Cass. pen., sez. V trib., sentenza 01/03/2018, n. 09404

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. V trib., sentenza 01/03/2018, n. 09404
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 09404
Data del deposito : 1 marzo 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

to la seguente SENTENZA sui ricorsi proposti da: V M nato il 19/06/1989 a ROVERETO GIOVINAZZI NICOLA nato il 14/01/1987 a MASSAFRA avverso la sentenza del 13/10/2016 della CORTE APPELLO SEZ.DIST. di TARANTOvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere

ENRICO VITTORIO SCARLINI

Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore PASQUALE FIMIANI che ha concluso per l'inammissibilita' Udito il difensore, Avv. P, che si riporta ai motivi di ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1 - Con sentenza del 13 ottobre 2016, la Corte di appello di Lecce, sezione di Taranto, in parziale riforma della sentenza del locale Tribunale, concedeva a N G il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale, confermando la condanna del medesimo e del coimputato M V per il delitto di furto aggravato loro ascritto, per essersi impossessati, in concorso fra loro e con un terzo soggetto (e, quindi, con l'aggravante prevista dall'art. 625 n. 5 cod. pen.), in più occasioni in esecuzione di un medesimo disegno criminoso, di circa cinque quintali complessivi di agrumi sottraendoli dal fondo agricolo di G F. La Corte territoriale concludeva per l'infondatezza dei motivi di appello diversi da quello accolto, perché: - la condotta non poteva essere derubricata nella fattispecie prevista dall'art. 626 cod. pen. perché non vi era prova alcuna che i frutti sottratti non fossero quelli rimasti dopo la raccolta e la quantità raccolta smentisce l'assunto;
- la sussistenza dell'aggravante dell'avere agito in tre persone rendeva il delitto contestato procedibile d'ufficio;
- la pena edittale massima prevista per il delitto consumato non consentiva l'applicazione del disposto dell'art. 131 bis cod. pen.. 2 - Propongono distinti ricorsi i due imputati, a mezzo del medesimo difensore, articolando le censure in due identici motivi. 2 - 1 - Con il primo deducono la violazione di legge in ordine alla corretta qualificazione della condotta che doveva ricondursi alla fattispecie prevista dall'art. 626, comma 1, cod. pen., posto che tale norma punisce chi spigoli, rastrelli o raspolli nei fondi altrui non ancora interamenti spogliati dal raccolto. In giudizio era stata acquisita la prova che il proprietario del fondo aveva già effettuato il raccolto e la sola quantità sottratta non poteva, come aveva affermato la Corte, dimostrare il contrario. 2 - 2 - Con il secondo motivo lamentano il difetto di motivazione per non avere la Corte territoriale argomentato sui motivi di censura sollevati con l'atto di appello. Fra l'altro non si era dato neppure atto che la persona offesa aveva dichiarato di essere stata integralmente risarcita. CONSIDERATO IN DIRITTO I ricorsi promossi nell'interesse degli imputati sono inammissibili.
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