Cass. civ., sez. I, sentenza 21/11/2011, n. 24438
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In tema di appalto di opere pubbliche, la speciale indennità in favore dell'appaltatore prevista dall'art. 345 della legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. F, si applica in caso di recesso dell'ente appaltante, onde presuppone l'esistenza di un contratto di appalto valido ed operante; il diritto a tale indennità, pertanto, non sorge allorché l'aggiudicazione del contratto di appalto sia stata annullata dal giudice amministrativo, stante il carattere retroattivo dell'annullamento, il quale comporta che l'appalto debba considerarsi come mai venuto ad esistenza, avendo l'Amministrazione, con la cosiddetta risoluzione unilaterale del rapporto, solo adempiuto al suo obbligo di conformarsi al giudicato amministrativo.
L'erronea scelta del contraente di un contratto di appalto, divenuto inefficace e "tamquam non esset" per effetto dell'annullamento dell'aggiudicazione da parte del giudice amministrativo, espone la P.A. al risarcimento dei danni per le perdite e i mancati guadagni subiti dal privato aggiudicatario; tale responsabilità non è qualificabile né come aquiliana, né come contrattuale in senso proprio, sebbene a questa si avvicini poiché consegue al "contatto" tra le parti nella fase procedimentale anteriore alla stipula del contratto, ed ha origine nella violazione del dovere di buona fede e correttezza, avendo l'Amministrazione indetto la gara e dato esecuzione ad un'aggiudicazione apparentemente legittima che ha provocato la lesione dell'interesse del privato, non qualificabile come interesse legittimo, ma assimilabile a un diritto soggettivo, avente ad oggetto l'affidamento incolpevole nella regolarità e legittimità dell'aggiudicazione.
Sul provvedimento
Testo completo
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. ROVELLI Luigi Antonio - Presidente -
Dott. SALVAGO Salvatore - Consigliere -
Dott. CECCHERINI Aldo - Consigliere -
Dott. FORTE Fabrizio - rel. Consigliere -
Dott. CAMPANILE Pietro - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sui ricorsi riuniti iscritti ai n. 26087 e 29390 del Ruolo Generale degli affari civili dell'anno 2006 da:
MA RI (c.f. [...]), AN VI, AN ON e AN ZI, quali eredi di GA GE, titolare della omonima impresa individuale, elettivamente domiciliati in Roma, Via dei Gracchi n. 187, presso l'avv. Giovanni Magnano di San Lio, con l'avv. TRIMBOLI Salvatore, che li rappresenta e difende, i primi tre per procura a margine del ricorso e la quarta per procura autenticata per notar Carmine Maliardo di Bergamo, del 19 settembre 2006, n. 116407 Rep.;
- ricorrente -
contro
CONSORZIO PER L'A.S.I. (AREA DI SVULUPPO INDUSTRIALE) DI CATANIA (c.f. 00121420871), in persona del legale rappresentante p.t., autorizzato a stare in giudizio da determina dirigenziale n. 93 del 12 ottobre 2006 e rappresentato e difeso, per procura a margine del controricorso, dall'avv. GIUSTOLISI Salvatore di Catania;
- controricorrente e ricorrente incidentale -
avverso la sentenza della Corte d'appello di Catania, Sezione Prima Civile, n. 652/05, del 5 marzo - 23 giugno 2005. Udita all'udienza del 26 ottobre 2011 la relazione del Cons. Dr. Fabrizio Forte e sentiti l'avv. Trimboli, per i ricorrenti, e il P.M. Dr. FUCCI Costantino, che conclude per il rigetto del ricorso. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione notificata il 2 luglio 1992, GE GA conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Catania il locale Consorzio A.S.I., chiedendo la condanna di questo a pagargli L. 378.239.080 e accessori, quali "somme e indennizzi di giusta spettanza L. 20 marzo 1865, ex art. 345, all. F ed ex art. 1671 c.c." (pag. 10 sentenza impugnata).
La domanda del GA si fondava sulla risoluzione unilaterale dell'appalto concluso dalle parti il 28 dicembre 1987 per la manutenzione straordinaria della fognatura del Pantano d'Arci in corrispettivo di L. 814.318.265, a seguito dell'annullamento dai giudici amministrativi della aggiudicazione dell'appalto che aveva iniziato ad eseguire. L'attore deduceva che, in esecuzione della sentenza del TAR di Catania n. 765/90 che aveva annullato, su ricorso di un concorrente pretermesso, la gara e l'aggiudicazione al GA dei lavori di cui sopra, il Consorzio A.S.I., con delibera del 31 gennaio 1991, aveva risolto l'appalto in corso di esecuzione con lui che era stato scelto come contraente a causa della illegittima aggiudicazione della gara, per cui aveva diritto al risarcimento del danno da liquidare in base alle norme indicate negli esborsi subiti per l'esecuzione del contratto e con l'indennizzo del decimo delle opere rimaste ineseguite di cui all'art. 345 della legge sulle opere pubbliche del 1865.
Il Consorzio eccepiva la litispendenza con altro giudizio arbitrale in corso e la improponibilità o inammissibilità delle domande da rigettare comunque nel merito.
Il Tribunale di Catania, dopo il decesso dell'attore e la costituzione in giudizio degli eredi odierni ricorrenti, con sentenza del 20 settembre 2000, in parziale accoglimento della domanda, condannava il convenuto a pagare agli attori le spese di gara, liquidate in L.
6.439.000 con rivalutazione e interessi sul capitale rivalutato anno per anno, affermando che l'azione doveva qualificarsi di risarcimento del danno per lesione di interessi legittimi del GA.
Entrambe le parti proponevano appello;
per quanto rileva, gli eredi di GA, in via principale, censuravano la sentenza del tribunale, per avere ritenuto automaticamente caducato il contratto a causa dell'annullamento dell'aggiudicazione e dichiarato affievoliti i diritti dell'appaltatore in interessi legittimi, che non avevano invece rilievo alcuno nel risarcimento di cui alla citazione, per il danno effetto della risoluzione unilaterale dell'appalto dalla committente a seguito dell'annullamento della gara indetta da essa, che quindi doveva corrispondere, per le norme di legge di cui alla citazione, quanto richiesto dal loro dante causa.
Il tribunale aveva errato nell'affermare che la lesione dell'interesse legittimo alla regolarità della procedura di aggiudicazione comportasse solo il rimborso delle spese di gara e non l'accoglimento delle altre richieste dall'attore di essere reintegrato degli esborsi subiti per acquistare nuovi macchinar per eseguire i lavori e di ricevere l'indennizzo del 10% dei lavori ineseguiti.
Il Consorzio A.S.I. di Catania, in via incidentale, chiedeva alla Corte territoriale di annullare la sentenza di primo grado, perché aveva emesso una condanna per un risarcimento del danno da lesione di interessi legittimi in accoglimento di una domanda mai proposta dal GA.
La Corte d'appello di Catania, con sentenza del 23 giugno 2005, ha rigettato l'appello principale e accolto quello incidentale, ritenendo infondata la domanda originaria e inammissibile quella modificata dal Tribunale di risarcimento per lesione di interessi legittimi e ha compensato le spese di entrambi i gradi di causa tra le parti.
Per la cassazione di tale sentenza della Corte di merito, che non risulta notificata a cura di nessuna delle parti, gli eredi dell'originario attore propongono ricorso principale notificato il 22 settembre 2006 di quattro motivi, cui resiste il Consorzio per l'ASI di Catania, con controricorso e ricorso incidentale di un unico motivo, illustrato da memoria ai sensi dell'art. 378 c.p.c., notificato a mezzo posta il 23 - 26 ottobre 2006.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente i due ricorsi contro la stessa sentenza devono riunirsi ai sensi dell'art. 335 c.p.c.. 1.1. Il primo motivo del ricorso principale degli eredi GA denuncia violazione della L. n. 2248 del 1865, art. 345, all. F. e dell'art. 1671 c.c., in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, anche per carenze motivazionali, sul fatto controverso decisivo per il giudizio dell'efficacia del contratto d'appalto. La Corte d'appello, sul presupposto che l'annullamento retroattivo dell'aggiudicazione dal TAR aveva determinato la inefficacia originaria del contratto, da ritenere "tamquam non esset", ha giustificato la risoluzione unilaterale o recesso del Consorzio, in violazione degli artt. 1372 e 1373 c.c., negando l'applicabilità della L. n. 2248 del 1865, art. 345, all. F e dell'art. 1671 c.c., norme applicabili ai soli rapporti sorti da contratti "efficaci", che nel caso non vi erano, a differenza di quanto dedotto dagli appellanti.
Ad avviso degli eredi GA l'inefficacia dell'appalto è sopravvenuta e deve ritenersi iniziata con la risoluzione unilaterale del Consorzio, tanto che la violazione delle norme che precedono ha reso possibile il rigetto della domanda del GA. Quest'ultimo, in quanto il contratto era stato stipulato sull'accordo delle parti e la gara era stata annullata successivamente a tale stipulazione, nel corso di tali vicende aveva iniziato ad eseguire i lavori, acquistando nuovi mezzi strumentali alla loro esecuzione con esborsi di cui ha invano chiesto il pagamento ai sensi della L. n.2248 del 1865, art. 345, ali. F che lo legittimava anche a chiedere
il 10% delle opere ineseguite.
Pure a ritenere inefficace il contratto per l'annullamento dell'aggiudicazione, secondo il ricorso, tale inefficacia era sopravvenuta e non poteva negarsi che il rapporto d'appalto era stato effettivo e di diritto fino al recesso del Consorzio, restando quindi applicabili le norme di cui al motivo di ricorso disapplicate nel merito.
Il quesito di diritto chiede di enunciare il principio che il contratto di appalto pubblico risolto dal committente per effetto dell'annullamento dell'aggiudicazione dal TAR, è produttivo di effetti fino al momento della risoluzione ad opera del committente che, in base a detto accordo produttivo di effetti, è tenuto a pagare quanto spetta all'appaltatore ai sensi della L. n. 2248 del 1865, art. 345, all. F.
1.2. Con il secondo motivo del ricorso principale, la AR e i GA deducono violazione degli artt. 112, 163 e 345 c.p.c., anche per insufficienze motivazionali (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5) sul c.d. mutamento della domanda, per il preteso affievolimento dei diritti soggettivi del GA in interessi legittimi, che il tribunale ha ritenuto lesi dalla aggiudicazione illegittima dei lavori, condannando il Consorzio solo per tale lesione a rimborsare le spese dell'appaltatore per partecipare alla gara.
Secondo i ricorrenti, la condanna al risarcimento del danno che il primo giudice ha affermato essere effetto della lesione di interessi legittimi del GA è derivata solamente dalla diversa qualificazione giuridica data dal tribunale all'oggetto della causa di cui alla citazione.
La citazione originaria ai sensi dell'art. 163 c.p.c., è rimasta sempre identica e fondata sugli stessi fatti, cioè la gara illegittima indetta dal Consorzio, l'annullamento di essa e dell'aggiudicazione e la conseguente risoluzione dell'appalto dal committente, per fatti non imputabili all'appaltatore, cui doveva riconoscersi una reintegrazione per equivalente di quanto perso o non guadagnato, come sancito dalla L. n. 2248 del 1865, art. 345, all. F. Ai sensi dell'art. 345 c.p.c., neppure vi era stata domanda nuova in appello, in quanto il GA e i suoi aventi causa hanno con il loro gravame solo insistito nel domandare i danni subiti dall'impresa per il recesso dall'appalto, avendo il tribunale qualificato la tutela richiesta come risarcitoria di interessi legittimi lesi, con statuizione impugnata dall'attore che affermava invece di avere azionato i suoi diritti