Cass. civ., SS.UU., sentenza 07/07/2005, n. 14251

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Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., SS.UU., sentenza 07/07/2005, n. 14251
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 14251
Data del deposito : 7 luglio 2005
Fonte ufficiale :

Testo completo

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. C V - Presidente aggiunto -
Dott. P G - Presidente di sezione -
Dott. P E - Consigliere -
Dott. E A - Consigliere -
Dott. C A - Consigliere -
Dott. M C F - Consigliere -
Dott. L P M - Consigliere -
Dott. E S - rel. Consigliere -
Dott. B M - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
sul ricorso proposto da:
MINISTERO DELL'UNIVERSITÀ ISTRUZIONE E DELLA RICERCA, in persona del Ministro pro-tempore, domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI

12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;



- ricorrente -


contro
LANNI GIOVANNI;



- intimato -


avverso la sentenza n. 521/03 della Corte d'Appello di LECCE, depositata il 04/04/03;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 17/03/05 dal Consigliere Dott. S E;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. M V che ha concluso per il rigetto del ricorso, giurisdizione dell'a.g.o..
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso del 22 marzo 2001 G L, ausiliario presso la scuola media statale Tito Schipa di Muro Leccese, adì il Tribunale del lavoro di Lecce affinché fosse dichiarato il suo diritto al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle patologie dalle quali era affetto ed il Ministero della Pubblica Istruzione condannato al pagamento delle somme spettanti a titolo di equo indennizzo. A questo fine, l'attore esponeva che la Commissione medica ospedaliera dell'ospedale militare di Bari, visitatolo a seguito di istanza del 6 marzo 1997, aveva riconosciuto la dipendenza da causa di servizio di una sola delle patologie lamentate e che il Provveditore agli studi di Lecce, si era uniformato a detto a detto parere, con decreto n. 4532 Civ. 2^ e 3^ del 18 marzo 1999. Il giudice adito dichiarava il difetto di giurisdizione, ma la sua decisione era riformata dalla Corte d'appello di Lecce, che ritenuta la giurisdizione ordinaria, rimetteva le parti al detto giudice. Per la cassazione di questa sentenza ricorre il Ministero dell'Università dell'Istruzione e della Ricerca sostenendo la sussistenza della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, sull'assunto che, pur trattandosi di impiego pubblico contrattualizzato, vengono nondimeno in rilievo questioni attinenti ad una fase del rapporto anteriore alla data del 30 giugno 1998. MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso non è fondato.
L'art. 68 del d.lgs. n. 29 del 1993, come novellato dall'art. 29 d.lgs. n. 80 del 1998 (oggi art. 63 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165,
recante "Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche"), nel trasferire alla giurisdizione ordinaria le controversie in materia di impiego pubblico, non opera in modo indiscriminato ed immediato, ma esclude dal trasferimento quelle che, sebbene introdotte successivamente all'entrata in vigore del detto d. lgs. n. 80 del 1998, abbiano ad oggetto questioni attinenti al periodo del rapporto di impiego pubblico anteriore al 30 giugno 1998, come espressamente stabilito dall'art. indicata dall'art. 45, comma 17, dello stesso d. lgs. n. 80 del 1998 (ed oggi dall'art. 69, settimo comma, del citato d. lgs. n. 165 del 2001). Le Sezioni unite della S.C., interpretando questa disposizione, hanno rilevato ((Cass., sez. un., 20 novembre 1999, n. 808;
Id., 5 febbraio 1999, n. 35;
Id., 26 agosto 1998, n. 8451;
Id., 30 dicembre 1998, n. 12908;
Id. 27 gennaio 1999, n. 4) che essa, facendo menzione di "di questioni attinenti al periodo del rapporto di lavoro successivo al 30 giugno 1998" ovvero "anteriore a tale data", utilizza una locuzione volutamele generica e atecnica, sicché risulta inadeguata un'opzione ermeneutica che colleghi rigidamente il discrimine temporale del trasferimento delle controversie alla giurisdizione ordinaria ad elementi come la data del compimento, da parte dell'amministrazione, dell'atto di gestione del rapporto che abbia determinato l'insorgere della questione litigiosa, oppure l'arco temporale di riferimento degli effetti di tale atto o, infine, il momento di insorgenza della contestazione. Viceversa "l'accento va posto sul dato storico costituito dall'avverarsi dei fatti materiali e delle circostanze - così come posti a base della pretesa avanzata -, in relazione alla cui giuridica rilevanza sia insorta la controversia".
Le stesse Sezioni unite, con la successiva sentenza n. 41 del 24 febbraio 2000, ribadendo quest'ordine di idee, hanno precisato che, ai sensi della norma in esame, il discrimine temporale tra giurisdizione ordinaria e amministrativa posto con riferimento al suddetto dato storico comporta che, se la lesione del diritto del lavoratore è prodotta da un atto, provvedimentale o negoziale, deve farsi riferimento all'epoca della sua emanazione, mentre qualora la pretesa abbia origine da un comportamento illecito permanente del datore di lavoro, si deve avere riferimento al momento di realizzazione del fatto dannoso e quindi al momento di cessazione della permanenza.
Ancor più di recente, infine, le Sezioni Unite, con sentenza del 19 luglio 2000, n. 505, in presenza di impugnazione di provvedimenti di recesso emanati dalla P.A. in epoca successiva al 30 giugno 1998, hanno dichiarato la giurisdizione del giudice ordinario a conoscere della domanda del lavoratore avente ad oggetto il diritto al mantenimento del posto di lavoro, ribadendo, in via di principio, che in materia di rapporti di lavoro instaurati con lo Stato o con altre pubbliche amministrazioni, per determinare, ai sensi dell'articolo 45, diciassettesimo comma D. Lgs. n. 80 del 1998, la giurisdizione
con riferimento ad atti negoziali del datore di lavoro asseritamente pregiudizievoli, dedotti a fondamento della pretesa fatta valere in giudizio, si deve avere riguardo al momento dell'emanazione dei medesimi.
Ne emerge, in sintesi, un orientamento univoco nel senso che la "questione", con riguardo alla quale si determina la giurisdizione, è identificata, quoad tempus, dai fatti costitutivi del diritto rivendicato, quante volte essi vengano in rilievo a prescindere dal loro collegamento con uno specifico atto di gestione del rapporto da parte dell'amministrazione datrice di lavoro, mentre è identificata da un atto del genere, allorché il regime del rapporto preveda che la giuridica rilevanza di quei fatti sia assoggettata ad un preventivo apprezzamento dell'amministrazione medesima ed alla conseguente declaratoria della sua volontà al riguardo, potendosi, in questo secondo caso, ritenere verificato il dato storico determinativo della "questione" solo in temporale coincidenza di siffatta declaratoria.
Quest'ultima è la situazione che si verifica in presenza di domanda di equo indennizzo, che introduce un procedimento articolato in una fase preliminare istruttoria, diretta all'acquisizione di tutti quegli elementi (sanitari e amministrativi), idonei alla riconoscibilità della condizione del lavoratore, e in una seconda fase deliberativa in esito alla quale l'amministrazione, sulla base dei dati raccolti, si pronuncia sull'istanza dell'interessato, dovendosi, peraltro, considerare che la concessione dell'equo indennizzo è deputata non alla protezione del bene dell'integrità fisica, che è solo occasione dell'erogazione, ma della speciale condizione del dipendente, divenuto infermo in ragione del suo rapporto con l'Amministrazione e del servizio prestato, sicché il fine della provvidenza de qua non è risarcitorio, ma si inserisce nell'ambito di un sinallagma in cui si intrecciano prestazioni e controprestazioni di contenuto plurimo: il che spiega, inoltre, data la notevole discrezionalità dell'attribuzione, come l'equo indennizzo possa essere limitato o addirittura abolito quando l'Amministrazione, per la medesima ragione (infermità per causa di servizio) si sia accollata specifici oneri economici (cfr., in tal senso, Cass., Sez. un., 7 marzo 2003, n. 3438;
Id., 23 gennaio 2004, n. 1234). Applicando questi principi al caso di specie, è agevole concludere affermando la giurisdizione dell'Autorità giudiziaria ordinaria, considerato che il provvedimento conclusivo del procedimento per equo indennizzo è intervenuto in epoca posteriore al 30 giugno 1998 e che il beneficio in tali forme conseguibile non attiene ad un rapporto previdenziale autonomo dal rapporto di pubblico impiego, ma trova titolo immediato e diretto in tale rapporto, con la conseguenza che la controversia ad esso relativa è devoluta al giudice che sul rapporto medesimo ha giurisdizione (V. Cass., sez, un. 19 maggio 1992, n. 5988;
Id., 1 marzo 1990, n. 1583;
Id., 4 maggio 1989, n. 2091;
Id., 5 novembre 1984, n. 6001). In conclusione, rigettato il ricorso, deve essere dichiarata la giurisdizione dell'Autorità Giudiziaria Ordinaria. In difetto di resistenza dell'intimato, non costituitosi, non v'è luogo a condanna nelle spese.

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