Cass. pen., sez. I, sentenza 09/11/2018, n. 51187

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. pen., sez. I, sentenza 09/11/2018, n. 51187
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 51187
Data del deposito : 9 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

la seguente SENTENZA sul ricorso proposto da F G, nato a Cannpobello di Licata il 28/08/1970, avverso l'ordinanza del Tribunale di sorveglianza di Torino in data 18/10/2017;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere C R;
letta la requisitoria scritta del Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore generale, R A, che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con decreto in data 5/09/2017, il Magistrato di sorveglianza di Novara aveva disposto il nulla osta al mancato inoltro di una missiva indirizzata da G F, detenuto sottoposto al regime di cui all'art. 41-bis ord. penit., a L M L, ministro di culto della Tavola Valdese. Infatti, il contenuto dello scritto - il quale riportava il versetto evangelico "ma G rispose: seguimi, lascia che i morti seppelliscano i morti", commentandolo con la frase "spero che il discorso sia chiaro tra noi" - era stato ritenuto ingiustificatamente "criptico", tanto da essere ricondotto a una forma di illecita i comunicazione destinata al clan di appartenenza.

2. Con ordinanza in data 18/10/2017, il Tribunale di sorveglianza di Torino aveva respinto il reclamo proposto, ai sensi dell'art. 18-ter ord. penit., dallo stesso F, il quale aveva lamentato che il decreto impugnato avesse compromesso un diritto costituzionalmente garantito, quello alla "riservatezza religiosa, sulla base di un mero pregiudizio, non suffragato da alcun concreto elemento di riscontro. Secondo il giudice dell'impugnazione, infatti, il decreto era stato adeguatamente motivato attraverso il riferimento al rischio che attraverso l'uso, nella corrispondenza, di espressioni di contenuto criptico da parte del detenuto venissero veicolati messaggi pericolosi per l'ordine e la sicurezza, avuto riguardo alla significativa caratura criminale di G F.

3. Avverso il predetto provvedimento ha proposto ricorso per cassazione lo stesso F a mezzo del difensore di fiducia, avv. Francesco PICCO, deducendo, con un unico motivo di impugnazione, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 18-ter ord. penit. e 15 Cost., 26 ord. penit., 8 e 19 Cost., nonché la mancanza della motivazione, ai sensi dell'art. 606, comma 1, lett. B) e E), cod. proc. pen.. Dopo avere riepilogato il quadro normativo e giurisprudenziale in materia di trattenimento della corrispondenza dei detenuti, il ricorrente censura l'assenza dei presupposti fattuali per l'applicazione del regime di rigore. In particolare, i fatti indicati sarebbero privi del necessario valore indiziario e della indispensabile valenza individualizzante rispetto al condannato. E in questo modo, il provvedimento impugnato avrebbe recato un illegittimo vulnus al diritto alla libertà religiosa, il quale imporrebbe di consentire al detenuto forme di comunicazione con il ministro del culto professato.
Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi