, proponevano appello la madre dei minori ed i parenti sopra menzionati.
Radicatosi il contraddittorio, la Corte territoriale di Lecce, nella sua specializzata composizione per i minorenni, con sentenza del 19/01-01/03/2005 respingeva il gravame, assumendo in particolare:
a) che l'ambiente in cui i minori vivevano non fosse certo il più idoneo per la loro crescita, avuto riguardo alla condotta serbata dai genitori, non scevra di rilievo anche in sede penale;
b) che il quadro familiare di cui sopra avesse trovato conferma nelle dichiarazioni rese, davanti al Tribunale minorile, da Martino ed Alessandro M, i quali, ascoltati siccome entrambi ultradodicenni, avevano manifestato il loro deciso rifiuto di riallacciare ogni rapporto con i genitori stessi e la loro ferma intenzione di rimanere nelle famiglie cui erano stati temporaneamente affidati.
Avverso tale sentenza, ricorre per Cassazione O T, deducendo quattro motivi di gravame quali non resistono il curatore speciale dei minori e le altre parti intimate.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con i quattro motivi in esame, fatti oggetto di unitaria illustrazione da parte della stessa ricorrente, lamenta quest'ultima violazione e falsa applicazione di norme di diritto (della L. n. 184 del 1983, della L. n. 151 del 1975 e della L. n. 149 del 2001),
omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa vari punti decisivi della controversia prospettati dalle parti e comunque rilevabili d'ufficio, violazione dei diritti di difesa costituzionalmente garantiti, nullità dell'impugnata sentenza e del relativo procedimento, assumendo: 1) che la volontà iniziale del giudice minorile di mandare alfine in adozione tutti e tre i bambini si evince, innanzi tutto, dal fatto di avere messo "il mestolo" in mano all'istituto "La nostra famiglia", associazione notoriamente, e sul territorio nazionale, interessata sotto il profilo economico alle faccende dei minori, avendo in secondo luogo il medesimo giudice disatteso prima ed estromesso poi i servizi territoriali, gli unici in grado di ricoprire un effettivo ruolo istituzionale con garanzia di imparzialità ed oggettività;
2) che tale giudice non ha raccolto in atti i risultati di alcuna indagine svolta nel luogo dove i bambini vivevano (presso, cioè, la scuola, la parrocchia, il medico di famiglia, il pediatra);
3) che il primo documento ufficiale, ovvero la relazione dell'ufficio interventi civili della Procura Minorile di Lecce - giugno 1996 - definisce i bambini sani, belli, intelligenti, estroversi, puliti, mentre la prima relazione dell'istituto sopra indicato li definisce come "tre animaletti", ivi leggendosi che sono sporchi e trascurati, che dormono per terra, che non sanno cosa è la tavola imbandita, che hanno problemi di apprendimento e di comunicazione, nonché risultando versata in atti una considerevole mole di "relazioni" da parte dell'istituto anzidetto, la quale ha consentito al giudice minorile non solo di mantenere la situazione di allontanamento ed internamento dei tre bambini, ma altresì di addivenire all'assunzione delle decisioni relative all'adozione;
4) che numerose sono le relazioni del consultorio familiare di Ugento con le quali gli operatori che seguivano la vicenda riferivano al Tribunale minorile di Lecce i positivi accertamenti svolti nei confronti della Tornese, non senza evidenziare, a volte, che il ruolo istituzionale e le norme di legge imponevano di praticare ogni mezzo idoneo al fine del recupero dei rapporti e del rientro dei bambini in famiglia;
5) che l'odierna ricorrente non ha ricevuto alcun tipo di sostegno, di aiuto, di indicazione o prescrizione al fine precipuo di riallacciare i legami con i propri figli, onde la medesima ricorrente, anziché trovare nelle istituzioni quel sostegno e quell'aiuto al quale aveva diritto, ha trovato la più totale chiusura ed il più totale sbarramento, senza alcuna possibilità di riavere con sè i bambini anche in ragione del fatto che il giudice minorile ha omesso di dare risposta alle innumerevoli richieste ed istanze della madre e, addirittura, di pronunziare in merito ad apposito ricorso ex art. 336 c.c. depositato il 01/12/1997;
6) che la disposta consulenza tecnica, una volta dichiarata nulla, non è stata più rinnovata;
7) che il giudice minorile ha disatteso ogni richiesta istruttoria degli opponenti, non fornendone motivazione;
8) che quanto si legge nella sentenza di primo grado, e che si vorrebbe attribuire a quanto riferito dagli stessi bambini, viene smentito anche soltanto dalla visione dell'atto difensivo della Tornese depositato il 28/02/2002 e dell'allegata documentazione fotografica;
9) che quanto riferito dai minori Martino ed Alessandro non corrisponde affatto a verità, nel senso che alcuno dei genitori è stato mai tossicodipendente ne' ha mai fatto uso di sostanze alcoliche, laddove, del resto, le dichiarazioni rese dai due ragazzi assumono ben altro significato sol che si consideri come oltre la metà della loro vita risulti trascorsa in istituto e come il periodo vissuto dagli stessi con la famiglia e con la mamma costituisca appena una piccola parte della loro fanciullezza;
10) che l'impugnata sentenza ed il relativo procedimento sono inficiati da nullità assoluta ed insanabile, atteso che tutti e tre i minori, in palese violazione della L. n. 49 del 2001, non sono stati legalmente assistiti da alcuno, nel senso che alla nomina del curatore speciale, nella persona dell'Avv. L A del foro di Lecce, non è seguita la necessaria ed obbligatoria assistenza legale prescritta dalla legge sopra richiamata, onde i giudizi che riguardavano direttamente e personalmente i minori anzidetti sono stati celebrati senza che questi siano stati appunto assistiti legalmente, secondo quanto invece prevede imperativamente la già citata normativa.
O, le censure dianzi riportate sotto i numeri da "1" a "9" non sono ammissibili.
Giova, al riguardo, premettere:
a) che, avverso le sentenze sullo stato di adottabilità pronunciate dalla sezione per i minorenni della Corte di Appello, il ricorso per Cassazione continua ad essere ammesso esclusivamente per violazione di legge, secondo la disciplina contenuta nel testo originario della L. 4 maggio 1983, n. 184, art. 17, giacché l'entrata in vigore della nuova normativa processuale (L. 28 marzo 2001, n. 149, art. 16 sostitutivo del richiamato art. 17) la quale ha esteso l'ambito dei motivi di ricorso per Cassazione avverso le dette sentenze, comprendendovi anche il vizio di motivazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 è rimasta sospesa in forza della disposizione
transitoria di cui al D.L. 24 aprile 2001, n. 150, art. 1, convertito, con modificazioni, nella L. 23 giugno 2001, n. 240, il cui termine di efficacia, dapprima fissato al 30 giugno 2002, è stato ripetutamente prorogato (al 30 giugno 2003, in forza del D.L. 1 luglio 2002, n. 126, convertito, con modificazioni, nella L. 2 agosto 2002, n. 175;quindi al 30 giugno 2004, in forza del D.L. 24 giugno 2003, n. 147, convertito, con modificazioni, nella L. 1 agosto 2003, n. 200;poi al 30 giugno 2005, in forza del D.L. 24 giugno 2004, n. 158, convertito, con modificazioni, nella L. 27 luglio 2004, n. 188;
da ultimo al 30 giugno 2006, in forza del D.L. 30 giugno 2005, n. 115, convertito, con modificazioni, nella L. 17 agosto 2005, n. 168: Cass. 6 marzo 2003, n. 3333;Cass. 21 marzo 2003, n. 4124;Cass. 23 novembre 2003, n. 19862;Cass. 4 dicembre 2003, n. 18512;Cass. 3 giugno 2004, n. 10570;Cass. 2 novembre 2004, n. 21054), senza che, del resto, la persistente applicabilità della disciplina limitativa dei motivi deducibili con il ricorso per Cassazione si ponga in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., poiché, da un lato, rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire, rispetto a tutti i destinatari che versino in una certa situazione, la decorrenza della data di applicazione di una nuova disposizione di legge ed anche differirne l'entrata in vigore per esigenze di ordine generale, laddove, dall'altro lato, la garanzia costituzionale del diritto di difesa si attua nelle forme e nei limiti stabiliti dall'ordinamento processuale, salva l'esigenza - nella specie rispettata - di garantire effettività a tale tutela (Cass. n. 3333/2003, cit.;Cass. n. 9862/2003, cit.;Cass. n. 21054/2004, cit.);b) che, infatti, ai
sensi della già menzionata L. n. 184 del 1983, art. 17, ultimo comma, il ricorso per Cassazione avverso le sentenze rese in tema di declaratoria dello stato di adottabilità dei minori non soltanto è soggetto ad un termine dimidiato rispetto a quello ordinario, il quale decorre dalla notificazione di ufficio della sentenza medesima (Cass. 8 giugno 2000, n. 7848;Cass. 1 febbraio 2000, al 100;Cass. 26 gennaio 1995, n. 961), ma si inserisce in uno speciale
procedimento, modellato sulle peculiarità della situazione sostanziale oggetto del giudizio che ne limitano l'ammissibilità, per espressa previsione della norma sopra citata (la cui questione di legittimità costituzionale, con riferimento agli artt. 3 e 111 Cost., è stata ritenuta manifestamente infondata, avuto riguardo
appunto alla particolare natura della situazione giuridica dedotta, costituita dal diritto fondamentale del minore a crescere in maniera sana ed equilibrata, la quale richiede una rapida definizione di tale giudizio, nonché alla necessità della corrispondente differenziazione delle forme e dei modi della relativa tutela giurisdizionale: Cass. 23 dicembre 1995, n. 13100), ai soli casi di violazione di legge appunto, essendo poi siffatta locuzione da intendere nel senso che questa è inidonea a comprendere i vizi, contemplati dall'art. 360 c.p.c., n. 5, riguardanti la sufficienza e la razionalità della motivazione su questioni di fatto, implicando un raffronto tra le ragioni del decidere e le risultanze del materiale probatorio, mentre, per contro, integra gli estremi della violazione di legge in parola (ed è perciò suscettibile di venire denunciato con il ricorso de quo) esclusivamente il caso della mancanza assoluta della stessa motivazione, la quale si verifica, oltre che nell'ipotesi di sua totale omissione, là dove la medesima si dipani secondo argomentazioni del tutto inidonee a sorreggere la ratio decidendi (c.d. motivazione fittizia o apparente), ovvero logicamente inconciliabili tra loro, o perplesse, o, ancora, obiettivamente incomprensibili (Cass. 27 gennaio 1995, n. 1006;Cass. 19 aprile 1995, n. 4388;Cass. 5 agosto 1996, n. 7139;Cass. 24 marzo
1998, n. 3101;Cass. 26 aprile 1999, n. 4139;Cass. 1 dicembre 1999, n. 13419;Cass. 14 novembre 2003, n. 17291;Cass. 20 dicembre 2003, n. 19585;Cass. n. 19862/2003, cit.). Facendo, quindi, esplicito richiamo alle considerazioni anzidette, in ordine ai limiti del sindacato di legittimità demandato a questa Corte in materia, appare palese come, nella specie, l'odierna ricorrente, indipendentemente dalla prospettazione meramente formale contenuta nella rubrica dei motivi in esame (là dove si allude, peraltro unitamente all'espressa denuncia altresì di "Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa vari punti decisivi della controversia prospettati dalle parti e comunque rilevabili d'ufficio", alla "Violazione e falsa applicazione di norme di diritto" ed, in particolare, alla violazione e falsa applicazione della L. n. 184 del 1983, della L. n. 151 del 1975 e della L. n. 149 del 2001) ed avuto piuttosto riguardo al contenuto sostanziale di
questi ultimi, abbia in realtà inteso censurare la stessa ricostruzione della fattispecie ad opera della Corte territoriale per quanto concerne la sussistenza dello stato di abbandono, onde appare indubitabile che le relative doglianze, siccome attinenti, da un lato, al riconoscimento di tale sussistenza (alla quale, come noto, resta subordinata la dichiarazione di stato di adottabilità e la cui valutazione costituisce apprezzamento di fatto riservato al giudice del merito, nel senso esattamente che l'indagine sull'esistenza o meno, nel caso concreto, dei presupposti della suindicata dichiarazione, risolvendosi nell'accertamento di realtà storione, resta preclusa in sede di legittimità), nonché, dall'altro lato (e più specificatamente), all'omessa o erronea valutazione di circostanze o (al più) di risultanze probatorie, ovvero ancora alla mancata ammissione di mezzi istruttoria sottendano la denunzia di vizi dell'impugnata sentenza inerenti alla motivazione, ex art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, i quali, come accennato, non sono tuttavia
suscettibili di venire dedotti con il ricorso per Cassazione, mentre, del resto, la motivazione anzidetta non risulta affatto inesistente o semplicemente apparente, avendo la Corte territoriale, all'opposto, compiutamente dato conto:
a) del fatto che "nella relazione del 21 giugno 1996, seguita alla visita disposta dal P.M.M. presso l'abitazione rurale della famiglia M, si legge - è vero - che i (minori) apparivano "in buono stato di salute e ordinati" ed erano "intelligenti, belli, estroversi", ma da essa si apprende anche che l'ambiente in cui essi vivevano non era certo il più idoneo per una loro crescita quanto meno moralmente accettabile (atteso che) il padre era detenuto per associazione di stampo mafioso e per spaccio di sostanze stupefacenti, la madre era stata di recente colpita da misura cautelare in carcere e poi posta agli arresti domiciliari, sempre per fatti di droga (e) durante la carcerazione della Tornese i bambini erano stati lasciati alle cure di un'amica, notoriamente di facili costumi";
b) del fatto che "toni ancora più pesanti usavano i CC di Ugento nelle informazioni del 4 settembre dello stesso anno: Fernando M, pluripregiudicato, di pessima condotta morale e civile, oltre ad avere a carico numerosi precedenti penali per reati contro il patrimonio e spaccio di sostanze stupefacenti ed essere affiliato a consorteria malavitosa di tipo mafioso, aveva fatto della sua isolata dimora rurale un ritrovo fisso di pregiudicati...ed anche O T era descritta di pessima condotta morale e civile, spesso notata con sue coetanee dedite alla prostituzione, tant'è che già da diversi mesi (era) ormai di dominio pubblico che la stessa si (stesse) prostituendo";
c) del fatto che, "con tali antefatti, affermare che il disadattamento dei minori sia stato cagionato dalla loro precoce istituzionalizzazione è veramente fuor di luogo, che, anzi, è più che lecito opinare che il tempestivo ricovero dei piccoli M nel centro di accoglienza La Nostra Famiglia sia valso a sottrarli ad una degradante crescita in un ambiente familiare privo delle più elementari regole morali (mentre) lascia poi il tempo che trova l'accusa, rivolta agli operatori del centro di accoglienza, di volere a tutti i costi, con le loro negative relazioni sui minori, trattenerli presso la struttura per lucrare le rispettive rette,...risultando dagli atti, al contrario, che proprio gli operatori de La Nostra Famiglia hanno subito caldeggiato l'affidamento a cd. rischio giuridico dei germani M a coppie genitoriali";
d) del fatto che "nulla l'appellante ha potuto opporre alle gravissime accuse mosse da Martino e da Alessandro ai loro genitori, riferite al giudice minorile il 9 ed il 16 maggio 2000,...le quali, alla luce dell'incontrovertibilmente emerso ambiente familiare innanzi descritto, dedito al traffico di droga e moralmente degradato, assumono tutta la loro tragica attendibilità, del racconto dei due minori (essendo) sufficiente ricordare, a suggello della assoluta incapacità della Tornese a riprendere il suo ruolo genitoriale ed a definitiva conferma dello stato di abbandono dei fratelli M, non tanto le percosse da costoro ripetutamente subite, ma gli inqualificabili comportamenti dei genitori, che si drogavano in presenza dei figli, li facevano assistere alle loro prestazioni sessuali e tentavano di indurli ad assumere stupefacenti...";
e) del fatto che "nell'ascolto video registrato, di cui alla disposta trascrizione, Martino ed Alessandro (l'insinuata sostituzione di persona non merita commento) non hanno nuovamente ricordato una così triste esperienza, ma, dal loro deciso rifiuto di riallacciare ogni rapporto, anche solo visivo, con quelli che hanno definito ex padre ed ex madre, emerge a chiare lettere la insopprimibile volontà di rimuovere del tutto il passato, compresi i momenti di fanciullesca serenità che pure devono aver vissuto e che sono oltretutto documentati nel corredo fotografico depositato dall'opponente in prime cure". Circa, poi, la censura sopra riportata al numero "10", si osserva che tale censura, pur risultando ammissibile dal momento che, con essa, viene prospettata la "sola" violazione di legge denunziata con i motivi in esame, appare tuttavia destituita di fondamento, bastando, al riguardo, richiamare quanto accennato all'inizio circa il fatto che, in virtù della disposizione transitoria di cui al D.L. n. 150 del 2001, art. 1, convertito, con modificazioni, nella L. n. 240 del 2001, il cui termine di efficacia, dapprima fissato al 30 giugno 2002, è stato ripetutamente prorogato (da ultimo al 30 giugno 2006, in forza del D.L. n. 115 del 2005, convertito, con modificazioni, nella L. n. 168 del 2005), ai procedimenti per la dichiarazione dello stato di adottabilità disciplinati dal titolo 2, capo 2, della L. n. 184 del 1983 (e successive modifiche) ed ai relativi di giudizi di opposizione continuano ad applicarsi le disposizioni processuali vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato D.L. (corrispondente al "27 aprile 2001", al pari della L. n. 149 del 2001, ovvero al giorno successivo a quello della rispettiva
pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale), onde non può ritenersi applicabile, nella specie, la norma introdotta dall'art. 8, ultimo comma, di quest'ultima legge, il quale, nel sostituire l'art. 8 della già citata L. n. 184 del 1983, che non recava alcuna statuizione del
genere, prevede ora effettivamente (con disposizione indubitabilmente "processuale" che, però, non è suscettibile di venire in considerazione, per le ragioni indicate, sino al 30 giugno 2006) che "Il procedimento di adottabilità deve svolgersi fin dall'inizio con l'assistenza legale del minore e dei genitori o degli altri parenti, di cui all'articolo 10, comma 2".
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato.
Nulla è a pronunciare circa la sorte delle spese del giudizio di Cassazione, dal momento che nessuno degli intimati ha, in questa sede, resistito o, comunque, svolto attività difensiva alcuna.