Cass. civ., sez. III, sentenza 29/05/2004, n. 10417
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Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. F G - Presidente -
Dott. L E - Consigliere -
Dott. P L R - rel. Consigliere -
Dott. D B - Consigliere -
Dott. C D - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
M V, difensore di sè stesso, elettivamente domiciliato in ROMA VIA NOCERA UMBRA 166, presso lo studio dell'avvocato S G;
- ricorrente -
contro
TRENITALIA S.P.A., in persona dell'Institore M T F, elettivamente domiciliata in ROMA LARGO TEATRO VALLE 6, presso lo studio dell'avvocato STEFANO D'ERCOLE, che la difende, giusta delega in atti;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 921/01 del Giudice di pace di GENOVA, emessa e depositata il 19/04/01 (R.G. 5610/00);
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio il 03/12/03 dal Consigliere Dott. R P L;
lette le conclusioni scritte dal Sostituto Procuratore Generale Dott. C A che ha chiesto si rigetti il ricorso per manifesta infondatezza, con i provvedimenti conseguenti. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
L'avvocato V M conveniva in giudizio, innanzi al giudice di pace di Genova, la s.p.a. Ferrovie dello Stato, rappresentata dalla s.p.a. Trenitalia, sua procuratrice speciale, per sentirla condannare al pagamento di lire 356.251, quale risarcimento del danno sofferto per il ritardo di oltre un'ora e mezzo del treno che avrebbe dovuto portarlo a Chiavari per impegni professionali (partecipazione a un'udienza).
La convenuta resisteva alla domanda, che il giudice di pace, con sentenza del 19 aprile 2001, rigettava. Ricorre per la cassazione il Marino, con cinque motivi. Resiste con controricorso la s.p.a. Trenitalia.
Il P.G. ha chiesto che, in Camera di consiglio, ai sensi dell'art. 375 2^ comma c.p.c., il ricorso sia rigettato, per la sua manifesta
infondatezza.
Il ricorrente ha depositato una memoria.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il Collegio ritiene di dover accogliere la richiesta del P.G.. Con i cinque motivi del ricorso il ricorrente: 1) denuncia violazione di norme di diritto e in particolare del R.D.L. 11 ottobre 1934 n. 1948 nonché degli artt. 1469 "bis" n. 2 e 1469 "quinquies" 1^, 2^ e
3^ comma C.c. (art. 360 n. 3 C.p.c.), dacché al caso di specie doveva applicarsi la più recente disciplina del decreto interministeriale 13 dicembre 1956, il quale, all'art. 11, par. 1, dispone che dei ritardi sia dato tempestivo avviso all'utenza;ma poi, nello stesso tempo, doveva essere disatteso l'art. 13 dello stesso decreto, il quale, disciplinando i limiti della responsabilità dell'amministrazione ferroviaria, nega al viaggiatore l'indennizzo per l'inadempimento contrattuale delle Ferrovie dovuto a ritardo: limitazione quest'ultima che integra una clausola vessatoria inefficace alla luce della disciplina sulla tutela del consumatore;
2) denuncia la violazione dell'art. 86 (ora 82) e dell'art. 90 (ora 86) del Trattato dell'Unione europea, con i quali confliggono tanto la disciplina del 1934 quanto quella del 1956, integranti abuso di posizione dominante da parte delle Ferrovie, le quali, operando in regime di monopolio, non possono pretendere di applicare condizioni, come quella del diniego di risarcimento, palesemente frodatorie dei diritti degli utenti;3) solleva eccezione di incostituzionalità degli artt. 11, 12 e 13 del R.D.L. 11 ottobre 1934 n. 1948, per contrasto con gli artt. 3 e 41 della Costituzione, nella parte in cui inibiscono il risarcimento del danno da ritardo, generalmente concesso al consumatore e al trasportato;4) denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 12 e 13 del R.D.L. n. 1948 del 1934 e degli artt. 1218, 1681 e 1682 C.c., sostenendo che la
normativa del 1934, se esonera le Ferrovie dal risarcimento del danno da ritardo, non le esonera dalla responsabilità per la mancata tempestiva comunicazione del ritardo;5) denuncia infine la violazione dell'art. 113 2^ comma C.p.c., perché il giudice di pace, prescindendo dalle norme di diritto, avrebbe dovuto ritenere iniquo il comportamento del vettore che colpevolmente ritarda, non avverte del ritardo e pretende di non risarcire i danni conseguenti a questo comportamento.
Orbene, come è di chiara evidenza, sono denunciate la violazione o la mancata applicazione o l'illegittimità costituzionale di norme di diritto sostanziale, non deducibili in una causa che, per definizione, prescinde dalle norme giuridiche, essendo stata decisa secondo equità.
Quanto al preteso contrasto della disciplina legale con gli artt. 82 (già 86) e 86 (già 90) del Trattato della Comunità europea, sotto il profilo che essa imporrebbe condizioni contrattuali "non eque" (art. 82 2^ comma lett. A), nemmeno è prospettabile, perché quella disciplina legale, vigente o abrogata che sia (e precisamente il R.D.L. 11 ottobre 1934 n. 1948, nella parte in cui esclude il risarcimento di ogni tipo di danno diverso dal rimborso parziale ovvero totale del costo del biglietto ferroviario) è stata applicata dal giudice di pace non come tale ma solo in quanto implicitamente ritenuta conforme all'equità;onde non si pone la questione della compatibilità con l'ordinamento comunitario di una norma che riveste il ruolo sostanziale di una regola di equità.
Inammissibile infine anche la censura dedotta con l'ultimo motivo, giacché l'individuazione e l'applicazione della regola equitativa è rimessa al giudice di pace, salvo il sindacato di legittimità nei soli casi, che qui non ricorrono, di palese illogicità o arbitrarietà del criterio adottato.
Le spese del presente giudizio, liquidate nel dispositivo, seguono la soccombenza.