Cass. civ., sez. V trib., sentenza 01/02/2024, n. 2990

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In tema di accertamento tributario, la presunzione di evasione stabilita, con riguardo agli investimenti e alle attività di natura finanziaria detenuti negli Stati o territori a regime fiscale privilegiato, dall'art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla l. n. 102 del 2009, non ha natura procedimentale, bensì sostanziale - sia perché le norme in tema di presunzioni sono collocate, nel codice civile, tra quelle sostanziali, sia perché una diversa interpretazione potrebbe pregiudicare, in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost., l'effettività del diritto di difesa del contribuente rispetto alla scelta in ordine alla conservazione di un certo tipo di documentazione - con la conseguenza che non può ad essa riconoscersi efficacia retroattiva.

In tema di accertamento tributario, ove non sia applicabile ratione temporis la presunzione legale relativa di evasione, posta dall'art. 12, comma 2, del d.l. n. 78 del 2009, conv. con modif. dalla l. n. 102 del 2009, stante la sua natura sostanziale e non procedimentale, l'Amministrazione finanziaria può comunque ricorrere ai medesimi fatti oggetto della suddetta presunzione (redditi non dichiarati occultamente detenuti in Paesi a fiscalità privilegiata) sub specie di presunzione semplice. (Nella specie, la S.C. ha cassato la sentenza impugnata, che, con riferimento all'anno di imposta 2007, aveva rigettato la domanda del contribuente esclusivamente sulla base della presunzione legale di evasione, ritenendo che questa avesse natura meramente procedimentale).

Sul provvedimento

Citazione :
Cass. civ., sez. V trib., sentenza 01/02/2024, n. 2990
Giurisdizione : Corte di Cassazione
Numero : 2990
Data del deposito : 1 febbraio 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Numero registro generale 17411/2016 Numero sezionale 49/2024 Numero di raccolta generale 2990/2024 Data pubblicazione 01/02/2024 REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Oggetto: composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Monitoraggio ETTORE CIRILLO Presidente fiscale M CI Consigliere Scudo fiscale Principio di diritto GIAN PAOLO MACAGNO Consigliere PU 12 gennaio 2024 PAOLO DI MARZIO Consigliere D CCA Consigliere-Relatore ha pronunciato la seguente SENTENZA sul ricorso iscritto al n. 17411/2016 R.G. proposto da R P, elettivamente domiciliato in Roma alla via L. Spallanzani n. 22 presso lo studio dell'avv. G G, dal quale è rappresentato e difeso unitamente all'avv. P A -ricorrente-

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma alla via dei Portoghesi n. 12 presso gli uffici dell'Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa ope legis -controricorrente- avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA LOMBARDIA n. 165/2016 depositata il 18 gennaio 2016 Udita la relazione svolta nell'udienza pubblica del 12 gennaio 2024 dal Consigliere D C Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale A P, il quale ha concluso per l'accoglimento del secondo motivo di ricorso, respinto il primo Numero registro generale 17411/2016 Numero sezionale 49/2024 Uditi per il ricorrente l'avv. G G e per la Numero di raccolta generale 2990/2024 controricorrente l'avvocato dello Stato G G Data pubblicazione 01/02/2024 FATTI DI CAUSA Militari della Guardia di Finanza operavano una verifica fiscale nei confronti di Raffaele P, il cui nominativo compariva nella cd. ”Lista Falciani“, in merito alla presunta detenzione di investimenti e altre attività presso la filiale di Ginevra della banca britannica HSBC (Hongkong & Shangai Banking Corporation) negli anni dal 2004 al 2007. Sulla scorta delle risultanze della suddetta verifica, l'Agenzia delle Entrate notificava al P avviso di accertamento con il quale, in relazione all'anno d'imposta 2007, veniva contestata al contribuente la violazione delle norme in materia di monitoraggio fiscale di cui all'art. 4, commi 1, D.L. n. 167 del 1990, convertito in L. n. 227 del 1990, con conseguente recupero a tassazione, ai fini dell'IRPEF, di un maggior imponibile rappresentato da attività finanziarie detenute all'estero e presuntivamente costituite, ex art. 12, comma 2, D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009, mediante redditi sottratti a imposizione. Su tali redditi, determinati in complessivi 18.931,27 euro, anche in virtù della presunzione di fruttuosità sancita dall'art. 6 del citato D.L. n. 167 del 1990, veniva applicata l'imposta con aliquota del 27%. Il P impugnava il predetto avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, che con sentenza n. 4754/2014 del 20 maggio 2014 accoglieva il ricorso, annullando l'atto impositivo. La decisione veniva in sèguito parzialmente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, la quale, con sentenza n. 165/2016 depositata il 18 gennaio 2016, accogliendo per quanto di ragione il gravame esperito dall'Agenzia delle Entrate, 2 di 10 Numero registro generale 17411/2016 Numero sezionale 49/2024 statuiva che ai maggiori redditi accertati dovesse essere applicata Numero di raccolta generale 2990/2024 l'imposta con aliquota del 12,50%. Data pubblicazione 01/02/2024 Rilevava il giudice regionale, per quanto in questa sede ancora interessa: - che erroneamente il primo giudice aveva escluso l'applicabilità della presunzione legale relativa di evasione fiscale di cui all'art. 12, comma 2, D.L. n. 78 del 2009 con riferimento ai rapporti tributari anteriori all'entrata in vigore della norma, in quanto la locuzione «in deroga a ogni vigente disposizione di legge» ivi utilizzata doveva essere intesa come una chiara ed esplicita manifestazione della volontà del legislatore di superare il generale divieto di efficacia retroattiva delle norme tributarie imposto dall'art. 3, comma 1, L. n. 212 del 2000 (Statuto del contribuente);
- che la previsione in commento non crea nuove obbligazioni tributarie, né modifica quelle preesistenti o amplia ex tunc la base imponibile, limitandosi ad incidere esclusivamente su aspetti procedimentali;
- che essa rimane, perciò, soggetta alla regola «tempus regit actum»;
- che l'adesione del P al cd. «scudo fiscale ter» non precludeva l'effettuazione di accertamenti tributari per gli importi eccedenti quelli indicati nella dichiarazione riservata di cui all'art. 13 D.L. n. 350 del 2001, convertito in L. n. 409 del 2001, o comunque non riconducibili ai capitali rimpatriati;
- che non risultava idoneamente supportato sul piano probatorio l'assunto del contribuente secondo cui i redditi presuntivamente non dichiarati in relazione all'anno d'imposta 2007 dovevano considerarsi meri incrementi del valore degli investimenti esteri da lui effettuati negli anni precedenti. Contro questa sentenza il P ha proposto ricorso per cassazione sulla base di tre motivi. L'Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso. La causa è stata trattata all'udienza pubblica del 12 gennaio 2024. In prossimità dell'udienza il Pubblico Ministero ha depositato memoria, con la quale ha chiesto di accogliere il secondo motivo di 3 di 10 Numero registro generale 17411/2016 Numero sezionale 49/2024 ricorso, respinto il primo. Numero di raccolta generale 2990/2024 Anche il ricorrente ha depositato sintetica memoria illustrativa, Data pubblicazione 01/02/2024 insistendo per l'accoglimento dell'impugnazione. MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell'art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., viene denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 13-bis, commi 4 e 6, D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009 (cd. scudo fiscale ter), nonchè degli artt. 14 e 15 D.L. n. 350 del 2001, convertito in L. n. 409 del 2001. Si rimprovera alla C.T.R. di aver tralasciato di considerare: - che i maggiori redditi accertati dall'Ufficio in capo al P erano riferiti all'anno 2007;
- che, avendo il contribuente aderito al cd. e rimpatriato per la quota di sua pertinenza (pari al 50%) tutte le somme presenti alla data del 31 dicembre 2008 sul conto corrente aperto presso la filiale di Ginevra della HSBC, cointestato a lui e alla moglie, doveva ritenersi preclusa ogni attività di accertamento in relazione agli anni d'imposta anteriori. Con il secondo e il terzo motivo, pure ricondotti al paradigma dell'art. 360, comma 1, n. 3) c.p.c., viene lamentata la violazione e/o falsa applicazione dell'art. 12 D.L. n. 78 del 2009, convertito in L. n. 102 del 2009. A sostegno delle sollevate censure si deduce quanto segue. Ha errato la C.T.R. nel ritenere applicabile retroattivamente, in virtù del principio «tempus regit actum», la presunzione legale relativa di evasione fiscale stabilita dall'art. 12, comma 2, D.L. cit.. La soluzione interpretativa accolta dal collegio d'appello si pone, infatti, in contrasto con il chiaro tenore letterale

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