Cass. civ., sez. II, sentenza 10/10/2018, n. 24948
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la seguente SENTENZA sul ricorso 23600-2013 proposto da: M A U e M G, rappresentati e difesi, anche disgiuntamente, dall'Avvocato M R e G M, presso il cui studio in Catania, via Conte Ruggero 6, elettivamente domiciliano per procura speciale in calce al ricorso;- ricorrenti -contro F E R e M V, rappresentati e difesi dall'Avvocato A G D, presso il cui studio in Catania, piazza Abramo Lincoln 3, elettivamente domiciliano per procura speciale a margine del controricorso - controricorrenti - Nonché NINO MILANA - intimato- avverso la sentenza n. 815/2013 della CORTE D'APPELLO di CATANIA, depositata il 18/4/2013;udita la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica del 17/4/2018 dal Consigliere Dott. G D;sentito il Pubblico Ministero, nella persona del Sostituto Procuratore Generale della Repubblica, Dott. A P, il quale ha concluso per il rigetto del ricorso;sentito, per i ricorrenti, l'Avvocato G V. I FATTI DI CAUSA U M, con citazione notificata il 7/8/1996, dopo aver premesso di essere proprietario e possessore di una villetta in Gravina di Catania, con ingresso in via S. Paolo 12 e di aver proposto azione nunciatoria con la quale aveva esposto che: - a sud-est, l'immobile confinava con un tratto di terreno di E F: - il detto stacco non era edificabile perché asservito all'immobile dell'attore;- la F nonostante ciò aveva proceduto alla costruzione di un terrapieno che violava il suo diritto di veduta, impediva il normale deflusso delle acque, immutava il sistema idrogeologico e rendeva impossibile la misurazione dei fondi;- la F aveva accatastato una certa quantità di piante con l'intenzione di impiantarle a distanza non regolamentare;ha domandato, in sede di riassunzione nel termine assegnato dal pretore, che aveva respinto la domanda cautelare con ordinanza del 7/6/1996, la condanna della convenuta a riportare la situazione dei luoghi in pristino e ad eliminare il materiale di riporto abusivamente depositato sul Ric. 2013 n. 23600, Sez. 2, UP del 17 aprile 2018 proprio fondo ed, in subordine, che fosse dichiarato che la convenuta non aveva il diritto di modificare le quote originarie del terreno asservito e di eseguire sullo stesso costruzioni di qualsiasi genere. E F, a sua volta, dopo aver ha chiesto il rigetto delle domande proposte dall'attore, ha dedotto, in via riconvenzionale, che: il terreno, del quale l'attore era usufruttuario e nudi proprietari i figli Nino e Giovanni, era stato recintato inglobando aree di sua proprietà;l'attore, nella costruzione della villetta e di altro immobile, non aveva tenuto conto delle distanze legali;le bocchette di scolo poste in essere dall'attore erano illegittime perché riversavano le acque meteoriche nel proprio fondo, chiedendo, quindi, che fosse dichiarata l'illegittimità delle opere effettuate in violazione delle distanze e della normativa urbanistica, che i Milana fossero condannati al risarcimento dei danni, in forma specifica o per equivalente, che si provvedesse, altresì, al regolamento dei confini tra i fondi, stabilendo il corrispettivo dovuto per l'eventuale illegittima occupazione, e che si statuisse l'inesistenza di diritti di terzi sul fondo di sua proprietà. La convenuta ha chiesto di essere autorizzata a chiamare in causa i fratelli Milana i quali si sono costituiti in giudizio anche nell'interesse di U M ed hanno contestato le domande riconvenzionali, deducendo, in particolare: che i confini erano certi;che tutte le costruzioni, incluse le bocchette di scolo, erano state possedute ininterrottamente e pacificamente con maturazione dell'usucapione;che le bocchette risultavano predisposte con destinazione del padre di famiglia;che la ....„..,...............-...n-....nnn„_...... , Ric. 2013 n. 23600, Sez. 2, UP del 17 aprile 2018 L/ domanda riconvenzionale era inammissibile poiché andava proposta già nella fase sommaria. Disposto l'intervento in giudizio, per ordine del giudice, di V M, coniuge della F, il quale si è costituito aderendo alla posizione della moglie, anche in sede riconvenzionale, il tribunale, con sentenza del 12/6/2003, ha ritenuto che: nel fondo della convenuta, sulla base degli accurati e puntuali rilievi del consulente tecnico d'ufficio, era stato accertato un riporto di terra di modeste dimensioni, che aveva portato il fondo a livello di quello dei Milana ma che non poteva definirsi un vero e proprio terrapieno artificiale, ed, in ogni caso, ha escluso che vi fossero i presupposti per affermare la compressione del diritto di veduta in capo all'attore;la convenuta non aveva il diritto di edificare, pur se la normativa urbanistica lo avesse consentito, salvo che l'attore non intendesse o non potesse avvalersi della sopravvenuta potenzialità edificatoria;l'innalzamento di livello del fondo della convenuta non aveva procurato limitazioni al deflusso delle bocchette né modificazioni idrogeologiche pregiudizievoli e neppure le asserite difficoltà di misurazione;la pretesa relativa al mancato rispetto della distanza nella piantagione d'alberi, oltre che risultare infondata, era stata azionata tardivamente. Il tribunale, inoltre, quanto alle domande riconvenzionali, dopo aver accertato, sulla base di consulenza tecnica, lo sconfinamento da parte dell'attore, ha regolato i confini sulla base della planimetria allegata alla relazione;ha dichiarato che l'edificio principale dei Milana, comprese le verande ed il piano cantinato, era stato costruito a distanza regolamentare;ha Ric. 2013 n. 23600, Sez. 2, UP del 17 aprile 2018 ritenuto che, a fronte dell'edificazione massima consentita, fosse contra legem la piccola costruzione costituita da una tettoia con forno posta al confine e che doveva pertanto essere demolita;le bocchette di scolo avevano modificato in favore degli attori il normale deflusso delle acque e dovevano essere otturate. Il tribunale, infine, ha rigettato la domanda di risarcimento per l'illegittima occupazione, avendo escluso, in ragione della modesta entità dello sconfinamento, della natura non edificabile del tratto di terreno in oggetto e dell'assenza di una reale vocazione produttiva dello stesso, che i coniugi F-Milana avessero subito un effettivo danno risarcibile. U M, Nino Milana e Giovanni Milana hanno proposto appello. Eugenia Rita F e V M vi hanno resistito, chiedendo il rigetto del gravame, ed hanno proposto appello incidentale. La corte d'appello di Catania, con sentenza depositata in data 18/4/2013, per quanto ancora di interesse, ha ritenuto, innanzitutto, l'infondatezza del secondo motivo dell'appello principale, con il quale gli appellanti hanno sostenuto l'improponibilità e l'inammissibilità dell'azione di regolamento dei confini, in mancanza dei relativi presupposti, e cioè l'incertezza oggettiva ovvero soggettiva, sul rilievo che l'azione di regolamento dei confini è proponibile anche laddove l'attore, come il convenuto in via riconvenzionale, sostenga che il confine apparente non è quello esatto, avendo il vicino usurpato ai suoi danni la zona confinaria adiacente. La corte ha, poi, ritenuto l'infondatezza del terzo motivo Ric. 2013 n. 23600, Sez. 2, UP del 17 aprile 2018 dell'appello principale, con il quale gli appellanti hanno censurato la sentenza nella parte in cui ha determinato il confine sulla base della linea visibile nell'allegato F della relazione del consulente tecnico di ufficio, avendo gli appellanti provveduto a recintare una striscia di terreno facente parte di una particella (928), appartenente agli attori in riconvenzionale, annettendola alla particella 929 sulla quale vantavano una legittima servitù di passaggio senza che sul punto fosse mai stata sollevata una specifica domanda degli appellati. Secondo la corte, invece, la difesa della proprietà era stata esercitata dagli appellati sia con l'azione di regolamento di confini che con l'actio negatoria servitutis e che, accertata una sottrazione di terreno di proprietà degli appellati, è stato riconosciuto il pieno diritto di proprietà su quella parte del fondo e l'inesistenza del diritto di servitù sulla porzione della particella 928 recintata dagli appellanti. La corte, peraltro, ha, sulla base dei medesimi rilievi, rigettato il primo motivo di appello incidentale, con il quale gli appellati avevano censurato l'omessa pronuncia, da parte del tribunale, sull'actio negatoria servitutis proposta in via riconvenzionale dei convenuti, non avendo gli stessi prospettato l'esistenza di altri diritti affermati dalla controparte sui beni immobili per i quali invocare l'intervento del giudice. La corte, poi, ha ritenuto, per quanto ancora rileva, l'infondatezza del quarto motivo dell'appello principale, con il quale gli appellanti hanno censurato la sentenza impugnata per aver rilevato l'illegittimità di cinque bocchette di scolo, situate sul confine con l'immobile degli appellati. La corte, al riguardo, ha ritenuto che le bocchette di scolo dovessero essere demolite, Ric. 2013 n. 23600, Sez. 2, UP del 17 aprile 2018 avendo il tribunale accertato che le stesse avevano modificato illegalmente il flusso delle acque meteoriche, in violazione dell'art. 908 c.c.. La corte, inoltre, ha ritenuto generico il motivo in esame nella parte in cui gli appellanti hanno riproposto l'eccezione di prescrizione del preteso diritto di chiedere la demolizione e quella di acquisto della servitù relativa alla collocazione delle bocchette, per destinazione del padre di famiglia, ritenendo che gli appellanti non avevano proposto alcuna specifica censura sul chiaro percorso argomentativo esposto dal tribunale, che aveva escluso il decorso del ventennio necessario per l'acquisto a titolo derivativo. La corte ha parimenti ritenuto generiche le censure sollevate nello stesso motivo avverso la regolamentazione dei confini operata dal consulente tecnico di ufficio e recepita dal tribunale, avendo gli appellanti esposto la propria prospettazione in maniera del tutto disarticolata e disorganica, a fronte della puntuale descrizione dei luoghi fornita nella dettagliata e convincente relazione del consulente tecnico d'ufficio la quale, anche attraverso la sua integrazione in appello, non lascia dubbi sul fatto che i confini tra gli immobili siano stati esattamente individuati nella planimetria F allegata alla relazione tecnica. La corte, poi, ha accolto il secondo motivo di appello incidentale, nella parte in cui il tribunale ha dichiarato che i coniugi F-Milana non hanno il diritto di edificare nel fondo di loro proprietà anche nel caso in cui mutuata la normativa residuassero margine per nuove edificazioni, a condizione che resti accertato che il fondo favoriti non abbia a goderne o che il titolare non intenda goderne. La corte, sul punto, dopo aver Ric. 2013 n. 23600, Sez. 2, UP del 17 aprile 2018 affermato che il trasferimento di cubatura è l'accordo con il quale il proprietario di un'area edificabile trasferisce in tutto o in parte al proprietario di un'area finitima la potenzialità edificatoria del proprio suolo, rendendolo in tutto o in parte edificabile, in modo che il cessionario possa ottenere dal Comune una concessione per costruire un edificio di volume maggiore di quello che potrebbe realizzarvi, e che tale accordo ha un'efficacia soltanto obbligatoria poiché, sul piano pubblicistico, ciò che rileva è unicamente la rinuncia all'utilizzazione della volumetria che il cedente, aderendo al progetto edilizio presentato dal cessionario, abbia manifestato al Comune, mentre a determinare il trasferimento di cubatura tra le parti e nei confronti dei terzi è solo il provvedimento concessorio, discrezionale e non vincolato, che, a seguito della rinuncia, può essere emanato dall'ente pubblico in favore del cessionario, ha ritenuto di dover escludere che la cessione della cubatura comporti, in particolare, la costituzione di un diritto di servitù di non edificare a carico del fondo di proprietà dell'alienante, derivandone tra le parti contrattuali effetti solamente obbligatori, e, quindi, di affermare l'insussistenza di una situazione giuridica tutelabile in capo agli appellanti (estranei, peraltro, alla pattuizione contenuta nel contratto di compravendita che esclude l'edificabilità dei terreni acquistati dalla F) dalla quale possa derivare una pronuncia giudiziale che privi quegli immobili ovvero il suo titolare di ogni facoltà edificatoria. La corte, inoltre, in accoglimento del terzo motivo di appello incidentale, ha modificato la sentenza impugnata con Ric. 2013 n. 23600, Sez. 2, UP del 17 aprile 2018 indicazione specifica del confine dal lato sud-est, così come individuato dal consulente tecnico d'ufficio. La corte, infine, in accoglimento del quarto motivo di appello incidentale, ha ritenuto che in ipotesi di temporanea sottrazione di una striscia di terreno alla disponibilità del proprietario confinante, accertata in sede di regolamento di confini, il danno è configurabile in re ipsa e può essere determinato sulla base di elementi presuntivi. E su tali premesse, in considerazione della natura e dell'estensione del bene sottratto (un terreno di 40 mq circa) e del tempo della illecita occupazione (circa dieci anni), ha quantificato il danno in C. 900,00, già rivalutati. La corte, infine, in accoglimento dell'ultimo motivo dell'appello incidentale, con il quale gli appellanti incidentali avevano censurato la sentenza impugnata nella parte in cui il tribunale ha compensato le spese di lite, ha ritenuto che l'esito complessivo del giudizio, con la prevalente soccombenza degli appellanti principale, perdenti sulle questioni più rilevanti, in entrambi i gradi, determini la compensazione per la metà delle spese giudiziali che, per il residuo, vengono poste a loro carico, comprese le spese di consulenza tecnica d'ufficio. La corte d'appello, quindi, ha così deciso: in parziale riforma della sentenza impugnata ed in parziale accoglimento dell'appello principale, ha rigettato la domanda riconvenzionale con la quale è stata chiesta la condanna dei Milana alla demolizione del forno;in parziale accoglimento dell'appello principale ed in parziale riforma della sentenza impugnata, ha regolato i confini tra le parti ed ha disposto che, sul lato sud- est, il confine sia posto sulla linea Q-Q1, come meglio spiegato Ric. 2013 n. 23600, Sez. 2, UP del 17 aprile 2018 lo nella consulenza tecnica integrativa del 31/8/2009 ed illustrato nell'allegato SC della relazione;ha rigettato la domanda principale con la quale gli attori avevano chiesto che si dichiarasse che la parte convenuta non ha il diritto di edificare sul proprio terreno;ha condannato gli appellati incidentali, in solido, a pagare alla appellante incidentale la somma di C. 900,00;ha compensato per la metà le spese di entrambi i gradi di giudizio, condannando gli appellanti principali, in solido, a rifondere alla parte appellata le spese residue e provvedendo alla relativa quantificazione. Antonio U M e Giovanni Milana, con ricorso notificato il 7/10/2013, hanno proposto, per sei motivi, la cassazione della sentenza resa dalla corte d'appello, dichiaratamente notificata in data 15/7/2013 Hanno resistito, con controricorso notificato il 18/11/2013, Eugenia Rita F e V M. Nino Milana è rimasto intimato. LE RAGIONI DELLA DECISIONE LI1 controricorso è tempestivo. La parte contro la quale il ricorso è diretto, infatti, se intende contraddire, ha l'onere, a norma dell'art. 370 c.p.c., di notificare al ricorrente, nel domicilio eletto, il controricorso nel termine di venti giorni dalla scadenza del termine stabilito per il deposito del ricorso, il quale, a sua volta, ai sensi dell'art. 369 c.p.c., deve essere eseguito nel termine di venti giorni dall'ultima notificazione. Nel caso in esame, il ricorso è stato notificato, presso il difensore domiciliatario degli intimati nel giudizio d'appello, in data 7/10/2013, laddove il controricorso è stato notificato dagli _ 1:2ic. 2013 n. 23600, Sez. 2, UP del 17 aprile 2018 intimati ai ricorrenti, nel domicilio dagli stessi eletto, il 18/11/2013: vale a dire, se si considera che il 27/10/2013 (quando è scaduto il primo termine di venti giorni), al pari del 17/11/2013 (quando è scaduto il secondo termine di venti giorni), è stata domenica, nel pieno rispetto del termine previsto dalle norme sopra citate.
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