Cass. civ., SS.UU., sentenza 31/05/2022, n. 17619

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La pendenza di un giudizio incidentale di costituzionalità non produce alcun effetto interruttivo della prescrizione del diritto dedotto nel giudizio "a quo", pertanto, ove il giudizio "a quo" venga dichiarato estinto o perento, il termine di prescrizione decorre dall'atto introduttivo di tale giudizio, non avendo efficacia interruttiva né la proposizione o la definizione del giudizio incidentale di costituzionalità, attesa la sua autonomia strutturale e funzionale, né l'istanza di fissazione dell'udienza per la prosecuzione del processo, trattandosi di atto endoprocessuale non avente le caratteristiche di messa in mora. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto prescritto il diritto al risarcimento del danno per tardivo recepimento di direttive CEE di medici specializzandi che, prima di promuovere il giudizio dinanzi al G.O., avevano impugnato dinanzi al G.A. il d.m. 14 febbraio 2000, ma il relativo giudizio amministrativo era perento, con conseguente decorrenza del termine prescrizionale dalla data del ricorso amministrativo, escludendo un effetto interruttivo sia dell'ordinanza costituzionale, che aveva dichiarato inammissibile la questione di costituzionalità dell'art. 11 della l. n. 370 del 1999, sia della successiva istanza di prelievo per la prosecuzione del processo).

In tema di risarcimento del danno per il tardivo recepimento delle direttive CEE n. 362 del 1975 e n. 76 del 1982, l'effetto interruttivo permanente della prescrizione del diritto soggettivo dei medici specializzandi, derivante dalla proposizione del ricorso dinanzi al giudice amministrativo per l'annullamento del d.m. 14 febbraio 2000, viene meno in caso di perenzione del giudizio amministrativo per inattività delle parti, restando fermo il solo effetto interruttivo istantaneo determinato dalla proposizione della domanda in quella sede, in quanto, in presenza di una situazione accostabile alla estinzione civilistica, trova applicazione in via analogica l'art. 2945, comma 3, c.c.

In tema di compensi in favore dei medici ammessi ai corsi di specializzazione universitari dopo il 31 dicembre 1982, la proposizione del ricorso dinanzi al giudice amministrativo per l'annullamento del d.m. 14 febbraio 2000, è atto idoneo ad interrompere la prescrizione, con effetto interruttivo permanente legato al perdurare del giudizio amministrativo, del termine per far valere innanzi al giudice ordinario il diritto soggettivo al risarcimento del danno per il tardivo recepimento delle direttive CEE n. 362 del 1975 e n. 76 del 1982, poiché, pur essendo ben distinte le due situazioni giuridiche fatte valere - interesse legittimo e diritto soggettivo - la prima azione risulta strumentale al pieno esercizio del diritto tutelabile attraverso la seconda, tenuto altresì conto che la pluralità di giudici deve assicurare una più adeguata risposta alla domanda di giustizia e non una vanificazione della tutela giurisdizionale.

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 31/05/2022, n. 17619
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 17619
Data del deposito : 31 maggio 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

1 76 19-22 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONI UNITE CIVILI Oggetto Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: RESPONSABILITA' - Primo Presidente f.f. - CIVILE P.A. - medici ADELAIDE AMENDOLA specializzandi – risarcimento danni da tardiva attuazione delle · Presidente di Sezione - direttive comunitarie FELICE MANNA - prescrizione - decorrenza fatti - interruttivi Ud. 22/03/2022 - PU ALBERTO GIUSTI - Consigliere - R.G.N. 22772/2018 - Rel. Consigliere - LINA RUBINO Con 17619 Rep. CHIARA GRAZIOSI - Consigliere - - Consigliere - ANNALISA DI PAOLANTONIO - - Consigliere - FRANCESCO TERRUSI - - Consigliere - GIUSEPPE GRASSO MILENA FALASCHI - Consigliere - ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso 22772-2018 proposto da: 1302 1 . R . C REPUBBLICA ITALIANA, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO;

- ricorrenti -

FABRIZIO FRANCESCO MARIA, MAINI G. LUIGI, MANCINELLI MARIA DONATA, MORINI MANUELA, MALEGORI ANGELA, SANTAGATI MARIO, MELIS ALESSANDRA, FOIS ANTONELLA, FURCESE NICOLA, MAGGIO MICHELE, GIORDANO LUCIO, GIANANTONI DONATELLA MARIA, MINIELLO GIANPAOLO, FANELLI CARMINE GIUSEPPE, LITRICO ANGELO, MITRANO GIUSEPPE, MARANI MORENO, MARINELLI ANNUNZIATA, FLUMINI CRISTIANO, LA FICO GUZZO FRANCO, MAIORANA ANTONIO, ORLANDO DORIAN, FERRIGNO GIUSEPPE, IAVICOLI SERGIO, LENTINI LUCIA MARIA ASSUNTA, MENNELLA FRANCESCO PAOLO, PELOSI PIETRO, DI PAOLA ANGELO, FRAGALA' MARIA, ANDREONI FRANCESCA, NEGRI ANNAMARIA ASSUNTA, NEGRI RENATA ELISABETTA, NEGRI ROSELLA, queste ultime quattro nella qualità di eredi di N Angelo Giovanni, elettivamente domiciliati in ROMA, VIA VALADIER 43, presso lo STUDIO LEGALE ROMANO, rappresentati e difesi dagli avvocati GIOVANNI ROMANO ed EGIDIO LIZZA;
-· controricorrenti e ricorrenti incidentali - avverso la sentenza n. 411/2018 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 20/01/2018. Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/03/2022 dal Consigliere LINA RUBINO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale RITA SANLORENZO, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso principale ed il rigetto del ricorso incidentale;
uditi gli avvocati Fabrizio Fedeli per l'Avvocatura Generale dello Stato, Giovanni Romano ed Egidio Lizza. 2 . R . C FATTI DI CAUSA 1.- La Repubblica Italiana, rappresentata dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, ricorre avverso la sentenza n. 411\2018 della Corte di Appello di Roma, emessa il 20.1.2018, con cui è stato riconosciuto il diritto all'indennizzo per il periodo di specializzazione ai medici intimati, all'epoca specializzandi, che, con citazione del 2011, avevano agito in giudizio per la condanna dell'Amministrazione convenuta al risarcimento, in favore degli attori, dei danni da questi ultimi sofferti a seguito della mancata tempestiva trasposizione, da parte dello Stato italiano, delle direttive comunitarie 75/363/CEE e 82/76/CEE, avendo detti attori, dopo il conseguimento della laurea in medicina, frequentato diversi corsi di specializzazione (con iscrizione tra il 1983 e il 1991), senza percepire l'equa remunerazione al riguardo prevista dalla disciplina comunitaria a carico di ciascuno Stato nazionale.

2. La corte territoriale, riuniti i separati appelli, ha rigettato l'appello dell'Amministrazione, disattendendo l'eccezione di prescrizione da essa proposta ed ha accolto parzialmente quello dei medici, ravvisando la legittimazione passiva della sola Repubblica Italiana in persona della Presidenza del Consiglio dei ministri.

3. Al ricorso contro la decisione di appello, in cui la Presidenza del Consiglio propone un unico motivo, hanno resistito con controricorso i medici indicati in epigrafe (e per il N gli eredi colà indicati), ad eccezione della G e del M, che non hanno svolto attività difensiva. Il controricorso contiene anche ricorso incidentale condizionato, articolato in due motivi. 4. - La trattazione del ricorso è stata dapprima rimessa alla adunanza camerale della Terza sezione civile, ai sensi dell'art. 380-bis.

1. c.p.c. e, in vista di essa, i ricorrenti incidentali hanno depositato istanza rivolta al Primo Presidente per la rimessione della decisione alle Sezioni Unite, che è stata rigettata non sussistendo allo stato contrasti sulle questioni di cui al ricorso. 3 Successivamente, la Terza Sezione, con ordinanza interlocutoria n. 23849 del 2021, ha segnalato a sua volta la necessità di affrontare, preferibilmente da parte delle Sezioni Unite, alcune questioni di massima di particolare importanza sottese al ricorso, e la trattazione della causa è stata devoluta a questo Collegio. 5. - In prossimità dell'adunanza sia la ricorrente che i ricorrenti incidentali hanno depositato memoria, ed hanno depositato successiva approfondita memoria in vista della trattazione dinanzi alle Sezioni Unite.

6. Il Procuratore generale ha depositato le proprie conclusioni scritte, con le quali chiede l'accoglimento del ricorso principale della Presidenza del consiglio dei Ministri, e il rigetto del ricorso incidentale condizionato proposto dai medici. 7. - E' necessario ripercorrere preliminarmente le tappe dell'attività giudiziaria intrapresa nel caso di specie dai medici specializzandi per ottenere l'equa remunerazione per il periodo di specializzazione, accuratamente ricostruite già dall'ordinanza interlocutoria, in quanto come si vedrà i motivi di ricorso fanno riferimento a specifici snodi di essa: a) essi convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, con ricorso del 19 febbraio 1992, il Ministero della Sanità, il Ministero dell'Università e della Ricerca Scientifica, il Ministero del tesoro, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, l'Università degli Studi di Roma "La Sapienza" e la Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici, chiedendo l'annullamento del d.m. Ministero della Sanità del 17 dicembre 1991, emesso di concerto con il Ministero dell'Università e quello del Tesoro, con cui era stato determinato il numero dei medici specializzandi destinatari del nuovo regime giuridico emergente dalla I. n. 428 del 190 e dal d.lgs. n. 257 del 1991, dispositivi della tardiva attuazione delle direttive n. 75/363/CEE;
b) del decreto del Ministero per la Ricerca Scientifica e Tecnologica 28 dicembre 1991, con cui si era provveduto all'assegnazione dei posti nelle scuole di specializzazione della Repubblica Italiana;
c) di ogni altro atto lesivo emanato nell'adempimento della normativa comunitaria;
b) a sostegno del ricorso i medici facevano valere il fatto che la tardiva disciplina attuativa della normativa comunitaria li aveva esclusi dai benefici previsti nonostante C.R. 4 che essi avessero frequentato i corsi di specializzazione in condizioni simili a quelle dei colleghi per cui essi operavano;
c) con sentenza n. 601 del 1993 il T.A.R. accoglieva il ricorso, rilevando che la normativa comunitaria tardivamente attuata non consentiva di distinguere i medici che avevano frequentato al momento del tardivo adempimento e quelli frequentanti dopo di esso, con conseguente illegittimità dei decreti interministeriali impugnati che al d.lgs. n. 257 del 1991 avevano dato esecuzione;
d) il Consiglio di Stato, con sentenza n. 735 del 1994 rigettava l'appello contro la sentenza del T.A.R. e le Sezioni Unite di questa Corte, con sentenza n. 7140 del 1996, rigettavano il ricorso per motivi di giurisdizione contro la sentenza del Consiglio di Stato;
e) al dichiarato scopo di dare attuazione al giudicato così formatosi sulla sentenza del T.A.R. e su altre sentenze similari dello stesso T.A.R. Lazio indicate nominatim, lo Stato Italiano emanava l'art. 11 della I. n. 370 del 1999, dettando in esso le disposizioni che dai medici destinatari dei giudicati favorevoli dovevano osservarsi per chiedere l'attuazione del giudicato, prevedendo una serie di presupposti e un termine decadenziale antro il quale attivarsi da fissarsi con decreto ministeriale, che veniva poi emanato in data 14 febbraio 2000;
f) avverso quest'ultimo decreto i medici qui intimati proponevano distinti ricorsi al T.A.R. Lazio in data 25 e 26 maggio 2000, iscritti ai nn. 9581 e 9589 del 2000, deducendo: f1) l'illegittimità del d.m. per avere previsto un termine decadenziale di appena 90 giorni per far valere i diritti di derivazione comunitaria, là dove il termine operante sarebbe stato prescrizionale e di dieci anni a sensi dell'art. 2946 c.c.;
f2) la violazione del giudicato e la violazione dei diritti nascenti direttamente dall'obbligo della retribuzione fissato dalle direttive comunitarie, nonché delle disposizioni costituzionali degli articoli 3 e 97 e dell'articolo 1223 codice civile, in quanto, non avendo i ricorrenti all'epoca della specializzazione alcun sussidio economico, il condizionamento del riconoscimento di quanto previsto dalla legge al fatto di non lavorare altrimenti, non considerava che essi non avrebbero potuto mantenersi agli studi se non lavorando seppure part-time e determinava una disparità di trattamento rispetto a chi si trovava in condizioni economiche favorevoli rispetto a chi non poteva mantenersi agli studi senza lavorare;
f3) la violazione dell'art. 1223 c.c. anche in ragione della determinazione in lire 13 milioni per anno del dovuto anziché nell'importo corrispondente a ciò che aveva invece riconosciuto il decreto legislativo 257 del 1991;
g) nel corso dei due giudizi amministrativi il T.A.R. emetteva due ordinanze, l'una in data 12 gennaio e l'altra in data 22 Marzo 2004, con le quali riteneva: g1) infondato 5 . .R C il primo motivo di gravame non apparendo né esiguo né illegittimo il termine decadenziale previsto per la presentazione della documentazione delle domande di corresponsione 5 della borsa di studio;
g2) infondato il secondo motivo perché

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