Cass. civ., sez. V trib., sentenza 03/10/2018, n. 24000
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Testo completo
ato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 12463 del ruolo generale dell'anno 2011 proposto da: S D, rappresentato e difeso, per procura speciale a margine del ricorso, dall'Avv. G B, elettivamente domiciliato in Roma, via Monte Zebio, n. 25, presso lo studio dell'Avv. M E;
ricorrente
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata controricorrente per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, n. 65/01/2010, depositata in data 8 aprile 2010;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2018 dal Consigliere G T;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. F S, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l'Avv. G B e per l'Agenzia delle entrate l'Avvocato dello Stato P Z;
Fatti di causa
S D ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in epigrafe, che ha rigettato l'appello dallo stesso proposto avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Trapani. Il giudice di appello ha premesso, in punto di fatto, che: in data 19 ottobre 2002 l'Ufficio finanziario aveva notificato all'appellante un atto di contestazione delle sanzioni per indebita detrazione Iva per gli anni 1997 e 1998;
in data 16 dicembre 2002 la società cooperativa a r.l. "il Faro" aveva presentato istanza di accertamento per adesione in relazione agli avvisi di accertamento e di rettifica ad essa in precedenza notificati;
l'Ufficio finanziario, avendo ritenuto che l'atto di contestazione era divenuto definitivo per mancata impugnazione, aveva iscritto a ruolo le somme in esso indicate;
avverso la cartella di pagamento il contribuente aveva proposto ricorso;
la Commissione tributaria provinciale di Trapani aveva rigettato il ricorso, avendo ritenuto che lo stesso era inammissibile non essendo stata proposta impugnazione avverso l'atto di contestazione;
avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello il contribuente, evidenziando che il ricorso era stato proposto al fine di contestare la legittimità della cartella, quindi per vizi propri della stessa e non degli atti ad essa presupposti, atteso che non poteva essere fatta valere alcuna pretesa nei suoi confronti in considerazione del fatto che la società cooperativa aveva proposto domanda di definizione agevolata in relazione all'avviso di accertamento e di rettifica e, inoltre, che veniva ad essere configurata, in violazione di legge, una sua responsabilità solidale per pretese nei confronti della società;
l'Ufficio finanziario si era costituito eccependo che non poteva trovare applicazione la procedura di definizione agevolata, in quanto l'atto di contestazione era divenuto definitivo prima dell'entrata in vigore dell'art. 15 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. La Commissione tributaria regionale della Sicilia ha rigettato l'appello. In particolare, in punto di diritto, la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che: alla fattispecie non poteva applicarsi la disciplina di cui alla legge n. 289/2002, in quanto l'atto di contestazione delle sanzioni era divenuto definitivo prima della entrata in vigore della suddetta previsione per mancata impugnazione;
inoltre, evidenziava che, comunque, le ragioni difensive dell'Ufficio finanziario erano da considerarsi corrette nella parte in cui lo stesso aveva sostenuto che il procedimento di definizione agevolata, attivato dalla società, non era valido, sia in quanto risultava che era stata esercitata l'azione penale, di cui i legali rappresentati della società avevano avuto conoscenza, sia per incertezze in ordine al versamento iniziale effettuato sia, infine, per mancato versamento integrale di quanto dovuto;
in ordine alla questione della mancanza della responsabilità dell'amministratore per fatti riferibili alla società, dichiarava di condividere gli assunti esposti in merito dai giudici di primo grado. Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso D S affidato a dodici motivi di censura. L'Agenzia delle entrate ha depositato atto definitivo di costituzione con il quale dichiara di costituirsi al solo fine di partecipare all'udienza di discussione. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4) cod. proc. civ., per violazione dell'art. 112, cod. proc. civ., per omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale il ricorrente aveva censurato la decisione del giudice di primo grado che, a sua volta, non si era pronunciato sul motivo di ricorso con il quale si era contestato che, con l'atto impugnato, si era illegittimamente fatta valere nei suoi confronti, quale legale rappresentante della società, la responsabilità per le obbligazioni facenti capo al suddetto ente, essendo solo questo il soggetto passivo del tributo. Con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ., (prospettato nell'ipotesi in cui si ritenesse esistente una implicita pronuncia di rigetto sul motivo di appello sopra indicato), per non avere pronunciato sulla questione della mancanza di un rapporto di solidarietà passiva tra il ricorrente e la società cooperativa per i crediti di natura tributaria. Con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ. per violazione della previsione di cui all'art. 2518 cod. civ., avendo ritenuta legittima la pretesa nei confronti del ricorrente per le sanzioni in materia di Iva riconducibili alla società cooperativa, atteso che, secondo la norma sopra citata, nelle società cooperative per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio.I motivi sopra indicati, che possono essere esaminati unitamente in quanto attengono alla medesima questione della ritenuta mancanza di responsabilità solidale del ricorrente per il pagamento delle obbligazioni di natura tributaria della società, sono infondati. Il giudice di appello, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, si è pronunciato sulla questione, laddove ha precisato che in ordine alla insussistenza della responsabilità dell'amministrazione, questo collegio ritiene di potere condividere gli assunti esposti dai giudici di primo grado. L'affermazione si collega, e quindi trova contenuto, con quanto riportato nella motivazione della sentenza, in sede di svolgimento del processo, ove è precisato che la Commissione tributaria provinciale aveva ritenuto inammissibile il ricorso in quanto l'atto di contestazione era divenuto definitivo per mancanza di impugnazione. In particolare, va evidenziato che il giudice di appello ha ritenuto, così come il giudice di primo grado, che l'atto di contestazione delle sanzioni era divenuto definitivo e che quindi non poteva il contribuente prospettare motivi di doglianza che avrebbe dovuto proporre nei confronti dell'atto prodromico. Questa considerazione ha costituito il profilo centrale sulla quale il giudice di secondo grado ha motivato ai fini del rigetto dell'appello e, conseguentemente, richiamandosi altresì alla pronuncia del giudice di primo grado, ha espresso il convincimento che la questione della mancanza di responsabilità solidale del contribuente dovesse essere assorbita dalla ritenuta definitività dell'atto presupposto. Tale punto della motivazione non è meritevole di censura, in quanto tiene conto della circostanza che la notifica del suddetto atto presupposto, dal ricorrente ricevuto quale legale rappresentante, ha effetto anche nei suoi confronti, essendo la pretesa stata fatta valere nei suoi confronti mediante atto di cui ne aveva avuto conoscenza perché a lui notificato e dovendo quindi, in questi casi, proporre impugnazione al fine di contestare la propria autonoma responsabilità. La mancata impugnazione dell'atto presupposto, quindi, anche da parte del contribuente ha comportato la non contestabilità, anche nei suoi confronti, della pretesa impositiva. Con il quarto motivo si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per violazione dell'art. 112, cod. proc. civ., per non avere pronunciato su diversi motivi di appello, in particolare: A) sul motivo con il quale aveva ritenuto illegittima la pronuncia di primo grado per avere dichiarato l'inammissibilità del ricorso per mancata
ricorrente
contro
Agenzia delle Entrate, in persona del direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, è domiciliata controricorrente per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, n. 65/01/2010, depositata in data 8 aprile 2010;
udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2018 dal Consigliere G T;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. F S, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per il ricorrente l'Avv. G B e per l'Agenzia delle entrate l'Avvocato dello Stato P Z;
Fatti di causa
S D ricorre per la cassazione della sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Sicilia, in epigrafe, che ha rigettato l'appello dallo stesso proposto avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Trapani. Il giudice di appello ha premesso, in punto di fatto, che: in data 19 ottobre 2002 l'Ufficio finanziario aveva notificato all'appellante un atto di contestazione delle sanzioni per indebita detrazione Iva per gli anni 1997 e 1998;
in data 16 dicembre 2002 la società cooperativa a r.l. "il Faro" aveva presentato istanza di accertamento per adesione in relazione agli avvisi di accertamento e di rettifica ad essa in precedenza notificati;
l'Ufficio finanziario, avendo ritenuto che l'atto di contestazione era divenuto definitivo per mancata impugnazione, aveva iscritto a ruolo le somme in esso indicate;
avverso la cartella di pagamento il contribuente aveva proposto ricorso;
la Commissione tributaria provinciale di Trapani aveva rigettato il ricorso, avendo ritenuto che lo stesso era inammissibile non essendo stata proposta impugnazione avverso l'atto di contestazione;
avverso la suddetta pronuncia aveva proposto appello il contribuente, evidenziando che il ricorso era stato proposto al fine di contestare la legittimità della cartella, quindi per vizi propri della stessa e non degli atti ad essa presupposti, atteso che non poteva essere fatta valere alcuna pretesa nei suoi confronti in considerazione del fatto che la società cooperativa aveva proposto domanda di definizione agevolata in relazione all'avviso di accertamento e di rettifica e, inoltre, che veniva ad essere configurata, in violazione di legge, una sua responsabilità solidale per pretese nei confronti della società;
l'Ufficio finanziario si era costituito eccependo che non poteva trovare applicazione la procedura di definizione agevolata, in quanto l'atto di contestazione era divenuto definitivo prima dell'entrata in vigore dell'art. 15 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. La Commissione tributaria regionale della Sicilia ha rigettato l'appello. In particolare, in punto di diritto, la Commissione tributaria regionale ha ritenuto che: alla fattispecie non poteva applicarsi la disciplina di cui alla legge n. 289/2002, in quanto l'atto di contestazione delle sanzioni era divenuto definitivo prima della entrata in vigore della suddetta previsione per mancata impugnazione;
inoltre, evidenziava che, comunque, le ragioni difensive dell'Ufficio finanziario erano da considerarsi corrette nella parte in cui lo stesso aveva sostenuto che il procedimento di definizione agevolata, attivato dalla società, non era valido, sia in quanto risultava che era stata esercitata l'azione penale, di cui i legali rappresentati della società avevano avuto conoscenza, sia per incertezze in ordine al versamento iniziale effettuato sia, infine, per mancato versamento integrale di quanto dovuto;
in ordine alla questione della mancanza della responsabilità dell'amministratore per fatti riferibili alla società, dichiarava di condividere gli assunti esposti in merito dai giudici di primo grado. Avverso la suddetta pronuncia ha proposto ricorso D S affidato a dodici motivi di censura. L'Agenzia delle entrate ha depositato atto definitivo di costituzione con il quale dichiara di costituirsi al solo fine di partecipare all'udienza di discussione. Ragioni della decisione Con il primo motivo di ricorso si censura la sentenza impugnata ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 4) cod. proc. civ., per violazione dell'art. 112, cod. proc. civ., per omessa pronuncia sul motivo di appello con il quale il ricorrente aveva censurato la decisione del giudice di primo grado che, a sua volta, non si era pronunciato sul motivo di ricorso con il quale si era contestato che, con l'atto impugnato, si era illegittimamente fatta valere nei suoi confronti, quale legale rappresentante della società, la responsabilità per le obbligazioni facenti capo al suddetto ente, essendo solo questo il soggetto passivo del tributo. Con il secondo motivo si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 5), cod. proc. civ., (prospettato nell'ipotesi in cui si ritenesse esistente una implicita pronuncia di rigetto sul motivo di appello sopra indicato), per non avere pronunciato sulla questione della mancanza di un rapporto di solidarietà passiva tra il ricorrente e la società cooperativa per i crediti di natura tributaria. Con il terzo motivo si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, comma primo, n. 3), cod. proc. civ. per violazione della previsione di cui all'art. 2518 cod. civ., avendo ritenuta legittima la pretesa nei confronti del ricorrente per le sanzioni in materia di Iva riconducibili alla società cooperativa, atteso che, secondo la norma sopra citata, nelle società cooperative per le obbligazioni sociali risponde soltanto la società con il suo patrimonio.I motivi sopra indicati, che possono essere esaminati unitamente in quanto attengono alla medesima questione della ritenuta mancanza di responsabilità solidale del ricorrente per il pagamento delle obbligazioni di natura tributaria della società, sono infondati. Il giudice di appello, diversamente da quanto sostenuto dal ricorrente, si è pronunciato sulla questione, laddove ha precisato che in ordine alla insussistenza della responsabilità dell'amministrazione, questo collegio ritiene di potere condividere gli assunti esposti dai giudici di primo grado. L'affermazione si collega, e quindi trova contenuto, con quanto riportato nella motivazione della sentenza, in sede di svolgimento del processo, ove è precisato che la Commissione tributaria provinciale aveva ritenuto inammissibile il ricorso in quanto l'atto di contestazione era divenuto definitivo per mancanza di impugnazione. In particolare, va evidenziato che il giudice di appello ha ritenuto, così come il giudice di primo grado, che l'atto di contestazione delle sanzioni era divenuto definitivo e che quindi non poteva il contribuente prospettare motivi di doglianza che avrebbe dovuto proporre nei confronti dell'atto prodromico. Questa considerazione ha costituito il profilo centrale sulla quale il giudice di secondo grado ha motivato ai fini del rigetto dell'appello e, conseguentemente, richiamandosi altresì alla pronuncia del giudice di primo grado, ha espresso il convincimento che la questione della mancanza di responsabilità solidale del contribuente dovesse essere assorbita dalla ritenuta definitività dell'atto presupposto. Tale punto della motivazione non è meritevole di censura, in quanto tiene conto della circostanza che la notifica del suddetto atto presupposto, dal ricorrente ricevuto quale legale rappresentante, ha effetto anche nei suoi confronti, essendo la pretesa stata fatta valere nei suoi confronti mediante atto di cui ne aveva avuto conoscenza perché a lui notificato e dovendo quindi, in questi casi, proporre impugnazione al fine di contestare la propria autonoma responsabilità. La mancata impugnazione dell'atto presupposto, quindi, anche da parte del contribuente ha comportato la non contestabilità, anche nei suoi confronti, della pretesa impositiva. Con il quarto motivo si censura la sentenza ai sensi dell'art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per violazione dell'art. 112, cod. proc. civ., per non avere pronunciato su diversi motivi di appello, in particolare: A) sul motivo con il quale aveva ritenuto illegittima la pronuncia di primo grado per avere dichiarato l'inammissibilità del ricorso per mancata
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