Cass. pen., sez. II, sentenza 29/04/2021, n. 16394
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Segnala un errore nella sintesiSul provvedimento
Testo completo
la seguente sui ricorsi proposti da: dalla parte civile ASSOCIAZIONE ANTIRACKET "FONTE DI LIBERTA'" nel procedimento a carico di: BISOGNANO CARMELO nato a MAZZARRA SANT'ANDREA il 23/08/1965 MARINO TINDARO nato a GIOIOSA MAREA il 15/06/1960 nel procedimento a carico di questi ultimi inoltre: TORRE GIOVANNI A.L.I.L.A.C.C.O. L.A.C.A.I. avverso la sentenza del 25/03/2019 della CORTE APPELLO di MESSINAvisti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE COSCIONI;
udito il Pubblico Ministero, in Persona del Sostituto Procuratore FULVIO TRONCONE che ha concluso chiedendo d cc.;
5, 1- "R. rs.,.,"A: 5 IN e 5Z •", f‘r. -.?',nyJr-')_ n fa Rir 11 i I /../j, y-rho R1.5()CAmr0 - u ;) • )
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Messina con sentenza del 25 marzo 2019, in parziale riforma della sentenza di primo grado, revocava la condanna di B C al risarcimento del danno ed alla rifusione delle spese di lite in favore delle parti civili L.A.C.A.I. Associazione Antiracket Fonte di Libertà e A.L.I.L.A.C.C.O., confermando la condanna di B C e M T per i reati di cui agli artt. 110, 81 cpv. cod.pen. e 12 quinquies d.l. 306/92 (capo A) e del solo B per il reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. 56, 629 cod.pen. (capo B).
1.1 Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell'Associazione Antiracket ed Antiusura di Terme Vigliatore Fonte di Libertà, eccependo che B, con l'atto di appello non aveva contestato né il diritto della ricorrente a costituirsi parte civile, né tanto meno la sussistenza del danno patito dalla ricorrente, limitandosi a censurare la sentenza di primo grado esclusivamente con riferimento all'entità della misura del danno, per cui sull'esistenza del danno si era formato il giudicato;
inoltre il difensore rileva che la domanda di risarcimento del danno era stata proposta per un fatto estorsivo tentato commesso nei confronti di un imprenditore nello stesso territorio in cui aveva sede l'associazione ricorrente.
2. Propone ricorso anche l'Avv. Fabio Repici nell'interesse di B C, che così riassume i motivi:
2.1 II primo motivo attiene alla incompetenza per territorio in relazione al capo a) della imputazione, in quanto la stessa imputazione presentava diverse ipotesi di intestazione fittizia della L.D.M. consumate in tempi e luoghi diversi riunite sotto il vincolo della continuazione, per cui era del tutto erronea l'applicazione dell'art. 9 comma 1 cod.proc.pen., in quanto avrebbero dovuto trovare applicazione l'art. 12 comma 1 lett. b) e quindi l'art.16 comma 1 cod.proc.pen. cosicchè, in ragione della pari gravità dei tre reati, avrebbe dovuto ritenersi la competenza del giudice competente per il primo reato, e quindi del Tribunale di Pesaro;
sul punto la Corte di appello aveva frainteso il motivo di gravame.
2.2 Con il secondo motivo si lamenta l'inutilizzabilità delle intercettazioni perché disposte senza che ricorressero i necessari presupposti di legge: il titolo di reato per il quale erano state autorizzate le intercettazioni (associazione mafiosa a carico di ignoti commessa ipoteticamente a Mazzarrà S.Andrea tra I'l e il 31 agosto 2014) era palesemente evanescente e strumentale e serviva soltanto a dare una comoda copertura ad una attività di captazione che nella realtà costituiva una attività di vero e proprio nnonitoraggio nei confronti di B;
sulla eccezione, proposta fin dal primo grado, sia il Tribunale che la Corte di appello avevano fornito motivazioni apodittiche, non avendo considerato che era fuori dal ragionevole l'esistenza di una associazione mafiosa composta da sole tre persone (ignote) ed operante nel solo mese di agosto 2014. 2.3 Con il terzo motivo il difensore osserva che, rispetto al capo a) dell'imputazione, fin dal primo grado si era sostenuto che era pacifico il ruolo di B di socio occulto della L.D.M. Costruzioni, ma che ciò che si contestava era l'assenza in capo a B della volontà, con la falsa intestazione, di eludere le norme in materia di misure di prevenzione patrimoniale;
si era anche rappresentato che la veridicità delle dichiarazioni rese il 30 settembre 2015 da B al difensore di M toglieva ogni valore di illiceità a quella condotta, che quindi non poteva produrre alcuna inferenza in malam partem sulla posizione di B;
la Corte di appello era incorsa in plurimi travisamenti della prova relativamente alle dichiarazioni di B, all'intercettazione della conversazione intercorsa il 28 gennaio 2016 tra B e M, all'esame reso da M T ed alle deposizioni dei testi Di Lipi e Stracquadani.
2.4 D difensore rileva che anche relativamente al capo b) la Corte di appello aveva omesso di rispondere alle doglianze formulate con l'atto di appello;
in particolare, si era segnalato come la stessa formulazione dell'imputazione presentasse un vistoso vizio, laddove presentava come minaccia estorsiva la rappresentazione che B avrebbe reso dichiarazioni che avrebbero pregiudicato la posizione di alcuni membri della famiglia T;
inoltre, sia la persona offesa Giuseppe T, come il fratello G e il padre A non avevano riferito di affermazioni a lui rivolte da T che potessero essere interpretate come la minaccia di dichiarazioni di B ai loro danni;
anzi, Giuseppe T aveva riferito di aver provato timore per il ruolo di collaboratore di giustizia di B e la sentenza di condanna si era basata su sue affermazioni rese a seguito di interrogatorio della parte civile Associazione antiracket Fonte di Libertà, che era stata poi esclusa;
vi erano stati poi altri travisamenti della prova (progetti eventualmente discussi tra B e L e poi ciò che aveva riferito L a T;
proposta di L a T di un viaggio in treno per andare ad incontrare B, che doveva essere valutata dal punto di vista di L, e non di T;
dichiarazioni di Giuseppe e G T, che mai avevano affermato che L, nell'affrontare il discorso di richieste di lavoro, avesse in alcun modo alluso alla possibilità che B potesse rendere dichiarazioni, o anche al ruolo di collaboratore di giustizia di B). Il difensore aggiunge che era del tutto irragionevole la ricostruzione dei tempi del tentativo di estorsione;
che l'interruzione volontaria dell'iniziativa da parte di L avrebbe dovuto essere considerata come desistenza volontaria;
che vi era stata una erronea applicazione dell'art. 115 cod.pen.;
che vi erano state pressioni sui testimoni da parte dell'ufficiale di polizia giudiziaria che aveva raccolto le loro dichiarazioni;
infine, che con l'atto di appello si era dimostrato il contrasto tra la ricostruzione dei fatti e i dati oggettivi derivanti dalla intercettazione delle conversazioni del 23 ottobre 2015 tra B e L e tra B e Giuseppe T.
3. Propone ricorso per cassazione l'Avv. Giuseppe Calabrò nell'interesse di M T.
3.1 II difensore lamenta che la Corte di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, aveva compiuto un percorso motivazionale nuovo, integrativo e per certi versi diverso dalle ragioni giustificative della responsabilità penale svolte dal giudice di primo grado, senza però indugiare sulla esistenza di un concreta condotta concorsuale che avrebbe dovuto dimostrare la partecipazione del ricorrente alla gestione di fatto della L.D.M. costruzioni s.r.I.: l'ipotesi di accusa configurava l'esistenza di un patto tra B e M consistente nell'avvio di un comune progetto imprenditoriale in cambio della disponibilità del collaboratore di giustizia a rendere dichiarazioni in sede di indagini favorevoli (false) a M;
la sentenza di assoluzione di B per false dichiarazioni ex art. 371 ter cod.pen. aveva radicalmente escluso che B avesse reso dichiarazioni compiacenti, favorevoli o false, per cui diventava impraticabile l'ipotesi del pactum sceleris;
sul punto, la Corte di appello di Messina aveva formulato una sequela di domande, senza fornire alcuna risposta, evidentemente eludendo la realtà obiettiva della manifesta diversità tra le dichiarazioni contenute nei verbali riassuntivi e quelle cristallizzate dalle registrazioni e versate nei verbali integrali. Il difensore osserva che la Corte di appello aveva valorizzato le conversazioni del 4 agosto 2015 (non citata nella sentenza di primo grado) e quella del 4 ottobre 2016, senza considerare che M, ricevuto dal proprio difensore copia delle dichiarazioni rese da B, si era sentito in una posizione di debito morale (lo stesso M aveva affermato che non era a conoscenza del vero contenuto della collaborazione di B) e per questo aveva aiutato L e B a tentare di intraprendere lavori in Marocco, S- • s perché tale era l'intesa, e non di diventare socio di L.D.M. s.r.I., ipotesi asserita e
udita la relazione svolta dal Consigliere GIUSEPPE COSCIONI;
udito il Pubblico Ministero, in Persona del Sostituto Procuratore FULVIO TRONCONE che ha concluso chiedendo d cc.;
5, 1- "R. rs.,.,"A: 5 IN e 5Z •", f‘r. -.?',nyJr-')_ n fa Rir 11 i I /../j, y-rho R1.5()CAmr0 - u ;) • )
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte di Appello di Messina con sentenza del 25 marzo 2019, in parziale riforma della sentenza di primo grado, revocava la condanna di B C al risarcimento del danno ed alla rifusione delle spese di lite in favore delle parti civili L.A.C.A.I. Associazione Antiracket Fonte di Libertà e A.L.I.L.A.C.C.O., confermando la condanna di B C e M T per i reati di cui agli artt. 110, 81 cpv. cod.pen. e 12 quinquies d.l. 306/92 (capo A) e del solo B per il reato di cui agli artt. 110, 81 cpv. 56, 629 cod.pen. (capo B).
1.1 Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione il difensore dell'Associazione Antiracket ed Antiusura di Terme Vigliatore Fonte di Libertà, eccependo che B, con l'atto di appello non aveva contestato né il diritto della ricorrente a costituirsi parte civile, né tanto meno la sussistenza del danno patito dalla ricorrente, limitandosi a censurare la sentenza di primo grado esclusivamente con riferimento all'entità della misura del danno, per cui sull'esistenza del danno si era formato il giudicato;
inoltre il difensore rileva che la domanda di risarcimento del danno era stata proposta per un fatto estorsivo tentato commesso nei confronti di un imprenditore nello stesso territorio in cui aveva sede l'associazione ricorrente.
2. Propone ricorso anche l'Avv. Fabio Repici nell'interesse di B C, che così riassume i motivi:
2.1 II primo motivo attiene alla incompetenza per territorio in relazione al capo a) della imputazione, in quanto la stessa imputazione presentava diverse ipotesi di intestazione fittizia della L.D.M. consumate in tempi e luoghi diversi riunite sotto il vincolo della continuazione, per cui era del tutto erronea l'applicazione dell'art. 9 comma 1 cod.proc.pen., in quanto avrebbero dovuto trovare applicazione l'art. 12 comma 1 lett. b) e quindi l'art.16 comma 1 cod.proc.pen. cosicchè, in ragione della pari gravità dei tre reati, avrebbe dovuto ritenersi la competenza del giudice competente per il primo reato, e quindi del Tribunale di Pesaro;
sul punto la Corte di appello aveva frainteso il motivo di gravame.
2.2 Con il secondo motivo si lamenta l'inutilizzabilità delle intercettazioni perché disposte senza che ricorressero i necessari presupposti di legge: il titolo di reato per il quale erano state autorizzate le intercettazioni (associazione mafiosa a carico di ignoti commessa ipoteticamente a Mazzarrà S.Andrea tra I'l e il 31 agosto 2014) era palesemente evanescente e strumentale e serviva soltanto a dare una comoda copertura ad una attività di captazione che nella realtà costituiva una attività di vero e proprio nnonitoraggio nei confronti di B;
sulla eccezione, proposta fin dal primo grado, sia il Tribunale che la Corte di appello avevano fornito motivazioni apodittiche, non avendo considerato che era fuori dal ragionevole l'esistenza di una associazione mafiosa composta da sole tre persone (ignote) ed operante nel solo mese di agosto 2014. 2.3 Con il terzo motivo il difensore osserva che, rispetto al capo a) dell'imputazione, fin dal primo grado si era sostenuto che era pacifico il ruolo di B di socio occulto della L.D.M. Costruzioni, ma che ciò che si contestava era l'assenza in capo a B della volontà, con la falsa intestazione, di eludere le norme in materia di misure di prevenzione patrimoniale;
si era anche rappresentato che la veridicità delle dichiarazioni rese il 30 settembre 2015 da B al difensore di M toglieva ogni valore di illiceità a quella condotta, che quindi non poteva produrre alcuna inferenza in malam partem sulla posizione di B;
la Corte di appello era incorsa in plurimi travisamenti della prova relativamente alle dichiarazioni di B, all'intercettazione della conversazione intercorsa il 28 gennaio 2016 tra B e M, all'esame reso da M T ed alle deposizioni dei testi Di Lipi e Stracquadani.
2.4 D difensore rileva che anche relativamente al capo b) la Corte di appello aveva omesso di rispondere alle doglianze formulate con l'atto di appello;
in particolare, si era segnalato come la stessa formulazione dell'imputazione presentasse un vistoso vizio, laddove presentava come minaccia estorsiva la rappresentazione che B avrebbe reso dichiarazioni che avrebbero pregiudicato la posizione di alcuni membri della famiglia T;
inoltre, sia la persona offesa Giuseppe T, come il fratello G e il padre A non avevano riferito di affermazioni a lui rivolte da T che potessero essere interpretate come la minaccia di dichiarazioni di B ai loro danni;
anzi, Giuseppe T aveva riferito di aver provato timore per il ruolo di collaboratore di giustizia di B e la sentenza di condanna si era basata su sue affermazioni rese a seguito di interrogatorio della parte civile Associazione antiracket Fonte di Libertà, che era stata poi esclusa;
vi erano stati poi altri travisamenti della prova (progetti eventualmente discussi tra B e L e poi ciò che aveva riferito L a T;
proposta di L a T di un viaggio in treno per andare ad incontrare B, che doveva essere valutata dal punto di vista di L, e non di T;
dichiarazioni di Giuseppe e G T, che mai avevano affermato che L, nell'affrontare il discorso di richieste di lavoro, avesse in alcun modo alluso alla possibilità che B potesse rendere dichiarazioni, o anche al ruolo di collaboratore di giustizia di B). Il difensore aggiunge che era del tutto irragionevole la ricostruzione dei tempi del tentativo di estorsione;
che l'interruzione volontaria dell'iniziativa da parte di L avrebbe dovuto essere considerata come desistenza volontaria;
che vi era stata una erronea applicazione dell'art. 115 cod.pen.;
che vi erano state pressioni sui testimoni da parte dell'ufficiale di polizia giudiziaria che aveva raccolto le loro dichiarazioni;
infine, che con l'atto di appello si era dimostrato il contrasto tra la ricostruzione dei fatti e i dati oggettivi derivanti dalla intercettazione delle conversazioni del 23 ottobre 2015 tra B e L e tra B e Giuseppe T.
3. Propone ricorso per cassazione l'Avv. Giuseppe Calabrò nell'interesse di M T.
3.1 II difensore lamenta che la Corte di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, aveva compiuto un percorso motivazionale nuovo, integrativo e per certi versi diverso dalle ragioni giustificative della responsabilità penale svolte dal giudice di primo grado, senza però indugiare sulla esistenza di un concreta condotta concorsuale che avrebbe dovuto dimostrare la partecipazione del ricorrente alla gestione di fatto della L.D.M. costruzioni s.r.I.: l'ipotesi di accusa configurava l'esistenza di un patto tra B e M consistente nell'avvio di un comune progetto imprenditoriale in cambio della disponibilità del collaboratore di giustizia a rendere dichiarazioni in sede di indagini favorevoli (false) a M;
la sentenza di assoluzione di B per false dichiarazioni ex art. 371 ter cod.pen. aveva radicalmente escluso che B avesse reso dichiarazioni compiacenti, favorevoli o false, per cui diventava impraticabile l'ipotesi del pactum sceleris;
sul punto, la Corte di appello di Messina aveva formulato una sequela di domande, senza fornire alcuna risposta, evidentemente eludendo la realtà obiettiva della manifesta diversità tra le dichiarazioni contenute nei verbali riassuntivi e quelle cristallizzate dalle registrazioni e versate nei verbali integrali. Il difensore osserva che la Corte di appello aveva valorizzato le conversazioni del 4 agosto 2015 (non citata nella sentenza di primo grado) e quella del 4 ottobre 2016, senza considerare che M, ricevuto dal proprio difensore copia delle dichiarazioni rese da B, si era sentito in una posizione di debito morale (lo stesso M aveva affermato che non era a conoscenza del vero contenuto della collaborazione di B) e per questo aveva aiutato L e B a tentare di intraprendere lavori in Marocco, S- • s perché tale era l'intesa, e non di diventare socio di L.D.M. s.r.I., ipotesi asserita e
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