Cass. civ., SS.UU., sentenza 07/07/2009, n. 15853

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 07/07/2009, n. 15853
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 15853
Data del deposito : 7 luglio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Primo Presidente -
Dott. P G - Presidente di sezione -
Dott. P R - Presidente di sezione -
Dott. O M - Consigliere -
Dott. D'ALONZO Michele - Consigliere -
Dott. M A - Consigliere -
Dott. F F M - Consigliere -
Dott. F M - Consigliere -
Dott. M L - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso 16635-2008 proposto da:
QUATTROCCHI GIOVANNA, (QTTGNN68S52B963C), DIGLIO PASQUALINA, elettivamente domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 154, presso lo studio dell'avvocato A C, che le rappresenta e difende, per procura in calce al ricorso;

- ricorrenti -

contro
COOPERATIVA EDILIZIA DEMARA A R.L. (01954310619), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TEVERE 46/A, presso lo studio dell'avvocato P G, rappresentata e difesa dall'avvocato C P, per procura in calce al controricorso;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 478/2008 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 08/02/2008;

udita la rei azione della causa svolta nella pubblica udienza del 2 3/06/2009 dal Consigliere Dott. LUIGI MACIOCE;

udito l'Avvocato Carlo ALVANO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MARTONE Antonio, che ha concluso per il rigetto del primo motivo del ricorso, A.G.O..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione del 10.7.1999 Q Giovanna e D Pasqualina, dopo aver esperito il rimedio statutario del deferimento ad arbitri delle controversie tra soci e società ed avendo il collegio arbitrale con lodo in data 8.9.1998 declinato la propria competenza sul rilievo che spettassero al giudice statale le controversie quale quella sottoposta, adirono il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere proponendo opposizione, ai sensi dell'art. 2527 c.c., comma 3, a loro avviso tempestivamente, alla Delib. 28 aprile
1997 con la quale il consiglio di amministrazione della Società Cooperativa Edilizia DEMARA a r.l. le aveva escluse dalla società e prospettarono sotto vari profili la invalidità della esclusione stessa.
Costituitasi la Cooperativa, che eccepì la decadenza dal diritto di opporsi e dedusse la piena legittimità della delibera opposta, il Tribunale adito con sentenza 3.2.2006 dichiarò inammissibile, per tardività, l'opposizione proposta, rigettò nel merito la domanda restitutoria formulata e dichiarò inammissibile anche la riconvenzionale della Cooperativa.
La sentenza venne impugnata in via principale dalle escluse Q e D, che eccepirono in primo luogo il difetto di giurisdizione del giudice ordinario, la controversia spettando alla cognizione della Commissione di Vigilanza ed al giudice amministrativo, e, nel merito, prospettarono le ragioni per far ritenere revocata l'esclusione e comunque per più versi invalida la relativa delibera, nonché reiterarono la subordinata domanda di rimborso di quanto versato nei limiti di cui all'art. 2529 c.c.. La Cooperativa, costituitasi, ripropose in via incidentale la propria censura alla declaratoria di tardività della propria domanda riconvenzionale.
La Corte di Appello di Napoli, con sentenza 8.2.2008, accolse la sola domanda afferente il rimborso delle somme versate e rigettò tanto l'appello principale quanto l'impugnazione incidentale compensando le spese dei due gradi di giudizio.
Nella ampia motivazione della pronunzia la Corte di Napoli ha, per quel che rileva in questa sede:

1. affermato, con riguardo alla eccezione di carenza di giurisdizione del G.O., che essa era destituita di fondamento posto che non solo non risultava che la Cooperativa avesse fruito di contributi pubblici ma emergeva che nessuna forma di finanziamento era stata comunque concessa alla stessa, la quale aveva contratto un ordinario mutuo fondiario;

2. ritenuto, in relazione alla questione della pretesa revoca tacita della delibera di esclusione, che dovesse affermarsi che:
A) la supposta omessa pronunzia sulla domanda proposta in Tribunale era in realtà l'espediente per dare ingresso ad una domanda nuova, inammissibile ex art. 345 c.p.c., posto che nella formulazione della domanda di merito la pretesa revoca tacita era addotta come circostanza giustificatrice del lungo ritardo nel proporre opposizione e non già come - causa petendi di una declaratoria di inefficacia della esclusione (che invece veniva ritenuta contra legem);
B) comunque la pretesa revoca, quand'anche oggetto di domanda indebitamente negletta dal primo giudice, sarebbe stata nondimeno inconsistente sia perché, contrariamente alla tesi della negligenza, la prima delibera era stata tempestivamente iscritta nel libro dei soci come per legge, sia perché la revoca per fatti concludenti (consistiti nell'invito a partecipare alle assemblee ed a versare le quote del mutuo) era intervenuta ad iniziativa (il Presidente) di soggetto diverso da quello (il consiglio di amministrazione) adottante la delibera di esclusione;

3. affermato, con riguardo alla questione della invalidità della delibera opposta per conflitto di interesse (consistita nel vizio indotto dalla partecipazione di componente del consiglio, anch'esso da escludere), che la questione era: A) in primo luogo inammissibile per difetto di interesse, essendo questione di merito conoscibile solo una volta superata la dichiarata decadenza, B) in secondo luogo priva di fondamento, posto che a norma dell'art. 2391 c.c. (richiamato dall'art. 2516 c.c.) l'inosservanza dell'obbligo era sanzionata con la responsabilità dell'amministratore non astenuto e con l'annullabilità della delibera affetta dal vizio, su iniziativa degli altri amministratori e dei sindaci e previa prova di resistenza, e non certo con la nullità;

4. considerato, in relazione alla questione posta dalle appellanti per la quale - essendo l'arbitrato di cui all'art. 47 dello Statuto, carente quanto alla procedura di nomina degli arbitri, nulla più che rimedio endosocietario durante il suo corso non avrebbe potuto decorrere il termine ad opponendum, che essa non aveva fondamento posto che: A) non poteva ipotizzarsi la nullità della clausola sub art. 47 dello statuto sociale dato che la previsione sanzionatoria dell'art. 809 c.c. era stata sostituita dalla nuova formulazione di cui alla L. n. 25 del 1994, artt. 4 e 5 alla stregua della quale ben poteva anche per la mancata previsione delle modalità di nomina degli arbitri farsi ricorso al Presidente del Tribunale, come pervero avvenuto prima dell'atto di accesso al collegio in data 26.5.1997;
B) del resto la estraneità dall'art. 47 di alcuna previsione di rimedio conciliativo endosocietario, nel cui corso il termine ad opponendum sarebbe rimasto sospeso, era stata esclusa dal lodo 8.9.1998 (non impugnato e quindi inter partes irrevocabile) che aveva affermato essere estranea alla clausola l'opposizione alla esclusione essendo la relativa cognizione riservata dall'art. 16 dello Statuto al giudice dello Stato;

5. rilevato, con riguardo alla diversa prospettazione di non decorrenza del termine ad opponendum, quella per la quale la genericità della previsione dell'art 16 sulle ipotesi di espulsione ne avrebbe determinata la nullità, che essa era infondata posto che A) la clausola era conforme a legge sia nel sanzionare solo i gravi inadempimenti sia nell'individuarne l'ipotesi nel caso di violazione della delibera dell'organo sociale (che aveva imposto versamenti suppletivi per sanare la mora nell'adempimento del mutuo fondiario), restando poi rimessa alla parte la valutazione della gravità in concreto dell'inadempimento ed al giudice dell'opposizione la verifica di congruità di detta valutazione;
B) la pretesa tenuità dell'inadempimento, addotta dalle appellanti, era poi questione di merito e non atteneva alla valutazione astratta della idoneità della clausola a far decorrere il termine ad opponendum;

6. osservato, in relazione alla questione per la quale non poteva decorrere il termine ad opponendum stante la nullità della delibera cagionata dalla convocazione del C.d.A. con un ordine del giorno del tutto generico, A) che le esigenze di "comprensione" non erano del socio moroso ma dei componenti del consiglio e che la pretesa imprecisione avrebbe potuto essere sanzionata da una azione di annullamento (mai esperita) e non certo da una pretesa ed inconsistente "nullità" e B) che comunque l'o.d.g. per l'adunanza del 284.1997 era del tutto adeguato alla informazione ed era stato preceduto da due adunanze sulla questione, da solleciti e controdeduzioni delle interessate, dalla sintomatica riduzione del quantum in precedente adunanza, si da essere del tutto chiaro ai componenti del C.d.A. di quale morosità si trattasse, a carico di chi e con quali sanzioni si sarebbe potuto reagire (specifica informazione essendo stata al proposito data alle appellanti D e Q sin dal 9.4.1997).

7. affermato, con riguardo, infine, alla questione, proposta in via subordinata, della spettanza delle somme versate alla cooperativa, che, contrariamente alla

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